Una frase proverbiale, così spesso citata da
diventare una banalità, è divide et impera.
Non se ne conosce lorigine. È genericamente definita
un antico assioma romano e probabilmente ha
radici ancora più antiche. Ma può essere
interessante cercar di capire alcuni significati che ha oggi.
Non è questa la sede per parlare delle grandi
vicende geopolitiche, in cui è ovvio che a pochi (e in
prospettive molto miopi) convengono le divisioni e a tutta
lumanità, nonché allintero ecosistema,
servirebbe più unione di propositi e di fatti per
agire in modo più sensato. (Vedi
La stupidità del potere).
Naturalmente per unione e condivisione non si intende
omogeneità né imposizione. Le differenze di
opinione, di atteggiamento, di cultura non sono soltanto
unesigenza irrinunciabile di libertà, ma anche un
nutrimento indispensabile per levoluzione
dellumanità e della conoscenza. Tuttavia ci sono
temi, grandi e piccoli, su cui ci conviene essere uniti. E ci
sono ingiuste e pericolose divisioni che sarebbe
meglio eliminare.
Pensiamo, per esempio, alle lingue. La torre di Babele
è descritta nella bibbia come una maledizione divina
(è solo una coincidenza che fosse in Mesopotamia?).
Già nel mondo antico la molteplicità delle
lingue era percepita come un problema tanto da immaginare
che fosse una divisione imperiosamente inflitta contro il
pericolo di una forza umana troppo unita e ambiziosa.
La conservazione di una grande varietà di lingue e
di dialetti, con le tradizioni e le culture che
rappresentano, è un valore che non ci conviene
perdere. Ma la conoscenza di una lingua comune è una
risorsa per tutti. Sia che si tratti del greco e del latino
(ancora fondamentali nel linguaggio scientifico e anche in
altre cose), delle logiche matematiche, del sistema metrico
decimale (che sta prendendo il sopravvento anche dove si
usavano altri pesi e misure) o, ovviamente, dellinglese.
(Vedi Chi ha paura di sapere
linglese? e La
Torre di Babele e il globalese).
Anche quando cè una lingua condivisa non è
sempre facile capirsi. Anche quando è possibile
viaggiare per tutto il mondo può essere difficile
conoscersi. Rimangono incomprensioni, contrasti,
ostilità. Immaginare un mondo di assoluta uguaglianza
e di perenne armonia non è solo utopistico, ma anche
pericoloso: perché lunico modo per ottenere quel
risultato sarebbe una ferrea imposizione e la storia della
nostra specie dimostra che non siamo nati per essere
formiche.
Non è concepibile una società umana senza
diversità non solo di opinione, ma anche di
comportamento e stile di vita. La differenza fra
la società civile e la barbarie non sta nellassenza
di contrasti, ma nella capacità di gestirli senza
violenza e senza fratture troppo profonde. Il problema nasce
quando si cerca di ottenere uneccessiva omogeneità
o quando si tratta di divisioni che tracciano un solco
difficilmente valicabile fra chi dispone di risorse e chi ne
è privo.
Sappiamo che una società in cui i ricchi sono
troppo ricchi e i poveri sono troppo poveri non è solo
ingiusta, è anche una fabbrica di conflitti che non
possono essere repressi allinfinito e che tendono a
esplodere con tanta più violenza quanto più
forte è stata la compressione. Ma non è solo un
problema di denaro o di benessere materiale.
Lo sviluppo delle risorse di comunicazione può (e
dovrebbe) tendere a ridurre i solchi di separazione. Ma
troppo spesso non è così. Quando si sviluppano
spazi di allargamento e di uguaglianza si creano nuove
barriere.
Cinquecento anni fa levoluzione della stampa e
delleditoria ha prodotto un fondamentale cambiamento
nellaccessibilità e condivisione della parola
scritta. Ma ancora oggi un solco profondo separa le persone in
grado di leggere da quelle che non ne hanno la capacità
o labitudine e chi può accedere a
uninformazione relativamente libera da chi vive in sistemi
chiusi e rigidamente controllati.
Un altro grande cambiamento è avvenuto con lo
sviluppo di nuovi sistemi di comunicazione. Il telegrafo dal
1844, il telefono dal 1877, il telegrafo senza
fili dal 1901, la radio dagli anni 20, la televisione
dagli anni 50. Linternet, nata più di trentanni fa,
dalla fine del secolo scorso sta diventando una risorsa diffusa.
Siamo entrati nellera della comunicazione universale,
senza limiti né confini? Così potrebbe essere.
Ma così non è. I solchi che dividono il mondo
si approfondiscono. Crescono le diffidenze, i conflitti, le
ostilità. Non solo per la separazione, sempre
più aspra e feroce, fra abbienti e
non abbienti di informazione. Ma anche per gli
abissi culturali che separano e contrappongono modi diversi
di essere e di pensare.
Quando, intorno al 1980, si era diffusa la percezione che
lelettronica e i sistemi di rete avevano aperto ulteriori
spazi di informazione e di dialogo, erano nate nuove
prospettive e nuove speranze. Siamo entrati, si diceva,
nellera della comunicazione: si aprono nuovi orizzonti per
le risorse inesauribili lintelligenza, la conoscenza,
lumanità. Era, ed è, concretamente possibile.
