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Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet

di Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it

 

Numero 42 – 18 dicembre 1999

  1. Editoriale: Il finto millennio
    (ovvero il trionfo del pappagallo)
  2. Ancora numeri sull’internet in Europa
  3. Gli "utenti" internet in Italia
  4. L’internet non è un giocattolo
  5. L’audiweb si è incagliato


bottonerossoSommario

 

 

loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: Il finto millennio
(ovvero il trionfo del pappagallo)

 

Questo è l’ultimo numero del Mercante in rete nel 1999. Ma non è l’ultimo del secolo o del millennio. Per il semplice motivo che il ventesimo secolo non finirà il 31 dicembre 1999, ma un anno più tardi. Questo "equivoco globale", che è un semplice errore di aritmetica, in sé non è molto importante. Ma segnala un fenomeno che merita qualche meditazione.

Ormai imperversa in tutti i grandi mezzi di informazione la ripetizione perenne della stessa idiozia. Vanamente alcuni autori (anche firme "autorevoli" e su testate molto diffuse — per esempio Alberto Ronchey sul Corriere della Sera dell’11 dicembre e Umberto Eco su L’Espresso del 16 dicembre) ci ricordano che il 2000 è l’ultimo anno del secondo millennio, non il primo del terzo. Un’associazione di astronomi spagnoli, AstroRed, ha pubblicato un manifesto su questo argomento e conclude simpaticamente con «Felice anno 2000, anticamera del XXI secolo e del terzo millennio». Molti altri segnalano frequentemente l’errore. Ma la voce della ragione è sommersa dalla forza dell’abitudine. In televisione, sui giornali, nella pubblicità si continua a parlare di "nuovo millennio". Anche sulle stesse testate in cui sono comparsi esaurienti articoli che spiegano l’errore (comprese cronache di un analogo, assurdo dibattito che avvenne nel 1899). L’inestirpabile sciocchezza imperversa dovunque, dalle banche alle birre, dai gioielli agli zamponi, dalle scatole di cioccolatini ai calendari di indossatrici svestite.

Qualcuno pensa che sia una speculazione organizzata; per esempio c’è stata una denuncia, di cui non conosco l’esito, per la "pubblicità ingannevole" di agenzie turistiche che organizzano viaggi per festeggiare una fine e un inizio inesistenti. Chissà se qualche furbo avvocato organizzerà le cose in modo che i suoi clienti, dopo aver fatto un viaggio e una festa in qualche luogo remoto, dimostrino di essere stati ingannati e ottengano un risarcimento o una ripetizione gratuita un anno dopo? Se succedesse, sarebbe divertente. Intanto, in Italia come nel resto del mondo, chi aveva alzato i prezzi per viaggi e soggiorni di fine anno si trova con molti spazi vuoti e si sta precipitando a offrire sconti (ben gli sta).

Ma non credo che un’improbabile alleanza di interessi commerciali sia l’origine della leggenda. Mi sembra più probabile che sia semplicemente un errore, anche se ovviamente molti stanno cercando di approfittarne. Il fatto significativo è che molte persone intelligenti, colte e bene informate cadono dalle nuvole quando sentono dire che alla fine del millennio mancano 379 giorni, non 13. Dopo un minuto o due di elementare ragionamento aritmetico dicono con un certo imbarazzo «eh, già... chissà perché non ci avevo pensato». Alcuni faticano ad ammettere l’errore e cercano affannosamente impossibili e tortuose dimostrazioni per negare l’evidenza.

