timone Il Mercante in Rete
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Marketing e comunicazione nell'internet


Numero 55 – 28 gennaio 2001

 

 


loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: Non è una “scelta di campo”


L’impero bizantino durò mille anni. In quell’epoca chiamata “medioevo” che non era così statica e immutabile come la immaginiamo dalla prospettiva di oggi – ma in alcune parti del mondo, fra cui Costantinopoli, cambiava poco. La cultura di arrotolava su se stessa in infinite disquisizioni formali (appunto, bizantine). La città, che governava (male) un esteso e disordinato impero, era divisa in due fazioni: i Verdi e gli Azzurri. Prendevano nome da un contrasto di “tifo” sportivo (che si basava sulle corse dei cavalli nel circo) ma erano diventate due forze politiche in perenne conflitto; separate non dalle idee o dalla cultura ma semplicemente dalla competizione per il controllo del potere. La stessa cosa è accaduta altre volte nella storia. Come quando fra Guelfi e Ghibellini, dimenticata la lotta per le investiture, non c’era alcuna differenza di idee (tanto è vero che a Firenze, visto che erano tutti guelfi, si divisero in Bianchi e Neri).

Non voglio parlare dell’attuale situazione politica, se non per dire che i contrasti di interessi sono molto più evidenti dei contrasti di idee; e per annotare un dettaglio un po’ buffo. Nella proliferazione di simboli “vegetali”, fra querce, ulivi, garofani e margherite è spuntato anche un girasole. Non posso cambiare la copertina di un libro (né, di conseguenza, l’icona con cui è presentato su questo sito) e credo di poter contare sull’intelligenza del genere umano. Pochi hanno pensato, finora, che quel libro parlasse di botanica o di grassi alimentari; pochi, spero, nei prossimi mesi lo scambieranno per un manifesto politico.

Ma veniamo al punto. Siamo in un’epoca di grandi e profondi cambiamenti. Poiché ci siamo in mezzo, non ci è facile capirne il senso e la direzione. Viviamo in una cultura terribilmente omogenea e ripetitiva (almeno nelle sue manifestazioni più visibili) e andiamo alla ricerca di cose su cui “schierarci”. Ma non è un caso che gli schieramenti più netti e polemici, talvolta violenti, siano su cose come il gioco del pallone... che ormai non è più uno sport ma una grande speculazione finanziaria e di spettacolo.

Ha senso schierarsi “pro” o “contro” lo sviluppo tecnologico? Credo di no. Le stesse persone che si considerano “nemiche” della tecnologia non hanno alcun desiderio reale di rinunciare ai vantaggi che la tecnologia offre, di cui molti così abituali che non li consideriamo più “tecnologia” (come la luce elettrica, il riscaldamento, il frigorifero, l’automobile, il telefono, eccetera) – e sono pronte a fare la rivoluzione se non dispongono delle più moderne risorse della medicina.

Gli “schieramenti” sono pretestuosi e inutili. E ostacolano il difficile processo di capire non se, ma come il progresso tecnologico deve continuare.

Ha senso parlare di “nuova” e “vecchia” economia? Credo di no. L’ho già scritto alcune volte, ma non abbastanza. Non sono ancora riuscito a spiegarlo abbastanza bene neppure a me stesso. E mi sto sempre più dando dello stupido per il fatto che, in parte, c’ero cascato: usavo parole come new economy senza accorgermi che non sono solo imprecise e confuse, sono prive di significato.

Ha senso essere “pro” o “contro” l’internet? È comprensibile che, ancora oggi, molti vivano la rete con fastidio. O perché individualmente non hanno voglia di avventurarsi nelle “diavolerie” tecniche (che troppo spesso non sono fatte per adattarsi bene alle esigenze umane); o perché, giustamente, infastiditi dalle fissazioni e dalle esagerazioni dei tecnomani; o perché, se hanno potere nell’economia, nella politica o nell’informazione, temono di perdere una parte dei loro privilegi. Ormai il “coro” generale sembra orientato a cantare le lodi della rete, ma non è difficile sentire quanto siano stonate molte delle voci aggregate a quel peana.

