le imprese e l'internet



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Il ruolo dei “portali”

Da due o tre anni si parla molto di “portali”. In realtà il concetto è tutt’altro che nuovo. I modelli “storici” negli Stati Uniti risalgono ai tempi in cui non c’erano accessi “per tutti” all’internet: Compuserve (dal 1979) e America OnLine (dal 1985) erano “grandi BBS” che offrivano estesi servizi ai loro clienti, comprese le mall, o centri commerciali.

Il sistema dei BBS (Bulletin Board System) esisteva come offerta di servizi online e reti di interconnessione molto prima che si diffondesse l’uso dell’internet.

Ancora oggi Aol (che nel frattempo ha comprato Compuserve e Netscape) è il “punto di accesso” alla rete per milioni di americani. E la fusione di Aol con Time Warner porta alla nascita di un “mostro” di concentrazione nei sistemi informativi, con conseguenze imprevedibili e, per molti aspetti, preoccupanti.

Con la diffusione dell’internet, il ruolo tradizionale dei “portali” sembrava esaurito. Invece continuano a crescere e a moltiplicarsi, e nascono continuamente nuove presenze che vogliono occupare quel ruolo. Hanno origini diverse, ma tutti cercano di “convergere” nello stesso ruolo: diventare il “punto privilegiato di accesso” per il maggior numero possibile di utenti. Con risultati molto discutibili, perché l’esperienza dimostra che non c’è (neppure fra i nuovi utenti) alcuna “fedeltà” al punto iniziale d’accesso o ad alcuno dei servizi erga omnes di cui si è moltiplicata l’offerta.

Le manovre in Italia erano in corso da tempo; ma la “guerra dei portali” si era scatenata nel 1999. Decine di concorrenti avevano (e dichiaravano) lo stesso obiettivo: diventare “il più grande portale in Italia”. Bertoldo chiederebbe: «Se sono tanti, come può ognuno essere l’unico, o il più importante?». Spesso i “bertoldi” hanno ragione. Nessuno può prevedere come andrà a finire questa guerra, ma una cosa è certa: non la possono vincere tutti. Sono stati chiari nel 2000, e si accentuano nel 2001, i segnali di difficoltà. Molti “portali” sono in crisi, per varie ragioni di cui le più importanti sono due. Sono caduti nella trappola della fretta; e i loro progetti erano basati sulla previsione di entrate irrealizzabili.

Dal punto di vista delle imprese che vogliono usare la rete per sviluppare la propria attività non è importante sapere chi prevarrà nella furibonda e un po’ disperata concorrenza fra portali orizzontali, verticali, diagonali, a quadretti o a pois, ma capire se e come è utile servirsi di queste risorse. Se la crisi dei “portali” e i risultati deludenti ottenuti finora (non solo in Italia, ma in tutto il mondo) inducono a una più che giustificata diffidenza, non è detto che cose con caratteristiche simili a un “portale• siano totalmente da escludere. Per inquadrare questo tema, si possono definire alcuni criteri.

  • L’eventuale uso di un “portale” può essere visto come uno strumento per far crescere il “traffico”; ma non può e non deve sostituire l’impegno diretto dell’impresa con una propria strategia in rete.


  • Nella maggior parte dei casi non c’è alcun motivo per cui un’impresa debba costruire un proprio “portale”. Nell’ipotesi che questa sia una delle soluzioni potenzialmente utili, sarà tanto più efficace quanto meno sarà generica. Occorrono obiettivi specifici, mirati e direttamente attinenti alle strategie aziendali. Per una grande impresa, può essere utile un hub che serva come nodo di riferimento per le sue diverse attività (ma è importante che sia un efficace centro di smistamento, non un affollato e inestricabile ingorgo). Per le “piccole e medie imprese” possono essere utili alleanze, consorzi o servizi condivisi.


  • Anche in questo modo possono entrare in gioco le comunità, che sono la forza e la struttura naturale della rete. Non è importante come si definiscono, cioè se somiglino a un “portale”, a un nodo (hub), a un BBS, a un sistema di nodi interagenti e collegati fra loro, eccetera. Può essere tutte queste cose o nessuna, ma l’importante è che abbia un’identità chiara e riconoscibile. Per molte comunità può essere utile presentarsi anche all’esterno con un punto di presenza che permetta di rendere disponibile il loro patrimonio di conoscenze e condividerlo con chi altro, nel vasto e complesso mondo della rete, è interessato a condividerlo.


  • La nascita di “portali” specializzati può essere un’iniziativa autonoma, oppure l’opera di un intermediario qualificato, o può essere stimolata dalle imprese del settore. Questa ipotesi è tanto più rilevante quanto più esistono già “bacini” organizzati o consorzi efficienti


  • In ogni caso la credibilità di un “portale” è determinata dalla qualità del servizio che offre. Quanto più è condizionato da particolari interessi, tanto meno è credibile. Questo problema esiste con tutti i mezzi di informazione ma assume un’intensità particolare nella rete, dove le persone più esperte e attive hanno un’elevata capacità critica e tutti hanno un’immediata possibilità di verifica.


  • La dimensione non è necessariamente un fattore di qualità. Quanto più un “portale” diventa grande, tanto più è generico e ha difficoltà a gestire una massa esagerata di contenuti; e tanto più diluita è la presenza in quel contesto di ogni singola impresa.


  • Sembra in gran parte tramontato il concetto di mall, o centro commerciale, che gestisce le attività online per conto delle imprese . Rimangono tuttavia due possibilità: gestire tutto in proprio o delegare a terzi una parte del sistema, dalla logistica alla comunicazione. Ovviamente la scelta dipende dalle specifiche esigenze e risorse di ciascuna impresa; ma in generale è meglio mantenere il massimo possibile di autonomia e di flessibilità, utilizzando se e dove necessario risorse esterne, organizzando dove opportuno alleanze, convergenze e comunità, ma evitando di perdere il controllo o di ridurre la propria autonomia.


I “grandi portali” sono in crisi; si parla di possibili chiusure o fallimenti, o almeno di ridimensionamento e ridefinizione delle strategie. Ma non è probabile che spariscano del tutto. Continueranno i loro tentativi di occupare una parte del territorio; ma non sono, e probabilmente non saranno mai, in grado di controllare tutto il sistema.

Ci vorranno alcuni anni prima che la situazione si chiarisca e si consolidino ruoli e posizioni. Intanto, la considerazione fondamentale è una. Tutti gli strumenti possono essere utili, se sono scelti secondo la situazione, la fase e le esigenze di ciascuna impresa. Ma nulla può sostituire l’impegno diretto dell’impresa in rete, definito e costruito passo per passo, “tagliato su misura” per le sue specifiche e inconfondibili strategie. L’internet è un mondo di diversità; più si è (o si appare) uguali agli altri, o si fanno le stesse cose, più si diventa deboli e dispersi in una folla anonima.




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Questo è il capitolo 18 (di 32)
del libro Le imprese e l’internet
di Giancarlo Livraghi e Sofia Postai
L’indice si trova su
http://gandalf.it/upa/
 


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