Questo testo è una variante, con alcune modifiche e aggiornamenti,
di parte del capitolo 17 e dell’appendice di Il nuovo libro della pubblicità

 

L’internet: che cos’è,
come funziona e come si usa


 

  La lettura di queste pagine è di scarso interesse per chi conosce bene la rete, la sua storia, la sua struttura e il suo funzionamento. Ma ci sono molte persone che, pur avendo un accesso all’internet, non hanno ancora avuto modo di conoscerne le caratteristiche fondamentali. Naturalmente queste brevi note non pretendono di approfondire l’argomento, che è esteso e complesso, ma solo di dare qualche informazione generale.

Tre piccole citazioni possono essere utili, credo, a inquadrare l’argomento.

Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.

Lao Ze, "La via del Tao e della Virtù", V secolo A.C.


Nell’età post-industriale la "finitezza" di sempre, che ci opprimeva e ci imponeva la sua legge, si infrange. A portata degli uomini si trova finalmente la risorsa infinita, l’unica: l’informazione, la conoscenza, l’intelligenza.

Jean-Jacques Servan-Schreiber, "Le Defi Mondial", 1980


High tech – high touch è la formula che uso per descrivere il modo in cui rispondiamo alla tecnologia. Ogni volta che una nuova tecnologia viene introdotta nella società, ci deve essere il contrappeso di una spina umana che ristabilisce l’equilibrio – cioè high touch – se no la tecnologia viene respinta. Più c’è high tech, più occorre high touch.

John Naisbitt, "Megatrends", 1982


1 – Che cos’è l’internet

2 – Come si è sviluppata

3 – Come funziona

4 – A che cosa serve

5 – Quanto costa

6 – WWW: la tela

7 – Non dimentichiamo i BBS

8 – Che cosa vuol dire "interattività"


1. Che cos’è l’internet

Le reti "telematiche" esistono da più di vent’anni. Ma il fenomeno di cui si parla oggi, genericamente definito "internet", nella forma in cui lo conosciamo è nato in Italia nel 1994; e nel resto del mondo non molto prima (vedi il prossimo punto per una breve storia della rete).

Qualcuno immagina che ci sia una struttura omogenea, una singola rete, chiamata "internet". Ma non è così. Le reti sono decine di migliaia, ognuna completamente autonoma.

Un lettore attento potrebbe chiedermi: se Internet non è un’unica rete, perché la chiami "la rete"? Mi rendo conto dell’apparente contraddizione, ma è abitudine diffusa chiamarla, famigliarmente, the Net, o "la rete". Perché in pratica si comporta come se fosse una rete unica; e di fatto è un unico sistema seamless, continuo e intercomunicante. Ma mi sembra importante capire che questo sistema è policentrico, non ha un "governo" centrale; non solo ogni rete, ma ogni operatore è libero e indipendente. Uno dei temi più contestati, e di non facile soluzione, è quali limiti o condizioni possa o debba porre ai suoi utenti un provider (che sia un ISP, cioè un "venditore" di connessione, oppure un’università o un’impresa pubblica o privata

L’internet è un sistema che permette a diverse reti di collegarsi fra loro, in modo che chi è collegato a una delle reti può comunicare con chiunque sia collegato a una qualsiasi delle altre. In pratica dà a chi si collega la percezione di muoversi in un singolo sistema globale; e il servizio che dà è proprio come se lo fosse.

Oggi, in pratica, l’internet è un sistema che permette di collegarsi con qualsiasi persona, organizzazione o "sito" che abbia un indirizzo su una delle tante reti connesse; e così facendo svolgere una delle tante attività diverse consentite non solo dalla tecnologia, ma soprattutto dai servizi che vengono messi a disposizione.

Non tutte le reti del mondo sono collegate all’internet (e tantomeno tutti i computer); ma chiunque voglia farlo si può collegare al sistema.

Soprattutto, questo sistema permette a ognuno di noi di trasmettere informazioni, idee e opinioni; non solo di riceverle. Siamo tutti, contemporaneamente, spettatori e protagonisti: il sistema ci permette di essere davvero, e totalmente, interattivi.

Il sistema funziona su scala planetaria; non ha sede geografica, né confini. Si suddivide in comunità che non dipendono dal luogo fisico ma sono definite, per aree di interesse e di argomento e per la natura dello scambio, dalla libera scelta di tutti coloro che usano il sistema.

 

2. Come si è sviluppata l’internet

Sono passati quasi trent’anni dalle origini della rete. La prima base, da cui deriva ciò che oggi chiamiamo internet, nacque nel 1969 negli Stati Uniti per opera di scienziati e tecnici che lavoravano per l’ARPA (Advanced Research Project Agency) del Ministero della Difesa degli Stati Uniti. Fin dall’inizio era chiaro che le finalità del progetto non erano solo militari. Si costruì un sistema di comunicazione che potesse sopravvivere non solo nel caso di catastrofi ma anche nei momenti di inefficienza, per temporaneo guasto o manutenzione (che erano frequenti nei sistemi informatici del tempo, basati non su reti, ma su singole complesse macchine). Si chiamava ARPA-net. All’inizio connetteva pochi grossi calcolatori.