Anche all’interno del mondo tecnologico ci sono schieramenti. Ne parlava Umberto Eco alcuni anni fa (prima che si instaurasse l’impero bizantino di Windows – che certo non durerà mille anni, ma non sta tramontando così presto come dovrebbe). Spiegava che il Mac è cattolico, il Dos protestante – e Unix talmudico. Al giorno d’oggi, il tema importante della compatibilità e dell’opensource (che non è solo una questione di “codice sorgente”) non è riducibile a una “guerra” fra Microsoft e Linux. Ma di questo parleremo un’altra volta...

Quello che sto dicendo a me stesso (e spero non sia inutile condividere con i lettori) è che in questo turbolento sviluppo non ha senso essere “di parte”. Ognuno di noi, ovviamente, ha diritto di avere le sue personali simpatie o antipatie – e anche di cambiarle (per esempio dieci anni fa mi piacevano i telefoni cellulari, oggi sto cominciando a considerarli una sciagura). Ma è già abbastanza difficile capire come districarci nella turbolenza; qualsiasi posizione preconcetta “pro” o “contro” questa o quella cosa serve solo a confonderci le idee. Ed è peggio ancora cercare una “via di mezzo”, perché in questo caso in medio non stat virtus ma solo una palude di compromessi.

La via d’uscita è guardare avanti, cercare la sintesi, capire dove sono i nessi che (al di là di ogni strumentale conflitto di opinioni o di interessi) portano a soluzioni sempici, chiare, utili e coerenti. Con un’equilibrata mescolanza di metodo e intuizione, logica e fantasia, spesso è meno difficile di come sembra.

Non su tutto si può essere “obiettivi”. Ci sono cose, credo, su cui è bene essere “schierati” con determinazione e senza cedimenti. Come la libertà di opinione e di espressione, il diritto alla riservatezza, i valori della diversità, l’indispensabile gerarchia che vuole sempre le tecnologie al servizio dell’uomo (e dell’ambiente in cui viviamo) e mai viceversa. Ma servire con continuità e determinazione questi principi significa tenersi fuori dalle “partigianerie” e dalle contrapposizioni – che tutto fanno fuorché aiutarci a capire.

 

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loghino.gif (1071 byte) 2. Più di un milione di host internet in Italia


Questa non è solo una “curiosità statistica”. Nella sezione dati di questo sito c’è una documentazione più completa; ma vorrei riassumere qui alcuni fatti essenziali, perché la situazione è cambiata in modo rilevante. La tendenza che già si notava nelle informazioni disponibili in settembre ora è ulteriormente confermata dai fatti.

Il cambiamento risulta evidente in questo grafico: un confronto fra l’andamento di crescita del hostcount italiano e quello mondiale dal 1995 al 2000.


Host internet 1995-2000
fine 1994 = 100
Dati semestrali

Italia-mondo

Per un’analisi più dettagliata di questa situazione vedi il documento sui dati internazionali. Il fatto evidente è che, dopo alcuni anni in cui la crescita in Italia aveva un andamento analogo alla media mondiale, ora c’è un’accelerazione. Non è il caso di “festeggiare”, perché siamo passati da uno 0,8 o 0,9 per cento rispetto al mondo a qualcosa fra 1,1 e 1,6; mentre per essere “adeguati” al ruolo della nostra economia dovremmo essere fra il 3 e il 4. Ma se questa tendenza si confermerà nei prossimi mesi e anni vorrà dire che, finalmente, ci stiamo muovendo nella direzione giusta.

Il prossimo grafico riguarda la crescita dell’Italia rispetto all’Europa (come percentuale).


Host internet in Italia come % dell’Europa
1990-2000


Italia-europa

Vedi a questi proposito l’analisi dati europei. C’è stato un cambiamento sostanziale fra la fine del 1998 e l’inizio del 1999. L l’Italia non ha ancora raggiunto un livello adeguato al suo ruolo economico e sociale in Europa (che dovrebbe collocarsi fra il 12 e il 14 per cento) ma se questa tendenza continuerà potrebbe arrivare “in quota” nel corso di quest’anno. Come densità rispetto alla popolazione l’Italia si trova ora a un livello paragonabile a quelli della Germania e della Francia. Insomma la situazione si sta evolvendo in modo molto diverso da ciò che accadeva fra il 1994 e il 1998.

Ora ci sono nove paesi nel mondo (di cui cinque in Europa) con più di un milione di host internet. Ma diventano undici se consideriamo due “comunità” oltre i confini politici: l’area di lingua spagnola e il mondo cinese. (Vedi il documento online che analizza queste due comunità culturali). In questo grafico, per una migliore leggibiltà, sono esclusi gli Stati Uniti.


