Rimane il predominio dei due paesi più forti, ma si nota l'accelerazione dell'Italia e ancor più della Spagna. Ci vorranno almeno altri tre mesi per valutare la solidità di questa tendenza. Il secondo grafico riguarda la densità (host per 1000 abitanti) in 28 paesi con più di 20.000 host internet. Host
internet per 1000 abitanti (Paesi nell'area Ripe con più di 20.000 host internet) Dati "consolidati" 1999 La densità più alta è, come sempre, nei paesi scandinavi; ma continua a crescere la presenza del Benelux e in particolare dell'Olanda. La Spagna, che per anni ha avuto una densità simile a quella dell'Italia, ora sta distaccando il resto dell'Europa meridionale e comincia ad avvicinarsi a livelli "mitteleuropei" (oltre ad avvantaggiarsi del rapido sviluppo nell'America Latina, che allarga i sistemi di rete in lingua spagnola). Nonostante la crescita, la presenza dell'Italia rimane debole; al di sotto della media europea. Nel prossimo grafico vediamo, ancora una volta, quanto è arretrata la nostra posizione in rapporto al reddito. Host
internet in rapporto al reddito (PIL)
Si conferma la relativa debolezza della Germania; e la forte presenza, rispetto al reddito, di alcuni paesi dell'Europa orientale. Vediamo, anche in questa analisi, il progresso della Spagna. La Francia, se non si tiene conto del minitel, non sta meglio dell'Italia. ============================================ Una curiosità è l'aggiornamento
sulla dimensione dell'internet offerto da Netsizer. ============================================ Un elemento di complicazione è il fatto che ci sono domain internet fuori dagli Stati Uniti registrati come .com e che perciò sembrano, ma non sono, "americani". Secondo un'analisi del Nic francese, in Europa ce ne sono 263.194 (di cui 17.721 in Italia). L'incidenza non è tale da modificare il significato delle statistiche, specialmente come confronto fra i vari paesi. Ma per curiosità vediamo che cosa risulterebbe dall'aggiunta di un numero stimato di host per tener conto dei domain .com nei nove paesi considerati in quell'analisi.
* Il totale riguarda tutta l'area Ripe ma, come
già osservato, il numero di host Alcuni pensano che, a causa delle difficoltà burocratiche di registrazione dei domain .it , l'Italia abbia un'incidenza particolarmente elevata di .com (e quindi di host "apparentemente americani"). Ma non è così. L'incidenza più alta è in Francia; in Italia i .com sono il 7 % cioè poco al di sopra della media europea. Ci sono percentuali più alte in Gran Bretagna (10 %) e in Svezia e Spagna (9 %) mentre le più basse sono in Germania (5 %) e in Olanda (meno del 4 %). Naturalmente ci sono anche domain europei e italiani registrati come .net o .org, ma si tratta di numeri molto più piccoli.
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Fra i "libri da leggere", sul marketing in rete, c'è quello di Seth Godin (vice president direct marketing di Yahoo). Un po' pretenzioso nel tono e nella dichiarata intenzione di spiegare il "verbo" e mostrarci "la via del futuro"; tuttavia ricco di osservazioni interessanti e di suggerimenti utili. Da questo e da altri testi (come The Caring Economy e High tech - high touch) oltre che dall'osservazione quotidiana dei fatti si ricavano indicazioni rilevanti su come possa essere davvero efficace la comunicazione in rete e su come si evolvono le relazioni (perciò il marketing) nella "economia connessa" di oggi e di domani.
Il sottotitolo di Permission
Marketing è
Turning strangers into friends, and friends into customers.
