Offline Riflessioni a modem spento

Un pascolo
per androidi
di seconda scelta?

febbraio 2000

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  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
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Da persone esperte in investimenti finanziari e in gestione delle grandi imprese ho sentito dire una cosa preoccupante. I dirigenti e i quadri più capaci sono assegnati ai settori maturi (la cosiddetta "vecchia economia"). Le attività innovative sono affidate alle persone meno affidabili e qualificate – o a quelle che sono diventate "ridondanti" e non si sa come utilizzare. Questa scelta, apparentemente bizzarra, ha una sua perversa logica. I settori tradizionali sono i più competitivi; ogni frazione di quota di mercato va difesa o conquistata con accanimento. Nella "nuova economia" tutto cresce rapidamente; si spera (e talvolta accade) che gli errori e le incompetenze si perdano nella turbolenza, si riassorbano nella generale espansione del mercato.

Non è facile capire quanto sia diffuso questo modo di pensare. Ma sembra, in non pochi casi, confermato dai fatti. C'è davvero il rischio che le attività innovative siano affidate a persone relativamente meno affermate nel sistema impresa. Non sempre questo si traduce in un danno irrimediabile. Può accadere che le persone meno adatte a una struttura gerarchica si rivelino le più brillanti in un nuovo contesto; e, liberate dalla routine, producano interessanti innovazioni. Ma non basta. Con pochi nuclei isolati non si attivano le sinergie di tutta l'impresa, necessarie per un'autentica evoluzione. La nuova economia è una cosa troppo seria per poter essere affidata al caso e alla fortuna.

Se si continuerà a credere che per avere successo basti lasciarsi trascinare da un'impetuosa corrente, molte imprese andranno incontro ad amare delusioni. E l'impegno dell'Italia nella nuova economia rischierà di affondare in un mare di chiacchiere, di speculazioni avventate, di scelte frettolose e di esperimenti sbagliati. Non si tratta solo di miliardi buttati al vento o di una nuova specie di cattedrali nel deserto – ma (ancora peggio) di occasioni perdute.

Le cose si complicano ancora di più quando entrano in gioco i sistemi di finanziamento, con meccanismi che possono influire negativamente sulla qualità delle risorse umane e organizzative. Gli investitori, in Italia come in America, fanno un ragionamento semplice. Il quadro è confuso; è difficile capire su quale cavallo scommettere perché si corre in un terreno poco comprensibile e mal definito. Perciò si suddivide l'investimento, in modo che se uno su quattro ce la fa copre le perdite degli altri tre. Così facendo, ci si trova con una scuderia eterogenea; ed è ovvia la tentazione di fare in modo che ognuna delle scommesse fatte aiuti un po' a vincere anche su fronti diversi. Si incoraggia (spesso si costringe) ognuna delle risorse di cui si ha il controllo a servirsi delle altre. Con tre conseguenze perniciose. Le scelte fatte per "parentela" e non per qualità sono raramente le più efficienti. Chi opera in un sistema di soluzioni "imposte" tende a sentirsi meno responsabile (se non funziona, non è colpa mia). Chi sa di avere un cliente "obbligato" tende a trascurarlo, per dedicare le sue migliori energie a quelli che potrebbe perdere se non li servisse bene.

Inoltre, naturalmente, in un sistema di questo genere si crea un incrocio di favoritismi; così alle persone scelte perché "non si sa dove metterle" si aggiunge il reciproco scarico di parenti, amici e "raccomandati" di varia specie (quella che Ennio Flaiano, già tanti anni fa, chiamava l'Italia dei cognati). Si moltiplicano così i fattori di decadimento della motivazione, dell'impegno, dell'efficienza e della qualità.

La nuova economia non è meno impegnativa della "vecchia". Non è un pascolo per i brocchi o un campo di isolamento per puledri ombrosi. È illusorio pensare che il flusso sia così forte e ben diretto da far approdare qualsiasi zattera, anche senza bussola e senza timone. Non basta una presenza "tanto per esserci". Non ha senso correre in avanti un po' alla cieca sperando di trovare il sentiero giusto. Ci vuole flessibilità, capacità di sperimentare e di rischiare; ma anche metodo e chiarezza strategica.

Si comincia, finalmente, a capire che la rete non è un misterioso pianeta abitato da androidi, robot, improbabili macchine intelligenti o alieni pericolosi e incomprensibili. È un tessuto umano ricco di valori e di occasioni interessanti. È bene passare dalla diffidenza all'entusiasmo; ma non dobbiamo illuderci che sia facile. Occorre un impegno ancora più serio di quello che era necessario per vincere nella vecchia economia. Con una dose in più di coraggio e di fantasia; e con un'inesauribile voglia di imparare.



 




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