timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione 
nell'internet


Numero 41 – 28 novembre 1999

 

 

loghino.gif (1071 
byte) 1. Editoriale: L'internet non è una moda

 

Non mi sembra scandaloso, né molto preoccupante, che si sia scatenata anche in Italia una speculazione un po' folle sulle quotazioni in borsa di titoli "attinenti" alle comunicazioni e in particolare all'internet. Se migliaia di italiani ne hanno approfittato per arricchire i loro risparmi, tanto meglio; e l'afflusso di risorse finanziarie più incoraggiare gli investimenti. Dobbiamo però augurarci che dietro le fluttuazioni assurde della speculazione si affermino imprese solide, affidabili, capaci di costruire reale valore. Se questo bizzarro fracasso suscita un maggiore interesse per la rete, e se finalmente le nostre imprese cominceranno a impegnarsi sul serio, può darsi che anche le frenesie del listino contribuiscano a quella crescita di cui abbiamo bisogno per portarci a un livello "europeo".

Ma le "mode" sono armi a doppio taglio. Come diceva un oscuro e dimenticato poeta trecento anni fa... Chi troppo in alto sal, cade sovente – precipitevolissimevolmente. Ogni entusiasmo esagerato porta inevitabilmente a una delusione. Soprattutto, dopo anni di crescita strisciante e di scarso impegno oggi impera la fretta. Grandi imprese mettono un po' ingenuamente annunci sui giornali cercando centinaia di "esperti" che non ci sono. Si offrono corsi di formazione di qualità molto discutibile... un misto di pedestre alfabetizzazione tecnica e di rifritture di vecchi concetti di marketing o di deboli scopiazzature di non eccellenti manuali americani.

Nelle imprese prevalgono le strategie di breve periodo. Questa è una pessima ricetta per tutto, ma specialmente per un fatto nuovo e complesso come l'uso dell'internet. Il rischio non è solo di buttare dalla finestra parecchi miliardi, ma anche di imboccare strade sbagliate che possono tradursi in errori e danni. Una cultura non si forma in un giorno, né in un anno. Finalmente è diffusa e chiara la percezione del fatto che le nostre imprese sono impreparate e disorientate. Questo è un ottimo, necessario punto di partenza. Ma inseguire la "moda" e precipitarsi nell'imitazione può essere una cura peggiore del male.

In questa come in tante altre cose gli ultimi possono essere i primi – a una condizione. Che non si affrettino a copiare gli errori altrui ma al contrario li sappiano analizzare per far meglio, trovare scorciatoie e aprire strade nuove. Per nostra fortuna, l'e-business in tutto il mondo è ancora in una situazione infantile, balbettante e confusa. È venuto il momento di dimostrare, se ne siamo capaci, che si può far meglio. Ma occorre investire in strategie non effimere. L'internet non è una moda, né una lotteria. Siamo solo all'inizio di un fenomeno che dovrà ancora crescere e maturare. Vale la pena di affrontare questo tema con impegno, continuità e pazienza. Con entusiasmo, ma senza fretta; con l'impegno, la dedizione e la cura che merita un germoglio capace di crescere fino a diventare una pianta rigogliosa. Non mi stancherò mai di ripetere che si tratta di coltivazione. Il che vuol dire, fra l'altro, che bisogna tener sotto controllo erbacce e parassiti... da combattere, se possibile, con antagonisti biologici, ma soprattutto con presenze umane. Fra i mestieri da riscoprire nell'internet c'è quello della mondina.