Dieci “nazioni” con più di un milione di host internet
(esclusi gli Stati Uniti)
Numeri in migliaia

10 paesi

La parte rossa delle barre rappresenta la crescita in due anni (dal 1998 al 2000)

Il fatto immediatamente evidente è che paesi tradizionalmente forti, come la Gran Bretagna e l’Australia, continuano a crescere; ma alcune aree relativamente “arretrate” (come l’Italia) hanno uno sviluppo più veloce. Il "fenomeno cinese" è particolarmente rilevante. L’uso dell’internet in Cina è ancora bloccato da forti restrizioni, ma in altre aree di popolazione cinese la rete sta crescendo molto (sembra che Taiwan da sola si stia avvicinando al milione di host e ci sono forti presenze in rete di Hong Kong e Singapore). Probabilmente ci vorranno anni per poter percepire il significato e le conseguenze di questi sviluppi; ma si tratta sicuramente di un’evoluzione importante. Per quanto riguarda l’area di lingua spagnola (con una forte crescita in alcuni paesi dell’America Latina) questi dati non tengono conto di un fattore difficilmente misurabile ma di non poco “peso”: l’attività online delle comunità “ispaniche“ negli Stati Uniti.

Insomma l’internet continua a non essere “globale” ma concentrata in una piccola parte del mondo; tuttavia ci sono, in alcune aree, evoluzioni e cambiamenti di non poca importanza.


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loghino.gif (1071 
byte) 3. Siti che funzionano (Sofia Postai)


Si parla sempre più spesso di “usabilità” dei siti web – e questo è un bene. Ma il termine è interpretato in molti significati diversi, spesso troppo limitati. Se si bada solo ad alcuni aspetti del problema... non è sufficiente. Non basta che l’interfaccia sia agevole e accessibile; occorre che tutta l’architettura del sito sia concepita per essere “usabile” – cioè utile a chi legge. E nessuna soluzione tecnica o di linguaggio può rimediare a un’inadeguata qualità dei contenuti o del servizio offerto. Ma la cosiddetta “usabilità” non è un accessorio: è un elemento essenziale e indispensabile per la funzionalità del sito e per la qualità del servizio.

Sofia Postai non ha solo un’approfondita competenza in fatto di siti web. Viene anche da una seria esperienza professionale e culturale nella comunicazione – e quindi ha una visione ampia dei problemi e dei modi in cui si risolvono. Questa completezza di prospettiva si riflette nelle qualità e nell’utilità del suo nuovo libro.


copertina

Hops libri – gennaio 2001
250 pagine   L. 36.000
Una presentazione online si trova su
http://www.sitichefunzionano.it


Siti che funzionano è scritto per gli “addetti ai lavori”. Ma è una lettura utile anche per le imprese, cui serve sapere che cosa devono chiedere a chi realizza i loro siti web (e che cosa non devono chiedere, né accettare, se non vogliono farsi del male). E per tutte le persone che vogliono capire come funziona, in pratica, un “sito”.

L’intenzione del libro è già chiara nel sottotitolo: Quando web design non significa disegni su web. Cioè si tratta di un progetto coerente in tutta la sua struttura, non banalmente di “grafica”. Un altro concetto fondamentale è spiegato nelle prime due righe della premessa al libro. «Se un sito funziona non se ne accorge nessuno (è quando non funziona che se ne accorgono tutti)». (Ma constatiamo un po’ troppo spesso che se ne accorgono tutti meno chi l’ha fatto – e il suo “committente”).

Il libro è chiaro, ben scritto (in buon italiano, non in tecnichese) e tratta con precisione tutti gli aspetti della funzionalità ed efficacia di un sito. Dai valori strutturali a quelli di linguaggio, dagli aspetti estetici alle risorse tecniche. Gli argomenti sono bene organizzati, spiegati in modo interessante e gradevole; cioè questo libro è un esempio di come il concetto di “usabilità” si applichi anche alla carta stampata.