In Permssion marketing l'autore spiega come il marketing tradizionale, e la comunicazione d'impresa in tutte le sue forme, siano in crisi. Quello che Godin definisce interruption marketing, cioè il tentativo di "catturare" l'attenzione delle persone con una comunicazione invasiva, ha superato il livello di saturazione. C'è sovrabbondanza di prodotti, sovrabbondanza di comunicazione; l'affollamento è tale che ormai neppure spendendo il doppio di chiunque altro si riesce a superare la barriera della disattenzione. C'è chi cerca di farsi notare cambiando continuamente messaggio e stile, con l'unico risultato di perdere continuità e identità. La quantità di messaggi che ogni persona riceve è mille volte superiore alla sua capacità di vedere, leggere o ascoltare. Secondo me Godin esagera un po' nel dedurne che il marketing tradizionale non possa più dare alcun risultato; ma il problema esiste ed è importante capire che con l'internet si aprono possibilità diverse. Anche il marketing "mirato" (cioè il direct marketing, o data based marketing, nella sua concezione tradizionale) ha molti limiti. Gli strumenti di segmentazione sono rozzi, hanno una selettività limitata e imperfetta; è invasivo (a modo suo è interruption marketing) e spesso mal tollerato; ha un alto e crescente fattore di spreco. «Il pagliaio è molto grande, dice Godin, e gli aghi sono pochi». Portare nell'internet gli stessi metodi non è solo uno spreco di denaro ma anche un modo per farsi del male. Anche in rete, cercare i "grandi numeri" è la strada sbagliata. Seth Godin osserva che un grande motore di ricerca, come Altavista, classifica 100 milioni di pagine nell'internet. Le persone che usano il suo servizio accedono a 900 milioni di pagine al mese. Cioè chi usa Altavista legge, in media, 9 pagine al mese. Si spendono milioni di dollari per costruire scintillanti siti aziendali e ci si dà un gran daffare per cercare di farli trovare da un grande motore di ricerca; il risultato è che in media si raggiungono nove persone. «Grandi imprese hanno investito (e quasi completamente sprecato) più di un miliardo di dollari in siti web nel tentativo di trovare un varco nell'affollamento. La General Electric ha un sito con migliaia di pagine. La Ziff-Davis ne offre più di 250.000. Un risultato diretto di questi tentativi di scavalcare l'affollamento è il marketing più affollato e meno efficiente che si possa immaginare». Ciò che manca è il tempo. Nessuno ha il tempo di badare agli infiniti messaggi che l'interruption marketing cerca di somministrargli. Nessuno ha tempo e voglia di prestare attenzione. Più si sforzano di attirare la nostra attenzione con trucchi ed effetti, più aumentano il clutter, cioè l'affollamento e la confusione. Seth Godin dice che la soluzione è lasciar decidere al consumatore se vuole accettare volontariamente il dialogo. Questo è il modo in cui definisce il permission marketing. Poiché parla solo ai volontari, il permission
marketing ci assicura che i consumatori prestano più
attenzione ai nostri messaggi. Permette al marketer di
spiegare, con calma e succintamente, la sua proposta, senza
il timore di essere interrotto dai concorrenti o da chi fa
interruption marketing. È al servizio dei consumatori
e dei marketer in uno scambio simbiotico. Ci sono due modi di trovare moglie (o marito), dice Godin. Uno è comprare un vestito molto costoso, scarpe, accessori, eccetera. Usando il miglior database possibile, scegliere il singles bar demograficamente più adatto. Poi andare da ogni persona in quel bar e proporre il matrimonio. Se rifiuta, continuare a chiederlo a tutte le altre persone, e poi un altro bar, e così via. Questo è il metodo dell'interruption marketing. L'altro modo è molto più divertente, razionale ed efficace. Incontrare persone, frequentarle, fidanzarsi... Permission marketing vuol dire che due persone si incontrano. Se si piacciono, si rivedono. E così via. Col tempo imparano a conoscersi, a capirsi. Dopo vari appuntamenti e incontri, si presentano alle rispettive famiglie. Finalmente, dopo un tempo adeguato di frequentazione, il permission marketer propone il matrimonio. Come tutti i migliori autori che si occupano dell'internet, anche Godin critica pesantemente ogni forma di spamming; un malanno su cui spero non sia necessario aggiungere alcun commento. Si esprime energicamente anche contro ogni violazione della privacy e ogni tentativo di commercio o manipolazione dei dati personali. E non manca di sottolineare i vantaggi delle soluzioni opensource. Ecco le sue osservazioni a questo proposito. Quando c'è abbondanza di un bene (commodity) il
suo valore scende a precipizio. Se quel bene può
essere riprodotto facilmente, a costo basso o nullo, non ce
n'è scarsità. Questa è la situazione,
oggi, dei servizi informativi. Ce n'è in abbondanza e
costano poco. Per esempio l'informazione nella web è
abbondante e gratuita. _______________________________________________ È interessante notare che Seth Godin razzola come predica ma solo in parte. Sul suo sito offre gratis i primi quattro capitoli del libro (quando si richiedono ha l'intelligenza di mandarli come "puro testo" e non in qualche formato pesante e più o meno indecifrabile, come purtroppo fanno tanti altri). Promette solennemente di non noleggiare, vendere o in alcun modo trasferire ad altri gli indirizzi di chi gli scrive un impegno che le imprese serie dovrebbero assumere (e dichiarare) un po' più spesso. Però... se si manda un messaggio alla sua mailbox si riceve una risposta automatica, standardizzata e inconcludente. Questo non toglie validità di ciò che dice nel suo libro, ma ci ricorda che praticare bene la comunicazione interattiva non è sempre una cosa facile.