Fin dall’inizio erano coinvolte alcune grosse strutture universitarie, che presto si impadronirono del sistema e lo misero al servizio della comunità scientifica. La National Science Foundation costituì una rete chiamata NSF-net, che prese il sopravvento e alla fine degli anni ’80 incorporò ARPA-net (che fu abbandonata dai militari e scomparve, ormai dimenticata da tutti, nel 1990). Erano nate altre reti, come UseNet, HepNet e BitNet; ma gli utenti delle varie reti volevano comunicare fra loro, e così le reti si collegarono, usando il protocollo TCP/IP, che divenne lo standard comune nel 1983.

Così era nata quella che poi prese il nome di inter-rete, cioè internet.

Il numero dei calcolatori connessi cresceva continuamente. Nel 1981 erano connessi 213 grossi calcolatori. Nel 1991 erano 376.000 computer; l’anno dopo, il doppio, e così via. Si stima che oggi siano più di sei milioni. A questi computer connessi alla rete si collegano a loro volta i singoli computer, o le reti interne, degli utenti, che nel mondo sono decine di milioni.

Le prime connessioni universitarie italiane on la rete internazionale (che ancora non si chiamava internet) furono stabiliti con ButNet e HepNet nel 1982; il primo collegamento internet fu quello del Cnuce a Pisa nel 1982. Nel mondo scientifico e universitario, all’inizio la presenza in rete fu dominata dalle facoltà di fisica; arrivarono più tardi i dipartimenti di scienza dell’informazione.

Fino a pochi anni fa, il sistema internet era usato quasi solo da alcuni grandi enti pubblici e da alcune facoltà universitarie, specialmente nel campo della fisica. Erano pochi i "privati" che avevano un accesso in rete; la comunicazione fra le non molte persone collegate avveniva in buona parte con un altro sistema, l’echomail, gestito volontariamente dai BBS collegati a FidoNet o a altre reti che usano la cosiddetta "tecnologia fido", diffusa nel mondo, e anche in Italia, dall’inizio degli anni ’80.

Solo a partire dal 1994 si è diffusa la disponibilità di accessi internet "per tutti"; e su questa base si è sovrapposta quasi subito una nuova tecnologia, quella della World Wide Web   – tanto è vero che oggi molti credono che sia quello l’unico volto della rete.

 

3. Come funziona

La struttura del sistema è tale che la sede fisica del "sito" con cui ci si collega è irrilevante: in pratica non c’è alcuna differenza, né funzionale, né di costo, fra collegarsi con un "sito" (o un utente) a pochi metri di distanza o all’altro capo del pianeta. È anche costruito in modo che non si sia un singolo percorso da un punto all’altro del sistema, ma che fra i nodi ci siano molti diversi percorsi possibili e il sistema possa scegliere, secondo la situazione, la strada più adatta.

reti

Sistema                  Sistema                       Rete
centralizzato         decentralizzato            distribuita

Questa rappresentazione grafica è tratta dall’interessante libro di Katie Hafner e Matthew Lyon Where Wizards Stay Up Late – The Origins of the Internet (Simon & Shuster, 1996).


In un sistema centralizzato, tutti i segnali passano da un unico punti. In un sistema decentralizzato, un punto "vicino" può essere raggiunto attraverso un nodo periferico, ma un punto "remoto" può essere raggiunto solo passando dal centro (evidentemente da "distanza" non è determinata tanto dallo spazio fisico quanto dalla struttura del sistema). In una rete distribuita, l’informazione può percorrere molte strade diverse e scegliere in ogni momento il percorso più adatto per arrivare a destinazione, indipendentemente dalla distanza. Questo è il modello su cui è costruita la struttura dell’internet.

Le trasmissioni via internet avvengono con un sistema "a pacchetti" per cui ogni messaggio viene scomposto in parti che viaggiano separatamente e vengono ricomposte all’arrivo.

Una tecnologia chiamata TCP/IP (Transmission Control Protocol - Internet Protocol) permette a tutti i sistemi connessi di interagire fra loro, senza una "gerarchia" rigida: cioè ogni "nodo" connesso può raggiungerne un altro scegliendo percorsi diversi secondo la situazione. Nel caso che un nesso intermedio non sia accessibile in quel momento, la comunicazione arriverà per un’altra via all’indirizzo stabilito (questa flessibilità rende il sistema più simile a una macchina analogica, come il cervello umano, che a un computer). Esiste una gerarchia internazionale di organizzazioni il cui compito è definire i domain internet, cioè il sistema su cui si basano gli indirizzi; ma non gestire le reti (che, come abbiamo detto, sono completamente autonome e indipendenti).

