Le “piccole e medie imprese”
e l’internet

 
Quarta parte

Intervista a Giancarlo Livraghi
su Piemonteimprese – 9 dicembre 2003


 
Questa è una quarta intervista sul tema delle
“piccole e medie imprese” dopo quelle
del 9 agosto 2001, 20 giugno e 23 luglio 2002.

I lettori abituali di questo sito, o dei miei libri,
possono trovare (in parte)
“ripetitive” queste osservazioni.
Ma poiché molte imprese continuano
a farsi domande e a chiedere spiegazioni
forse è utile pubblicarle anche qui.
 



Sia che si tratti del sito o di pubblicità esiste ancora molta diffidenza tra le PMI nell’effettuare investimenti on line. Secondo lei da cosa dipende?

Hanno molte e buone ragioni per essere diffidenti. Sono passati quasi dieci anni da quando si è cominciato a fare troppo enfatico rumore intorno all’internet, a promettere l’impossibile, a proporre soluzioni frettolose, improvvisate e inefficienti. L’accumulo di panzane e di fallimenti ha creato una tale confusione che è difficile orientarsi verso un uso consapevole, efficiente e utile della rete.

Un altro fattore deviante è stata l’esagerata e ossessiva promozione dell’internet come “mezzo pubblicitario”, quando questa non è l’unica, né la principale, funzione della rete per le imprese in generale – e in particolare per le PMI.

Si è anche tentato, troppo spesso, di imporre le scelte per paura. Invece di cercare di capire quali soluzioni potevano essere utili alle imprese, si è voluto “convertirle” all’uso della rete (o, più in generale, di tecnologie dell’informazione e della comunicazione) insistendo troppo spesso su un’oscura minaccia, banale quanto perversa: «se non lo fate non potrete sopravvivere». Un’indiscriminata e generica paura è il modo peggiore per fare qualsiasi scelta e prendere qualsiasi decisione.

La proliferazione di soluzioni inutili o sbagliate ha portato a un’infinità di delusioni. Era inevitabile che ne nascessero diffuse perplessità e diffidenze.

Liberarsi da una così profonda ed epidemica intossicazione non è facile. Ma è la premessa necessaria per poter fare qualcosa di utile e costruttivo. Di questo ho parlato anche in due articoli recenti: Facciamo un passo indietro e Le ambiguità dell’innovazione.


Perché spesso le tecnologie non sono impiegate nel modo più utile ed efficiente?

Si è fatto credere che investimenti in macchine e software, spesso inutili o molto più complessi e costosi del necessario, fossero indispensabili – e che bastassero le tecnologie per risolvere miracolosamente tutti i problemi.

Non solo è inutile, ma può essere dannosa, un’eccessiva (e prematura) attenzione alle risorse tecniche rispetto alle risorse umane e a una efficace definizione di strategie, obiettivi e processi. Vedi Il paradosso della tecnologia e Le ambiguità delle tecnologie.

Le imprese si trovano in bilico fra due rischi. Cadere nella trappola di tecnologie inefficienti o male applicate – oppure in una diffidenza eccessiva che le porta a rinunciare a soluzioni utili ed efficaci. Una forte dose di buon senso è la risorsa fondamentale per mantenere l’equilibrio e trovare la strada giusta.


Oltre a questi, ci sono anche altri motivi di disagio e diffidenza?

Agli errori di impostazione e di metodo si sono aggiunti altri malanni. Come la mostruosa proliferazione di spam, di invasività e di attività truffaldine (fra le varie cose che ho scritto su questo argomento... vedi per esempio Spam, spam, spam, La piaga dello spam e Spam e scam).

Non si tratta solo di spam, cioè di un’assillante massa di “posta indesiderata”, ma anche di varie altre forme di fastidiosa e pericolosa invasività, compresi i trucchi e le trappole nei siti web. Il mondo delle imprese e i sistemi di “informazione dominante” hanno, per troppi anni, ignorato o sottovalutato il problema. Il risultato è che oggi le imprese oneste faticano a distinguersi dalla massa preponderante dei truffatori e dei pataccari.