Il fatto in sé non è molto importante. Passata la sbornia, non se ne parlerà più fino al 2099. Ma è una dimostrazione palese di un fatto preoccupante. Prima di arrivare alla conclusione, vorrei citare un altro esempio. Da fonti "autorevoli", compreso il Department of Commerce degli Stati Uniti (The Emerging Digital Economy, 1998) è stato affermato che l’internet si è diffusa più rapidamente di altri sistemi di comunicazione, in base a questa tabellina:

Tempo in cui una tecnologia di comunicazione
ha raggiunto 50 milioni di persone

radio — 38 anni

televisione — 13 anni

internet — 4 anni


Questa presunta informazione si trova ripetuta dovunque, anche in libri, articoli e convegni che trattano l’argomento in modo non superficiale. Eppure non è difficile dimostrare che il dato è falso. Molti dicono che l’internet ha compiuto trent’anni nel 1999; l’affermazione può essere discutibile, perché si possono scegliere diverse altre date per la "nascita" dell’internet, fra il 1965 e il 1983. Non sappiamo quando la rete ha raggiunto i 50 milioni di "utenti", ma non è prima del 1995. Quindi il periodo, secondo il modo in cui lo calcoliamo, può essere compreso fra i 12 e i 30 anni; non quattro o cinque. Quella che ha avuto una diffusione molto veloce (da zero a probabilmente 50 milioni di persone in sei-sette anni) non è l’internet, ma la world wide web. Non si tratta del sistema di base, bensì di un’applicazione che si appoggia su una risorsa già esistente; quindi non si può paragonare al telefono, alla radio o alla televisione ma semmai alla televisione a colori o alla telefonia mobile – che, innestandosi su un sistema già diffuso, hanno avuto una crescita non meno veloce di quella della web. Comunque si analizzi il problema, si rileva che tempi di diffusione dei vari sistemi di comunicazione, se esaminati in una prospettiva corretta, non sono molto diversi. Questo ragionamento è irrilevante? Non del tutto. Se l’internet ha uno sviluppo più "fisiologico" di ciò che vogliono farci credere, vuol dire che è una tendenza molto più solida e durevole di ciò che sarebbe se fosse un’effimera moda. Anche le singole applicazioni, le attività delle persone o delle imprese, possono talvolta avere tendenze "esponenziali" ma più spesso hanno curve coerenti (inizio lento, poi progressiva accelerazione) che sono molto più affidabili e robuste.

Ma ciò che conta non sono questi casi particolari; o infiniti altri esempi che si potrebbero citare. Chi ha fatto un po’ di ricerca storica su qualsiasi argomento sa che molto spesso un errore viene ripetuto all’infinito senza verificare la "fonte". Per esempio non è affatto dimostrato che Nerone abbia incendiato Roma, né che sia stato particolarmente attivo nella persecuzione dei cristiani. Ma più che un’analisi critica dei motivi che inducevano Tacito e Svetonio a dir male di Nerone conta la geniale scenetta comica di Petrolini o l’eterna ripetizione del personaggio in film o racconti "storici" che riproducono il cliché senza verificarlo.

Fin che il moltiplicarsi delle "leggende urbane" si limita a farci credere che nelle fogne di New York ci siano immaginari coccodrilli, o che il millennio finisca con un anno di anticipo, o che il tasso di crescita dell’internet sia diverso da quello che è... il danno è limitato. Ma dietro a questi dettagli ci sono due problemi seri. Uno è la "credulità" con cui siamo capaci di accettare qualsiasi idiozia purché sia ripetuta abbastanza spesso; l’altro, e strettamente collegato, è l’imperdonabile superficialità con cui i "grandi mezzi di informazione" ci propinano "notizie" non verificate e spesso totalmente false. Non è facile capire quanto pesi la pura e semplice stupidità o disattenzione e quanto la manipolazione interessata. Non so come si possa risolvere il problema dell’omogeneizzazione dell’informazione e della diffusione esagerata di informazioni sbagliate o "notizie" senza fondamento. Ma so che ognuno di noi dovrebbe imparare a diffidare dell’informazione che riceve e sottoporla a un esame critico. Non è sempre facile, ma se cominciassimo a chiederci quanto sia credibile ciò che ci propinano avremo fatto un primo, e fondamentale, passo. L’ampiezza di informazione e di dialogo che ci offre l’internet è uno strumento per verificare, quando ci troviamo davanti a qualcosa che davvero ci interessa. Se vogliamo capire un po’ meglio il mondo in cui viviamo dobbiamo essere meno creduloni e più curiosi.