Gli scambi all’interno del sistema sono sostanzialmente gratuiti, perché basati sulla reciprocità: ogni "nodo" collegato dà e riceve servizio. Questo sistema ha permesso alla rete di sopravvivere e crescere anche dopo la fine dei finanziamenti pubblici su cui si era originalmente basata la cosiddetta backbone ("spina dorsale") americana e dalle reti universitarie che ne sono state, fino a qualche anno fa, la struttura portante. Possono essere a pagamento le due estremità del sistema: il collegamento fra l’utente e il "nodo" di cui si serve (Internet Service Provider); e, al polo opposto, il servizio offerto da qualcuno sul "sito" con cui ci colleghiamo (anche se in pratica, una volta ottenuto l’accesso alla rete tramite un provider o un’organizzazione di cui si fa parte, quasi tutti i siti cui vogliamo accedere sono gratuiti). Ma la struttura della rete, in quanto tale, è basata su scambi gratuiti di reciproco servizio.

C’è un limite tecnico allo sviluppo della rete, perché la potenzialità quantitativa del "protocollo" TCP/IP, anche se enormemente grande rispetto alle esigenze che si potevano immaginare vent’anni fa, non è infinita. Si stanno elaborando le soluzioni tecniche necessarie per superare il limite. Non so quale sarà la soluzione definitiva (il problema non è tanto definire la tecnologia, quanto farla condividere a milioni di impianti tecnici in tutto il mondo) ma ormai gli interessi in gioco, culturali, organizzativi, strutturali ed economici sono tali che sicuramente si troverà.

La struttura fisica della rete è ancora basata in larga misura sui cavi. Questo utilizzo continuerà, ma (come nella telefonia) ci sarà molto probabilmente una forte crescita delle comunicazioni "via etere", soprattutto con l’uso dei satelliti. La connessione dei singoli utenti rimarrà prevalentemente basata sui cavi telefonici, ma già oggi è possibile trasmettere dati con connessioni wireless, per esempio con la telefonia cellulare.

 

4. A che cosa serve

Ci sono infiniti modi di usare l’internet, che si possono raggruppare in tre categorie.

 

  • La ricerca di dati e informazioni

L’esplorazione di database, cioè la ricerca di notizie, informazioni e documentazione su un argomento che si desidera approfondire, è l’aspetto di cui più comunemente si parla, ma non è l’unica funzione dell’internet. Il metodo più diffuso, e oggi anche il più pratico, per questo utilizzo è la World Wide Web #heading6 (ma è importante sapere che non è l’unico). Naturalmente la definizione abituale di "banca dati" è impropria; sulla rete non si trovano solo "dati" ma informazioni di ogni genere e su ogni argomento, commenti, opinioni, eccetera. C’è anche una certa abbondanza di satira e di umorismo. Insomma è come accedere direttamente, e senza muoversi da casa o dall’ufficio, a un’immensa biblioteca mondiale.

La ricerca può avvenire in tre modi.

1. Possiamo già conoscere l’indirizzo (perché qualcuno ce l’ha segnalato, perché l’abbiamo letto su un giornale, una rivista o un catalogo, eccetera). Spesso possiamo trovare una segnalazione di "siti" interessanti nei nostri scambi di corrispondenza personale o nella nostra partecipazione a gruppi di dialogo e discussione in rete.

2 - Possiamo usare i link, cioè le connessioni che molti siti offrono ad altri di argomento analogo (o che, per qualsiasi motivo, il gestore del sito o l’autore di un testo considera interessanti). Il link ci permette di passare direttamente al nuovo sito quasi senza accorgercene: la nuova connessione si presenta come se fosse una pagina di quella dove eravamo.

3. Possiamo usare uno dei molti repertori o "motori di ricerca" (search engine) cioè servizi che permettono una ricerca per argomento e ci forniscono gli indirizzi (e i link) ai "siti" dove quell’argomento è trattato.

Oltre a cercare dati e informazioni, è possibile anche prelevare programmi. C’è una grande abbondanza di software disponibile (sia su BBS locali, sia tramite internet) che in parte è freeware, cioè totalmente gratuita, in parte è shareware, cioè può essere usata per un "periodo di prova" dopo il quale chi ne è proprietario richiede un pagamento, di solito di modesta entità. Questo permette non solo un notevole risparmio, ma anche spesso l’uso di software meno ingombrante, più funzionale e più adatto alle nostre esigenze.

