Offline Riflessioni a modem spento

La coltivazione dell’internet

ottobre 1999

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  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
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Da tre o quattro anni mi girano per la testa tre concetti, simili e collegati fra loro. Le tendenze più forti nella rete sono cose nuove con radici antiche. L’internet è un sistema biologico. E la "nuova economia" somiglia più all'agricoltura che all’industria. Fino a qualche tempo fa credevo che fossero, almeno in parte, idee "originali". Ma nihil sub sole novum, come dice l'Ecclesiaste. Non mi dispiace, anzi mi conforta, scoprire sempre più spesso che gli stessi concetti sono stati sviluppati da altri.

John Perry Barlow (noto filosofo della rete fin dalle sue origini) scriveva su Wired nel 1998 che per capire la nuova economia è meglio pensare secondo i criteri dell’agricoltura.

La mia convinzione – radicata in un personale balzo dal 19° al 21° secolo – è che le abitudini mentali dell'agricoltura sono molto più adatte per capire le qualità essenzialmente biologiche dell’economia dell'informazione di quanto possano esserlo i vizi meccanicistici della visione industriale del mondo.

Un pensiero analogo fu espresso da Thomas Malone (che dirige il centro di coordinamento scientifico del Mit) in un’intervista del luglio 1998.

Se crediamo che la gestione centralizzata, comando e controllo, dall'alto al basso, sarà sempre meno diffusa, che cosa la deve sostituire? Il concetto di coltivazione.

Kevin Kelly in New rules for the new economy definisce le reti come sistemi biologici.

Ogni giorno abbiamo conferme della crescita biologica nei sistemi tecnologici. Questa è una caratteristica della network economy: la biologia ha messo radici nella tecnologia. E questo è uno dei motivi per cui le reti cambiano tutto.

Jerry McGovern in The Caring Economy (1999) dice che si ritorna all’agricoltura.

Potremmo dire che è un ciclo: siamo andati avanti per tornare, almeno in parte, a valori del passato – al modo di collaborare, di lavorare insieme, che avevamo imparato nella società dell'agricoltura. L’internet è una rete – un ambiente organico. Dobbiamo saperla coltivare.

Il 5 ottobre 1999, in un convegno a Milano, Arno Penzias ha parlato di società agricola nel mondo delle nuove tecnologie.

Seth Godin nel suo libro Permission Marketing (1999) definisce due tipi di marketer: il cacciatore e l'agricoltore.

Andare a caccia di clienti vuol dire caricare un fucile e sparare finché si colpisce qualcosa. Si può interrompere per un po’ di tempo e non ci vuol molto per ricominciare; qualcosa finisce nel carniere.
Coltivarli vuol dire seminare, piantare, mondare, innaffiare e nutrire. Se si abbandona il compito per un mese si può perdere tutto il raccolto. È molto più prevedibile, ma richiede impegno e attenzione continua. D'altro lato, la coltivazione è "scalabile"; più si impara, più si può seminare e raccogliere.

Se i ragionamenti sulla nuova economia fossero basati su qualcosa di totalmente sconosciuto e inesplorato, avrei qualche dubbio sulla loro realizzabilità pratica. Ma nessuna di queste cose è estranea alla natura umana. Si tratta di comportamenti che hanno radici antiche nella storia della nostra specie – e più in generale nel concetto di essere vivente. Lo scambio di servizi e attenzioni apparentemente "disinteressate" non solo non è nuovo, ma è un elemento indispensabile di qualsiasi società umana. Il concetto di comunità è antico quanto l’umanità. La struttura dell’ internet è più simile al funzionamento di un cervello biologico che alla logica sequenziale di un computer. Insomma capire la rete, e usarla bene, significa ritrovare le radici della natura umana.





girasole


La coltivazione dell’internet


Un libro con questo titolo è uscito nell’aprile 2000





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