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loghino.gif (1071 byte) 2. Ancora numeri sull’internet in Europa


Mi sembra necessario ripetere un caveat. Tutte le statistiche hanno qualche problema e devono essere interpretate. In particolare i dati riguardanti l’internet soffrono di ricorrenti problemi tecnici e riflettono una situazione in rapido cambiamento, quindi difficilmente definibile secondo criteri coerenti.

Ancora una volta, riesaminare i dati a distanza di un mese può sembrare un esercizio inutile. Sarà necessario riparlarne nella seconda metà di gennaio, quando avremo i dati di dicembre; e soprattutto in marzo, quando potremo confrontare i dati europei con l’analisi su scala mondiale che viene pubblicata ogni sei mesi.

Ma intanto sono emerse alcune linee di tendenza interessanti, che si rilevano dai dati pubblicati da RIPE il 13 dicembre. Per esempio in Francia vediamo finalmente un risultato di quel trasferimento dal minitel all’internet su cui il governo e le forze economiche francesi sono impegnate da almeno due anni. Per cominciare, ecco un aggiornamento della tabella per i paesi europei con più di 200.000 host internet.

Host internet in 13 paesi europei

  1998 1999 Crescita
in un anno
Host per
1000 abitanti
Gran Bretagna

1.436.478

1.747.727

+ 22 % 32,7
Germania

1.429.538

1.635.076

+ 14 % 19,3
Francia

486.839

1.207.817

+ 147 % 20,7
Olanda

594.547

896.246

+ 51 % 57,5
Italia

370.424

733.108

+ 96 % 12,8
Spagna

298.730

539.113

+ 81 % 13,8
Svezia

417.894

539.113

+ 25 % 59,0
Finlandia

465.335

492.513

+ 6 % 96,0
Norvegia

319.628

375.212

+ 17 % 85,5
Danimarca

293.927

347.127

+ 17 % 65,6
Belgio

203.660

331.951

+ 63 % 32,8
Svizzera

231.094

300.249

+ 30 % 42,5
Russia

193.837

240.752

+ 24 % 1,6
Unione Europea

6.330.690

8.923.088

+ 41 % 22,6
Totale area

7.815.458

10.215.307

+ 31 % 14,5

Nota: i dati sono "ponderati" in base al criterio indicato nel numero 40 di questa rubrica.

Nell’ultimo anno sono cresciuti più della media solo cinque di questi paesi (Francia, Italia, Spagna, Belgio e Olanda) e solo un altro nell’Unione Europea (la Grecia, con il 53 %). Per quanto riguarda l’Italia, era poco credibile che (come sembrava nell’aggiornamento di ottobre) avessimo superato la Francia. Ma è probabile invece che in nostro paese si sia collocato stabilmente al quinto posto in Europa (mentre un anno fa aveva appena superato la Norvegia e si trovava ancora indietro rispetto a Finlandia e Svezia). Nel lungo periodo sembra inevitabile che un paese con 57 milioni di abitanti, come l’Italia, riesca a superare "in cifra assoluta" l’Olanda, che ne ha meno di 16; e così diventare il quarto paese in Europa nell’uso dell’internet (e probabilmente il settimo o l’ottavo nel mondo). Ma, anche se le distanze si accorciano, le differenze sono ancora grandi; ci vorrà parecchio tempo prima che in Europa ci sia una situazione più equilibrata.

Rivediamo gli stessi tre grafici che avevamo osservato nel numero precedente.

Il primo riguarda la crescita della rete nei cinque "grandi paesi" dell’Unione Europea.
In questo caso, alla luce dei nuovi dati, è stato usato un criterio di "ponderazione" un po’ diverso, che permette di individuare tendenze probabilmente più significative.

