L’audiweb è affondato.
Se ne riparlerà nel 2001?

Aggiornamento al capitolo 36 di La coltivazione dell’internet
e al numero 42 del Mercante in rete

Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it – 25 maggio 2000




Sono passati altri cinque mesi da quando, alla fine del 1999, si era constatato che dell’audiweb era incagliato. Ormai è chiaro che non si tratta di un ritardo o di un tempraneo insabbiamento. È affondato. Il progetto è fallito ed è stato chiuso. Una nuova aggregazione di associazioni, con un nuovo comitato organizzativo e un nuovo comitato tecnico, cercherà di rimetterlo in piedi; ma nella migliore delle ipotesi i primi risultati si vedranno nel 2001. Intanto una confusa e vorace congerie di entità di varia specie si sta avventando sul territorio, così rimasto sgombro, per cercare di occuparlo.

Un anno fa, l’audiweb (pensato "a immagine e somiglianza" di auditel, audipress eccetera) era stato solennemente presentato come lo strumento che, secondo i suoi promotori, doveva diventare l’unità di misura per l’attività delle imprese in rete. La diffusione dei primi risultati era prevista nel settembre 1999. Solo dopo molti mesi di lavoro ci si è accorti di un fatto evidente: che non era tecnicamente possibile, né operativamente utile, tentare di applicare all’internet i criteri di "misurazione" dei mezzi tradizionali.

Col senno di poi, oggi si dice: «Se ci sono voluti decenni per arrivare a standard condivisi per la stampa e la televisione, se non ci siamo ancora riusciti del tutto per la radio, se stiamo ancora tentando di farlo per l’affissione, come potevamo illuderci di arrivarci in un anno o due per l’internet?». Si è anche constatato (come non sarebbe stato difficile prevedere fin dall’inizio) che le soluzioni tecniche e metodologiche sono tutt’altro che semplici – e che è difficile conciliare e armonizzare controlli meccanicistici e verifiche demoscopiche in un sistema coerente e significativo.

Si tratta solo di problemi tecnici? No. Ormai è palese che (com’era prevedibile) l’affondamento è stato provocato anche da conflitti di interessi e dissensi fra le imprese del settore. Da un lato quelle che vogliono avere la "commessa" del servizio; dall’altro, e con competitività non meno intensa, quelle che vogliono usare i dati per "vendere pubblicità".

Pochi "venditori" avevano aderito all’audiweb. Forse quindici; probabilmente meno. Nell’autunno 1999 c’erano rilevazioni su un piccolo numero di operatori (quattro o cinque). Ma i dati non sono stati pubblicati. Dubbi sulla metodologia? Può darsi. Ma allora perché era stato proclamato in giugno (un anno fa) che tutti i problemi tecnici erano risolti? In realtà è più credibile che si trattasse di opposizione da parte di chi non era compreso in quel minuscolo gruppo – o di chi, conoscendo i risultati, non ha voluto che si rendessero pubblici. Per quanto inadeguato e imperfetto possa essere lo strumento, c’è inevitabilmente la preoccupazione che introduca un pizzico di trasparenza – poco gradito ai venditori di sortilegi, intrugli miracolosi o false mappe di improbabili tesori.

Alcuni grossi operatori avevano rifiutato di aderire. Uno (Kataweb) l’aveva detto pubblicamente; ma si è sempre rifiutato di spiegarne il motivo. Alcuni operatori internazionali (che da parecchi anni si arrampicano sui vetri per non dare dati analitici sulla frequentazione dei loro siti) si erano trincerati dietro la difficoltà di conciliare le analisi italiane con quelle svolte nel resto del mondo. Eccetera. Insomma (come sempre) i conflitti di interessi fra gli operatori sono lo scoglio più insidioso nella non facile navigazione di progetti di questa specie.

Intanto, naturalmente, tutti vanno avanti a cercare di vendere, ognuno usando e presentando i "dati" che più gli convengono. E continuano a moltiplicarsi i progetti "privati" di di vari operatori, oltre a quelli che altri stanno preparando – e all’imminente sbarco in Italia di alcuni datifici internazionali.

Insomma tutta l’operazione era partita da premesse sbagliate; e con la moltiplicazione di iniziative e di più o meno rapaci speculazioni stiamo andando di male in peggio. Solo fra un anno (forse) potremo capire se ci saranno le basi per uno standard condiviso – e se sarà credibile o utile. Ma intanto ha già fatto un danno abbastanza serio. Da fonti autorevoli è stato detto alle imprese che era meglio aspettare l’audiweb prima di agire seriamente in rete. Ci hanno creduto? Penso di no. Ma era una comoda scusa per rimandare, o per fare cose "cosmetiche" e inutili in attesa di capire se dietro a tutte le chiacchiere sull’internet ci fosse qualcosa di serio.

Naturalmente non è l’audiweb (né la proliferazione di altri presunti "strumenti di misura") la causa del problema. È solo un pretesto in più per quella posizione attendista, o pressapochista, che è stata (e in gran parte è ancora) prevalente fra le imprese italiane. (Per nostra fortuna, anche nel resto del mondo c’è molta incertezza e confusione; ma non è un buon motivo per stare alla finestra e aspettare che passi la buriana, perché probabilmente quando tutti ci vedranno chiaro sarà troppo tardi).

Naturalmente per operare bene con l’internet non c’è alcun bisogno dell’audiweb o di altri sistemi di quel genere. A differenza dei "mezzi pubblicitari", nel caso della rete non è necessario verificare l’audience. Un sistema interattivo verifica se stesso molto più efficacemente di qualsiasi controllo esterno.

Forse l’affondamento è "un bene involontario"? Aiuterà a capire che questo genere di verifiche è inutile e che è venuto il momento di occuparsi più seriamente dell’internet invece di trattarla come se fosse "un altro mezzo pubblicitario"? O forse è vero il contrario, cioè occorre prima soddisfare il "cerimoniale dei dati" per poi sgombrare il terreno e andare finalmente a occuparsi di ciò che serve davvero? Difficile saperlo. Ma una cosa è chiara. Più presto le imprese capiranno che le vere soluzioni stanno altrove, più possibilità avremo di uscire dalle sabbie mobili in cui sta ancora sprofondando la nostra capacità di usare efficacemente la rete.

Quando (in un modo o nell’altro) quei dati ci saranno, forse si sarà capito come collocarli: non al centro dell’analisi, come una panacea o un riferimento fondamentale, ma solo come uno dei tanti strumenti di verifica – e non il più utile o rilevante.

Già vediamo le avvisaglie di una battaglia, che probabilmente si scatenerà in autunno, per occupare lo spazio lasciato libero dall’eclissi dell’audiweb. Una bagarre che dovrebbe interessare esclusivamente a chi cerca di vendere questo o quel sistema o a chi cerca di servirsene per vendere pubblicità online. Cioè, dal punto di vista delle vaste e complesse possibiltà che offre la "nuova economia", un minuscolo e poco rilevante dettaglio. Ma gli uni e gli altri cercheranno, ancora una volta, di fare il massimo rumore possibile; e di far credere alle imprese che i loro goffi e costosi giocattoli siano la bacchetta magica per impadronirsi dell’internet. E così di distrarle da ciò che è davvero utile e importante.

 

 


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