In parte sta accadendo. Ma uninfinità di ostacoli, di
divisioni, di incomprensioni e di risorse mal distribuite
ritardano e ostacolano quellevoluzione e troppo spesso
agiscono in senso contrario.
È importante capire quando le tecnologie (o altre
risorse) favoriscono il dialogo e la condivisione e quando,
invece, sono un ostacolo.
Può piacere o no la telefonia mobile, ma è
un fatto che in un paese come lItalia, dove la diffusione
dei telefoni fissi era ancora arretrata, con i cellulari si
è arrivati alla quasi totalità della
popolazione. Abbiamo, perciò, un mercato saturo.
È comprensibile che si cerchi di ravvivarlo con nuove
proposte. Ma il rischio è che ciò che aveva
unito diventi uno strumento di divisione.
Se il mercato andasse ad assestarsi su una base di
funzioni condivise da tutti (il telefono) con alcune
categorie di persone che vogliono avere questa o quella
prestazione in più, il risultato potrebbe essere
unaccettabile segmentazione. Ma se invece si
creasse una separazione fra chi è dotato di certe
risorse e chi ne è privo, e questa diventasse una
gerarchia o una discriminazione, sarebbe un preoccupante
ritorno a un passato di divisione ed emarginazione.
Luso del computer era discriminante, per problemi di
costo e di capacità tecniche. Su scala mondiale
rimangono profonde divisioni e privazioni. In Italia si
stanno attenuando. La diffusione non è ancora molto
estesa, ma se escludiamo il problema (grave anche sotto altri
aspetti) delle fasce di età più avanzate (vedi
I vecchi e la comunicazione)
ci stiamo avvicinando alla situazione in cui il computer diventerà
un elettrodomestico di normale dotazione.
Ci sono ancora problemi di incompatibilità, ma con
un po di buon senso ci si potrebbe avviare verso una
situazione in cui i maniaci dellinnovazione a tutti i costi
siano in grado di comunicare senza problemi con chi ha meno
soldi da buttar via e meno fretta di adeguarsi alla moda.
Insomma possiamo sperare che, nonostante gli ostacoli tecnici
e culturali, lelettronica possa diventare sempre meno un
problema, sempre più una risorsa e uno strumento di
unione e condivisione più che di separazione.
(Vedi La divisione è
culturale, non digitale).
Linternet, per sua natura, è una risorsa aperta a
tutti, che offre a ognuno il diritto di esprimersi e di
comunicare come vuole. Ma in pratica le divisioni sono
profonde. Su scala mondiale la rete cresce vigorosamente, ma
con profonde disuguaglianze che, oggi come ieri, escludono
nove decimi dellumanità. (Vedi la
sezione dati). Nei paesi,
come lItalia, dove la rete si è sviluppata ed estesa,
stiamo rischiando che si creino nuove divisioni.
Per esempio la diffusione della banda larga non
è, come affermano i suoi apologeti, un modo per estendere
la condivisione delle risorse ma ha leffetto contrario.
(Vedi Quei grandi tubi pieni di nulla).
Oggi circa il 20 per cento delle persone che usano linternet
dispone di una connessione ad alta velocità.
Il che vuol dire che otto su dieci non ce lhanno.
Se (come sta accadendo) molte informazioni o servizi sono
concepiti in modo da essere gestibili solo con particolari
risorse, diventano di fatto inaccessibili alla grande
maggioranza. Anche chi dispone di connessioni
privilegiate (o altre tecnologie di diffusione
limitata) può trovarsi in difficoltà quando
è fuori sede e non riesce più ad
accedere a ciò che considerava abituale. Questo
è solo uno dei tanti modi in cui anziché
favorire una diffusione estesa e facile per tutti si creano
ingiustificabili barriere e divisioni.
Se un giorno tutti i sistemi saranno efficacemente
coordinati e intercomunicanti, forse arriveremo a un insieme
omogeneo senza percettibili separazioni. (Vedi
Quando le cuciture
saranno invisibili). Ma non è facile capire
quanti anni saranno necessari perché quella che oggi
(benché tecnicamente possibile) è unutopia
cominci a somigliare a una realtà concreta. Intanto
uninfinità di soluzioni, che si propongono come
tecnicamente avanzate, fabbricano barriere,
ostacoli, complicazioni e divisioni.
In una guerra, come in un contrasto politico o di
interessi, dividere e confondere gli avversari è
spesso un vantaggio per chi ci riesce. Ma è importante
capire che chi vuole spaccare, disorientare, creare separazioni
e privilegi, non lo fa mai per farci del bene. O è
un nemico che ci vuol male, o è uno stupido che per
egoistici e frettolosi motivi perde di vista il bene comune.
Guardiamoci da chi, in qualsiasi modo, crea o rinforza
le divisioni. Come da chi vuole unificare e omogeneizzare un
sistema in cui la sua è la voce dominante. Per quanto
sorridenti e seducenti possano apparire le sembianze che
assume... chi divide per imperare, come chi unifica dimperio,
non è un amico dellumanità.