Le “piccole e medie imprese”
e l’internet

 
Terza parte

Intervista di Manlio Castronuovo a Giancarlo Livraghi
su Partner – 29 luglio 2002


 
Questa è una terza intervista sul tema delle
“piccole e medie imprese” dopo le due
del 9 agosto 2001 e 20 giugno 2002.

I lettori abituali di questo sito, o dei miei libri,
possono trovare (almeno in parte)
“ripetitive” queste osservazioni.
Ma poiché molte imprese continuano
a farsi domande e a chiedere spiegazioni
forse è utile pubblicarle anche qui.
 



1. Da qualche mese il termine più ricorrente associato all’internet è crisi. Ma di crisi non si può proprio parlare. Anzi. Possiamo provare a spiegare perché?

Non c’è e non c’è mai stata alcuna “crisi” dell’internet. Come è ampiamente dimostrato da tutti i dati disponibili – e come avevo spiegato in un articolo del novembre 2001 La crisi che non c’è.

La confusione nasce dal fatto che sono andati in crisi molti progetti – e che sono in difficoltà (se non in fallimento) parecchie grandi imprese. Il motivo per cui quei progetti sono falliti è che erano mal concepiti fin dall’inizio e sono stati gestiti male. Il motivo per cui tante imprese (non solo della cosiddetta new economy) sono in crisi è che sono state gestite in funzione della speculazione finanziaria e non della qualità o dell’efficienza. Queste cose non c’entrano in alcun modo con lo sviluppo dell’internet.


2. In molti sostengono che l’internet attuale non potrà sopravvivere se la fruizione dei contenuti resterà gratuita per gli utenti. È davvero così? Per quale motivo?

Non è vero. Il concetto di “internet gratis” è confuso e mal definito, come ho spiegato in un articolo del maggio 2002 Gratis o non? Un falso problema.

È presente in rete un’enorme quantità di contenuti per cui non viene richiesto alcun pagamento – e continua a crescere. Ci sono anche iniziative nuove, come quella di importanti università (per esempio il MIT) che si stanno organizzando per mettere online tutto il loro patrimonio di conoscenze – senza chiedere un prezzo ai lettori. E questo è solo un esempio fra infiniti altri.

La montagna di insensate chiacchiere sulla “morte dell’internet gratis” deriva dalle difficoltà economiche di alcune imprese del settore editoriale, che devono in un modo o nell’altro generare entrate in funzione dei contenuti che producono. Hanno impostato male i loro progetti di business online, aspettandosi grandi entrate (per esempio pubblicitarie) che non potevano avere e non hanno avuto. Ora si stanno chiedendo come far “quadrare i conti” e hanno idee molto confuse su come riuscirci. Il problema riguarda esclusivamente quel tipo di imprese – che sono una delle attività rilevanti in rete, ma non sono l’internet.


3. Come spiegare a un imprenditore che continuando a offrire contenuti free può far diventare la propria presenza in rete una fonte di guadagno?

Per tutte quelle imprese la cui attività fondamentale non è “vendere contenuti” (cioè non sono imprese editoriali) il problema non esiste. Non è loro compito fornire contenuti “generici” né proporre “portali” nel tentativo di generare “traffico” indifferenziato.

La rete è un sistema non solo per dare informazioni, ma anche (e soprattutto) per gestire relazioni. Non solo e non necessariamente con chi acquista prodotti o servizi. È ovvio che l’impresa non può e non deve “farsi pagare” per questo e che il suo guadagno sta nei miglioramenti che può ottenere in vari aspetti della sua attività (non solo nelle vendite).


4. Cosa risponderebbe ai tanti imprenditori che affermano “l’internet non mi interessa perché non c’è nulla da guadagnare”?

