Numero 41 28
novembre 1999 |
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1. Editoriale: L'internet non è una
moda |
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Non mi sembra scandaloso, né molto preoccupante,
che si sia scatenata anche in Italia una speculazione un po'
folle sulle quotazioni in borsa di titoli
"attinenti" alle comunicazioni e in particolare
all'internet. Se migliaia di italiani ne hanno approfittato
per arricchire i loro risparmi, tanto meglio; e l'afflusso di
risorse finanziarie più incoraggiare gli investimenti.
Dobbiamo però augurarci che dietro le fluttuazioni
assurde della speculazione si affermino imprese solide,
affidabili, capaci di costruire reale valore. Se questo
bizzarro fracasso suscita un maggiore interesse per la rete,
e se finalmente le nostre imprese cominceranno a impegnarsi
sul serio, può darsi che anche le frenesie del listino
contribuiscano a quella crescita di cui abbiamo bisogno per
portarci a un livello "europeo".
Ma le "mode" sono armi a doppio taglio. Come
diceva un oscuro e dimenticato poeta trecento anni fa... Chi
troppo in alto sal, cade sovente
precipitevolissimevolmente. Ogni entusiasmo esagerato porta
inevitabilmente a una delusione. Soprattutto, dopo anni di
crescita strisciante e di scarso impegno oggi impera la
fretta. Grandi imprese mettono un po' ingenuamente annunci
sui giornali cercando centinaia di "esperti" che
non ci sono. Si offrono corsi di formazione di qualità
molto discutibile... un misto di pedestre
alfabetizzazione tecnica e di
rifritture di vecchi concetti di marketing o di deboli
scopiazzature di non eccellenti manuali americani.
Nelle imprese prevalgono le strategie di breve periodo.
Questa è una pessima ricetta per tutto, ma
specialmente per un fatto nuovo e complesso come l'uso
dell'internet. Il rischio non è solo di buttare dalla
finestra parecchi miliardi, ma anche di imboccare strade
sbagliate che possono tradursi in errori e danni. Una cultura
non si forma in un giorno, né in un anno. Finalmente
è diffusa e chiara la percezione del fatto che le
nostre imprese sono impreparate e disorientate. Questo
è un ottimo, necessario punto di partenza. Ma
inseguire la "moda" e precipitarsi nell'imitazione
può essere una cura peggiore del male.
In questa come in tante altre cose gli ultimi possono
essere i primi a una condizione. Che non si affrettino a
copiare gli errori altrui ma al contrario li sappiano
analizzare per far meglio, trovare scorciatoie e aprire
strade nuove. Per nostra fortuna, l'e-business in tutto il
mondo è ancora in una situazione infantile,
balbettante e confusa. È venuto il momento di
dimostrare, se ne siamo capaci, che si può far meglio.
Ma occorre investire in strategie non effimere. L'internet
non è una moda, né una lotteria. Siamo solo
all'inizio di un fenomeno che dovrà ancora crescere e
maturare. Vale la pena di affrontare questo tema con impegno,
continuità e pazienza. Con entusiasmo, ma senza
fretta; con l'impegno, la dedizione e la cura che merita un
germoglio capace di crescere fino a diventare una pianta
rigogliosa. Non mi stancherò mai di ripetere che si
tratta di coltivazione. Il che vuol dire, fra l'altro, che
bisogna tener sotto controllo erbacce e parassiti... da
combattere, se possibile, con antagonisti biologici, ma
soprattutto con presenze umane. Fra i mestieri da riscoprire
nell'internet c'è quello della mondina.
===================================
Avevo "chiuso" questo numero, e stavo per
metterlo online, quando ho visto un articolo di fondo di
Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera del 28 novembre.