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Da molti anni ormai si parla di una malattia chiamata "omogeneizzazione" che affligge i grandi mezzi di informazione i cosiddetti mass media. Il dibattito continua, ma la soluzione è ancora lontana. Tre anni fa, Umberto Eco ne parlava in una delle sue "Bustine di Minerva" (L'Espresso, 5 settembre 1996). Che la stampa si trovi in un momento critico, non se lo nascondono ormai nemmeno i giornalisti, che allarmati scrivono sui giornali che i giornali si sono cacciati lungo una via senza uscita. Lo si è detto: il giornale, nel momento che le notizie le dà prima la televisione, ha finito col dedicarsi al commento degli eventi televisivi, con indiscrezioni e interviste a catena, e alla cosiddetta "pastorizzazione" della notizia irrilevante, che la tv non ha tempo (o si vergognerebbe) di dare, come i blue jeans di Di Pietro o l'opinione della contessa Collaltino Viendalmare sullo sfidanzamento della Parietti La situazione non è cambiata. L'argomento è stato ripreso, sullo stesso settimanale, da Eugenio Scalfari il 14 ottobre 1999. Da qualche tempo avverto il desiderio, anzi sento la necessità, di porre una domanda a Umberto Eco, nella sua qualità di riconosciuto maestro nella scienza della comunicazione. ..... Eco ha più volte criticato i giornali e quasi sempre con ragione ne segnala gli errori di fattura, gli svarioni, qualche superficialità e un po' di pigrizia. Ma non è di questo aspetto che parlo. Parlo dell'approccio dei giornali ai fatti che accadono. Un tempo quell'approccio era abbastanza differenziato: ogni testata aveva le proprie regole, le proprie idiosincrasie, il proprio modo. Diciamo un proprio metro col quale selezionare i fatti, stabilire la priorità di alcuni rispetto agli altri e misurarne il peso e il valore. Col passare degli anni però, ed anche con l'affermarsi di nuove tecnologie produttive, si è messo in moto un processo di omogeneizzazione che ha reso i giornali specie quelli televisivi e radiofonici sempre meno distinguibili l'uno dall'altro. La settimana dopo, Umberto Eco gli ha risposto. Eugenio Scalfari mi appella, in questa stessa pagina nel numero scorso, a dire come la penso sul destino che spinge sempre più i nostri quotidiani a indulgere al pettegolezzo e al sensazionalismo, seguendo per poter far fronte alla concorrenza modelli ormai standardizzati. Mi gioca, Scalfari, un brutto tiro, perché sa quante volte ho scritto su questi argomenti e mi costringe a ripetermi. Bel colpo. Lui ci fa la figura di dire cose sensazionali, annunciando un suo severo esame di coscienza, e io ci faccio la figura del parroco che ripete stancamente i soliti comandamenti. Umberto Eco poi racconta un ennesimo caso di deformazione di notizie e opinioni, da cui ricava un commento generale. Cosa ci guadagna il giornale a farmi credere che due persone hanno detto battute che non hanno detto, e che questo scambio costituisce notizia scandalosa? Direi nulla, se il lettore fosse esigente. Ma anch'io volevo leggere a letto qualche cosa di piacevole, come quando dal parrucchiere si leggono quelle riviste che deducono una affettuosa amicizia da un aperitivo preso insieme al bar, e nessuno ci crede, ma ci si diverte. Se anche il lettore ci sta, e il giornale vende, la situazione è ormai insanabile. Qui Eco mette il dito sulla piaga: un "circolo vizioso" fra giornalismo "omogeneizzato" e lettori ormai rassegnati; un circuito di abitudini che gira vorticosamente su se stesso, producendo informazione non solo troppo "omogenea" ma anche troppo spesso irrilevante e deformata. Il confine fra verità e menzogna, fra realtà e apparenza, fra notizia e manipolazione si è attenuato fino a sparire. Forse i grandi giornalisti-editori, come Scalfari, e i grandi "maestri della comunicazione", come Eco, dovrebbero chiedersi perché oggi per vendere i giornali si ricorra continuamente alle offerte più disparate, dagli atlanti geografici alle cassette di film. Mi viene in