 

  • La "posta elettronica"

L’uso fondamentale dell’internet (prima ancora della ricerca di dati e informazioni) è la "posta elettronica" o e-mail. Oltre a offrire una serie di vantaggi pratici, cosa molto meno di qualsiasi altro mezzo di comunicazione: non solo del telefono o del fax, ma anche della posta ordinaria. Con uno o due minuti di collegamento telefonico urbano possiamo spedire e ricevere decine o centinaia di messaggi, da e per qualsiasi destinazione in tutto il mondo. Lo stesso messaggio può essere mandato contemporaneamente a quanto indirizzi vogliamo.

Un altro vantaggio importante dell’e-mail è che non ha orario; possiamo scrivere quando vogliamo, senza disturbare come faremmo con il telefono; la persona cui scriviamo leggerà se e quando vuole e ci risponderà nel momento che riterrà più opportuno. (Uno degli errori in cui si cade facilmente in rete è aspettarci sempre una risposta immediata. È vero che il nostro messaggio, se non trova qualche intoppo nella rete, arriverà quasi subito nella "casella postale" del destinatario; ma non è detto che quella persona legga subito la posta, né che abbia sempre il tempo di rispondere).

 

  • La partecipazione a dialoghi "collettivi"

L’e-mail non serve solo per scambiare corrispondenza, ma anche per accedere (e partecipare) a qualcuna delle numerosissime aree di dialogo e scambio di informazioni (forum, o mailing list) su una grandissima varietà di argomenti. Ne esistono molte "locali" (cioè su singoli provider o BBS) e decine di migliaia sull’internet. Con una tecnica leggermente diversa, è possibile partecipare anche a quali e quanti vogliamo dei ventimila gruppi di discussione (newsgroup) di Usenet (fra cui parecchi in italiano).

Sono possibili anche collegamenti "sincroni". Cioè dialoghi "in tempo reale" con altre persone, sia su singoli servizi o BBS, sia sull’internet: le cosiddette chat, o chiacchiere. A differenza dei collegamenti "asincroni", naturalmente questi sistemi richiedono collegamenti lunghi; se si passa molto tempo in chat le bollette telefoniche possono riservarci qualche sorpresa.

Quasi tutti i sistemi di chat permettono di accedere a diverse "stanze" per fare conversazione con persone diverse, e ognuno può aprire la sua come e quando vuole. Naturalmente questi sistemi possono essere usati anche come "riunioni a distanza" per motivi di studio o di lavoro.

Il sistema IRC (Internet Relay Chat) comprende migliaia di "stanze" (chiamate channel) in tante lingue diverse, fra cui spesso parecchie in italiano. In IRC (come in alcuni altre chat) è diffusa l’abitudine di assumere pseudonimi (che in IRC si chiamano nickname ma comunemente nella rete sono definiti alias) e quindi incarnare personalità che si possono inventare come meglio ci piace. In questi "salotti" si possono fare conversazioni serie, ma spesso si scherza.

Esistono anche centinaia di MUD (Multi-User Domain; o Multi-User Dungeon, dai tempi in cui era di moda un vecchio gioco, Dungeons and Dragons) e cose analoghe chiamate MUSE (Multi-User Simulated Environment), MOO (Mud, Object Oriented) o addirittura MUSH (Multi-User Shared Hallucination). Sono ambienti di gioco e immaginazione in cui persone diverse si incontrano in spazi immaginari, spesso fantastici o fantascientifici, e con identità che costruiscono come meglio credono. Per alcuni non è solo un gioco, ma quasi una seconda realtà, un "mondo" in cui possono muoversi con identità diverse. Ci sono anche molte altre possibilità di gioco interattivo, dai tornai di scacchi a ogni sorta di giochi di gruppo.

Tutti i sistemi di conversazione, siano "sincroni" come i chat o "asincroni" come forum e conferenze, possono essere aperti o chiusi: cioè disponibili a tutti coloro che vogliono partecipare, oppure riservati solo alle persone "invitate". Per esempio chiunque può aprire una "stanza" in un chat e decidere se la vuole "aperta" (cioè visibile e accessibile a tutti) o "chiusa" (cioè solo per invito). Inoltre nelle chat (come, ovviamente, nelle liste e gruppi di discussione) è possibile decidere se si desidera dialogare con tutti oppure privatamente con uno dei partecipanti.

Stanno cominciando a diffondersi software che permettono di collegarsi "a voce" via internet. Questo significa che si può avere una conversazione a grande distanza (e contemporaneamente anche scrivere e trasferire dati) con un collegamento in tariffa urbana. (In teoria questo è possibile anche in video, ma per motivi tecnici, compreso il notevole "carico di banda", questo finora è possibile solo in sistemi dotati di linee di comunicazione "pesanti" e spesso anche in quel caso il funzionamento è di scarsa qualità).

 

  • E in più... avere un proprio "sito"

Specialmente dopo la nascita della World Wide Web, è diventato facile per tutti proporsi con un proprio "sito" sulla rete. Anche prima, chiunque avesse un computer e un modem poteva organizzare un piccolo BBS; ma l’impegno e la fatica personale erano molto maggiori. Le tecnologie web sono di facile uso; i costi sono molto limitati. Molti provider offrono ai loro utenti la possibilità di collocare una propria "vetrina" sulla rete (la cosiddetta home page).