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Avevo "chiuso" questo numero, e stavo per metterlo online, quando ho visto un articolo di fondo di Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera del 28 novembre. Non so se siano state le vicende della borsa a richiamare la sua attenzione, ma è interessante che il dirrettore del nostro più grande quotidiano si occupi della rete; e in una prospettiva molto diversa da quella balorda mistura di scandali e di superficialità che finora era stata la tendenza dominante in quasi tutti i giornali (e in particolare nel suo). Compaiono anche in questo articolo (come un po' dovunque) alcune enfasi esagerate, alcuni luoghi comuni non confermati dai fatti e alcune "scoperte dell'acqua calda". È curioso, per esempio, che il valore della conoscenza come elemento portante dell'economia, definito vent'anni fa da Alvin Toffler, Jean-Jacques Servan-Schrieber e tanti altri autori, arrivi solo ora "all'onore delle conache". Ma se trascuriamo questi particolari e badiamo alla sostanza il segnale è forte e significativo.

Ci siamo resi perfettamente conto – si chiede De Bortoli – al di là dell'ubriacatura borsistica, della portata che la rivoluzione digitale avrà nella nostra società? Probabilmente no, o se sì spesso solo a parole o per impulso emotivo, per convincimento mistico. .... Cambia il modo di produrre, di fare impresa, di lavorare. ..... È un problema di adesso, non di domani. Di tutti, non di qualcuno soltanto. ..... Il potere si trasferisce dalle imprese ai consumatori, dalle amministrazioni ai cittadini, dai media agli spettatori e ai lettori. ..... Il rettore del Politecnico di Milano, Adriano De Maio, quando si sgola a denunciare la fuga dei cervelli e dei migliori laureati dal nostro paese, si rifà a Carlo Cattaneo quando scriveva, a metà dell'Ottocento, che il progresso è fatto di una sola materia prima: l'intelligenza. Peccato che soprattutto nel nostro paese venga trattata così male, che si investa così poco sul capitale umano. ..... Anche nelle maggiori aziende, con poche lodevoli eccezioni, persistono alcuni atteggiamenti culturali significativi. L'e-commerce? Ho altro a cui pensare. L'internet? Siamo pronti, se ne occupa già qualcuno in azienda. Insomma: riguarda gli altri, per ora io mi salvo. Il dirigente naviga a parole, l'e-mail lo manda la segretaria. ..... L'innovazione, che è anche formazione e sensibilità verso gli investimenti nell'educazione e nel sistema scolastico, non è ancora cultura diffusa e condivisa, è vittima di paure e diffidenze. .... L'innovazione è competitività, quella che stiamo drammaticamente perdendo senza avere più la morfina della svalutazione. Il lavoro e il benessere futuri dipendono fortemente dagli investimenti nella conoscenza. La rete sarà anche una livella democratica, che non esclude nessuno, ma chi non ha tecnologie dell'informazione, servizi da offrire, contenuti da proporre e idee d'impresa da sviluppare ne resterà schiacciato, o ben che vada si prenderà solo le briciole. Pagherà il lavoro fatto da altri e altrove. I risparmiatori magari ne sottoscriveranno i titoli in borsa, forse ci guadagneranno. Ma strada il paese ne farà poca. Chi non vive lo spirito del suo tempo, scriveva Voltaire, del suo tempo si prende solo i mali. E, adesso, si è fatto un po' tardi.

Mi sembra di sentire gli sbadigli di chi legge da mesi o anni questa rubrica – o altri articoli (e libri) scritti, in Italia e altrove, da chi segue con attenzione lo sviluppo della rete. «È la solita storia, tutte cose già dette e ridette». È vero. Ma la novità sta nel fatto che la verità comincia a venire a galla; e che anche la "grande informazione" comincia a capire qual è la vera natura del problema. Che non è tecnico, né finanziario; è soprattutto culturale.

Meglio tardi che mai.


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loghino.gif (1071 
byte) 2. Le imprese "sanno di non sapere"


Il 18 novembre a Milano è stata presentata l'annuale analisi sugli investimenti pubblicitari, svolta da Astra-Intermatrix per l'UPA. C'è aria di ottimismo; dopo un periodo di crisi fra il 1992 e il 1995 gli investimenti sono in forte crescita, con un tasso nettamente superiore a quello del reddito nazionale e dei consumi. Si stima che nel 1999 la spesa totale in Italia superi i 15.500 miliardi per la "pubblicità classica" e i 27.400 miliardi per complesso delle attività di comunicazione, comprese promozioni, direct marketing, relazioni pubbliche e "sponsorizzazioni".