Che hanno ragione – rispetto alla bizzarra ipotesi che un’impresa possa guadagnare “per il puro fatto di essere online”. Si tratta di capire, nel caso specifico di ciascuna impresa, quali attività e relazioni possono essere rese più efficienti con l’uso di sistemi di rete. Un’impresa non ha alcun motivo di essere online se non sa come usare la rete per trarne un vantaggio competitivo – o almeno per imparare qualcosa che le possa essere concretamente utile.

Una strategia efficace online è quasi sempre un sistema sinergico di diverse attività, come ho spiegato nel mio libro La coltivazione dell’internet – in particolare uno schema dell’impostazione dell’attività di impresa online si trova alla fine del capitolo 11 Non solo commercio elettronico.


5. Facciamo una previsione: cosa resterà gratuito e cosa diventerà a pagamento nell’internet del futuro?

Non sono un profeta e non mi azzardo a fare previsioni. Alcuni servizi online sono già, da molto tempo, a pagamento. Per esempio l’accesso ad alcune informazioni tecniche o scientifiche specializzate. Possiamo immaginare che altri servizi molto specifici possano essere pagati come tali. Sempre che ci sia un valore rilevante per chi paga il prezzo.

Facciamo un esempio – fra tanti possibili. Se un “motore di ricerca” come Google (che è il mio preferito) mi chiedesse dieci dollari all’anno per usare il suo servizio – forse glie li darei. Ma non lo fa, perché è in buona salute economica senza chiedere alcun pagamento ai lettori. E se lo facesse molto probabilmente scoprirei che ci sono concorrenti capaci di offrire una qualità paragonabile alla sua senza chiedermi un centesimo.

Un altro (fra molti esempi possibili) è Amazon – il più classico e “storico” successo in fatto di vendite online. Molte persone (me compreso) usano il suo servizio per trovare informazioni. E ovviamente non pagano. Ma quando comprano un libro...

Comunque – occorre ricordare che l’internet non è “gratis”. Chi accede alla rete investe tempo, attenzione, applicazione – e anche soldi. Deve spendere in attrezzature tecniche e pagare la connessione (è evidente che le cosiddette “connessioni gratis” non lo sono, perché il prezzo sta nelle tariffe telefoniche e nelle “interconnessioni”). Quando, come e perché qualcuno può essere convinto a pagare qualcos’altro in più per avere un certo specifico servizio? Insomma la questione non riguarda l’internet in generale, ma alcune specifiche transazioni ognuna delle quali ha una propria e diversa logica.

Come ho già detto, per la stragrande maggioranza delle imprese il problema non esiste. Se una specifica attività online non è utile all’impresa, la domanda non è come farla pagare, ma perché mai dovrebbe imbarcarsi in un terreno estraneo e al di fuori delle sue competenze.


6. Cosa è cambiato nell’ultimo anno nel modo di utilizzare la rete da parte delle imprese?

Poco, che io sappia. L’assurdo fracasso su una immaginaria “crisi” ha indotto in molte imprese uno stato di perplessità sulle attività online. Quelle che hanno attività concrete, precise e funzionanti di solito continuano, con un impegno graduale e progressivo. Molte che si erano affacciate online “solo per esserci” stanno constatando che in quel modo si ottiene poco o nulla (e in parecchi casi ci si fa del male, creando aspettative che si è in grado di soddisfare).

E molti che erano comunque esitanti, o non avevano voglia di andare oltre una presenza generica e “cosmetica”, hanno trovato comodo sentir parlare di “crisi” per continuare a rimandare e non impegnarsi in modo più serio.

Come sto dicendo da anni... è importante togliere di mezzo la falsa percezione che esista un “tempo internet”, che tutto debba essere fatto in gran fretta, che si debbano ottenere risultati in tempi brevi. È vero il contrario. Un’efficace attività online si realizza con pazienza e continuità, investimenti graduali e “scalabili”, continua sperimentazione e verifica.

Fra le cose più recenti che ho pubblicato a questo proposito
vedi  È un momento favorevole per usare bene la rete
Come trovare il tempo giusto.


