Offline Riflessioni a modem spento


Quei grandi tubi
pieni di nulla

gennaio 2002

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



La storia delle tecnologie è piena di presunte “soluzioni miracolose” che dovrebbero risolvere tutti i problemi. Quelle che servono davvero per evoluzioni importanti passano spesso inosservate. Altre, cui si attribuiscono capacità taumaturgiche, spariscono dopo qualche anno. Oppure producono risultati utili, ma diversi da quelli che si immaginavano. Ci si sbaglia anche nelle analisi a posteriori. Per esempio alla fine del 2001 si è celebrato il centenario dell’invenzione di Marconi come nascita della radio – ma non e’ vero. Era “telegrafo senza fili”. La radio si sviluppò vent’anni più tardi (vedi La nascita della radio e l’evoluzione turbolenta).

Ora si fa un gran parlare della “banda larga”. Si dice che la diffusione dell’internet è frenata da una insufficiente capacità di trasporto dei dati. Il che è palesemente falso – ma ci sono forti interessi in gioco cui conviene diffondere quella superstizione.

In un altro articolo ho parlato dei valori “storici” della rete che non è opportuno dimenticare. Ciò che vorrei ricordare qui è che la rete funzionava, meglio di oggi, quando la “banda” disponibile era assai meno di quella attuale e sembravano veloci i modem che trasferivano 2.400 bit al secondo (mentre oggi non ci si accontenta di 64.000 – e a qualcuno sembrano scarsi anche 640 k).

L’aumento di bandwidth dipende solo in parte dalla crescente disponibilità di strumenti di trasporto (cavi, satelliti, reti “fisse” e “mobili”). Ci sono soluzioni tecniche – come la compressione e la separazione di frequenze – che permettono di far passare una quantità enormemente maggiore di dati attraverso i canali già esistenti. Il risultato è che quei “tubi” sono troppi, enormi e vuoti. Si stima che oggi sia utilizzato circa il 2 per cento della “banda” disponibile.

I canali di trasporto sono una commodity sovrabbondante. L’offerta eccede enormemente la domanda – mentre i costi scendono, con tendenza quasi ad azzerarsi. In un reale “mercato” ci sarebbe una precipitosa discesa dei prezzi. Ma c’è un “cartello”, una specie di Opec delle telecomunicazioni, un “confusopolio” che frena la riduzione delle tariffe mentre si affanna a cercare soluzioni per “riempire” l’esagerata e inutilizzata capienza dei tubi.

Di “confusopolio” (cioè di sistemi oligopolistici per confondere l’offerta invece di ridurre il prezzo) si parla dal 1998 – e il fenomeno continua a essere confermato dai fatti.

Molti guadagnano sul commercio di “banda”. Chi ce l’ha, chi la compra e la rivende, chi ha una quota di lucro sull’interconnessione, chi riesce a inventare pretesti per appesantire il traffico. Siamo assediati dalle proposte e dai marchingegni che cercano a tutti i costi di farcene consumare di più.

Le connessioni veloci non sono inutili. Servono per parecchi usi specifici. Il più ovvio è la televisione – o altri sistemi audiovisivi, come per esempio le videoconferenze (ma la televisione non è l’internet – e soprattutto l’internet non è la televisione). Ci sono anche altre attività rilevanti che richiedono un trasferimento pesante di dati. L’ingegneria, l’architettura, la grafica, l’editoria, varie applicazioni scientifiche e tecniche. Soluzioni per uccidere (come le applicazioni militari) o per salvare vite (come, per estremo, un intervento chirurgico “in connessione remota”). O, più semplicemente, il caso di chi ha spesso motivo di prelevare o trasferire in rete software ingombrante.

La “banda larga” è una risorsa – per chi davvero ha motivo di usarla. Ma è insensato proporla “a tutti”, chiederne un prezzo ingiustificabile rispetto ai costi, inventare ogni sorta di pretesti per riempirla di cose inutilmente ingombranti.

Nonostante le pressioni, non tutti si lasciano incantare. Nei paesi dell’Ocse la “banda larga” raggiunge meno del 2 per cento degli utenti della rete. Mentre altri fattori influiscono su un rallentamento. Vedi La crescita rallenta?

Non ha senso inseguire ad infinitum il mito della “multimedialità”. La base della comunicazione in rete è e rimane la parola scritta (lo strumento più efficace è anche quello che produce il minor “carico di banda”). Il problema più grave è che se si concentra tutta l’attenzione sui presunti miracoli della “banda larga” si perdono di vista i valori reali. Si giustificano posizioni di attesa e di inerzia. E, al tempo stesso, si moltiplicano iniziative banali, pretestuose, cariche di apparenza e prive di contenuto, invece di impegnarsi su ciò che conta: la qualità dell’informazione, del dialogo e del servizio.




A proposito di quello che viene chiamato the broadband fiasco c’è un interessante articolo pubblicato il 10 dicembre 2001 da Gerry McGovern What the broadband meltdown tells us in cui fa notare che dopo dieci anni di mitologia ed “evangelizzazione” sui miracoli della “banda larga” i risultati non sono soltanto fallimentari e deludenti ma anche decisamente dannosi.

Negli anni Novanta – osserva McGovern – le imprese tecnologiche (e i media che da loro traggono nutrimento) si sono comportate come se drogate da forti dosi di allucinogeni. Tutto era velocità e accelerazione. La necessità di velocità era diventata un mantra religioso fra i guru della tecnologia. La “banda larga” era la sola cosa che contava. Molte attività erano progettate con il principale obiettivo di consumare la maggior quantità possibile di bandwidth.

Un’altra lezione che si ricava da questo fiasco è che la rete dev’essere trattata per quello che è, non per quello che i tecnologi e i disegnatori grafici immaginano che debba essere. La mentalità broadband scivola sulla superficie della rete, tenta di renderla luccicante, decorativa e appariscente. Così si sono sviluppati milioni di pessimi siti web. Quei siti tentano di essere riviste patinate, spettacoilari film. Hanno fallito miseramente.

Studio dopo studio si ha continuamente la stessa conferma: le persone che usano la rete in tutti i continenti non vogliono siti web spettacolari, ostentazioni ed esibizionismi. Vogliono siti funzionali, con contenuti utili e pagine che si scaricano rapidamente. Vogliono informazioni complete e bene organizzate. Vogliono sistemi efficienti di ricerca. Vogliono supporto di qualità, servizio, processi semplici e robusti.

Tutte queste cose – tutte le cose che le persone vogliono dalla rete – non hanno bisogno di “banda larga”. Coloro che credevano di acchiappare tesori seguendo l’arcobaleno broadband hanno fallito perché non hanno capito quali ricchezze si possono trovare con siti web semplici e ben progettati.

Per tutto ciò che davvero serve in rete, conclude l’analisi di Gerry McGovern, la broadband è inutile.

 



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