Sofia Postai osserva giustamente che «Pur se cambiassero in futuro le tecnologie, la funzione di un sito non cambierebbe sostanzialmente da quella che già si intravede oggi» e che «non cambierebbero le regole dell’usabilità , che sono soprattutto regole semiotiche, legate alla percettività umana e al funzionamento della mente, che – per nostra fortuna – o non cambia affatto o cambia in modo sufficientemente lento da non farci temere di non essere più aggiornati se solo ci concediamo due settimane di vacanza offline».

Il libro analizza le differenze strutturali fra un sito web e altri strumenti e ambienti di comunicazione – e tutte le conseguenze che ne derivano dal punto di vista della progettazione e poi dell’esecuzione in ogni dettaglio. Il libro è fin troppo “pacato” e privo di spunti polemici. Ma anche se all’inizio dichiara di voler parlare solo di ciò che è meglio fare, e non di ciò che non va fatto... per fortuna poi non manca di indicare quali sono gli errori da evitare – e di fare un interessante elenco dei “pregiudizi più diffusi”.

Insomma un libro da leggere. Anche per chi non si occupa professionalmente di queste cose, o non ha l’intenzione di “metter su un sito”, ma vuol capire come funziona davvero un sito web, che cosa succede quando lo usiamo, quali sono i siti “che funzionano” e quindi meritano la nostra attenzione – e quali sono i motivi delle “sgradite sorprese” che incontriamo in tanti siti che sembrano attraenti ma non funzionano; o si illudono di esserci utili ma riescono solo a complicarci la vita.



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loghino.gif (1071 
byte) 4. I guasti della Microsoft (Pino Laurenza)


Pare che la Microsoft, non contenta delle molte difficoltà che provoca a noi “poveri utenti” con i sui farraginosi e pasticciati software e con i suoi tentativi di impadronirsi dell’internet, sia riuscita (di nuovo) a nuocere anche a se stessa. La storia è riassunta in questo articolo di Giuseppe Laurenza su Puntonet del 27 gennaio 2001, che racconta gli eventi accumulati nel breve periodo di sei giorni.


La settimana nera della Microsoft
Siti irragiungibili per ore e in più giorni, errori tecnici, siti crackati,
ingenuità nella configurazione della propria rete, attacchi di hacker,
comunicati che dicono e non dicono:
una settimana di passione per il Golia del software.


Sabato 20, domenica 21
I primi problemi si erano verificati fra sabato 20 e domenica 21 gennaio: gli utenti che andavano nei siti di molte grandi imprese, fra cui Yahoo e Microsoft, venivano invece dirottati sul sito della MyDomains (vedi nostro articolo).
Allarme e inquietudine cominciavano a circolare: era un caso di dirottamento del traffico web? Una nuova moda in fatto di “crminalità informatica”? Dopo affrettati controlli veniva chiarito che era stato un errore tecnico della MyDomains nella configurazione del DNS (Domain Name System).

Martedì 23
Il gruppo di hacker noto come “Prime Suspectz” supera le difese del sito Microsoft in Nuova Zelanda e imbratta la home page con frasi che irridono alla vulnerabilità dei siti del Golia del software. Niente di veramente nuovo: da un lato, la Microsoft è da sempre l’obiettivo privilegiato di tutti i hacker in cerca di un’ora di gloria, dall'altro i suoi siti non hanno mai brillato per sicurezza.

Mercoledì 24
Passa solo qualche giorno e le profezie del weekend si avverano: per molte ore nella giornata di mercoledì 24 quasi tutti i siti della Microsoft risultano irragiungibili: il sito centrale Microsoft.com, il portale Msn.com, Hotmail e altri.
Di nuovo allarme e inquitudine: attacco hacker? Ancora un errore tecnico? I più esperti si accorgono subito che è di nuovo un problema di DNS: infatti i siti sono perfettamente funzionanti e sono anche raggiungibili se nel browser si scrive il loro IP e non l’URL (scrivendo direttamente l’IP non è necessario l’intervento del DNS).
Tutti quelli che hanno a che fare con la gestione di siti web sanno bene che la configurazione del DNS è una brutta bestia da domare. Ma qui non stiamo parlando di un piccolo provider: stiamo parlando del colosso del software, dell’impresa che è quasi il simbolo dell’informatica. Come è possibile che succedano cose del genere? Che vada in tilt il DNS è una eventualità ampiamente prevedibile: e la Microsoft non ha previsto un sistema di emergenza?
I più esperti notano anche che i quattro server dei nomi stanno tutti in una stessa subnet: un esperto si esprime in maniera colorita dicendo che la Microsoft “ha messo tutte le uova in un paniere’: se si rompe il cesto perdi tutte le uova in un sol colpo. Un’ingenuità che sarebbe perdonabile ad un piccolo Isp di provincia in lotta quotidiana con le spese. Ma è assurdo per il Golia dell'informatica!
In serata un comunicato dell’azienda affermava che si era trattato di un errore tecnico e che tutto era stato ripristinato. Naturalmente restavano intatti tutti i dubbi e tutte le perplessità.