  1999 Variazione %
su 1998
nominale reale
Televisione 7.423 + 9,4 + 7,7
Stampa 5.149 + 9,9 + 8,2
Radio 831 + 16,1 + 14,2
Esterna 698 + 10,1 + 5,1
Cinema 79 + 14,5 + 12,7
Costi di produzione 1.347 + 10,5 + 8,8
Promozioni 6.707 + 5,0 + 3,3
Direct response 3.841 + 7,0 + 5,3
Relazioni pubbliche 2.790 + 7,7 + 6,0
"Sponsorizzazioni" 2.307 + 7,8 + 6,1


E l'internet? Non misurata – e finora non misurabile. "Si dice" che in pubblicità nell'internet si siano investiti circa 40 miliardi (2,5 per mille del totale nei "mezzi classici"; la metý di ciÚ che si investe in un mezzo "marginale" come il cinema) e che la spesa complessiva delle imprese in siti web o altre attività in rete sia di circa 400 miliardi (1,5 per cento sul totale in comunicazione d'impresa). Ma al di là di ogni fatto quantitativo ci sono considerazioni qualitative che mi sembrano rilevanti e che sono emerse, per la prima volta, nella sede "istituzionale" delle imprese che investono in pubblicità.

Le valutazioni espresse in una sede come quella non sono le opinioni di un istituto di ricerche o di un'associazione, ma riflettono le percezioni diffuse nel mondo delle imprese.
Il loro stato d'animo si può riassumere in tre punti.

  • Non abbiamo capito come valutare o misurare la comunicazione in rete.
    Dovremo approfondire il problema e definire nuovi criteri di valutazione.
  • Non sappiamo come usare efficacemente la rete ma è venuto il momento di occuparsene seriamente perché sta cominciando a diventare importante davvero.

  • Abbiamo capito che l'internet non è semplicemente "un altro mezzo pubblicitario"; dovremo definire nuove strategie, trovare o sviluppare competenze adatte.

Tutto questo è ancora "in nuce". Ci sono ancora molti dubbi e pregiudizi. Ma un nuovo segnale si aggiunge ad altri sintomi che, due mesi prima, già puntavano nella stessa direzione. Le imprese cominciano ad accorgersi di avere un problema. Il percorso non sarà facile, né lineare; ci sarà ancora molta confusione e si commetteranno ancora molti errori. Ma più chiaramente si percepisce il problema, più probabilità ci sono che sia risolto. Insomma le perplessità, così cominciano a manifestarsi oggi, mi sembrano un sostanziale passo avanti.


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loghino.gif (1071 
byte) 3. Le strane opinioni del dottor Romiti


Un breve comunicato dell'Adnkronos (26 novembre 1999) dice che, secondo Cesare Romiti, "l'e-commerce è impossibile in Italia".

Il commercio via internet in Italia è "impossibile". E gli interventi promessi dal governo per sostenere la "società dell'informazione" sono rimasti, per ora, sulla carta. Ad attaccare sono l'ex presidente della Rai, Letizia Moratti, e il presidente di Rcs Cesare Romiti, nel corso del convegno organizzato dagli amici di liberal. Afferma Romiti: "I 150 miliardi stanziati dalla Finanziaria per l'e-commerce sono solo una vetrina".
"In un paese come questo, dove le ferrovie non funzionano, le autostrade sono vecchie e i trasporti in genere non vanno – accusa Romiti – mi chiedo quale e-commerce si possa realizzare. Quello delle infrastrutture è un problema di cui si deve occupare lo stato, non riguarda i privati".