Host internet in 5 paesi europei — 1997-1999

Fonte: RIPE (Réseaux IP Européens) — dati trimestrali — numeri in migliaia

Nota: i dati del quarto trimestre 1999 si riferiscono a ottobre-novembre,
perché ovviamente le statistiche di fine anno non sono ancora disponibili.
Secondo il criterio spiegato nel
numero 40, per neutralizzare (almeno in parte) l’effetto
delle oscillazioni tecniche non viene usato, per ciascun paese, il dato più recente,
ma il più alto fino al periodo di riferimento. Alcuni dati sono corretti
per attenuare oscillazioni non significative e tracciare curve più coerenti.

 

Il cambiamento più rilevante, ovviamente, è la crescita della Francia. Ma anche Italia e Spagna hanno uno sviluppo più vivace che in passato. Se queste tendenze si confermeranno nei prossimi mesi, vedremo finalmente un migliore equilibrio, con una minore distanza fra i due paesi più forti e le altre "grandi economie" dell’Europa occidentale.

Vediamo ora i due abituali grafici. Il primo riguarda la densità.

Host internet per 1000 abitanti
in 28 paesi dell’area Europa-Mediterraneo

28 paesi (su 100 nell’area RIPE) con più di 20.000 host

Si conferma il quadro che abbiamo visto nei mesi scorsi, con alcuni cambiamenti di cui il più rilevante è la crescita della Francia, che ha superato la Germania e ha quasi raggiunto la media dell’Unione Europea.

Il prossimo grafico, come d’abitudine, riguarda l’intensità di uso della rete in relazione al reddito.

Host internet in rapporto al reddito (PIL)
in 28 paesi dell’area Europa-Mediterraneo

28 paesi (su 100 nell’area RIPE) con più di 20.000 host

 
Oltre alla Spagna, anche la Francia ora comincia a guadagnare terreno. La Gran Bretagna, che è sempre stata al primo posto fra i "grandi paesi" anche su questa scala, sta ulteriormente migliorando la sua posizione. Si conferma la debolezza della Germania. L’Italia rimane, almeno per ora, il "fanalino di coda" nell’Unione Europea (a poca distanza dal Portogallo e dalla Grecia).

Infine, rivediamo la mappa dell’Europa. Mostra un solo cambiamento di rilievo rispetto a
un mese fa: la posizione della Francia (anche senza considerare l’ormai vecchio fattore minitel) in una categoria vicina alla media dell’Unione Europea e superiore a quella dove si trova ancora l’Italia. Sono rilevanti le differenze rispetto a quattro mesi fa e alla prima versione di questa mappa che avevamo visto nell’ottobre 1998
 

Host internet per 1000 abitanti

Elaborazione su statistiche RIPE (Réseaux IP Européens)
dati "ponderati" fino al novembre 1999

Ricordiamo che la densità media in Europa (14,5 per mille) è un po’ al di sopra dell’area rappresentata
in verde chiaro, mentre la media nell’Unione Europea (22,6) si colloca poco sopra l’area verde scuro.


Il quadro è in continua evoluzione. Molto probabilmente vedremo altri cambiamenti significativi nei prossimi mesi; sarà interessante scoprire quali.

Intanto, se confrontiamo questa mappa con quella delle "candidature" all’entrata nell’Unione Europea, notiamo interessanti coincidenze. Non è irragionevole pensare che nel mondo di oggi e di domani la diffusione dell’internet sia uno dei segnali rilevanti di sviluppo economico, politico e sociale.

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loghino.gif (1071 byte) 3. Gli "utenti" internet in Italia


Questo è solo un accenno a un tema che sarà ripreso in modo più approfondito quando ci saranno i risultati di alcune ricerche ancora in corso.

Intanto, emergono alcuni fatti abbastanza interessanti. Per quanto riguarda il numero e le caratteristiche demografiche degli "utenti" internet in Italia, dalle rilevazioni di settembre-ottobre non risultano cambiamenti rilevanti rispetto alla situazione di giugno-luglio e che è descritta nel numero 37 di questa rubrica. È sorprendente? No. Ci sono state di mezzo le vacanze, l’apertura delle scuole, la ripresa del lavoro. Le persone e le famiglie hanno avuto altro per la testa. Quando avremo i dati dei mesi successivi molto probabilmente vedremo una ripresa della crescita; e forse qualche ulteriore cambiamento nella "tipologia" e nei comportamenti delle persone che si collegano.

