I tirannosauri, le pecore e il signor Brambilla Settembre 1998 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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Da ventanni ci stiamo raccontando che è finito il tempo della
cultura e delleconomia di massa, che siamo entrati nellera
dellinformazione, della diversità, dellindividualità. Da tre o quattro anni
ci stiamo dicendo che con lo sviluppo dellinternet il momento è venuto, che la
comunicazione interattiva finalmente distrugge il mondo dellomogeneità massificata
e porta allestremo della selettività, dello scambio personale, nella cultura come
nel commercio. Ma è vero? Nel 1980 Jean-Jacques Servan-Schreiber, nel suo bel libro "La sfida mondiale", scriveva: Nelletà post-industriale la "finitezza" di sempre, che ci opprimeva e ci imponeva la sua legge, si infrange. A portata degli uomini si trova finalmente la risorsa infinita, lunica: linformazione, la conoscenza, lintelligenza. Ventanni dopo, con la diffusione della comunicazione elettronica, dovremmo esserci in pieno... ma è vero? Nello stesso anno Alvin Toffler ("La terza ondata") spiegava che con le nuove tecnologie non sarebbe più esistito il "consumo di massa", che il consumatore sarebbe diventato prosumer, produttore e consumatore insieme, parte attiva del processo non solo di vendita ma anche di fabbricazione dei beni. Oggi le tecnologie elettroniche sono diffuse a un livello che nessuno immaginava ventanni fa. Ma quello che prevedevano sta succedendo davvero? In quella specie di squallido karaoke che è il mondo "globale" dei grandi mezzi di informazione non si vede traccia di diversità e di individualità. Anzi il sistema diventa sempre più piatto e omogeneo. Diceva il Gabibbo, tre anni fa: è morto il libero pensiero, siamo nella valle delleco. Ma si è "adeguato" anche lui. Nelleconomia si parla solo di fusioni e concentrazioni. Come dice Gerry McGovern in un interessante articolo "Il mito dellindividuo" i cosiddetti dinosauri diventano sempre più grassi e voraci. Anche nel mondo della rete le grandi imprese, le grandi organizzazioni stanno facendo tutto il possibile per prendere il sopravvento. E in buona parte ci sono riuscite. Anche nel mondo delle-business sembra che siano più presenti le grandi imprese che le piccole. Talvolta (raramente) cercando di dare un servizio più personale. Molto più spesso semplicemente usando linternet come se fosse solo "un mezzo in più" per ripetere le stesse strategie dimpresa e di comunicazione che hanno sempre usato nei "mercati di massa". Insomma non fanno alcun tentativo per stabilire un dialogo con le persone, trattandole come individui, ma continuano a vederci come un omogeneo gregge di pecore, tuttal più con qualche abbastanza grossolano criterio di "segmentazione". Dovè il mitico signor Brambilla? Dove sono le famose SME (small and medium enterprises) o PMI (piccole e medie imprese)? Vari tentativi di "contare" le piccole imprese italiane presenti con siti web hanno portato, almeno finora, a risultati desolanti. Sono al più qualche centinaio (mentre secondo lIstat le "piccole e medie imprese" in Italia sono tre milioni) di cui forse qualche decina non si limita a un vago "atto di presenza" ma sta facendo qualcosa di serio ed efficace. Come andrà a finire, nessuno sa. Ma mi sembra chiaro che oggi in rete (come nel mercato in generale) ci sono due campi di competizione. Uno dominato dai "grandi", laltro che offre straordinarie possibilità ai "piccoli". Il problema è che nel mondo dei "grandi" sono assai poche le imprese italiane in grado di competere. I nostri goffi dinosauri non hanno molte possibilità di vincere, o anche solo di sopravvivere, quando affrontano sul loro terreno i tirannosauri americani o comunque multinazionali. Sullaltro terreno, quello dei "piccoli", meno visibile nei grandi giochi della finanza ma molto fertile per chi lo sa coltivare, le imprese italiane hanno già dimostrato, fin dagli anni cinquanta, una straordinaria capacità competitiva su scala mondiale. La rete, usata bene, è unoccasione per competere ancora meglio, non in tutto il pianeta (la distribuzione della rete è ancora molto frammentaria) ma in parecchi mercati interessanti. Il problema è convincere il signor Brambilla a capire e usare bene questo strumento e anche le grandi imprese a comportarsi un po meno da dinosauri e trattarci un po meno da pecore. Qui sta oggi, secondo me, la "sfida mondiale". |
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