Non è facile, da questo scarno comunicato, capire che cosa avesse davvero in mente Cesare Romiti né quale disegno politico stia dietro alle sue affermazioni. Ma non Ë la prima volta che da "esponenti" del nostro mondo economico e industriale si sentono discorsi di questa specie.

Sono legittimi i dubbi sulla validità degli interventi o ":incentivi" che il governo pensa di adottare. Sarebbe molto meglio che si evitasse di soffocare l'infante (o nascituro) e-business italiano con pastoie e leggi sbagliate; e che si facesse qualche vero passo avanti nell'uso dell'informatica e della telematica nella pubblica amministrazione e nella scuola.
Ma ciò non significa che il mondo delle imprese possa rimanere assente o cincischiare con soluzioni cosmetiche in attesa di qualche "provvidenza". Invece di chiedere soccorso alla "mano pubblica" le nostre imprese dovrebbero impegnarsi molto più seriamente nell'uso dei moderni sistemi di comunicazione. Mi sembra preoccupante che voci "autorevoli" vadano cercando sussidi, o direttive da chi non ha la capacità di darle, invece di incoraggiare le imprese a investire seriamente e ad assumersi le loro responsabilità. Soprattutto all'esportazione.


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loghino.gif (1071 
byte) 4. Gli ostacoli culturali
e il problema della fiducia (Gabriele Calvi)

 

È stata pubblicata su Social Trends di ottobre la relazione di Gabriele Calvi all'incontro di Centromarca sul tema "Il branding nell'era digitale" che si è tenuto a Milano il 2 giugno 1999. Ecco alcune delle sue osservazioni, che mi sembrano puntuali e rilevanti.