Con enorme e imperdonabile ritardo si comincia a capire che i guasti sono gravi, ma non si sono ancora trovati rimedi efficaci.

È difficile e fastidioso muoversi in un ambiente così inquinato. E questo è un altro evidente motivo diffidenza e perplessità.

Per fortuna si può operare efficacemente in rete senza bombardamenti indiscriminati di posta elettronica, senza trucchi, senza aggressività inutili e fastidiose. E quando, comportandosi con correttezza, attenzione e rispetto, si costruisce un capitale di relazioni umane e di fiducia, ci si trova in una posizione di forte vantaggio. Ma occorre agire con pazienza, prudenza, gradualità – non con quell’invadenza frettolosa, con quella ricerca esasperata di risultati immediati, che è una delle principali cause di tanti insuccessi e delusioni.


Uno dei concetti che sembra sfuggire alle PMI è quello relativo ai contenuti da pubblicare nel loro sito. C’è un modo per far percepire questo valore?

Il problema dei contenuti è serio per tutti – non solo per le “piccole e medie imprese”. Anche in questo senso si è sbagliato molto, badando più alle apparenze che ai contenuti. Il problema, alla base, è meno complesso di come può sembrare. Perché non è necessario, né consigliabile, “fabbricare” contenuti irrilevanti o poco attinenti alla specifica attività dell’impresa.

I contenuti fondamentali sono quelli che l’impresa conosce bene, perché sono la sostanza del suo essere e agire. I suoi prodotti, i sui servizi, le sue relazioni, i suoi punti di qualità e superiorità. La bizzarra idea che ogni sito debba essere un “portale”, cioè una specie di enciclopedia, o che ogni impresa debba attrarre un pubblico indiscriminato con contenuti generici, è uno dei motivi dei molteplici fallimenti e della disorientante confusione che c’è in rete.

Un sito web, come ogni attività online, è in continua evoluzione. Può nascere con una quantità limitata di contenuti, precisamente attinenti all’attività e alle priorità dell’impresa, per poi crescere gradualmente in base all’esperienza concreta. La base è costituita da un patrimonio di contenuti che l’impresa ha già – e che non è molto difficile adattare alle particolari esigenze della comunicazione online.

L’importante è non avere fretta, non tentare di fare “troppo e subito”, definire l’architettura del sito (o il metodo di altre attività online) secondo le proprie specifiche esigenze, accompagnarne gli sviluppi con la pazienza e la sensibilità della “coltivazione”. (Fra le molte cose che ho scritto su questo argomento, vedi per esempio L’architetto e il giardiniere).


Quali sono i suggerimenti che darebbe a un’impresa intenzionata a fare business sull’internet?

Quelli cui ho dedicato un intero libro, La coltivazione dell’internet – che è uscito nel 2000, ma mi sembra più che mai di attualità. Chi non vuole leggerne le 320 pagine può trovare un piccolo riassunto online: Le imprese e l’internet.

In sintesi – ogni impresa deve proporsi in modo il più possibile diverso dalle altre. Valorizzare le sue caratteristiche, i suoi punti di forza, la sua “unicità”. È bene partire innanzitutto dalle esigenze specifiche dell’impresa, dal suo patrimonio di esperienze, dal suo sistema di relazioni. Non tentare di fare “tutto subito”, ma costruire gradualmente (per questo è concettualmente rilevante, e praticamente funzionale, pensare e agire secondo criteri di “coltivazione” o “giardinaggio”).

Se questo metodo è corretto e utile in tutte le cose, nel caso delle attività online trova una favorevole possibilità di applicazione, per l’intrinseca flessibilità della rete e la continua verificabilità di tutto ciò che si fa in rete. (Vedi lo schema di processo alla fine del primo capitolo di Le imprese e l’internet).


Ci sono ancora nell’internet nicchie di mercato interessanti per le PMI?

Credo che le possibilità siano, in gran parte, ancora da scoprire. E non sono “nicchie”. Per tutte le imprese il concetto di mercato può essere ridefinito in modo non solo sostanzialmente corretto, ma anche concretamente vantaggioso. Vedi Ripensare il concetto di “mercato”. Se è vero che ogni impresa può tracciare la mappa del “suo” mercato, di cui determina le caratteristiche, lo è ancora di più per quelle fortemente specializzate – e per la maggior parte delle “piccole e medie imprese”.