Se da un lato questo rende ancora più interattivo tutto il sistema, dall’altro incoraggia una moltiplicazione di "siti" e di pagine che spesso non hanno altro motivo di esistere se non il privato divertimento di chi li crea, e anche quel tocco di esibizionismo che si annida in molte persone.

 

Che cosa occorre avere

Molti possono accedere a internet quasi "senza saperlo", se sono già collegati a una rete (per esempio una intranet aziendale) che a sua volta è connessa al sistema. Chi ha già una connessione personale all’internet può tranquillamente "saltare" questo capitolo; ma per chi non ce l’ha ancora ecco alcune informazioni di base.

Per chi vuole connettersi individualmente alla rete occorrono cinque cose:

1. Un computer.

2. Un software di comunicazione.

3. Una linea telefonica (non è necessaria una linea ad hoc, basta usare quella che si ha).

4. Un modem, che collega il computer alla linea telefonica (o uno strumento equivalente).

5. L’acquisto da un provider del servizio di connessione all’internet.

In sostanza un ISP (Internet Service Provider) acquista da un fornitore (generalmente la compagnia telefonica) un collegamento, di dimensioni e velocità adeguate al numero di utenti che intende servire; predispone le macchine e il software necessari per connettersi all’internet (oppure, per dare un servizio locale, si appoggia su un provider più grande, con cui stabilisce una connessione); e vende "al dettaglio" agli utenti il servizio di connessione alla rete. In Italia ce ne sono più di cento; ormai c’è un provider disponibile in quasi tutte le aree telefoniche; quasi tutti forniscono, oltre alla connessione, anche propri servizi, cioè funzionano anche come BBS.

Naturalmente occorre scegliere un provider nella nostra area telefonica, per poter operare in tariffa urbana. Per chi viaggia spesso è meglio scegliere un provider che abbia una rete estesa; ma esistono servizi, come Itapac o Sprint, che permettono collegamenti a distanza con costi minori delle tariffe telefoniche interurbane; e dovunque nel mondo troviamo un amico, collega o sede di lavoro che abbia un collegamento locale possiamo, usando telnet, collegarci al nostro provider senza alcuna spesa.

Tutte queste funzioni si evolvono continuamente, cominciando dal concetto stesso di computer. Esistono e esisteranno vari tipi di apparecchi. Per esempio un anno fa si parlava molto dei cosiddetti network computer, o web PC, cioè piccoli "terminali" che per funzionare si servono di risorse residenti presso il provider. È probabile che queste macchine possano essere utili negli intranet, cioè le reti aziendali; ma nel caso di internet sono piuttosto scettico, sia per i rischi che derivano dall’essere assoggettati un programma gestito dal fornitore, sia perché questi apparecchi non sono in grado di svolgere altre funzioni, mentre è molto probabile che ognuno di noi possa trovare qualche altro utilizzo interessante fra i moltissimi che un computer permette. L’idea, finora, non si è affermata quanto speravano i suoi inventori. Potrebbe anche ritornare di moda; ma non mi sembra il percorso più affidabile per un solido e durevole allargamento di utilizzo della rete. Per motivi in parte analoghi, sono altrettanto scettico sui possibili abbinamenti fra l’accesso alla rete e la televisione digitale, almeno fino a quando non sarà avvenuta una rivoluzione sostanziale dei servizi e dei comportamenti che non penso si possa realizzare in pochi anni e che potrebbe avere percorsi del tutto diversi da quelli che possiamo immaginare oggi. Fra i tanti scenari possibili, mi piace pensare a una situazione in cui quasi dovunque si possa accedere a un computer, e si possa viaggiare portando in tasca solo una piccola scheda che contiene tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Anche in questo caso le tecnologie sono già disponibili, ciò che manca sono le strutture di servizio.

Per quanto riguarda il software di comunicazione, esistono molti prodotti diversi, di cui alcuni sono i programmi specifici forniti dai singoli provider per collegarsi al loro sistema; altri servono per la gestione della posta; altri ancora, i cosiddetti browser servono per la navigazione web (il più diffuso è Netscape ma ce ne sono molti altri; non è "obbligatorio" usare l’Explorer della Microsoft, come pensano molti che lo trovano già installato nel sistema operativo del loro computer). Anche in questo campo l’evoluzione è continua; oggi è possibile, con un unico programma, svolgere tutte queste funzioni (anche se non è detto che sia questa la soluzione migliore).

Tutte le tecnologie, presto o tardi, potranno essere superate. Per esempio con la telefonia digitale non si usa più un modem, ma una "scheda dati". L’importante è capire che la sostanza del fenomeno non sta nelle tecnologie, in continua e spesso confusa evoluzione, ma nel comportamento delle persone.

