Nel luglio 2001 il Censis ha pubblicato una nuova analisi
sulluso degli strumenti di comunicazione nelle famiglie
italiane. Il testo completo del massiccio documento (un
centinaio di pagine) è disponibile
online.
Si chiama Primo rapporto annuale sulla
comunicazione in Italia Offerta di informazione e di uso
dei media nelle famiglie italiane. È previsto un
ulteriore approfondimento in ottobre. Va riconosciuto al
Censis il merito di averlo reso disponibile in rete ma
purtroppo con disattenzione e sciatteria in fatto di ingombro
e compatibilità. Come rilevava Franco Carlini sul
Corriere della Sera del 5 luglio, il file offerto online ha
una mole di 900 kilobyte mentre il testo che
contiene è di 130. Potremmo aggiungere che si sono
dimenticati di zipparlo (cosa che lavrebbe
ridotto a 180 o 50 k) e che è in un formato (word
2000) non facilmente gestibile da chi non usa sistemi
Microsoft o non ha i più recenti (e costosi)
aggiornamenti del software.
Su questo sito trova una sintesi di
alcuni dati, con qualche commento un po più esteso di
quello che può stare in questa pagina dove mi limito
a qualcuna delle constatazioni più interessanti.
Dice il Censis, nellintroduzione: «Abbiamo potuto
constatare, non senza una punta di sorpresa, che nelle case
degli italiani è presente una vera e propria
abbondanza di strumenti di comunicazione. Le abitazioni non
sono solo piene di televisori e apparecchi radio ma anche di
libri, giornali e riviste, oltre che di telefoni cellulari, computer
e videoregistratori, impianti per la tv satellitare, consolle per
i videogame e collegamenti allinternet».
Cè tuttavia una distinzione, che divide circa a
metà il mondo delle famiglie. Quelle che hanno una
crescente abbondanza di mezzi di comunicazione, e un po
soffrono della congestione
che ne deriva e quelle che rimangono in uno stato di
scarsità. Si disegna così «il quadro
di un paese in cui una metà dei cittadini possiede gli
strumenti (culturali prima ancora che tecnologici) per
approfittare delle opportunità offerte dalla
società dellinformazione, mentre
laltra metà accusa gravi handicap che non sono
determinati dalla carenza di beni materiali, bensì da
un deficit di competenze linguistiche, abitudini cognitive,
motivazioni comportamentali».
Il fatto interessante è che questo non è un
fenomeno nuovo, né derivato dalla diffusione dei nuovi
sistemi. Al contrario, è radicato in una situazione
preesistente.
Non è sorprendente (anche se in
contrasto con alcune opinioni diffuse) il fenomeno costatato
dal Censis: «è la metà degli italiani che
legge libri e giornali e che ha confidenza con la radio, il
teletext e il videoregistratore che si trova più
facilmente a suo agio con i computer e linternet. Gli altri
possono avere anche la casa piena di media, vecchi e nuovi,
però non li usano, continuando ad avere come
principale se non unico punto di riferimento la
televisione».
In altre parole, le famiglie che già avevano
consuetudine con una gamma abbastanza
estesa di strumenti di informazione (compresi libri e
giornali) sono quelle in cui si stanno diffondendo i nuovi
strumenti, compresa linternet; mentre quelle meno
abbienti di informazione rimangono confinate nel
limitato mondo cognitivo della televisione generalista.
Secondo questo studio cè un computer nel 43 %
delle famiglie ma solo nel 20% se ne fa un uso
costante. Cè un collegamento allinternet nel
20 %, ma un reale utilizzo in poco più della
metà 11 %. (Lesattezza di questi numeri è
discutibile e discussa. Nessun dato statistico è mai
certo. Ma la sostanza del quadro non è
diversa da ciò che rilevano altre
ricerche). La prima e più ovvia constatazione è
che (come già sapevamo da altre fonti) laccesso alla
rete è molto più diffuso di quanto fosse due o
tre anni fa. Ma se quello che il Censis chiama
consumismo mediatico porta molti a dotarsi di
attrezzi e strumenti, ciò non significa che siano
usati e che diventino davvero risorse di vita e di cultura.
A parte limmagine preoccupante (anche se un po
semplicistica) di due Italie luna un po
più attenta e informata, laltra passiva e inerte
resta il fatto che anche dove labitudine alla
molteplicità dellinformazione è abbastanza
radicata, e dove la diffusione dellinternet continua a
crescere, manca ancora una diffusa comprensione dei veri
valori e della reale utilità della rete. E questo
giova ripeterlo non è un problema di
disponibilità delle tecnologie (che semmai diventano
un ostacolo quando sono sovrabbondanti o inutilmente
complesse). Solo in parte è un problema di risorse
economiche e di costi. Nella sostanza rimane, come è
sempre stato, un problema culturale. Di atteggiamenti,
comportamenti, relazioni umane e contenuti.