La preziosa legge di Murphy
e la pseudo-legge di Moore


Nota di approfondimento a La leggenda di Moore
e ai capitoli 26 e 27 di L’umanità dell’internet

Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it – 31 luglio 2001



Da molti anni mi gira per la testa una semplice nozione. “Nell’informatica (e nella telematica) la legge fondamentale non è la legge di Moore, è la legge di Murphy”.

Ho scoperto, più tardi, che la cosiddetta “legge di Moore” non è mai esistita – e che le “proiezioni” derivate per 37 anni da un’osservazione di Gordon Moore nel 1964 non sono confermate dai fatti. Comunque le interpretazioni più diffuse che se ne danno sono sbagliate.

Ho anche imparato, negli anni, che quei concetti non si applicano solo allo sviluppo tecnologico ma a quasi tutte le attività e i comportamenti umani. Specialmente in quest’epoca che appare dominata da una “fretta” spesso irragionevole e immotivata.

In ogni caso – a quest’ora dovrebbe essere evidente a tutti che lo sviluppo delle tecnologie è veloce, e così l’espansione dell’internet, ma non c’è alcuna “crescita esponenziale”. Né alcun motivo di precipitarsi in soluzioni “frettolose”. Invece sembra che questo dato di fatto sia ancora troppo spesso dimenticato.

Il fatto rilevante è che le evoluzioni dei comportamenti umani, della società, dell’economia eccetera dipendono da altri fattori. Spesso sono meno veloci delle evoluzioni tecniche e scientifiche – ma soprattutto sono governate da una logica diversa. Quindi tutte le variamente bislacche interpretazioni della cosiddetta “legge di Moore” servono solo a capire male, prevedere peggio – e a perdere di vista ogni interpretazione concreta e utile di ciò che accade e di ciò che è opportuno fare. Ed è evidente che questo malanno non colpisce solo il mondo delle “nuove tecnologie” ma è un’epidemia devastante anche nelle realtà cosiddette “vecchie” e in tutti i comportamenti umani.

Abbandonare le false logiche della “fretta artificiale” è necessario. Non è un problema, ma una risorsa. Permette di progettare e agire in modo meno frenetico (ma non per questo lento) e quindi giova non solo alla qualità dei risultati ma anche alla salute mentale di chi è responsabile di un progetto e di chi è coinvolto nella sua realizzazione.

Mi sembra che una constatazione come questa possa dare a tutti un senso di benessere e buonumore.

Meno facile è trovare motivi di buonumore nella legge di Murphy. È più antica della cosiddetta “legge di Moore”. L’origine è attribuita a un tecnico dell’aeronautica militare, il capitano Edward Murphy, nel 1949. “Se qualcosa può andare storto ci andrà – e lo farà nel momento peggiore possibile”.  Ne nacque una diffusa, spesso divertente, letteratura – con un’infinità di corollari all’originaria “legge di Murphy”.

(Un interessante “corollario alla rovescia” è che se un problema è capace di aggiustarsi da solo lo fa generalmente dopo che è stato dato l’allarme, sono state messe in moto varie risorse per cercare di risolverlo, eccetera. Dal che deriva che in alcune situazioni la soluzione migliore è aspettare senza muovere un dito – ma il difficile è capire prima in quali situazioni questa è la soluzione giusta).

Ma veniamo al punto. La Legge di Murphy non è un motivo di disperazione o rassegnazione. Al contrario, è uno strumento di conoscenza – e di efficace progettazione, gestione e comportamento.

Se fingiamo di credere che esistano tecnologie, metodi o “piani” infallibili... siamo condannati a sorprese amare, talvolta catastrofiche.

Se invece in qualsiasi progetto (che sia fare il caffè, guidare un’automobile o costruire una diga) teniamo conto dell’inevitabile presenza di “fenomeni Murphy” possiamo impostarlo con la necessaria flessibilità, considerare gli errori e le circostanze impreviste come varianti probabili e non come sciagure ingestibili. E così ridurre l’angoscia, migliorare la qualità ed evitare quel marasma che nasce dall’imprevisto e provoca la moltiplicazione degli errori.

Questo concetto è valido in tutte le cose – grandi e piccole – ma particolarmente nell’internet, la cui natura essenziale porta alla flessibilità e alla continua sperimentazione.

Ringraziamo Murhpy (o chiunque sia il vero autore della “legge”) e cerchiamo di tener conto della sua brillante osservazione in tutto ciò che facciamo. Otterremo migliori risultati e, contemporaneamente, un notevole miglioramento di “qualità della vita”.



Un doveroso ringraziamento va anche a Carlo Cipolla e alle sue illuminanti “leggi fondamentali della stupidità umana” (1988).

La stupidità non è l’unica causa di ciò che ci insegna la legge di Murphy. Ma è una delle più frequenti. La lezione di Cipolla dovrebbe, secondo me, essere un insegnamento di base in ogni studio delle organizzazioni – e, più in generale, del comportamento umano.   Vedi Il potere della stupidità.




Questo articolo è stato pubblicato anche su Punto Informatico il 3 agosto 2001.


Vedi a questo proposito:

La gatta frettolosa fa i gattini ricchi?   http://gandalf.it/offline/off22.htm

Elogio della lentezza   http://gandalf.it/uman/26.htm

La fretta non è velocità   http://gandalf.it/uman/27.htm

Elogio della semplicità   http://gandalf.it/uman/28.htm

Pensieri semplici sulla complessità   http://gandalf.it/uman/append2.htm

Il letargo dell’ergonomia   http://gandalf.it/wireless/ergonom.htm

La congestione comunicativa   http://gandalf.it/wireless/congest.htm

La leggenda di Moore   http://gandalf.it/uman/moore.htm

Murphy’s laws and corollaries   http://dmawww.epfl.ch/roso.mosaic/dm/murphy.html

Murphy’s Laws   http://murphys-laws.com

In italiano Le Leggi di Murphy   http://simba.oasi.asti.it/Murphy/murphy01.htm



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di L’umanità dell’internet


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