Secondo uno studio di Jupiter Media Metrix (vedi
The conservative intertnet)
sembra che negli Stati Uniti il 60 per cento del tempo delle persone
online sia speso nellutilizzo di prodotti o servizi di 14
imprese (due anni fa erano 110) e che il 50 per cento sia
concentrato su quattro risorse online (AOL,
Microsoft, Yahoo, Napster). Come tutte le ricerche e le statistiche,
anche questa va presa cum granu salis. Ma la tendenza alla
concentrazione del sistema web è un
problema che merita qualche meditazione.
A prima vista, sembra la morte dellinternet. La rete
è, per sua natura, policentrica; una delle sue
caratteristiche principali è la sua molteplicità
e diversità. Se tutto, davvero, si concentrasse in poche mani,
che fine farebbe quel mondo in cui a tutti è offerta una
possibilità di voce, in cui ai piccoli è
possibile competere con i grandi? Ma la cosa
non è così semplice.
Prima di tutto, una statistica generale tende
a sopravvalutare le risorse generiche. Non
può rilevare un uso intenso di risorse specialistiche,
o comunque specifiche, da parte di numeri relativamente piccoli
di persone. Quindi la molteplicità e la diversità
ci sono, ma non sono rilevate da questo genere di analisi.
Unaltra considerazione (ovvia quanto fondamentale)
è che la frequentazione di siti web è solo una
parte dellattività nellinternet e non
necessariamente la più importante (vedi
Non tutto è web).
Ma sorge spontanea una domanda: che fine ha fatto quel
campo aperto, quel level playing field
in cui tutti hanno pari opportunità?
Per un certo aspetto, non cè mai stato. Nessun
campo è livellato e omogeneo. Ognuno
deve saper scegliere il terreno che gli è più
favorevole. Ma il terreno cè; e per quasi tutti
è molto diverso da quei grandi spazi indifferenziati
in cui dominano pochi, giganteschi operatori globali.
Non è un paradosso affermare che più i
megasistemi generici si concentrano più si
aprono possibilità per infinite risorse diverse. La
competizione diventa sempre più difficile per chi
cerca di collocarsi nei territori più grandi (e non
abbiamo ancora visto in pieno gli effetti di quella mostruosa
concentrazione che deriva dalla fusione di AOL
e Time Warner). Ma questo conflitto di pachidermi (o dinosauri?)
lascia enormi spazi liberi per chi si concentra su ruoli e
servizi più precisi, con unidentità più
specifica e meno diluita.
Se il problema è rilevante in tutto il mondo, e in
particolare negli Stati Uniti, lo è ancora di
più in Italia. I nostri giganti sono
pigmei nella competizione mondiale su terreni
generalisti. Cè una smisurata differenza
di risorse, non solo economiche. E non è il caso di
illudersi che la barriera della lingua sia una difesa. Ormai
lItalia non è più la cenerentola della rete;
oggi siamo il sesto paese al mondo per presenza nellinternet
(vedi la sezione dati). Molti
dei grandi sistemi internazionali sono già attivi in lingua
italiana ed è facile prevedere che la pressione
aumenterà.
Limitazione e la ripetitività sono destinate alla
sconfitta. E non possiamo dimenticare che la forza portante
della nostra economia sta nelle famose piccole e medie
imprese che finora hanno sviluppato solo in minima
parte la loro capacità di usare la rete. Le
nostre risorse sono la diversità,
la specializzazione e lumanità cioè
la capacità di gestire rapporti personali. Avremo tanto più
successo quanto più sapremo abbandonare i terreni
generici, dimenticare le grandi concentrazioni
sitocentriche e puntare su quella che è, e
rimane, la vera cultura e struttura della rete. Infinitamente
complessa, multiforme e ricca di diversità.
A questo proposito vedi anche:
Le vie della rete sono infinite
I valori della diversità
Non siamo in America: ostacoli e vantaggi
Foreste, dinosauri, scoiattoli e Fenici
Aladino, Ulisse e Polifemo
I tirannosauri, le pecore e il signor Brambilla