mente una bella vignetta di El Perich, un umorista spagnolo, che si trova in un libro di Luis Bassat. Umberto Eco, ironicamente, propone di risolvere il problema facendo un giornale simile a quello che leggeva quando era nelle Isole Figi. Che cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di fare in Italia un "Fiji Journal", che costerebbe probabilmente cinquecento lire? Verrebbe letto solo da persone che vogliono la notizia essenziale e non il divertimento (che cercheranno altrove)? Sarebbe un fallimento? Poiché Scalfari mi chiede una proposta, provo a immaginare un giornale del genere (che avrebbe una redazione ridottissima), che abbia lo stesso sessanta e passa pagine, ma tutte di bellissima pubblicità, elenco di farmacie di turno e spettacoli, insomma quello per cui di solito si compera un giornale. Basterebbero solo due pagine (magari quattro) di essenziali dispacci di agenzia, più una pagina di opinioni su quello che peraltro il lettore ha già capito dal telegiornale. Sarebbe davvero una impresa fallimentare? L'ipotesi è divertente; ma anche Umberto Eco sa che non risolve il problema. Si butterebbe via meno carta, meno inchiostro e meno tempo a scrivere (e leggere) sproloqui ripetitivi. Ma rimarrebbe la sindrome della "omogeneizzazione" e della concentrazione su "notizie" che spesso non sono né le più importanti, né le più interessanti, né le più significative. Ritornerò in un prossimo numero su quel curioso "frullato" di (pseudo) notizie e di entertainment che domina oggi, specialmente in televisione. Ma intanto un fatto è chiaro: il sistema dei mezzi di informazione è profondamente in crisi e non sa come uscirne. Naturalmente l'internet è uno degli strumenti per risolvere il problema; forse il più importante. Per esempio un quotidiano online non dipende da ciò che ha già detto la televisione; anzi può anticiparla. E non ha limiti di profondità: può offrire su ogni argomento, sinteticamente, la sostanza, accompagnata da tutti gli approfondimenti possibili e immaginabili. E può lasciarci decidere se vogliamo davvero sorbirci interminabili divagazioni sulla scollatura dell'ennesima indossatrice o sui pettegolezzi e sulle scaramucce dei partiti politici o se invece vogliamo informarci su qualcosa di meno futile e più interessante. O magari anche "leggero", ma divertente. Ciò che manca, come in molte altre cose, non è la tecnologia; è la cultura. Cioè la capacità di editori e giornalisti di uscire dalla palude delle abitudini e ripensare il proprio mestiere. Ma anche noi lettori dovremmo fare la nostra parte. Uscire dal binario morto della stanca e ripetitiva omogeneizzazione e andare a cercare notizie, opinioni e commenti più interessanti. Che in rete ci sono, anche se non è facile trovarli. |
Lista dei ink
Com'è abituale in questa rubrica, ecco una lista dei link per comodità di chi stampa il testo
prima di leggerlo e quindi non può andare direttamente alle connessioni offerte durante la lettura online.La struttura dell'internet http://gandalf.it/net/internet.htm#heading03
Internet measurement and data analysis http://www.caida.org/Papers/Nac/
La coltivazione dell'internet http://gandalf.it/offline/off19.htm
Incontro con Arno Penzias http://gandalf.it/nm/penzias.htm
Gli italiani online http://gandalf.it/mercante/merca37.htm#heading04
Dati europei febbraio 1999 http://gandalf.it/mercante/merca32.htm#heading04
Dati europei luglio 1999 http://gandalf.it/mercante/merca36.htm#heading03
RIPE Réseaux IP Européens http://www.ripe.net/statistics/hostcount.html
L'America Latina http://gandalf.it/mercante/merca38.htm#heading03
Netsizer http://www.netsizer.com/daily.html
The Caring Economy http://gandalf.it/mercante/merca36.htm#heading02
High tech- high touch http://gandalf.it/mercante/merca32.htm#heading02
Mettiamo in soffitta la segmentazione http://gandalf.it/offline/off17.htm
Permission marketing http://www.permission.com
Luis Bassat Il nuovo libro della pubblicità http://gandalf.it/m/bassat1.htm