Quanti sono? Come sempre, è difficile dirlo perché non è chiara la definizione di "utente". Ma sembra che le stime di varie fonti convergano su un numero fra i 3 e i 4 milioni di persone collegate in Italia; con tendenza a crescere ma con un fattore rilevante di "abbandono", cioè di persone che provano ma poi smettono (specialmente nell’uso domestico).

Non ci sono novità significative neppure per quanto riguarda le vendite e gli acquisti online in Italia. Aumentano le "intenzioni dichiarate" di comprare qualcosa "nel futuro" ma finora i comportamenti reali rimangono su dimensioni molto modeste. Quanto alle categorie di prodotti e servizi acquistati, non ci sono novità: si tratta soprattutto di libri, software e musica (in misura più piccola hardware, servizi finanziari e viaggi).

Alla fine del 1998 si diceva che si sarebbero scatenati gli acquisti online per natale, ma la previsione non si è avverata. Sta accadendo quest’anno? Vedremo, se e quando ci saranno informazioni attendibili. Ma a giudicare dall’affollamento angoscioso dei negozi e dagli ingorghi del traffico siamo ancora molto lontani dalla situazione in cui una parte rilevante degli acquisti "natalizi" sarà fatta standosene comodamente a casa a sfogliare cataloghi web. (Intanto negli Stati Uniti, dove si è diffuso davvero l’acquisto "natalizio" online, si segnalano perplessità e insoddisfazione per l’inadeguatezza dei servizi offerti). Un’altra previsione diffusa è che aumentino, fra spese di "tredicesima" e regali, gli acquisti connessi all’informatica e alla rete; questa sembra un’ipotesi non infondata, ma solo "a conti fatti" potremo sapere se avrà avuto un effetto rilevante.

Acuni segnali interessanti derivano da analisi qualitative, che rivelano comportamenti diversi da ciò che molti si aspettavano — e ancora si aspettano, a giudicare dal modo puerile e superficiale in cui vengono proposte miriadi di offerte di collegamento alla rete.

  • Fra i "nuovi" utenti (e fra quelli che pensano di collegarsi nel prossimo futuro) aumenta sensibilmente la presenza di persone poco interessate, che si collegano malvolentieri perché costrette (dal lavoro) o perché sentono di doversi "adeguare" a una tendenza ormai diffusa. Molte, soprattutto nell’utilizzo da casa, le persone che dopo essersi collegate non usano la rete o lo fanno molto raramente. Questi comportamenti "distratti" e "assenteisti" sono incoraggiati dalle offerte di "internet gratis". Per effetto di questa tendenza il livello medio di competenza nell’uso della rete è in discesa.

  • Fra gli "utenti" più esperti prevale un uso "mirato" dell’internet, concentrato sui propri interessi e con una netta tendenza a "non perdere tempo". Anche le persone che all’inizio ("entusiasmo del neofita") hanno dedicato tempo alla "navigazione" si sono presto stancate; andare in giro per divertimento o curiosità generica vedere è considerato un comportamento "ingenuo", caratteristico ci chi non ha confidenza con la rete.

  • La possibilità di avere una homepage personale (o di un piccolo gruppo) suscita un certo interesse fra i giovani ma è generalmente scartata dagli adulti ("avere un sito è inutile" oppure "è impegnativo, dev’essere aggiornato").

  • Fra gli "utenti" più evoluti è ben capita la funzione di FTP ed è apprezzata la possibilità di prelevare in rete software gratuito o a prezzi convenienti.

  • L’uso dei motori di ricerca è diffuso ma abbastanza limitato; si usano "quando è necessario" e con risultati spesso deludenti. Specialmente le persone più esperte preferiscono percorsi "mirati" basati sull’esperienza o sul suggerimento di persone competenti.

