le imprese e l'internet



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Che cosa fare
e che cosa delegare

Uno dei problemi più rilevanti nell’uso efficace dell’internet e di tutti i nuovi sistemi di comunicazione è il loro “consumo” del bene più raro e prezioso: le risorse umane. Perché richiedono attenzione da parte dei vertici dell’impresa, che hanno già comunque un sovraccarico nella gestione del tempo, e perché hanno bisogno di risorse dedicate, che non è facile trovare o formare.

La conseguenza è la ricerca della possibilità di delegare – affidando queste attività a una funzione interna dell’impresa (di solito già oberata di altre responsabilità) oppure gestendole in outsourcing. Il quadro è complicato dall’affollarsi di risorse esterne che affermano di saper gestire queste attività e offrono soluzioni “chiavi in mano”.

Purtroppo la delega di responsabilità non è un rimedio adeguato. Poiché una gestione efficiente coinvolge molte e diverse funzioni nell’impresa, è necessario che le leve fondamentali di controllo siano tenute dal vertice dell’organizzazione; ma d’altro lato è necessario che questo avvenga senza un consumo eccessivo di tempo, anche perché nella maggior parte dei casi si tratta di attività che non offrono un “ritorno” economico rilevante nel breve periodo (vedi la premessa a proposito del fatto che non esiste un “tempo internet” e il capitolo 3 sui motivi per cui i risultati più interessanti si ottengono con uno sviluppo graduale).

Naturalmente non è possibile ipotizzare uno schema di soluzione adatto a tutte le imprese, perché ognuna può avere diverse esigenze e impostazioni organizzative. Ma alcune considerazioni generali possono contribuire a impostare l’attività nel modo più efficiente e meno dispersivo.

Prima di esaminare l’aspetto centrale della questione, cioè l’organizzazione interna, è opportuno un breve accenno alle risorse esterne. Come è accaduto nel passato per altre attività di comunicazione, si affollano oggi intorno all’internet infinite proposte delle più svariate origini, accomunate dallo stesso difetto: quasi tutte promettono ciò che non possono mantenere.

Ci sono i venditori di tecnologia, che propongono soluzioni tecniche come se potessero “automaticamente” risolvere i problemi. Questo non è mai vero. Inoltre la scelta delle soluzioni tecniche più adatte deve essere la conseguenza

(non la premessa) della definizione di un progetto – e le soluzioni migliori sono sempre quelle ad “architettura aperta” cioè non legate a un solo fornitore.

Ci sono la imprese di consulenza e di comunicazione che si sentono obbligate a “presidiare il territorio” e perciò si dichiarano competenti a farlo, anche quando in realtà non hanno un’adeguata esperienza e competenza specifica.

Ci sono gli “specialisti” del settore che, se competenti, qualificati e flessibili (cioè capaci di capire le esigenze specifiche di ciascun progetto) possono essere utili, ma non hanno la capacità di gestire autonomamente la comunicazione online senza un preciso e puntuale controllo da parte dell’impresa.

Ci sono organizzazioni esterne che si offrono come intermediari. Raramente sono in grado di svolgere efficacemente il loro compito; ma anche se lo fossero tenderebbero a “imprigionare” l’impresa che perderebbe le leve di controllo e si troverebbe in una situazione ancora peggiore di quella che si determina quando la distribuzione organizzata prevale sui prodotti di marca.

Insomma una delega totale, o la delega di funzioni rilevanti, è sconsigliabile e pericolosa. In ciascun caso specifico possono esserci livelli e modi diversi di delega (dove il fattore dominante non dovrebbe essere la natura dei servizi offerti ma la qualità del rapporto fiduciario, culturale e umano fra l’impresa e le risorse esterne). Ma le leve di controllo – dalla definizione delle strategie alla verifica in ogni fase di sperimentazione – devono restare saldamente nelle mani dell’impresa.

Si pone perciò il non facile problema dell’assegnazione interna delle responsabilità. Anche perché si opera in un terreno “immaturo” e in evoluzione, dove esperienze e metodi consolidati di fatto non esistono – e nessuno può qualificarsi “esperto” se non illudendosi sulle proprie capacità o vantando competenze che non ha.

La soluzione sta in un efficace “gioco di squadra”. Occorre all’interno dell’impresa una risorsa dedicata, non necessariamente numerosa (almeno all’inizio) ma con una efficiente possibilità di accesso a tutte le diverse funzioni dell’impresa che devono essere coinvolte (vedi il capitolo 7 a proposito delle sinergie). E occorre una direttiva forte e chiara, oltre a una sorveglianza nelle varie fasi di sviluppo, da parte del vertice dell’impresa per assicurare che il progetto abbia le “corsie preferenziali” di cui ha bisogno e possa contare sulla collaborazione di tutte le funzioni, in modo “trasversale” alle strutture tradizionali di ruolo e di reparto.

È molto improbabile che si possano trovare sul mercato del lavoro risorse già qualificate e competenti. Le persone dedicate a questi progetti (sia che siano già all’interno dell’impresa o che siano assunte a questo scopo) devono formarsi e costruirsi nell’esperienza specifica. Il vantaggio (in questa e come in altre cose) è la grande capacità di sperimentazione e verifica offerta dalla rete. Ma occorre innanzitutto scegliere bene le persone. La competenza tecnica è utile ma non è il fattore primario. Ciò che conta è soprattutto una buona formazione umanistica, una forte capacità di comunicazione e di relazione, e il desiderio di impegnarsi in questo territorio affascinante ma difficile. L’entusiasmo e la capacità di impegno continuativo (cioè di non scoraggiarsi per le inevitabili difficoltà e delusioni) sono probabilmente le caratteristiche più importanti.

In pratica è meno difficile di come può sembrare – se si scelgono le persone giuste e se si gestiscono bene le leve di motivazione e di controllo. Ma è un’operazione abbastanza complessa e impegnativa. Ne vale la pena? Credo di si. Perché è quasi impossibile immaginare un’impresa che – in un modo o nell’altro – non possa trarre vantaggi importanti da un uso efficace dei nuovi sistemi di comunicazione. Perché non è opportuno lasciare il campo libero alla concorrenza. E perché (cosa tutt’altro che secondaria) strumenti flessibili e continuamente verificabili come questi possono permettere sperimentazioni (abbastanza veloci e relativamente poco costose) utili a tutte le altre attività (soprattutto, ma non solo, di relazione e di comunicazione).




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Questo è il capitolo 17 (di 32)
del libro Le imprese e l’internet
di Giancarlo Livraghi e Sofia Postai
L’indice si trova su
http://gandalf.it/upa/
 


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