Secondo una recente statistica dell’Unione Europea il 76 % delle imprese italiane ha una connessione alla rete. Non è una penetrazione così alta come quella dei paesi scandinavi (oltre il 90 %), ma è poco al di sotto della media nell’Unione Europea (79 %) – e tende a crescere. Benché l’esattezza di quelle statistiche sia discutibile, è ragionevole pensare che più di due terzi delle PMI italiane stiano già usando l’internet. Ma ciò non significa che lo stiano facendo in modo efficace e concretamente adatto alle loro esigenze. Il problema, come sempre, non è di quantità, ma di qualità.


Qual è il profilo dell’imprenditore di successo in rete?

Quello dell’imprenditore di successo in generale. Non sto cercando di “cavarmela con una battuta”. È sostanzialmente vero che le basi per il successo in rete sono le stesse su cui si fonda ogni efficace gestione. L’internet non è “un mondo a parte”. È un sistema di strumenti il cui uso è tanto più efficace quanto meglio si integra con le altre attività dell’impresa.

Nell’attività online hanno particolare rilievo alcuni valori che fanno parte del patrimonio storico delle imprese italiane – specialmente delle PMI. Fantasia, immaginazione, flessibilità, cultura di servizio e attenzione ai rapporti umani. Vedi Perché gli italiani hanno il DNA vincente. La riscoperta di quei valori potrebbe essere uno dei più importanti strumenti per uscire dalla situazione difficile in cui ci troviamo – che non è il diluvio universale, ma una fase turbolenta in cui servono barche robuste e buoni equipaggi, come dicevo l’anno scorso in un breve articolo intitolato L’arca di Noè.


Se dovesse fare un sito come sceglierebbe una web agency?

Prima di scegliere una struttura professionale per la realizzazione di un sito web è meglio aver definito quali sono gli obiettivi specifici dell’impresa e con quale processo intende realizzarli online. Non sempre un sito web è necessario, non sempre è l’elemento più importante, quasi mai è utile averlo se non è parte di un più esteso sistema di attività in rete e se non è coerente e sinergico con le altre attività dell’impresa.

Quando, dopo aver definito le necessarie premesse, si arriva alla scelta della web agency, è importante badare alla sintonia –.cioè capire quale organizzazione è in grado di percepire e interpretare meglio le esigenze e la cultura dell’impresa. Occorre dare indicazioni precise sugli obiettivi da raggiungere, sulle risorse disponibili, su quali funzioni all’interno dell’impresa devono essere coinvolte e qual è il processo di verifica e di decisione.

È meglio evitare soluzioni standardizzate, eccessi di apparenza e cosmetica rispetto a un’efficace gestione dei contenuti, per cercare risorse capaci di costruire un sito (cioè una presenza continuativa e in costante evoluzione) che sia precisamente “tagliato su misura”.

Alcuni criteri fondamentali su come ottenere un buon risultato sono riassunti negli otto brevi capitoli di Un sito web che funziona (in appendice a Le imprese e l’internet) di cui spero sia utile riportare qui un’osservazione conclusiva.

«Quando le tecnologie sono al servizio dei contenuti, e le une e gli altri sono al servizio di chi legge o di chi cerca qualcosa in rete, l’esperienza dell’utente (lettore, cliente, interlocutore) è fluida, efficiente, gradevole; porta rapidamente e senza difficoltà a ciò che quella persona cerca o desidera. Questa è la chiave fondamentale di ogni efficace comunicazione online».

La web agency da scegliere è quella che meglio può aiutare a raggiungere questo risultato. Ma non può essere in grado di farlo senza un serio e continuo impegno, da parte dell’impresa, perché la sua presenza online non sia un corpo estraneo o un accessorio separato, ma una parte viva e vitale del suo modo di essere, del suo sistema di comunicazione, della sua identità, intesa come organismo unico e indivisibile.




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