Non so se siano state le vicende della borsa a richiamare la
sua attenzione, ma è interessante che il dirrettore
del nostro più grande quotidiano si occupi della rete;
e in una prospettiva molto diversa da quella balorda mistura
di scandali e di superficialità che finora era stata
la tendenza dominante in quasi tutti i giornali (e in
particolare nel suo). Compaiono anche in questo articolo
(come un po' dovunque) alcune enfasi esagerate, alcuni luoghi
comuni non confermati dai fatti e alcune "scoperte
dell'acqua calda". È curioso, per esempio, che il
valore della conoscenza come elemento portante dell'economia,
definito vent'anni fa da Alvin Toffler, Jean-Jacques
Servan-Schrieber e tanti altri autori, arrivi solo ora
"all'onore delle conache". Ma se trascuriamo questi
particolari e badiamo alla sostanza il segnale è forte
e significativo.
Ci siamo resi perfettamente conto si chiede De Bortoli
al di là dell'ubriacatura borsistica, della
portata che la rivoluzione digitale avrà nella nostra
società? Probabilmente no, o se sì spesso solo
a parole o per impulso emotivo, per convincimento mistico.
.... Cambia il modo di produrre, di fare impresa, di
lavorare. ..... È un problema di adesso, non di
domani. Di tutti, non di qualcuno soltanto. ..... Il potere
si trasferisce dalle imprese ai consumatori, dalle
amministrazioni ai cittadini, dai media agli spettatori e ai
lettori. ..... Il rettore del Politecnico di Milano, Adriano
De Maio, quando si sgola a denunciare la fuga dei cervelli e
dei migliori laureati dal nostro paese, si rifà a
Carlo Cattaneo quando scriveva, a metà dell'Ottocento,
che il progresso è fatto di una sola materia prima:
l'intelligenza. Peccato che soprattutto nel nostro paese
venga trattata così male, che si investa così
poco sul capitale umano. ..... Anche nelle maggiori aziende,
con poche lodevoli eccezioni, persistono alcuni atteggiamenti
culturali significativi. L'e-commerce? Ho altro a cui
pensare. L'internet? Siamo pronti, se ne occupa già
qualcuno in azienda. Insomma: riguarda gli altri, per ora io
mi salvo. Il dirigente naviga a parole, l'e-mail lo manda la
segretaria. ..... L'innovazione, che è anche
formazione e sensibilità verso gli investimenti
nell'educazione e nel sistema scolastico, non è ancora
cultura diffusa e condivisa, è vittima di paure e diffidenze.
.... L'innovazione è competitività, quella che
stiamo drammaticamente perdendo senza avere più la
morfina della svalutazione. Il lavoro e il benessere futuri
dipendono fortemente dagli investimenti nella conoscenza. La
rete sarà anche una livella democratica, che non
esclude nessuno, ma chi non ha tecnologie dell'informazione,
servizi da offrire, contenuti da proporre e idee d'impresa da sviluppare
ne resterà schiacciato, o ben che vada si
prenderà solo le briciole. Pagherà il lavoro
fatto da altri e altrove. I risparmiatori magari ne
sottoscriveranno i titoli in borsa, forse ci guadagneranno.
Ma strada il paese ne farà poca. Chi non vive lo
spirito del suo tempo, scriveva Voltaire, del suo tempo si
prende solo i mali. E, adesso, si è fatto un po'
tardi.
Mi sembra di sentire gli sbadigli di chi legge da mesi o
anni questa rubrica o altri articoli (e libri) scritti, in
Italia e altrove, da chi segue con attenzione lo sviluppo
della rete. «È la solita storia, tutte cose
già dette e ridette». È vero. Ma la
novità sta nel fatto che la verità comincia a
venire a galla; e che anche la "grande
informazione" comincia a capire qual è la vera
natura del problema. Che non è tecnico, né
finanziario; è soprattutto culturale.
Meglio tardi che mai.