7. Il nostro tessuto economico è composto per il 90% da PMI. Se l’internet non si diffonderà adeguatamente nella PMI, forse, non si arriverà mai a quella massa critica che renderà la rete qualcosa di irrinunciabile per chi opera in qualsiasi business. Cosa manca ancora per far sì che la PMI sia una forte componente della rete?

Prima di rispondere a questa domanda vorrei togliere di mezzo un concetto diffuso quanto sbagliato. Si pensa che le attività di business siano l’elemento portante della rete e che senza di esse l’internet non possa esistere. È vero il contrario. La rete esiste da trent’anni – è cresciuta e continua a crescere come tessuto di relazioni umane. Potrebbe sopravvivere e crescere ad infinitum senza alcuna attività commerciale.

È logico, ragionevole e utile che quando esiste una struttura di relazioni umane e sociali ci siano anche attività economiche. Che sappiano inserirsi correttamente nel sistema di comunicazione già esistente – senza prevaricarlo né cercare di impadronirsene.

“Ciò premesso” – era evidente fin dagli inizi che la rete è un terreno particolarmente favorevole per le “piccole e medie imprese”. Perché permette di organizzare reti commerciali e altri sistemi di relazione senza quei costi elevati che richiedono le pesanti strutture delle “grandi imprese”. Perché la gestione di relazioni dirette è molto più efficace su “piccola scala”, cioè quando il numero delle interazioni non è troppo grande. E per altri, abbastanza evidenti, motivi. Tanto è vero che sei o sette anni fa le “grandi imprese” erano preoccupate per la diffusione dell’internet, in cui vedevano una crescente possibilità di concorrenza da parte delle “piccole”. (E in parte lo sono ancora – la differenza sta nel fatto che non possono più sperare di sopprimerla e perciò tentano di “concentrarla” nella speranza di poterne avere il controllo).

Sappiamo che molti errori di prospettiva (la fretta, la mania dei “grandi numeri”, le promesse di risultati mirabolanti quanto impossibili) hanno rallentato (o male indirizzato) lo sviluppo di attività online di quasi tutte le imprese – e in particolare delle PMI. Ma il potenziale che si era visto fin dall’inizio continua a esserci.

Nel 1994 John Naisbitt, nel suo libro Global Paradox, spiegava che più l’economia diventa “globale” più importante è il ruolo dei “piccoli” operatori. Dall’esperienza successiva non risulta alcun elemento che metta in dubbio quella constatazione. Che l’enfasi finanziaria e la megalomania delle “concentrazioni” abbiano fatto sembrare inesistente tutto ciò che non è una speculazione di molti miliardi di dollari (o euro) è solo un errore di prospettiva.

Il ruolo delle “piccole e medie imprese” è e rimane fondamentale per la nostra economia. L’internet, usata bene, è uno strumento particolarmente adatto per le PMI. Un’osservazione fondamentale, a questo proposito, è che occorre pensare non solo al mercato nazionale, ma anche e soprattutto all’esportazione – o comunque ad attività, accordi, collaborazioni eccetera su scala internazionale.

La rete è cresciuta bene anche in Italia. Ormai siamo fra i primi dieci paesi del mondo per attività online – e al sesto posto in Europa (vedi le diverse documentazioni raccolte nella sezione “ dati”). Ma oltre il 98 % della rete nel mondo (e il 90 % in Europa) è fuori dai nostri confini. Questo è un problema per le grandi imprese che sognano di poter competere in attività generiche con l’imponente “massa d’urto” delle multinazionali – mentre ovviamente è un’occasione straordinaria per le nostre PMI, che già molte volte hanno dimostrato di saper competere efficacemente e aggressivamente nel mondo in quei settori in cui hanno specifica competenza.


8. Negroponte ha recentemente affermato che tra qualche anno respireremo digitale senza accorgercene. Tutto il nostro mondo cambierà senza che noi si abbia modo di accorgercene. Ma un cambiamento così radicale porta diverse conseguenze a seconda che sia accettato o imposto. È possibile che le imprese non accettino questo nuovo modo di fare business?