  • Ci sono perplessità per la scarsa qualità del servizio offerto da molti siti, per la struttura ostica e complessa delle tecnologie — e soprattutto per la lentezza. A questo proposito vorrei osservare che la lentezza "percepita" è dovuta in buona parte alle continue promesse di velocità della rete; e che fra i principali motivi reali di lentezza c’è la struttura sovraccarica di molti siti. Oggi più che mai la "leggerezza" è un fattore importante.

  • Benché le campagne scandalistiche sulla rete si siano attenuate da qualche mese, hanno lasciato una traccia abbastanza profonda. Rimangono diffuse le percezioni di "pericolo" (virus e hacker, pornografia, pedofilia, timore di truffe e di "furto" dei numeri di carte di credito o di dati personali, eccetera).

  • Il concetto di "portale" è sfuocato, molti non capiscono il significato della parola. Si tende a identificare un servizio secondo una sua specifica funzione (per esempio "motore di ricerca") e non come "porta di entrata" alla rete. Non sembra esserci alcuna tendenza alla "fedeltà" se non per risorse specializzate su temi e argomenti di specifico interesse (prevalentemente professionale).

  • Il concetto di "comunità" in rete è percepito ma non ben individuato dagli utenti nuovi o meno attenti; le persone più esperte ne capiscono bene il valore e l’utilità.

  • C’è curiosità nei confronti del "commercio elettronico" ma una diffusa delusione per la qualità dell’offerta: poco interessante, poco innovativa rispetto ai canali tradizionali, con insufficienti informazioni, garanzie inadeguate e una scarsa qualità di servizio. La molteplicità e la scarsa chiarezza delle offerte producono uno stato di confusione e fastidio. Inoltre si sta diffondendo la preoccupazione che una progressiva invasione di presenze "commerciali" indebolisca il valore della rete come fonte di informazioni.

Queste sono solo alcune "prime impressioni" in base alle informazioni finora disponibili. Spero di poter riprendere l’argomento, con qualche approfondimento più preciso, fra un mese o due.

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loghino.gif (1071 byte) 4. L’internet non è un giocattolo


Uno dei fenomeni poco comprensibili è la tendenza di molti operatori (compreso il gruppo Fiat, nuovo arrivato nella bagarre dei "portali" e degli accessi "gratuiti") a presentare la rete con un linguaggio puerile e un po’ buffonesco, come se fosse un giocattolo per bambini scemi.

Sembrano trascurare alcuni fatti rilevanti. La rete è diffusa soprattutto fra gli adulti. In Italia, recentemente, c’è stato anche un afflusso di giovani; ma non sono bambini, sono adolescenti o "giovani adulti" — e non amano essere "trattati da ragazzini". Per quanto riguarda l’ancora stentato sviluppo degli acquisti online, si tratta in prevalenza di persone adulte (secondo una ricerca di Ernst & Young, negli Stati Uniti il 68 % delle persone che fanno acquisti in rete ha più di 40 anni; secondo Ipsos in Europa l’84 % ha più di 25 anni). Se sono giovani, hanno più di 18 anni e studiano all’università. Non sono analfabeti o ignoranti; per il 90 % si tratta di persone di categoria sociale e culturale "superiore" o "medio-superiore". Nella maggior parte dei casi non sono "navigatori" vagabondi e giocherelloni (una specie non molto numerosa e tendenzialmente effimera) ma usano la rete in modo specifico secondo le loro esigenze.

Nonostante tutto, in Italia c’è e ci sarà uno sviluppo solido e duraturo dell’internet. Favorito anche da un crescente interesse delle imprese e da un afflusso di risorse finanziarie. Ma a costruire questa nuova realtà non contribuiscono quelle grandi organizzazioni che affrontano il tema in modo affrettato e superficiale e che pensano di poter trattare la rete come un asilo infantile o una rumorosa discoteca.

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loghino.gif (1071 byte) 5. L’audiweb si è incagliato


Dopo le altisonanti promesse, ripetute fino a pochi mesi fa, una coltre di imbarazzato silenzio è caduta sull’audiweb: quello strumento che, secondo i suoi promotori, doveva diventare l’unità di misura per l’attività delle imprese in rete. La diffusione dei primi risultati era prevista per settembre. Siamo quasi alla fine dell’anno — e tutto tace.