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2. Le imprese "sanno di non
sapere" |
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Il 18 novembre a Milano è stata presentata
l'annuale analisi sugli investimenti pubblicitari, svolta da
Astra-Intermatrix per l'UPA. C'è aria di ottimismo;
dopo un periodo di crisi fra il 1992 e il 1995 gli
investimenti sono in forte crescita, con un tasso nettamente
superiore a quello del reddito nazionale e dei consumi. Si stima che nel
1999 la spesa totale in Italia superi i
15.500 miliardi per la "pubblicità classica"
e i 27.400 miliardi per complesso delle attività di
comunicazione, comprese promozioni, direct marketing,
relazioni pubbliche e "sponsorizzazioni".
|
1999 |
Variazione % su 1998 |
nominale |
reale |
Televisione |
7.423 |
+ 9,4 |
+ 7,7 |
Stampa |
5.149 |
+ 9,9 |
+ 8,2 |
Radio |
831 |
+ 16,1 |
+ 14,2 |
Esterna |
698 |
+ 10,1 |
+ 5,1 |
Cinema |
79 |
+ 14,5 |
+ 12,7 |
Costi di produzione |
1.347 |
+ 10,5 |
+ 8,8 |
Promozioni |
6.707 |
+ 5,0 |
+ 3,3 |
Direct response |
3.841 |
+ 7,0 |
+ 5,3 |
Relazioni pubbliche |
2.790 |
+ 7,7 |
+ 6,0 |
"Sponsorizzazioni" |
2.307 |
+ 7,8 |
+ 6,1 |
E l'internet? Non misurata e finora non misurabile.
"Si dice" che in pubblicità nell'internet si
siano investiti circa 40 miliardi (2,5 per mille del totale
nei "mezzi classici"; la metý di ciÚ che si investe in un mezzo
"marginale" come il cinema) e che la spesa complessiva delle
imprese in siti web o altre attività
in rete sia di circa 400 miliardi (1,5 per cento sul totale in
comunicazione d'impresa). Ma al di là di ogni fatto
quantitativo ci sono considerazioni qualitative che mi
sembrano rilevanti e che sono emerse, per la prima volta,
nella sede "istituzionale" delle imprese che
investono in pubblicità.
Le valutazioni espresse in una sede come quella non sono
le opinioni di un istituto di ricerche o di un'associazione,
ma riflettono le percezioni diffuse nel mondo delle imprese.
Il loro stato d'animo si può riassumere in tre
punti.
- Non abbiamo capito come valutare o misurare
la comunicazione in rete.
Dovremo approfondire il problema e
definire nuovi criteri di valutazione.
Non sappiamo come usare efficacemente la rete ma
è venuto il momento di occuparsene seriamente
perché sta cominciando a diventare importante
davvero.
Abbiamo capito che l'internet non è semplicemente
"un altro mezzo pubblicitario"; dovremo definire
nuove strategie, trovare o sviluppare competenze adatte.
Tutto questo è ancora "in nuce". Ci sono
ancora molti dubbi e pregiudizi. Ma un nuovo segnale si
aggiunge ad altri sintomi che, due mesi
prima, già puntavano nella stessa direzione. Le
imprese cominciano ad accorgersi di avere un problema. Il
percorso non sarà facile, né lineare; ci
sarà ancora molta confusione e si commetteranno ancora
molti errori. Ma più chiaramente si percepisce il
problema, più probabilità ci sono che sia
risolto. Insomma le perplessità, così
cominciano a manifestarsi oggi, mi sembrano un sostanziale
passo avanti.
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3. Le strane opinioni del dottor
Romiti |
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Un breve comunicato dell'Adnkronos (26 novembre
1999) dice che, secondo Cesare Romiti, "l'e-commerce
è impossibile in Italia".
Il commercio via internet in Italia è
"impossibile". E gli interventi promessi dal governo per
sostenere la "società dell'informazione" sono
rimasti, per ora, sulla carta. Ad attaccare sono l'ex presidente
della Rai, Letizia Moratti, e il presidente di Rcs Cesare Romiti, nel
corso del convegno organizzato dagli amici di liberal. Afferma
Romiti: "I 150 miliardi stanziati dalla Finanziaria per
l'e-commerce sono solo una vetrina".