Questo genere di affermazioni “mirabolanti” è pericoloso e nocivo perché confonde le idee. Diffonde ingiustificati timori e più che giustificate diffidenze. I nostri polmoni respirano aria e l’aria non è “digitale”. Essere online non significa trasformarsi in androidi o robot – è un modo in più per essere umani. La rete è strutturalmente un sistema biologico (non “digitale”) e questo non è solo un fatto scientifico o filosofico. (Vedi La società connessa: un sistema biologico).

Una caratteristica forte di molte “piccole e medie imprese” è di essere gestite con realismo, buon senso e molta attenzione ai rapporti umani. Da lì (e non da ipotesi fantascientifiche) bisogna partire per costruire un’efficace attività online.


9. Il mobile oggi sembra essere una fonte di opportunità per chi fa business. Stanno nascendo le prime forme di comunicazione e marketing mobile. Pensa possano avere un futuro?

Tutte le risorse possono essere utili in qualche ruolo specifico. Nessuna è una “panacea” di uso universale. Chi vende telefonia mobile in un mercato “saturo” come quello italiano si trova davanti a possibilità quasi nulle di crescita. Cerca perciò di inventare tutto il possibile per aumentare il traffico e complicarne l’uso. Si tratta di capire se, come e per quali specifici scopi l’uso della telefonia mobile può essere utile a una particolare impresa. Se no è aria fritta – o è il rischio di creare spese inutili e complicazioni indesiderabili.


10. Si dice che per lo sviluppo dell’internet sia necessaria la diffusione di nuove tecnologie e in particolare della “banda larga”. E che per essere efficienti online le imprese debbano, prima di tutto, fare investimenti pesanti in tecnologia. È vero?

Non è vero. Anche in questo caso si tratta di una tesi sostenuta da chi vuol vendere collegamenti broadband che sono utili solo per alcuni tipi di attività – o comunque vuole indurre le imprese a spendere in tecnologia molto più di ciò che serve.

In generale non è il caso di investire in tecnologie prima di aver verificato di averne una reale necessità. Le risorse tecniche si possono sempre aumentare quando opportuno. Più tardi lo si fa, meno si spende – ed è meglio usare tecnologie collaudate (quindi più affidabili) e sceglierle in base a esigenze specifiche definite dall’esperienza.
(Vedi Il problema delle tecnologie).

Per quanto riguarda la “bufala della banda larga” non solo le qualità tecniche dei sistemi così aggressivamente proposti sono discutibili, ma non è affatto necessario usarli per poter operare efficacemente in rete. Per chi volesse approfondire questo argomento ci sono tre miei recenti articoli.

Quei grandi tubi pieni di nulla (gennaio 2002)
L’inganno di Alice (maggio 2002)
Il problema della lentezza (luglio 2002).


11. Lei ha sempre affermato che trovare altri modi bizzarri per far collegare le persone alla rete (TV, telefonino, ecc.) non servono a migliorare la rete. C’è bisogno di servizi e di buoni motivi da dare a chi non è già collegato. Ma la rete così come ci si presenta oggi non offre già sufficienti motivazioni per collegarsi?

I fatti dimostrano che praticamente nessuno usa un televisore per collegarsi alla rete. Pochi si collegano con un cellulare (e per quasi nessuna di quelle persone il collegamento wireless è l’uso prevalente o è stato il primo modo d’accesso). Lo strumento per collegarsi alla rete è e rimane il personal computer. Comunque è irrilevante quali siano le tecnologie con cui ci si collega all’internet. Ciò che conta è perché le persone usano la rete (o perché non la usano) e che cosa ne fanno.