 

5. Quanto costa

Molti, ancora oggi, sembrano preoccuparsi della spesa necessaria per collegarsi. In realtà, il costo è molto limitato. L’investimento per chi ha già un computer è solo l’acquisto di un modem; oggi si trovano buoni modem a meno di 300 mila lire. Il software necessario per collegarsi viene spesso distribuito dai fornitori di connessione; o può essere facilmente trovato in rete. Per chi non ha un computer... i prezzi sono in continua discesa; non occorre, per accedere alla rete, una macchina particolarmente potente.

È importante sapere che per collegarsi alla rete non occorrono computer complessi e costosi. Ci sono software facilmente reperibili che permettono di usare tutte le funzioni della rete anche con un computer di quattro o cinque anni fa: una di quelle macchine che oggi molti buttano via, o lasciano inutilizzate, o si possono trovare sul mercato dell’usato a prezzi sempre più bassi.

Per chi volesse connettersi solo con altre persone che hanno un modem, o con servizi locali, come BBS o "reti civiche", non ci sarebbe alcun costo, se non gli "scatti" della tariffa telefonica urbana (il software di accesso è fornito dal BBS o dalla rete locale; in generale questi servizi sono gratuiti; alcuni sono a pagamento, ma spesso in questo caso forniscono anche il collegamento internet). Ma in pratica oggi nessuno acquista un modem senza avere il desiderio di collegarsi anche all’internet.

Come abbiamo visto  per accedere all’internet occorre acquistare il servizio di un "provider". Si trovano offerte di collegamento sotto alle 100 mila lire all’anno, ma per un accesso individuale "completo" all’internet il costo di solito è più alto: può variare, secondo il provider scelto, fra le 200 e le 400 mila lire annue. Per le aziende i prezzi sono più alti. Comunque, basta un uso accorto della posta elettronica invece del telefono o del fax (specialmente se "interurbani") per risparmiare più di quello che costa la connessione.

Il costo della connessione telefonica è più o meno pesante secondo l’uso che si fa del servizio. Se si usa la "posta elettronica" (che permette anche di partecipare a conferenze, forum eccetera) il costo è trascurabile, perché si può scrivere e leggere off-line (cioè mentre non si è collegati) e fare collegamenti di uno o due minuti.

Ogni messaggio può essere inviato contemporaneamente a quanti destinatari vogliamo, in qualsiasi luogo si trovino; in un solo collegamento è possibile mandare e ricevere centinaia di messaggi. In pratica costa enormemente meno dell’uso del telefono o del fax; per chi manda, in media, più un messaggio in una settimana, costa meno che spedire una lettera o una cartolina per posta.

Nella maggior parte dei casi le informazioni e i servizi offerti in rete sono gratuiti. Nel caso di servizi a pagamento, l’accesso è riservato a chi accetta di pagare direttamente il fornitore del servizio, dovunque si trovi: per esempio l’accesso ad alcune "banche dati" può essere a pagamento, così come l’assistenza tecnica può essere riservata a chi ha acquistato un prodotto o un servizio.

 

6. La tela (World Wide Web)

Una profonda rivoluzione nella rete è stata portata nel 1994 (in Italia, un anno dopo) da una nuova tecnologia, basata sul protocollo HTTP (Hyper-Text Transfer Protocol) e sul linguaggio "ipertestuale" HTML (Hyper-Text Markup Language), chiamata World Wide Web, o www, o the Web, la ragnatela. Questa tecnologia era stata concepita nel 1990 da Tim Berners-Lee del CERN di Ginevra (il laboratorio europeo per la fisica delle particelle) come un sistema più efficiente di comunicazione per la comunità scientifica. Ma pochi anni dopo ebbe una diffusione che nessuno, compreso il suo inventore, aveva immaginato.

Tale è stato il successo di questa innovazione che oggi sembra essere "solo quello" il volto dell’internet. Molti nuovi utenti non conoscono la rete se non attraverso un browser (il primo fu Mosaic, oggi il più noto è Netscape) con cui si accede ai "siti" www, che ormai sono centinaia di migliaia. Nulla di male, perché la tecnologia è solida, l’interfaccia è di facile uso, i browser si arricchiscono di nuove funzioni, e con un po’ di attenzione si scopre che è possibile accedere, anche per quella via, a tutti i sistemi e servizi connessi all’internet. Ma... ci sono due problemi.

Il primo è che se non si guarda oltre la "facciata" si può credere che "essere in rete" voglia dire solo andare in giro a guardare "siti web", per vedere immagini, raccogliere informazioni, prelevare testi o software. Con tanti saluti all’interattività.