"In un paese come questo, dove le ferrovie non funzionano, le
autostrade sono vecchie e i trasporti in genere non vanno
accusa Romiti mi chiedo quale e-commerce si possa realizzare.
Quello delle infrastrutture è un problema di cui si deve
occupare lo stato, non riguarda i privati".
Non è facile, da questo scarno comunicato, capire che cosa
avesse davvero in mente Cesare Romiti né quale disegno
politico stia dietro alle sue affermazioni. Ma non Ë la prima volta
che da "esponenti" del nostro mondo economico e industriale
si sentono discorsi di questa specie.
Sono legittimi i dubbi sulla validità degli interventi o
":incentivi" che il governo pensa di adottare. Sarebbe
molto meglio che si evitasse di soffocare l'infante (o nascituro)
e-business italiano con pastoie e leggi sbagliate; e che si
facesse qualche vero passo avanti nell'uso dell'informatica e della
telematica nella pubblica amministrazione e nella scuola. Ma
ciò non significa che il mondo delle imprese possa rimanere
assente o cincischiare con soluzioni cosmetiche in attesa di qualche
"provvidenza". Invece di chiedere soccorso alla
"mano pubblica" le nostre imprese dovrebbero impegnarsi
molto più seriamente nell'uso dei moderni sistemi di
comunicazione. Mi sembra preoccupante che voci
"autorevoli" vadano cercando sussidi, o direttive da chi
non ha la capacità di darle, invece di incoraggiare le imprese
a investire seriamente e ad assumersi le loro responsabilità.
Soprattutto all'esportazione.
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4. Gli ostacoli culturali e il problema della
fiducia (Gabriele Calvi) |
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È stata pubblicata su Social Trends di ottobre la
relazione di Gabriele Calvi all'incontro di Centromarca sul
tema "Il branding nell'era digitale" che si
è tenuto a Milano il 2 giugno 1999. Ecco alcune delle
sue osservazioni, che mi sembrano puntuali e rilevanti.
Qual è la situazione italiana del commercio
elettronico o, più in generale, dell'accesso al
computer e all'internet? Il quadro non è molto
incoraggiante, ma nemmeno tragico. Il paese è solo
all'inizio di un processo che, una volta innescato,
potrà attuarsi in modo accelerato. La curva
fisiologica di della diffusione dell'internet lascia pensare
che, dopo un lento inizio, la domanda dei prodotti possa
raggiungere la massa critica per un soddisfacente sviluppo in
vari comparti. Diciamo che l'Italia è in buona
compagnia, purtroppo, perché l'intera Europa è
in ritardo rispetto agli Stati Uniti. ................
Vediamo ciò che ha impedito o frenato l'accesso
all'informatica distribuita e, pertanto, anche all'internet.
Forti sono state e continuano a essere, almeno in parte
le barriere e le dinamiche sociali di segno negativo.
............... Anzitutto vanno ricordate le barriere di
natura economica: i costi di acquisto delle apparecchiature e
degli accessori, come quelli di formazione e gestione, sono
consistenti e certamente non sopportabili a ogni livello
sociale. Più radicali e determinanti, però,
sono le barriere di ordine culturale. Vediamone alcune,
partendo dalle più superficiali. Per una buona parte
dei cittadini il mondo dei computer, e dell'internet in
particolare, si è caricato progressivamente di
un'immagine negativa. Lo rileviamo, per esempio, nei diffusi
pregiudizi di carattere pseudo-pedagogico. Il computer
instupidisce si dice , è un errore mettere il
computer in mano ai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti. La
loro intelligenza crescerà livellata, impareranno solo
a servirsi di uno strumento, non svilupperanno attitudini
personali e capacità mnemoniche, non avranno autonomia
rispetto allo strumento, diverranno passivi di fronte al
cumulo di informazioni e perderanno capacità critica,
di ragionamento e di sintesi. Il computer li assorbirà
completamente, li appiattirà, toglierà loro
originalità, creatività, capacità di
decisione e di giudizio.