Qual è la situazione italiana del commercio elettronico o, più in generale, dell'accesso al computer e all'internet? Il quadro non è molto incoraggiante, ma nemmeno tragico. Il paese è solo all'inizio di un processo che, una volta innescato, potrà attuarsi in modo accelerato. La curva fisiologica di della diffusione dell'internet lascia pensare che, dopo un lento inizio, la domanda dei prodotti possa raggiungere la massa critica per un soddisfacente sviluppo in vari comparti. Diciamo che l'Italia è in buona compagnia, purtroppo, perché l'intera Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti. ................
Vediamo ciò che ha impedito o frenato l'accesso all'informatica distribuita e, pertanto, anche all'internet. Forti sono state – e continuano a essere, almeno in parte – le barriere e le dinamiche sociali di segno negativo. ............... Anzitutto vanno ricordate le barriere di natura economica: i costi di acquisto delle apparecchiature e degli accessori, come quelli di formazione e gestione, sono consistenti e certamente non sopportabili a ogni livello sociale. Più radicali e determinanti, però, sono le barriere di ordine culturale. Vediamone alcune, partendo dalle più superficiali. Per una buona parte dei cittadini il mondo dei computer, e dell'internet in particolare, si è caricato progressivamente di un'immagine negativa. Lo rileviamo, per esempio, nei diffusi pregiudizi di carattere pseudo-pedagogico. Il computer instupidisce – si dice –, è un errore mettere il computer in mano ai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti. La loro intelligenza crescerà livellata, impareranno solo a servirsi di uno strumento, non svilupperanno attitudini personali e capacità mnemoniche, non avranno autonomia rispetto allo strumento, diverranno passivi di fronte al cumulo di informazioni e perderanno capacità critica, di ragionamento e di sintesi. Il computer li assorbirà completamente, li appiattirà, toglierà loro originalità, creatività, capacità di decisione e di giudizio.
Questi pregiudizi sono circolati largamente e stanno ancora circolando. Anzi, non so è lontani dal vero dicendo che buona parte dei genitori e degli insegnanti li condividono; non sappiamo se per comprensibile ignoranza o a giustificazione di colpevole inerzia. ................
Nei mezzi di comunicazione non si esaltano sovente le incredibili opportunità che l'internet offre, ma se in essa viene scoperto il caso di un pedofilo o di un'organizzazione di pedofili, dai giornali o dalla televisione lo si apprende subito. Lo scandalo fa notizia, appaga la curiosità, ma finisce per preoccupare le famiglie e contribuisce a peggiorare l'immagine complessiva di uno strumento.
Fra le remore culturali vanno considerate anche l'inadeguatezza di una classe politica e di istituzioni chiave. In un paese che no ha saputo dotarsi di infrastrutture fondamentali ..... che crede come a un miracolo ai business della televisione commercializzata e dei telefonini, non sorprende che sia stata sottovalutata la portata della rivoluzione informatica e di quanto lo sviluppo civile, amministrativo ed economico dipenda dall'adozione diffusa delle nuove tecnologie della comunicazione. ...............
Sul piano culturale restano da considerare altri due generi di resistenze, di natura più generale. Il primo riguarda il computer come strumento di lavoro. Il secondo riguarda più propriamente l'internet intesa come canale di comunicazione e di scambi economici. ............... È evidente che mentre qualcuno ha investito il computer di un'immagine mitica, altri l'hanno svilito come di mestiere e relegato nell'ambito delle prestazioni servili. ................ L'atteggiamento rivela qualcosa di più della semplice riluttanza ad apprendere un nuovo linguaggio e le sue regole: sottintende supponenza e classismo tipici di una cattiva aristocrazia intellettuale e professionale, difficili da sradicare come tante altre pretese di status. Si potrebbe anche dire, più in generale, che le resistenze al computer e all'internet abbiano a che fare con una sorta di diffidenza basica. Questo aspetto diviene manifesto quando si consideri specificamente l'opportunità di comunicazione e di scambio che questi mezzi consentono. ..... Nell'internet il problema della fiducia diviene drammatico anche in un paese come gli Stati Uniti in cui il social trust è tradizionalmente molto elevato. ..... Dovremmo ricordarci di quale capitale sociale della fiducia si disponga oggi in Italia. In Europa, da oltre vent'anni a questa parte, siamo il paese che gode meno di questa risorsa. I suoi cittadini non si fidano l'uno dell'altro e pochi si fidano di loro all'estero. ................ È in questo quadro culturale deficitario che, alla fine, bisogna porre il problema di cui ci occupiamo. Il computer e l'internet pongono di fronte a informazioni estremamente eterogenee, per conoscere e decriptare le quali non basta il possesso di abilità strumentali, dell'inglese o altre lingue, ma bisogna saper sviluppare positivamente una relazione. ............... Per poter valutare e scegliere il da farsi occorrono almeno tanta fiducia e apertura quanto prudenza e discernimento. Ciò è particolarmente vero allorchè dalla semplice comunicazione di rete si passa a investimenti e acquisti. ................
È ovvio che le imprese non possono fare molto per contrastare le dinamiche sociali negative e combattere i pregiudizi, o per cambiare l'orientamento delle politiche istituzionali. Possono e dovranno invece operare per favorire l'instaurarsi di un rapporto fiduciario con chi si apre timidamente al commercio elettronico. Le imprese possono e devono fare ciò che riguarda direttamente la loro attività. Non dovranno far conto, ad esempio, sulla notorietà e credibilità dei loro marchi quali mediatori di fiducia. Questi, pur stimati e conosciuti da tempo, perderanno parte del loro potere d'induzione trovandosi ad operare in un sistema relazionale .... esposto a richi maggiori di quelli presenti nel mercato tradizionale. Ciò significa che alla fiducia ispirata da un marchio dovranno aggiungersi altri ancoraggi fiduciari. Gli acquirenti, pur coraggiosi, potrebbero trovarsi di fronte ad aspetti non chiari del rapporto, a perplessità sull'offerta e sui prezzi, dubbi sui sovraccarichi di spesa per il trasporto, fiscali o di dogana, al rischio di un pagamento con carta di credito, all'incertezza sulla data di consegna, al timore di ciò che accadrebbe se il prodotto andasse perduto per strada. Poiché tutte le garanzie implicite nell'acquisto fatto sotto casa, o al vicino supermercato, vengono meno con il commercio elettronico, le imprese devono saper escogitare un sistema di garanzie più articolato e, al limite, una personificazione del marchio e dell'impresa stessa, indicando al potenziale acquirente il nome e il recapito di una persona fisica responsabile cui sia possibile rivolgersi in caso di errori o contestazioni.
La via del commercio elettronico è nuova. Imprese e consumatori disposti a percorrerla non godono di esperienze pregresse e devono costruire insieme un altrettanto nuovo tipo di rapporto. La fiducia nasce dall'esperienza, si dice, ma senza una garanzia fiduciaroia preliminare è difficile aprirtsi a una prima esperienza. Anche il commercio elettronico si svilupperà solo se verranno poste e condizioni invitanti alla fiducia, senza trappole e inganni. Gli inizi sono decisivi: questo è il momento in cui a un pubblico diffidente, quale in nostro, non si può chiedere di rischiare solo in proprio. Ciò che si costruisce oggi, nell'incertezza, ha sicuramente valore per domani.

