Offline Riflessioni a modem spento


Riscopriamo le grandi leggi:
Murphy, Parkinson,
Peter e Cipolla

ottobre 2001

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Continuano (da più di un anno) i monotoni rintocchi delle campane a morto per lo sgonfiamento di quella bolla che va sotto il falso nome di “nuova economia” – e gli scomposti sussulti dei mercati finanziari sempre più in preda a onde speculative. Lasciamo che gli orfani di previsioni insensate continuino a recitare le loro smarrite orazioni in un confuso funerale del nulla. Proviamo, invece, a guardare qualche anno più indietro. E scoprire quanto possano esserci utili, nella situazione di oggi e di domani, alcune “leggi” su cui non si ragiona abbastanza spesso – o abbastanza a fondo.

Per cominciare – occorre toglierne di mezzo una che non funziona e che ha già fatto troppi danni. La cosiddetta “legge di Moore” (1964) non ha mai avuto conferma nei fatti. Ma è servita per 37 anni a propalare un’infinità di false percezioni sull’esasperante quanto irreale necessità di false innovazioni e di gestioni isteriche dettate dalla fretta.

Le leggi di cui vorrei parlare sono quattro. Diverse fra loro, ma accomunate da un’intenzione precisa: spiegare perché le cose non funzionano. Da ognuna si possono trarre insegnamenti pratici di grande attualità.


La Legge di Murphy

La Legge di Murphy è tutt’altro che nuova (è nata nel 1949 – ma naturalmente era vera, e dimostrata dai fatti, anche migliaia di anni prima). Non è mai stata enunciata come “legge” scientifica, ma ha avuto un’infinità di varianti e corollari (talvolta solo umoristici, spesso concretamente significativi).

Come sappiamo, la Legge di Murphy dice che se qualcosa può andare storto lo farà – nel momento peggiore possibile. In un’epoca di gestioni frettolose e di tecnologie pasticciate i suoi effetti tendono a moltiplicarsi.

La sua utilità pratica sta nel tenerne conto – e sviluppare strategie e progetti con la necessaria flessibilità. L’internet, con la sua possibilità di continua verifica, è particolarmente adatta allo scopo.


La Legge di Parkinson

La Legge di Parkinson (1958) spiega come un’organizzazione cresca indipendentemente dalla quantità di lavoro che deve svolgere. In un’epoca in cui le riduzioni di personale sono un frequente strumento per far crescere i profitti (e le fusioni, acquisizioni o concentrazioni si traducono quasi sempre in “tagli” di struttura) accade anche il contrario: cioè che le dimensioni delle organizzazioni diminuiscano per motivi non funzionali – e spesso senza correggere il sovraccarico di funzioni inutili e ingombranti. Questa bizzarra mescolanza di bulimia e anoressia è uno dei malanni più gravi che affliggono le organizzazioni (pubbliche o private) e specialmente le più grandi.

Ma più che l’enunciato della “legge” contano le molte acute osservazioni di Cyril Northcote Parkinson sui difetti e sui problemi delle organizzazioni. Il suo libro merita una rilettura attenta nella situazione di oggi. Oltre a essere profondamente serio nei contenuti è anche una lettura piacevole e divertente.


Il Principio di Peter

Il Principio di Peter (1969) dice che in un’organizzazione “meritocratica” ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa cosa la si sposta a farne un’altra. Il processo continua fino a quando ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare – e lì rimane.

La situazione oggi è ancora più grave di come la descriveva Laurence Peter trent’anni fa – perché il concetto di “merito” è sempre più confuso. Le “promozioni” sono spesso dovute alla protezione di potenze oligarchiche, al gioco delle apparenze o a intrighi che hanno poco a che fare con la “competenza”.

Ed è purtroppo confermato dai fatti che molte imprese hanno gestito le aree “nuove” in modo distratto e superficiale, spesso assegnando a quel compito le persone meno adatte – nella sciocca convinzione che “la crescita comunque aggiusta tutto”. I risultati sono quelli che vediamo.

      Vedi a questo proposito
      La strana danza delle vacche grasse   (dicembre 1999)
      La gatta frettolosa fa i gattini ricchi?   (gennaio 2000)
      Un pascolo per androidi di seconda scelta   (febbraio 2000)
      Le debolezze delle nuove imprese   (maggio 2000)
      Il millennio in sordina e la bolla mezza sgonfia   (febbraio 2001)
 


Le Leggi di Cipolla

Infine... ci sono le “Leggi fondamentali della stupidità umana” così ben definite nel 1988 da Carlo Cipolla. È sempre stato evidente che la stupidità è la più grande forza distruttiva da cui sia mai stato afflitto il genere umano. Oggi aggravata da una “cassa di risonanza” mondiale per cui qualsiasi sciocchezza, se ripetuta abbastanza spesso, assume l’apparenza di un’indiscutibile verità.

Sta a ognuno di noi valutare come difenderci non solo dai mostruosi danni che produce la stupidità altrui, ma anche dalle conseguenze di quella personale stupidità da cui tutti, in qualche modo, siamo più o meno afflitti. Lo stupido più pericoloso è quello che non si accorge di esserlo. E quando la stupidità umana viene moltiplicata ciecamente dalle tecnologie...

Ma naturalmente possiamo mettere le tecnologie al servizio dell’intelligenza se usiamo efficacemente l’internet per verificare l’attendibilità di ciò che ci raccontano – e per capire se ciò che pensiamo sia sostenibile o abbia bisogno di qualche correzione.



 
Questo articolo è stato scritto poco prima
dell’11 settembre 2001
ed è andato in stampa poco dopo.

Tutto ciò che possiamo pensare, oggi, è influenzato
da quella tragedia e dalle sue complesse conseguenze.
Ma non mi sembra che il testo debba essere modificato.
Anche se la lettura assume un sapore
più amaro e più preoccupante.
 
 

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