Il secondo è che il sovraccarico di immagini, che affligge buona parte dei "siti web", produce "intasamenti" e rallentamenti nella rete. Di qui la snervante attesa di aspettare minuti prima che una sospirata pagina si completi sul nostro monitor. Conosco non poche persone che, avuta questa come prima e unica esperienza della rete, hanno rinunciato completamente a collegarsi.

Sono, naturalmente, solo "fasi di crescita". Se quattro anni fa non sapevamo che ci sarebbe stata una cosa chiamata web, o se ne vedevano solo i primi accenni, tante cose ancora potranno cambiare. Quando la telefonia sarà tutta digitale, diventerà obsoleto il modulatore-demodulatore, o "modem", che usiamo oggi. Forse anche le tecnologie su cui si basa l’internet un giorno saranno sostituite da qualcosa di diverso. Forse un giorno non ci saranno più tariffe interurbane, né intercontinentali, e con una "scheda dati" in un telefono tascabile in mezzo al Sahara potremo collegarci direttamente con Pechino.

Ma (come non mi stancherò mai di dire) le tecnologie passano, l’umanità resta. Ciò che conta è quel sistema di relazioni e scambi fra persone, che oggi ancora riguarda ancora una piccola minoranza ma un giorno sarà comune quanto il telefono; e che crea una nuova realtà nel sistema delle comunicazioni umane.

 

7. Non dimentichiamo i BBS

I "BBS" (Bulletin Board System) sono singoli "nodi" telematici, spesso collegati fra loro in piccole o grandi reti, di dimensioni che variano dal piccolissimo (talvolta una singola persona, che magari "apre" il suo BBS solo per qualche ora alla sera e solo per pochi amici) all’enorme (come Compuserve o America On Line, che hanno milioni di utenti). Variano moltissimo per personalità e natura, da quelli strettamente tecnici, che sono "biblioteche" di software e luoghi di dialogo sulle tecnologie, a quelli di scambio e di opinione, a quelli prevalentemente di gioco, o a quelli dedicati a specifici argomenti scientifici e professionali. Molti sono un misto di queste cose, e non pochi oggi hanno una doppia natura: cioè sono al tempo stesso BBS, con un più o meno ricco scambio interno, e fornitori di accesso alla rete. Negli Stati Uniti il numero di BBS continua ad aumentare. Si stima che ce ne siano 100 mila; duemila in Italia.

Nella grande moda e nel gran vociare confuso sull’internet, sembra che i BBS siano "caduti nel dimenticatoio". Questo è uno dei tanti errori che si stanno commettendo. Sono convinto che i BBS rimarranno un elemento importante e insostituibile nella nuova realtà della comunicazione. Consiglio a chi vuol far pratica della rete di frequentarne qualcuno. Spesso sono molto interessanti, e sono la migliore scuola per fare un po’ di cabotaggio prima di "prendere il largo". Ci sono anche le Community Network, che hanno finalità di servizio pubblico e sociale. In Italia molte di queste si chiamano "reti civiche": alcune organizzate dai Comuni, altre indipendenti. Purtroppo il panorama delle "reti civiche" in Italia è confuso, con molte iniziative "cosmetiche" di scarso contenuto, e altre che sono in realtà attività commerciali "travestite" da servizi pubblici. Ma esistono strutture valide e serie, come per esempio la Rete Civica di Milano (che è appoggiata alle risorse dell’Università degli Studi). Oltre a strutture come queste, la cui radice è nel territorio, ci sono anche reti nazionali dedicate a un particolare impegno politico e civile, come per esempio Peacelink.

Il mondo dei BBS è troppo vasto, complesso e mutevole per poterlo descrivere qui. Ma l’importante è capire che non esiste "una internet" ma una grande molteplicità di strutture diverse, fra cui molte con una forte identità propria. Per fare un solo esempio, la già citata Rete Civica di Milano, oltre ai servizi informativi messi a disposizione da associazioni ed enti pubblici, benché esista solo da tre anni conta più di 900 "conferenze".

La definizione di BBS può essere ambigua. Ci sono molte strutture, anche nuove, che non usano la tecnologia classica dei BBS tradizionali, ma si basano su sistemi internet o si presentano come "siti web", e tuttavia nella sostanza sono BBS: cioè comunità, sistemi di incontro e di scambio, su scala locale oppure senza specifiche radici geografiche ma come punto di riferimento per chi è interessato a un tema specifico – o anche semplicemente come luogo di incontro fra un gruppo di amici. In parte la vita di un BBS può somigliare a quella di un bar, di un’osteria o di una "bocciofila"; secondo me sarebbe sbagliato considerare queste attività come secondarie e marginali. Ogni occasione di incontro e di scambio, anche quando sembra "futile", è un momento vivo della cultura umana.

Insomma non dobbiamo pensare alla rete come un generico, indistinto e smisurato "villaggio globale", ma un sistema complesso e ricco di diversità, con tante "piazze", tante "agorà", tanti spazi di dialogo e di incontro.