L’audiweb è affondato? No; ma è incagliato. Le giustificazioni più o meno "ufficiali" dicono che si è insabbiato, per "problemi tecnici". La verità è che è andato a scogli e per rimettersi in navigazione avrà bisogno di qualche riparazione alla carena.

Si tratta davvero di problemi tecnici? È possibile; anche se qualcuno dovrebbe spiegarci perché sei mesi fa era stato dichiarato che erano definitivamente risolti. La verità, abbastanza ovvia, è un’altra: si tratta di conflitti di interessi e di dissensi fra le imprese del settore. Da un lato quelle che vogliono avere la "commessa" del servizio; dall’altro, e con competitività ancora più intensa, quelle che vogliono usare i dati per "vendere pubblicità".

Finora pochi "venditori" avevano aderito all’audiweb. Probabilmente non più di quindici. Secondo "voci non confermate ma attendibili" quest’autunno c’erano rilevazioni su un piccolo numero di operatori (quattro o cinque). Ma non sono stati pubblicati. Dubbi tecnici? Forse. Ma è più credibile che si tratti di opposizione da parte di chi non era compreso in quel piccolo gruppo – o di chi, conoscendo i risultati, non ha voluto che si rendessero pubblici.

Alcuni grossi operatori avevano rifiutato di aderire. Uno (Kataweb) l’aveva detto pubblicamente; ma senza spiegarne il motivo. Vogliamo azzardare una facile previsione? Non sarebbe sorprendente se trovassimo a bordo anche loro quando (dopo le necessarie riparazioni) la barca un po’ sgangherata dell’audiweb riprenderà il mare. Se ci saranno, vorrà dire che avranno ottenuto ciò che volevano; cioè qualcosa che nessuno ha la bontà di spiegarci ma che in qualche modo conviene ai loro interessi.

Insomma tutta l’operazione è partita male; solo quando riprenderà a operare potremo capire quanto sarà credibile o utile. Ma intanto ha già fatto un danno abbastanza serio. Da fonti autorevoli è stato detto alle imprese che era meglio aspettare l’audiweb prima di agire seriamente in rete. Ci hanno creduto? Penso di no. Ma era una comoda scusa per rimandare, o per fare cose "cosmetiche" e inutili in attesa di capire se dietro a tutte le chiacchiere sull’internet ci fosse qualcosa di serio. Naturalmente non è l’audiweb la causa del problema. È solo un pretesto in più per quella posizione attendista, o pressapochista, che è stata (e in parte è ancora) prevalente fra le imprese italiane.

Ora comincia a emergere la verità: l’internet esiste davvero, le nostre imprese sono quasi tutte impreparate, trovare competenze qualificate è molto difficile... ma è venuto il momento di fare sul serio. Naturalmente per operare bene con l’internet non c’è alcun bisogno dell’audiweb o di altri sistemi di quel genere. A differenza dei "mezzi pubblicitari", nel caso della rete non è necessario verificare l’audience. Un sistema interattivo verifica se stesso molto più efficacemente di qualsiasi controllo esterno.

Forse l’insabbiamento è un bene involontario (a blessing in disguise, come dicono gli americani; o, come dice un nostro vecchio proverbio, "non tutti i mali vengono per nuocere"). Non è un caso che, come abbiamo visto, in recenti convegni di imprese non si sia spesa una sola parola sull’audiweb e invece si sia parlato più seriamente della rete come di uno strumento importante che bisogna imparare a conoscere. Quando quei dati ci saranno, forse si sarà capito come collocarli: non al centro dell’analisi, come una panacea o un riferimento fondamentale, ma solo come uno dei tanti strumenti di verifica — e non il più importante.


Post scriptum – 25 maggio 2000

Altri mesi sono passati e dell’audiweb non c’è traccia. Non si può più parlare solo di insabbiamento. Vedi L’audiweb è affondato. Se ne riparlerà nel 2001?.



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