Offline Riflessioni a modem spento


Quale internet?

luglio-agosto 2001

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disponible también en español



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull’internet marketing
vedi la rubrica online Il mercante in rete
e il libro La coltivazione del’internet
 
 

 



Secondo uno studio di Jupiter Media Metrix (vedi The conservative intertnet) sembra che negli Stati Uniti il 60 per cento del tempo delle persone online sia speso nell’utilizzo di prodotti o servizi di 14 imprese (due anni fa erano 110) e che il 50 per cento sia concentrato su quattro risorse online (AOL, Microsoft, Yahoo, Napster). Come tutte le ricerche e le statistiche, anche questa va presa cum granu salis. Ma la tendenza alla “concentrazione” del sistema web è un problema che merita qualche meditazione.

A prima vista, sembra la morte dell’internet. La rete è, per sua natura, policentrica; una delle sue caratteristiche principali è la sua molteplicità e diversità. Se tutto, davvero, si concentrasse in poche mani, che fine farebbe quel mondo in cui a tutti è offerta una possibilità di voce, in cui ai “piccoli” è possibile competere con i “grandi”? Ma la cosa non è così semplice.

Prima di tutto, una statistica “generale” tende a sopravvalutare le risorse “generiche”. Non può rilevare un uso intenso di risorse specialistiche, o comunque specifiche, da parte di numeri relativamente piccoli di persone. Quindi la molteplicità e la diversità ci sono, ma non sono rilevate da questo genere di analisi.

Un’altra considerazione (ovvia quanto fondamentale) è che la frequentazione di siti web è solo una parte dell’attività nell’internet – e non necessariamente la più importante (vedi Non tutto è web).

Ma sorge spontanea una domanda: che fine ha fatto quel campo aperto, quel level playing field in cui tutti hanno “pari opportunità”? Per un certo aspetto, non c’è mai stato. Nessun “campo” è livellato e omogeneo. Ognuno deve saper scegliere il terreno che gli è più favorevole. Ma il terreno c’è; e per quasi tutti è molto diverso da quei grandi spazi indifferenziati in cui dominano pochi, giganteschi operatori “globali”.

Non è un paradosso affermare che più i “megasistemi” generici si concentrano più si aprono possibilità per infinite risorse diverse. La competizione diventa sempre più difficile per chi cerca di collocarsi nei territori più grandi (e non abbiamo ancora visto in pieno gli effetti di quella mostruosa concentrazione che deriva dalla fusione di AOL e Time Warner). Ma questo conflitto di pachidermi (o dinosauri?) lascia enormi spazi liberi per chi si concentra su ruoli e servizi più precisi, con un’identità più specifica e meno diluita.

Se il problema è rilevante in tutto il mondo, e in particolare negli Stati Uniti, lo è ancora di più in Italia. I nostri “giganti” sono pigmei nella competizione mondiale su terreni “generalisti”. C’è una smisurata differenza di risorse, non solo economiche. E non è il caso di illudersi che la barriera della lingua sia una difesa. Ormai l’Italia non è più la cenerentola della rete; oggi siamo il sesto paese al mondo per presenza nell’internet (vedi la sezione dati). Molti dei grandi sistemi internazionali sono già attivi in lingua italiana – ed è facile prevedere che la pressione aumenterà.

L’imitazione e la ripetitività sono destinate alla sconfitta. E non possiamo dimenticare che la forza portante della nostra economia sta nelle famose “piccole e medie imprese” che finora hanno sviluppato solo in minima parte la loro capacità di usare la rete. Le nostre risorse sono la diversità, la specializzazione e l’umanità – cioè la capacità di gestire rapporti personali. Avremo tanto più successo quanto più sapremo abbandonare i terreni “generici”, dimenticare le grandi concentrazioni “sitocentriche” e puntare su quella che è, e rimane, la vera cultura e struttura della rete. Infinitamente complessa, multiforme e ricca di diversità.



A questo proposito vedi anche:

Le vie della rete sono infinite

I valori della diversità

Non siamo in America: ostacoli e vantaggi

Foreste, dinosauri, scoiattoli e Fenici

Aladino, Ulisse e Polifemo

I tirannosauri, le pecore e il signor Brambilla



 

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