Mi sembra che così, ancora una volta, si metta l'accento su un fatto fondamentale.
I problemi (ma anche le possibilità di successo) sono soprattutto nell'area culturale e nelle relazioni umane. Superare le diffidenze, stabilire rapporti di fiducia, non sono cose facili. Ma chi ci riuscirà si troverà in una posizione di grande vantaggio in un nuovo quadro di riferimento, una nova realtà economica che ormai non appartiene più a un ipotetico e discutibile domani ma è una tendenza consolidata, in pieno e dinmanico sviluppo – anche in Italia.


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loghino.gif (1071 
byte) 5. Nuovi dati europei: l'Italia cresce


Naturalmente le tendenze non si possono valutare bene su periodi brevi; ma i dati più recenti segnalano alcuni cambiamenti interessanti nello sviluppo dell'internet in Italia rispetto al resto dell'Europa. Mi sembra utile osservarli, con l'abituale cautela (occorrerà verificare nei prossimi mesi per capire meglio l'evoluzione). Questa tabella riassume la situazione aggiornata in base ai dati diffusi da RIPE il 15 novembre 1999 (comprende i 13 paesi europei con più di 200.000 host internet, confrontati con i dati per il periodo corrispondente nei due anni precedenti).


Host internet in 13 paesi europei

  1997 1998 1999 crescita %
in due anni
Gran Bretagna 979.402 1.436.478 1.672.534 + 70
Germania 1.005.263 1.404.695 1.609.995 + 60
Olanda 373.422 594.547 864.787 + 132
Italia 275.461 393.204 733.108 + 166
Francia 326.307 477.933 670.327 + 105
Spagna 189.892 288.039 539.113 + 184
Svezia 344.955 404.374 522.904 + 52
Finlandia 440.330 465.335 492.513 + 12
Norvegia 286.652 316.099 368.470 + 29
Danimarca 164.761 289.322 332.056 + 102
Belgio 98.844 202.384 327.626 + 231
Svizzera 168.925 231.094 300.249 + 78
Russia 130.616 183.655 240.752 + 84
Totale area 5.789.853 7.674.544 10.021.898 + 73

Nota: in questa tabella, come nelle altre e nei grafici che seguono,
i dati sono "ponderati" in base al criterio indicato numero 40 di questa rubrica.


Si confermano due tendenze che avevamo già notato in passato: una crescita meno veloce nei paesi tradizionalmente più avanzati (anche se è prematuro parlare di "saturazione") e un forte sviluppo nel Benelux e in Danimarca, che si avvicinano ai livelli "scandinavi".
Un cambiamento più recente è la crescita dei paesi dell'Europa mediterranea, e in particolare dell'Italia e della Spagna, che cominciano ad "accorciare le distanze". In "cifra assoluta" l'Italia sembra essere passata, in due anni, dall'ottavo al quarto posto in Europa.
(Per quanto riguarda la Francia, la posizione risulterebbe molto diversa se tenessimo conto del minitel; ma mi sembra che sia venuto il momento di non prendere più in considerazione quella tradizionale anomalia).