 

8. Che cosa vuol dire "interattività"?

Per capire meglio tutto ciò che riguarda la rete mi sembra indispensabile chiarire bene il senso di una parola:

"Interattività"

La sentiamo e la leggiamo usata in tanti modi diversi. Perdonatemi questa pignoleria "socratica", ma se non si stabilisce bene il senso delle parole si rischia di non capirsi; e su questo argomento la confusione abbonda. È uno solo il significato di "interattività" nel mondo di cui parliamo qui, sulla "frontiera elettronica", sulla cresta della "quarta ondata".

Sentiamo dire che un’interfaccia è "interattiva" perché se diamo un certo comando, o premiamo un certo pulsante, esegue un ordine; o perché se scegliamo, una domanda, in una serie già predisposta, ci dà la risposta precostituita. E magari se sbagliamo, o diamo un comando non previsto, emette un segnale acustico e ci dice "No! questo non si può fare". Sarebbe come dire che è "interattiva" una macchinetta per la distribuzione del caffè che ci permette di sceglierlo dolce o amaro, con o senza latte; o la spia della pressione dell’olio sul cruscotto della nostra automobile.

Sentiamo dire che un cd-rom è "interattivo" perché ci permette di scegliere che cosa vogliamo leggere o vedere, e in risposta a certi nostri comportamenti può emettere suoni o parole standardizzate. A questa stregua, è interattivo anche un juke-box, o una bambola che dice "mamma" quando le schiacciamo il pancino.

Posso ammettere che un’enciclopedia su cd-rom posa essere definita "ipertestuale": il neologismo è un po’ comico, ma almeno è preciso. Non so che senso abbia definirla "interattiva".

Sentiamo dire che un gioco è "interattivo" perché segue una sua logica precostituita e non ci fa "vincere" se non siamo abbastanza abili, veloci o ragionanti per capire dove sono le trappole o gli indovinelli; o perché alle nostre "mosse" contrappone le sue risposte, secondo le regole stabilite da chi ha scritto il programma. Per quanto raffinato, complesso, ingegnoso e divertente possa essere il gioco, non è più interattivo di un giocattolo elettrico che accende una lucina, o emette un suono di approvazione, quando il bambino sceglie la risposta giusta; e invece grugnisce se la risposta è sbagliata.

Di questo passo, si potrebbe definire "interattivo" un biglietto della lotteria "gratta e vinci".

Cerchiamo di semplificare: se ciò con cui "interagiamo" è una macchina, o un programma automatico, e non una persona, non si tratta di "interattività" nel senso più importante della parola.

Ci sono anche situazioni umane, per esempio trasmissioni televisive, che si definiscono "interattive", perché il pubblico può rispondere facendo un certo numero di telefono, e "votare"; o perché arrivano direttamente al conduttore, in diretta, le telefonate dei telespettatori. Come ho già detto, questa è interattività "finta". Perché qualcuno, unilateralmente, stabilisce le regole, definisce i criteri, governa il dialogo come vuole; e tutti gli altri non possono far altro che muoversi all’interno di piccoli spazi ben definiti. E non cambierà affatto la situazione se un giorno, invece di usare il telefono, lo spettatore potrà premere un pulsante.

Se e quando ci saranno 500 canali, video on demand, collegamenti con giornali, riviste, biblioteche, cineteche e gallerie di negozi online attraverso un televisore digitale, eccetera... lo spettatore (se lo vorrà) avrà più potere, perché avrà più libertà di scelta. Ma non ci raccontino favole: non sarà una situazione "interattiva". Se no dovremmo chiamare "interattivo" il telecomando, o il dito che volta la pagina di un giornale, o la mano che sceglie negli scaffali di una libreria o di un supermercato.

Tale è la confusione nell’uso di questo termine che c’è chi commette l’errore contrario: in alcuni studi americani (e anche italiani) viene definito "non interattivo" lo scambio di opinioni quando non avviene in tempo reale.

"Interattività", secondo me, significa una cosa molto precisa. Un dialogo ad armi pari, in cui nessuno ha privilegi, in cui tutti hanno la stessa "quota di voce" e lo stesso diritto di parola. Al di là di ogni dibattuto terminologico, che potrebbe anche essere pedante e inutile, ciò che conta è la sostanza. L’interattività umana è il terreno su cui deve imparare a muoversi chi vuol fare comunicazione nella rete, che non sia solo una "brutta copia" di metodi è meglio riservare a quei mezzi per cui sono nati. Ed è il valore che ognuno di noi dovrebbe cercare nella rete e nelle reti, perché ciò di cui oggi possiamo disporre non è solo un’immensa riserva di dati e di informazioni, ma anche una straordinaria occasione di incontro fra persone.

 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  dicembre 1997
 

Home Page Gandalf
home