Questi pregiudizi sono circolati largamente e stanno
ancora circolando. Anzi, non so è lontani dal vero
dicendo che buona parte dei genitori e degli insegnanti li
condividono; non sappiamo se per comprensibile ignoranza o a
giustificazione di colpevole inerzia. ................
Nei mezzi di comunicazione non si esaltano sovente le
incredibili opportunità che l'internet offre, ma se in
essa viene scoperto il caso di un pedofilo o di
un'organizzazione di pedofili, dai giornali o dalla
televisione lo si apprende subito. Lo scandalo fa notizia,
appaga la curiosità, ma finisce per preoccupare le
famiglie e contribuisce a peggiorare l'immagine complessiva
di uno strumento.
Fra le remore culturali vanno considerate anche
l'inadeguatezza di una classe politica e di istituzioni
chiave. In un paese che no ha saputo dotarsi di
infrastrutture fondamentali ..... che crede come a un
miracolo ai business della televisione commercializzata e dei
telefonini, non sorprende che sia stata sottovalutata la
portata della rivoluzione informatica e di quanto lo sviluppo
civile, amministrativo ed economico dipenda dall'adozione
diffusa delle nuove tecnologie della comunicazione.
...............
Sul piano culturale restano da considerare altri due
generi di resistenze, di natura più generale. Il primo
riguarda il computer come strumento di lavoro. Il secondo
riguarda più propriamente l'internet intesa come
canale di comunicazione e di scambi economici.
............... È evidente che mentre qualcuno ha
investito il computer di un'immagine mitica, altri l'hanno
svilito come di mestiere e relegato nell'ambito delle
prestazioni servili. ................ L'atteggiamento rivela
qualcosa di più della semplice riluttanza ad
apprendere un nuovo linguaggio e le sue regole: sottintende
supponenza e classismo tipici di una cattiva aristocrazia
intellettuale e professionale, difficili da sradicare come
tante altre pretese di status. Si potrebbe anche dire,
più in generale, che le resistenze al computer e
all'internet abbiano a che fare con una sorta di diffidenza
basica. Questo aspetto diviene manifesto quando si consideri
specificamente l'opportunità di comunicazione e di
scambio che questi mezzi consentono. ..... Nell'internet il
problema della fiducia diviene drammatico anche in un paese
come gli Stati Uniti in cui il social trust è
tradizionalmente molto elevato. ..... Dovremmo ricordarci di
quale capitale sociale della fiducia si disponga oggi in
Italia. In Europa, da oltre vent'anni a questa parte, siamo
il paese che gode meno di questa risorsa. I suoi cittadini
non si fidano l'uno dell'altro e pochi si fidano di loro
all'estero. ................ È in questo quadro
culturale deficitario che, alla fine, bisogna porre il
problema di cui ci occupiamo. Il computer e l'internet
pongono di fronte a informazioni estremamente eterogenee, per
conoscere e decriptare le quali non basta il possesso di
abilità strumentali, dell'inglese o altre lingue, ma
bisogna saper sviluppare positivamente una relazione.
............... Per poter valutare e scegliere il da farsi
occorrono almeno tanta fiducia e apertura quanto prudenza e
discernimento. Ciò è particolarmente vero
allorchè dalla semplice comunicazione di rete si passa
a investimenti e acquisti. ................
È ovvio che le imprese non possono fare molto per
contrastare le dinamiche sociali negative e combattere i
pregiudizi, o per cambiare l'orientamento delle politiche
istituzionali. Possono e dovranno invece operare per favorire
l'instaurarsi di un rapporto fiduciario con chi si apre
timidamente al commercio elettronico. Le imprese possono e
devono fare ciò che riguarda direttamente la loro
attività. Non dovranno far conto, ad esempio, sulla
notorietà e credibilità dei loro marchi quali
mediatori di fiducia. Questi, pur stimati e conosciuti da
tempo, perderanno parte del loro potere d'induzione
trovandosi ad operare in un sistema relazionale .... esposto
a richi maggiori di quelli presenti nel mercato tradizionale.