Vediamo un aggiornamento del grafico di crescita dell'internet nei cinque "grandi paesi" dell'Unione Europea.


Host internet in 5 paesi europei – 1996-1999

Fonte: RIPE (Réseaux IP Européens) – dati trimestrali – numeri in migliaia

 

Nota: questo grafico è intenzionalmente "truccato";
i dati del terzo trimestre 1999 comprendono anche ottobre.


Naturalmente la tendenza andrà rivista a fine anno e nei trimestri successivi. Ma potrebbe esserci l'inizio di un cambiamento rilevante; che confermerebbe altri dati di tendenza su un nuovo impulso alla crescita dell'internet in Italia.

Se allarghiamo il quadro ai 33 paesi nell'area Europa-Mediterraneo con più di 10.000 host internet, questa è la situazione.


Host internet in 33 paesi dell'area Europa-Mediterraneo

  Numero di host
1999 (ponderato)
Variazione %
in un anno
% su
Europa *
Host per
1000 abitanti
Islanda 28.330 + 17,7 0,3 104,9
Finlandia 492.513 + 5,8 4,9 96,0
Norvegia 368.470 + 16,6 3,7 83,9
Danimarca 332.056 + 14,8 3,3 63,5
Svezia 522.904 + 29,3 5,2 59,0
Olanda 864.787 + 45,5 8,6 55,4
Svizzera 300.249 + 29,9 3.0 42,5
Belgio 327,626 + 61,9 3,3 32,4
Gran Bretagna 1.672.534 + 16,4 16,7 28,4
Austria 221.565 + 38,8 2,2 27,5
Israele 144.707 + 33,8 1,4 25,7
Germania 1.609.995 + 14,6 16,1 19,6
Irlanda 67.259 + 29,1 0,7 18,7
Estonia 28.031 + 24,4 0,3 18,3
Spagna 539.113 + 87,2 5,4 13,8
Italia 733.108 + 86,4 7,3 12,8
Slovenia 22.991 + 3,5 0,2 12,0
Francia 670.327 + 40,3 6,7 11,5
Repubblica Ceca 115.679 + 51,4 1,2 11,2
Ungheria 110.820 + 30.0 1,1 11,0
Grecia 76.595 + 67,7 0,8 7,3
Portogallo 67.562 + 27,9 0,7 6,9
Lettonia 16.921 + 31,7 0,2 6,6
Slovacchia 26.476 + 33,5 0,3 5,0
Polonia 170.134 + 34,6 1,7 4,4
Lituania 12.704 + 32,3 0,1 3,4
Croazia 14.308 + 22,8 0,1 3,2
Bulgaria 15.997 + 48,5 0,2 1,9
Russia 240.752 + 31,1 2,4 1,6
Romania 34.350 + 65,6 0,3 1,5
Turchia 85.700 + 108,2 0,8 1,4
Ucraina 28.147 + 33,2 0,3 0,06
Unione Europea 9.027.655 + 30,0 80,1 21,9
Totale "Europa" * 10.021.898 + 31,2   14,3

* L'area RIPE oggi comprende più di 50 paesi extra-europei, ma il numero di host internet in quei paesi
è meno del 2 per cento del totale nell'area e quindi influisce solo marginalmente sul calcolo.

Si confermano le tendenze che avevamo visto nei mesi scorsi; ma per la prima volta Italia e Spagna superano il livello di paesi avanzati dell'Europa orientale come la Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Slovenia. Rimangono tuttavia molto al di sotto della media nell'Unione Europea.

Vediamo ora un aggiornamento dei soliti grafici. Il primo riguarda la densità.


