onda
Le onde dei pensieri


Wireless – maggio 2001



Il letargo dell’ergonomia

Non è facile oggi immaginare come fosse l’esperienza di guidare un’automobile cent’anni fa. Dovevano essere terribilmente scomode – e sulle strade di quei tempi trenta chilometri all’ora erano una velocità preoccupante e pericolosa. Un secolo di evoluzione tecnica non ha, finora, sostituito l’antico motore a scoppio; né l’inefficiente e inquinante soluzione di bruciare petrolio. Ma si sono fatti grandi progressi nell’ergonomia.

Il cosiddetto industrial design non è una questione solo estetica. Design significa “progettazione” più che “disegno” nel senso artistico della parola. Una cosa ben progettata è anche esteticamente gradevole – ma soprattutto è ergonomica. Può essere un piccolo oggetto o il piano urbanistico di un’intera città. Ma se non è “a misura umana” non è buon design.

Con le tecnologie moderne si è spesso migliorata l’ergonomia (cioè il modo in cui uno strumento, un’apparecchiatura semplice o complessa, si adatta asse esigenze umane). Ma nel mondo dell’informatica e delle telecomunicazioni il processo sta andando alla rovescia: macchine e sistemi sempre meno funzionali, sempre meno adatti alle persone che li usano.

Fino a qualche tempo fa... l’ergonomia c’era. I telefoni di oggi sono più comodi di quelli antichi. La teleselezione, le segreterie telefoniche, i telefoni cordless e cellulari – quando non diventano un’ossessione – non sono soltanto evoluzioni tecniche: ci danno anche un miglior servizio. Ma da alcuni anni la turbolenza tecnologica è entrata in un circolo vizioso che rinnega l’ergonomia.

La frenesia dell’innovazione percorre strade disumane. Che si tratti di sistemi wireless o wired, di telefonia o di telematica... le complicazioni aumentano e la qualità del servizio decade. La struttura degli apparecchi tende a una complessità sempre meno gestibile e funzionale. Chi vuole uno strumento semplice, che svolga bene le funzioni necessarie senza inutili complicazioni, non lo trova. Ed è costretto a pagare molto di più per un aggeggio “nuovo” stracarico di prestazioni farraginose e indesiderabili.

Siamo arrivati a un punto così grottesco che i dirigenti di due fra le più grandi e avanzate imprese produttrici di telefoni cellulari hanno ammesso pubblicamente di non poter offrire un servizio decente di assistenza e riparazione perché la continua aggiunta di complessità tecniche non permette di addestrare adeguatamente il loro personale. È ormai leggendaria l’esperienza infernale dei labirintici percorsi creati dai sistemi telefonici di risposta automatica (per X premere il tasto Y). Continuano a imperversare siti web inusabili e inesplorabili. Eccetera eccetera...

Il confusopolio dominante fa sì che nessuna persona di normale senno e cultura possa capire quale servizio scegliere nell’intrico delle formule o delle tariffe – o quale tipo di connessione (fissa o mobile, terrestre o satellitare) sia più adatta alle sue esigenze.

Da molti anni si parla di customer empowerment, cioè di clienti (o “utenti”, o “consumatori”) più attenti, meglio informati, più capaci di scegliere e decidere secondo le loro esigenze. Credo che non ci possa essere alcun dubbio su questa evoluzione come tendenza di base e nel medio-lungo periodo. Ma nel campo delle nuove tecnologie (e in particolare delle telecomunicazioni) sta accadendo il contrario. Il customer è ancora confuso, abbacinato dall’esasperata (e spesso finta) innovazione, disposto a pagare molto più del giusto per servizi sempre meno efficienti. Questa eclissi dell’equilibrio, questo letargo della ragione non può durare all’infinito. Come diceva Benjamin Franklin «è possibile ingannare pochi per molto tempo, o tanti per un po’ di tempo, ma non tutti e sempre».

È impossibile prevedere quando e come... ma un giorno o l’altro il consumatore-vittima, il cliente-schiavo si sveglierà. Quel giorno alcuni maestosi imperi crolleranno rovinosamente (ci sono fessure e scricchiolii che non sfuggono a un osservatore un po’ attento). Ma già oggi potrebbero esserci grossi spazi di successo per chi ricominciasse a pensare all’ergonomia. Non solo di hardware ma anche di software; non solo di oggetti e funzioni ma anche di servizi, comunicazione e relazioni umane.



Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it




Post scriptum – Una piccola annotazione

Il correttore ortografico installato sul mio computer (se non gli insegno a farlo) non riconosce la parola “ergonomia”. Questo è solo un piccolo dettaglio. Ma è un ennesimo sintomo di quanto il concetto sia sconosciuto a chi si occupa di programmazione e di software.




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