Da persone esperte in investimenti finanziari e
in gestione delle grandi imprese ho sentito dire una cosa
preoccupante. I dirigenti e i quadri più capaci sono
assegnati ai settori maturi (la cosiddetta "vecchia
economia"). Le attività innovative sono affidate
alle persone meno affidabili e qualificate o a quelle che
sono diventate "ridondanti" e non si sa come
utilizzare. Questa scelta, apparentemente bizzarra, ha una
sua perversa logica. I settori tradizionali sono i più
competitivi; ogni frazione di quota di mercato va difesa o
conquistata con accanimento. Nella "nuova economia"
tutto cresce rapidamente; si spera (e talvolta accade) che
gli errori e le incompetenze si perdano nella turbolenza, si
riassorbano nella generale espansione del mercato.
Non è facile capire quanto sia diffuso questo modo
di pensare. Ma sembra, in non pochi casi, confermato dai
fatti. C'è davvero il rischio che le attività
innovative siano affidate a persone relativamente meno
affermate nel sistema impresa. Non sempre questo si traduce
in un danno irrimediabile. Può accadere che le persone
meno adatte a una struttura gerarchica si rivelino le
più brillanti in un nuovo contesto; e, liberate dalla
routine, producano interessanti innovazioni. Ma non basta.
Con pochi nuclei isolati non si attivano le sinergie di tutta
l'impresa, necessarie per un'autentica evoluzione. La nuova
economia è una cosa troppo seria per poter essere
affidata al caso e alla fortuna.
Se si continuerà a credere che per avere successo
basti lasciarsi trascinare da un'impetuosa corrente, molte
imprese andranno incontro ad amare delusioni. E l'impegno
dell'Italia nella nuova economia rischierà di
affondare in un mare di chiacchiere, di speculazioni
avventate, di scelte frettolose e di esperimenti sbagliati.
Non si tratta solo di miliardi buttati al vento o di una
nuova specie di cattedrali nel deserto ma (ancora peggio)
di occasioni perdute.
Le cose si complicano ancora di più quando entrano
in gioco i sistemi di finanziamento, con meccanismi che
possono influire negativamente sulla qualità delle
risorse umane e organizzative. Gli investitori, in Italia
come in America, fanno un ragionamento semplice. Il quadro
è confuso; è difficile capire su quale cavallo
scommettere perché si corre in un terreno poco
comprensibile e mal definito. Perciò si suddivide
l'investimento, in modo che se uno su quattro ce la fa copre
le perdite degli altri tre. Così facendo, ci si trova
con una scuderia eterogenea; ed è ovvia la tentazione
di fare in modo che ognuna delle scommesse fatte aiuti un po'
a vincere anche su fronti diversi. Si incoraggia (spesso si
costringe) ognuna delle risorse di cui si ha il controllo a
servirsi delle altre. Con tre conseguenze perniciose. Le
scelte fatte per "parentela" e non per
qualità sono raramente le più efficienti. Chi
opera in un sistema di soluzioni "imposte" tende a
sentirsi meno responsabile (se non funziona, non è
colpa mia). Chi sa di avere un cliente "obbligato"
tende a trascurarlo, per dedicare le sue migliori energie a
quelli che potrebbe perdere se non li servisse bene.
Inoltre, naturalmente, in un sistema di questo genere si
crea un incrocio di favoritismi; così alle persone
scelte perché "non si sa dove metterle" si
aggiunge il reciproco scarico di parenti, amici e
"raccomandati" di varia specie (quella che Ennio
Flaiano, già tanti anni fa, chiamava l'Italia dei
cognati). Si moltiplicano così i fattori di
decadimento della motivazione, dell'impegno, dell'efficienza
e della qualità.
La nuova economia non è meno impegnativa della
"vecchia". Non è un pascolo per i brocchi o
un campo di isolamento per puledri ombrosi. È
illusorio pensare che il flusso sia così forte e ben
diretto da far approdare qualsiasi zattera, anche senza
bussola e senza timone. Non basta una presenza "tanto
per esserci". Non ha senso correre in avanti un po' alla
cieca sperando di trovare il sentiero giusto. Ci vuole
flessibilità, capacità di sperimentare e di
rischiare; ma anche metodo e chiarezza strategica.
Si comincia, finalmente, a capire che la rete non
è un misterioso pianeta abitato da androidi, robot,
improbabili macchine intelligenti o alieni pericolosi e
incomprensibili. È un tessuto umano ricco di valori e
di occasioni interessanti. È bene passare dalla
diffidenza all'entusiasmo; ma non dobbiamo illuderci che sia
facile. Occorre un impegno ancora più serio di quello
che era necessario per vincere nella vecchia economia. Con
una dose in più di coraggio e di fantasia; e con
un'inesauribile voglia di imparare.