Host internet per 1000 abitanti
in 28 paesi dell'area Europa-Mediterraneo

(Paesi nell'area Ripe con più di 20.000 host internet)
Dati "consolidati" 1999 aggiornati a ottobre

Il prossimo grafico, come è abituale in queste analisi, riguarda l'intensità di uso dell'internet in proporzione al reddito.


Host internet in rapporto al reddito (PIL)
in 28 paesi dell'area Europa-Mediterraneo

(Paesi nell'area Ripe con più di 20.000 host internet)
Dati "consolidati" 1999 aggiornati a ottobre

Come avevamo già visto in passato, è notevole la presenza, in proporzione al reddito, di alcuni paesi dell'Europa orientale; e rimane debole la Germania. Nonostante la crescita, l'Italia è ancora molto arretrata. Se si tenesse conto del minitel, la Francia potrebbe trovarsi a un livello paragonabile a quello della Spagna.

Vediamo ora un aggiornamento della mappa europea in base alla densità.


Host internet per 1000 abitanti

Ricordiamo che la densità media in Europa (14 per mille) è un po' al di sopra dell'area rappresentata in verde chiaro, mentre la media nell'Unione Europea (22) si colloca fra l'area verde scuro e quella blu.

La mappa dell'Europa è cambiata a un anno di distanza dalla prima pubblicata in questa rubrica – e diversa anche da quella che abbiamo visto tre mesi fa. Se queste tendenze si confermeranno, l'Italia sarà uscita dalla posizione debole in cui si trovava e si sarà avvicinata alla media europea. È un progresso notevole rispetto al passato; ma ci troviamo ancora in un'area di mediocrità, "senza infamia e senza lode"... la strada è lunga per arrivare a un livello corrispondente al ruolo della nostra economia o paragonabile allo sviluppo di altre tecnologie di comunicazione, come la telefonia mobile.

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loghino.gif (1071 
byte) 6. Un nuovo genere di truffa online

 

Le truffe in rete non sono così diffuse o pericolose come alcuni vorrebbero far credere; ma ci sono. Un nuovo e curioso esempio è l'astuta manovra di un gruppo di malandrini in Spagna, riferita in un articolo di El Mundo il 17 novembre. Secondo il giornale, è il primo esempio di questo genere di imbroglio nell'Unione Europea.

La vittima riceve un messaggio in e-mail da un'impresa chiamata Pissi Software Inc. con l'avviso che entro 48 ore ci sarà un addebito di 78.000 pesetas (900.000 lire) sulla sua carta di credito per un presunto servizio. Viene indicato un numero telefonico "gratuito" da chiamare. Poiché non ha mai ordinato nulla a Pissi Software, il malcapitato telefona; ma si trova davanti a infinite lungaggini e complicazioni che prolungano l'attesa nella vana ricerca di un irreperibile operatore. La telefonata non è gratuita ma comporta un pagamento di 160 pesetas (1.860 lire) al minuto. L'addebito abusivo di 78.000 pesetas non viene fatto; il guadagno del truffatore è nel costo della telefonata.

La Guardia Civil ha identificato i truffatori; sono incriminati un cittadino britannico e un argentino, residenti a Malaga (e già processati per truffa nel 1996). I numeri "falsi gratuiti" risultano intestati a Entel Telecomunicaciones, una società con sede in Cile.

Questo sembra essere un nuovo genere di truffa. Se ne conoscevano già altri negli Stati Uniti, come quelli basati su siti "erotici"; che sono spesso fabbriche di spamming ma fanno anche altri brutti scherzi. Alcuni riescono a ottenere con un trucco il numero di carta di credito e poi fanno addebiti per servizi mai richiesti e mai prestati. Altri riescono a convincere l'incauto visitatore a scaricare un software che collega di nascosto il suo modem a una linea a pagamento in Moldavia. Anche gli autori di quelle truffe sono stati individuati e processati. Ma è meglio stare attenti, perché c'è chi continua a inventare trucchi nuovi.


 

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