Ciò significa che alla fiducia ispirata da un marchio
dovranno aggiungersi altri ancoraggi fiduciari. Gli
acquirenti, pur coraggiosi, potrebbero trovarsi di fronte ad
aspetti non chiari del rapporto, a perplessità
sull'offerta e sui prezzi, dubbi sui sovraccarichi di spesa
per il trasporto, fiscali o di dogana, al rischio di un
pagamento con carta di credito, all'incertezza sulla data di
consegna, al timore di ciò che accadrebbe se il
prodotto andasse perduto per strada. Poiché tutte le
garanzie implicite nell'acquisto fatto sotto casa, o al
vicino supermercato, vengono meno con il commercio
elettronico, le imprese devono saper escogitare un sistema di
garanzie più articolato e, al limite, una
personificazione del marchio e dell'impresa stessa, indicando
al potenziale acquirente il nome e il recapito di una persona
fisica responsabile cui sia possibile rivolgersi in caso di
errori o contestazioni.
La via del commercio elettronico è nuova. Imprese
e consumatori disposti a percorrerla non godono di esperienze
pregresse e devono costruire insieme un altrettanto nuovo
tipo di rapporto. La fiducia nasce dall'esperienza, si dice,
ma senza una garanzia fiduciaroia preliminare è
difficile aprirtsi a una prima esperienza. Anche il commercio
elettronico si svilupperà solo se verranno poste e
condizioni invitanti alla fiducia, senza trappole e inganni.
Gli inizi sono decisivi: questo è il momento in cui a
un pubblico diffidente, quale in nostro, non si può
chiedere di rischiare solo in proprio. Ciò che si
costruisce oggi, nell'incertezza, ha sicuramente valore per
domani.
Mi sembra che così, ancora una volta, si metta
l'accento su un fatto fondamentale. I problemi (ma anche le
possibilità di successo) sono soprattutto nell'area
culturale e nelle relazioni umane. Superare le diffidenze,
stabilire rapporti di fiducia, non sono cose facili. Ma chi
ci riuscirà si troverà in una posizione di
grande vantaggio in un nuovo quadro di riferimento, una nova
realtà economica che ormai non appartiene più a
un ipotetico e discutibile domani ma è una tendenza
consolidata, in pieno e dinmanico sviluppo anche in
Italia.
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|
|
5. Nuovi dati europei: l'Italia
cresce |
|
Naturalmente le tendenze non si possono valutare bene su
periodi brevi; ma i dati più recenti segnalano alcuni
cambiamenti interessanti nello sviluppo dell'internet in
Italia rispetto al resto dell'Europa. Mi sembra utile
osservarli, con l'abituale cautela (occorrerà
verificare nei prossimi mesi per capire meglio l'evoluzione).
Questa tabella riassume la situazione aggiornata in base ai
dati diffusi da RIPE
il 15 novembre 1999 (comprende i 13 paesi
europei con più di 200.000 host internet, confrontati
con i dati per il periodo corrispondente nei due anni precedenti).
Host internet in 13
paesi europei
|
1997 |
1998 |
1999 |
crescita % in due
anni |
Gran Bretagna |
979.402 |
1.436.478 |
1.672.534 |
+ 70 |
Germania |
1.005.263 |
1.404.695 |
1.609.995 |
+ 60 |
Olanda |
373.422 |
594.547 |
864.787 |
+ 132 |
Italia |
275.461 |
393.204 |
733.108 |
+ 166 |
Francia |
326.307 |
477.933 |
670.327 |
+ 105 |
Spagna |
189.892 |
288.039 |
539.113 |
+ 184 |
Svezia |
344.955 |
404.374 |
522.904 |
+ 52 |
Finlandia |
440.330 |
465.335 |
492.513 |
+ 12 |
Norvegia |
286.652 |
316.099 |
368.470 |
+ 29 |
Danimarca |
164.761 |
289.322 |
332.056 |
+ 102 |
Belgio |
98.844 |
202.384 |
327.626 |
+ 231 |
Svizzera |
168.925 |
231.094 |
300.249 |
+ 78 |
Russia |
130.616 |
183.655 |
240.752 |
+ 84 |
Totale area |
5.789.853 |
7.674.544 |
10.021.898 |
+ 73 |
Nota: in questa
tabella, come nelle altre e nei grafici che seguono, i dati sono
"ponderati" in base al criterio indicato numero 40 di questa rubrica.
