Continuano (da più di un anno) i monotoni
rintocchi delle campane a morto per lo sgonfiamento di quella
bolla che va sotto il falso nome di nuova
economia e gli scomposti sussulti dei mercati
finanziari sempre più in preda a onde speculative.
Lasciamo che gli orfani di previsioni insensate continuino a
recitare le loro smarrite orazioni in un confuso funerale del
nulla. Proviamo, invece, a guardare qualche anno più
indietro. E scoprire quanto possano esserci utili, nella
situazione di oggi e di domani, alcune leggi su
cui non si ragiona abbastanza spesso o abbastanza a fondo.
Per cominciare occorre toglierne di mezzo una che non
funziona e che ha già fatto troppi danni. La cosiddetta
legge di Moore (1964)
non ha mai avuto conferma nei fatti. Ma è servita per 37 anni
a propalare uninfinità di false percezioni sullesasperante
quanto irreale necessità di false innovazioni e di gestioni isteriche
dettate dalla fretta.
Le leggi di cui vorrei parlare sono quattro. Diverse fra
loro, ma accomunate da unintenzione precisa: spiegare
perché le cose non funzionano. Da ognuna si possono
trarre insegnamenti pratici di grande attualità.
La Legge di Murphy
La Legge di Murphy
è tuttaltro che nuova (è nata nel 1949 ma
naturalmente era vera, e dimostrata dai fatti, anche migliaia di anni prima).
Non è mai stata enunciata come legge scientifica,
ma ha avuto uninfinità di varianti e corollari
(talvolta solo umoristici, spesso concretamente significativi).
Come sappiamo, la Legge di Murphy dice che se qualcosa può
andare storto lo farà nel momento peggiore possibile.
In unepoca di gestioni frettolose e di tecnologie pasticciate
i suoi effetti tendono a moltiplicarsi.
La sua utilità pratica sta nel tenerne conto
e sviluppare strategie e progetti con la necessaria flessibilità.
Linternet, con la sua possibilità di continua verifica,
è particolarmente adatta allo scopo.
La Legge di Parkinson
La Legge di Parkinson (1958) spiega come
unorganizzazione cresca indipendentemente dalla
quantità di lavoro che deve svolgere. In unepoca in
cui le riduzioni di personale sono un frequente strumento per
far crescere i profitti (e le fusioni, acquisizioni o
concentrazioni si traducono quasi sempre in tagli
di struttura) accade anche il contrario: cioè che le
dimensioni delle organizzazioni diminuiscano per motivi
non funzionali e spesso senza correggere il sovraccarico
di funzioni inutili e ingombranti. Questa bizzarra mescolanza
di bulimia e anoressia è uno dei malanni più
gravi che affliggono le organizzazioni (pubbliche o private)
e specialmente le più grandi.
Ma più che lenunciato della legge
contano le molte acute osservazioni di Cyril Northcote Parkinson sui difetti
e sui problemi delle organizzazioni. Il suo libro merita una rilettura
attenta nella situazione di oggi. Oltre a essere profondamente serio
nei contenuti è anche una lettura piacevole e divertente.
Il Principio di Peter
Il Principio di Peter (1969) dice che in unorganizzazione
meritocratica ognuno viene promosso fino al suo livello
di incompetenza. Cioè se una persona sa fare bene una certa
cosa la si sposta a farne unaltra. Il processo continua fino a quando
ognuno arriva al livello di ciò che non sa fare
e lì rimane.
La situazione oggi è ancora più grave di come
la descriveva Laurence Peter trentanni fa perché
il concetto di merito è sempre più confuso.
Le promozioni sono spesso dovute alla protezione
di potenze oligarchiche, al gioco delle apparenze o a intrighi che
hanno poco a che fare con la competenza.
Ed è purtroppo confermato dai fatti che molte imprese
hanno gestito le aree nuove in modo distratto e superficiale,
spesso assegnando a quel compito le persone meno adatte nella
sciocca convinzione che la crescita comunque aggiusta tutto.
I risultati sono quelli che vediamo.
Vedi a questo proposito
La strana danza delle vacche grasse (dicembre 1999)
La gatta frettolosa fa i gattini ricchi? (gennaio 2000)
Un pascolo per androidi di seconda
scelta (febbraio 2000)
Le
debolezze delle nuove imprese (maggio 2000)
Il millennio in sordina e la bolla mezza sgonfia
(febbraio 2001)
Le Leggi di Cipolla
Infine... ci sono le Leggi fondamentali della stupidità
umana così ben definite nel 1988 da Carlo Cipolla.
È sempre stato evidente che la stupidità
è la più grande forza distruttiva da cui sia mai stato afflitto il genere umano.
Oggi aggravata da una cassa di risonanza mondiale
per cui qualsiasi sciocchezza, se ripetuta abbastanza spesso,
assume lapparenza di unindiscutibile verità.
Sta a ognuno di noi valutare come difenderci non solo dai
mostruosi danni che produce la stupidità altrui, ma
anche dalle conseguenze di quella personale stupidità
da cui tutti, in qualche modo, siamo più o meno
afflitti. Lo stupido più pericoloso è quello
che non si accorge di esserlo. E quando la stupidità
umana viene moltiplicata ciecamente dalle tecnologie...
Ma naturalmente possiamo mettere le tecnologie al
servizio dellintelligenza se usiamo efficacemente linternet
per verificare lattendibilità di ciò che ci
raccontano e per capire se ciò che pensiamo sia
sostenibile o abbia bisogno di qualche correzione.
Questo articolo è stato scritto poco prima dell11 settembre 2001 ed è andato in stampa poco dopo.
Tutto ciò che possiamo pensare, oggi, è influenzato da quella tragedia e dalle sue complesse conseguenze. Ma non mi sembra che il testo debba essere modificato. Anche se la lettura assume un sapore più amaro e più preoccupante. |