Sappiamo che su 100 persone in Italia che hanno un computer in casa circa 70 hanno una connessone all’internet, 43 la usano e 30 lo fanno con una certa frequenza (“almeno una volta alla settimana”). L’uso dell’internet potrebbe raddoppiare o triplicare, senza l’aggiunta di una sola connessione, se le persone avessero un buon motivo per collegarsi più spesso. Da circa un anno il numero di persone online non sta crescendo molto velocemente (né in Italia né in altri paesi) ma ciò non significa che siamo vicini a una “soglia di saturazione”.

Insomma (al di là del fatto che la diffusione delle connessioni continuerà a crescere) molte persone oggi hanno la possibilità di usare le rete ma se ne servono per poche cose rispetto alla varietà di possibili utilizzi (anche aziendali). E continueranno a scegliere solo quelle funzioni o servizi che considerano utili e interessanti. Inoltre non è un paradosso affermare che se ci fosse un’offerta particolarmente interessante potrebbe raggiungere anche persone che non hanno una connessione e non sanno come connettersi. Se contassimo tutte le persone che possono chiedere a un famigliare, amico o collega di lavoro «per piacere fammi vedere la tal cosa» saremmo vicini alla totalità della popolazione “economicamente attiva”. E questo è un comportamento tutt’altro che raro o inusuale.

A una singola impresa. comunque, non interessa se “in generale” una persona si collega spesso o raramente alla rete. L’importante è che lo faccia quando è interessata a ciì che l’impresa ha da offrire.

Una domanda critica per la verifica di qualità di un’offerta online potrebbe essere proprio questa. «Sto proponendo qualcosa di così interessante da indurre qualcuno, che non ha mai usato l’internet, a farlo apposta per me?».

Il problema è uno solo: la qualità dell’offerta. Per qualità di prodotti e servizi, efficacia dei sistemi online, gestione delle relazioni, servizio e assistenza, eccetera. C’è anche un serio problema di fiducia. Purtroppo molte offerte online (anche senza contare lo spam e le attività truffaldine) sono deludenti e producono diffidenza e disagio.


12. Un quadro confuso e turbolento è più un problema o più un’occasione?

Questo è l’eterno dilemma in ogni genere di attività. Mi sembra più producente pensare che sia un’occasione – o che almeno valga la pena di sperimentare.

Nessuna impresa (neppure “grande”) può farsi carico di imprimere da sola un diverso andamento alla qualità delle attività online. È molto meglio che ciascuno si concentri su ciò che sa fare bene (meglio di chiunque altro).

Occorre sgombrare il terreno da alcuni miti. Come quello della fretta (ci vuole tempo – ed è meglio se non si cresce troppo velocemente, soprattutto all’inizio). O come quello dei “grandi numeri”. Per tutte le imprese, ma specialmente per le “piccole e medie”, sono importanti i “piccoli numeri“: pochi interlocutori, che siano quelli davvero rilevanti.

È importante “farsi conoscere” subito da un gran numero di persone? Niente affatto. È vero il contrario. Meglio partire con un numero limitato di relazioni, che si possano gestire bene – per imparare (e organizzarsi) man mano che si cresce. Il “passaparola” è lo strumento più forte ed efficace per diffondere la propria presenza in rete.

(Su come crescono e si moltiplicano le relazioni d’impresa online
vedi  Il valore delle relazioni).

Il fatto fondamentale è che per un’impresa non è rilevante badare a che cosa succede all’internet “in generale” (un tema su cui, comunque, ci sono molte più chiacchiere confuse che informazioni utili). Mentre è molto importante capire quali risorse sono adatte alle sue particolari esigenze.

L’internet non è un calderone indistinto e omogeneo. È un sistema policentrico e infinitamente complesso in cui hanno uguale diritto di presenza e ruolo concreto attività “grandi” o “piccole”. Se è vero per ogni persona online che la scelta migliore è “farsi una rete su misura” (vedi il primo capitolo di L’umanità dell’internet) lo è altrettanto, se non di più, per ogni impresa.




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