Si confermano due tendenze che avevamo già notato
in passato: una crescita meno veloce nei paesi
tradizionalmente più avanzati (anche se è
prematuro parlare di "saturazione") e un forte
sviluppo nel Benelux e in Danimarca, che si avvicinano ai
livelli "scandinavi". Un cambiamento più
recente è la crescita dei paesi dell'Europa
mediterranea, e in particolare dell'Italia e della Spagna,
che cominciano ad "accorciare le distanze". In
"cifra assoluta" l'Italia sembra essere passata, in
due anni, dall'ottavo al quarto posto in Europa. (Per quanto
riguarda la Francia, la posizione risulterebbe molto diversa
se tenessimo conto del minitel; ma mi sembra che sia venuto
il momento di non prendere più in considerazione
quella tradizionale anomalia).
Vediamo un aggiornamento del grafico di crescita
dell'internet nei cinque "grandi paesi" dell'Unione
Europea.
Host
internet in 5 paesi europei 1996-1999
Fonte: RIPE
(Réseaux IP Européens) dati
trimestrali numeri in migliaia
|
|
Nota: questo grafico è intenzionalmente
"truccato"; i dati del terzo trimestre 1999 comprendono
anche ottobre. |
Naturalmente la tendenza andrà rivista a fine anno e
nei trimestri successivi. Ma potrebbe esserci l'inizio di un
cambiamento rilevante; che confermerebbe altri dati di
tendenza su un nuovo impulso alla crescita dell'internet in Italia.
Se
allarghiamo il quadro ai 33 paesi nell'area
Europa-Mediterraneo con più di 10.000 host internet, questa
è la situazione.
Host internet in 33
paesi dell'area Europa-Mediterraneo
|
Numero di
host 1999 (ponderato) |
Variazione % in
un anno |
% su Europa * |
Host per
1000 abitanti |
Islanda |
28.330 |
+ 17,7 |
0,3 |
104,9 |
Finlandia |
492.513 |
+ 5,8 |
4,9 |
96,0 |
Norvegia |
368.470 |
+ 16,6 |
3,7 |
83,9 |
Danimarca |
332.056 |
+ 14,8 |
3,3 |
63,5 |
Svezia |
522.904 |
+ 29,3 |
5,2 |
59,0 |
Olanda |
864.787 |
+ 45,5 |
8,6 |
55,4 |
Svizzera |
300.249 |
+ 29,9 |
3.0 |
42,5 |
Belgio |
327,626 |
+ 61,9 |
3,3 |
32,4 |
Gran Bretagna |
1.672.534 |
+ 16,4 |
16,7 |
28,4 |
Austria |
221.565 |
+ 38,8 |
2,2 |
27,5 |
Israele |
144.707 |
+ 33,8 |
1,4 |
25,7 |
Germania |
1.609.995 |
+ 14,6 |
16,1 |
19,6 |
Irlanda |
67.259 |
+ 29,1 |
0,7 |
18,7 |
Estonia |
28.031 |
+ 24,4 |
0,3 |
18,3 |
Spagna |
539.113 |
+ 87,2 |
5,4 |
13,8 |
Italia |
733.108 |
+ 86,4 |
7,3 |
12,8 |
Slovenia |
22.991 |
+ 3,5 |
0,2 |
12,0 |
Francia |
670.327 |
+ 40,3 |
6,7 |
11,5 |
Repubblica Ceca |
115.679 |
+ 51,4 |
1,2 |
11,2 |
Ungheria |
110.820 |
+ 30.0 |
1,1 |
11,0 |
Grecia |
76.595 |
+ 67,7 |
0,8 |
7,3 |
Portogallo |
67.562 |
+ 27,9 |
0,7 |
6,9 |
Lettonia |
16.921 |
+ 31,7 |
0,2 |
6,6 |
Slovacchia |
26.476 |
+ 33,5 |
0,3 |
5,0 |
Polonia |
170.134 |
+ 34,6 |
1,7 |
4,4 |
Lituania |
12.704 |
+ 32,3 |
0,1 |
3,4 |
Croazia |
14.308 |
+ 22,8 |
0,1 |
3,2 |
Bulgaria |
15.997 |
+ 48,5 |
0,2 |
1,9 |
Russia |
240.752 |
+ 31,1 |
2,4 |
1,6 |
Romania |
34.350 |
+ 65,6 |
0,3 |
1,5 |
Turchia |
85.700 |
+ 108,2 |
0,8 |
1,4 |
Ucraina |
28.147 |
+ 33,2 |
0,3 |
0,06 |
Unione Europea |
9.027.655 |
+ 30,0 |
80,1 |
21,9 |
Totale "Europa" * |
10.021.898 |
+ 31,2 |
|
14,3 |
* L'area RIPE oggi comprende più di 50
paesi extra-europei, ma il numero di host internet in quei
paesi è meno del 2 per cento del totale nell'area e
quindi influisce solo marginalmente sul calcolo.
Si confermano le tendenze che avevamo visto nei mesi
scorsi; ma per la prima volta Italia e Spagna superano il
livello di paesi avanzati dell'Europa orientale come la
Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Slovenia. Rimangono tuttavia
molto al di sotto della media nell'Unione Europea.
Vediamo
ora un aggiornamento dei soliti grafici. Il primo
riguarda la densità.
Host
internet per 1000 abitanti
in 28 paesi dell'area Europa-Mediterraneo
(Paesi nell'area Ripe con
più di 20.000 host
internet) Dati "consolidati" 1999 aggiornati a ottobre
Il prossimo grafico, come è abituale in queste
analisi, riguarda l'intensità di uso dell'internet in
proporzione al reddito.
Host
internet in rapporto al reddito (PIL)
in 28 paesi dell'area Europa-Mediterraneo
(Paesi nell'area Ripe con
più di 20.000 host
internet) Dati "consolidati" 1999 aggiornati a ottobre
Come avevamo già visto in passato, è
notevole la presenza, in proporzione al reddito, di alcuni
paesi dell'Europa orientale; e rimane debole la Germania.
Nonostante la crescita, l'Italia è ancora molto
arretrata. Se si tenesse conto del minitel, la Francia
potrebbe trovarsi a un livello paragonabile a quello della
Spagna.
Vediamo
ora un aggiornamento della mappa europea in base alla
densità.
Host
internet per 1000 abitanti
Ricordiamo che la densità media in Europa
(14 per mille) è un po' al di sopra dell'area rappresentata
in verde chiaro, mentre la media nell'Unione Europea (22) si colloca
fra l'area verde scuro e quella blu.
La mappa
dell'Europa è cambiata a
un anno di distanza dalla prima
pubblicata in questa rubrica e diversa anche da quella che
abbiamo visto tre mesi fa. Se queste
tendenze si confermeranno, l'Italia sarà uscita dalla
posizione debole in cui si trovava e si sarà
avvicinata alla media europea. È un progresso notevole
rispetto al passato; ma ci troviamo ancora in un'area di
mediocrità, "senza infamia e senza lode"...
la strada è lunga per arrivare a un livello
corrispondente al ruolo della nostra economia o paragonabile
allo sviluppo di altre tecnologie di comunicazione, come la
telefonia mobile.
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