Giovedì 25
Non passano nemmeno 24 ore e il problema si ripresenta nello stesso modo: di nuovo black-out per tutti i siti Microsoft. Ma che succede nella tana del Golia dell’informatica? Possibile tanta grave incapacità tecnica? Se non ci riescono loro, hanno certamente i soldi per consultare qualsiasi esperto di qualsiasi livello e bravura... Ma forse non gradiscono che occhi estranei vedano quello che sta succedendo.
Di nuovo si scatenano i dubbi e le illazioni. Anche perché questa volta si accede in maniera intermittente: a volte si e a volte no. Se fosse a terra il DNS non si accederebbe e basta.
Poi in serata il colpo di scena in un nuovo comunicato dell’azienda: stavolta è un attacco hacker del tipo DOS (Denial Of Service) a uno dei loro router.

Nota per i “non tecnici”.

Router è il dispositivo che serve per istradare il traffico in rete.
L’attacco DOS a un server consiste nel sovraccaricarlo di richieste oltre le sue possibilità di risposta fino a farlo bloccare. L’anno scorso era diventato famoso perchè così erano stati bloccati otto grandi siti fra cui Yahoo, eBay, Cnn e altri.

Un dettaglio curioso è che in questo caso la sigla DOS indica qualcosa di completamente diverso dal sistema operativo che era stato la base delle “fortune” della Microsoft. (n.d.r.).

Il comunicato della Microsoft prosegue dicendo di aver informato l’FBI dell'accaduto e che non c’è alcuna relazione con il black-out del giorno prima.
Ovviamente dubbi e ipotesi si scatenano. Qualche hacker, avendo saputo delle difficoltà del giorno prima, ha approfittato del momento di debolezza? Oppure era un attacco particolarmente aggressivo anche il giorno prima e l’impresa l’ha tenuto nascosto fin che ha potuto?

Insomma: ingenuità tecnica o scarse difese? Certo che non c’è da stare allegri fra le due ipotesi. Soprattuto per l’impresa che sta lanciando il progetto .Net.
È molto imbarazzante per il Golia informatico farsi mettere col sedere per terra dal primo David-hacker che gli sparacchia quattro dati a un router con uno dei tanti tool liberamente scaricabili in rete.

Di storie come queste ce ne sono molte; anche se è raro che siano pubblicate. Non solo nel caso della Microsoft, ma di molte altre grandi imprese i cui sistemi online sono mal concepiti e peggio gestiti. Sono “eventi” importanti? In realtà no. Come non lo sono tanti allarmi (o pseudo-notizie trionfalistiche) che rimbombano con gran fracasso sulla stampa e nelle televisioni di mezzo mondo. Ma sono sintomi di quanta approssimazione, di quanta arrogante incompetenza, ci sia in parecchie organizzazioni che si vantano di essere all’avanguardia della tecnologia.


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loghino.gif (1071 byte) 5. A proposito di “portali”


Nel numero precedente di questa rubrica avevo pubblicato due vignette a proposito di spam. Eccone un’altra, dello stesso autore, che questa volta (14 gennaio 2001) si chiede che cosa succederebbe se nell’edilizia si ragionasse come fanno i “grandi portali” web.

vignetta

Mi sembra che anche questa volta la satira abbia colto nel segno. Che ci riescano, è molto discutibile e (spero) improbabile. Ma è questa l’idea con cui sono stati progettati e sviluppati i grandi “portali” – ognuno dei quali sperava di poter “monopolizzare”, se non tutta l’internet, almeno un numero così grande di persone da poterne fare un lucroso commercio. Finora i risultati hanno deluso le loro aspettative. Ma temo che continueranno a provarci. E se l’operazione riuscisse a un gigante come quello che risulterà dalla fusione fra America Online e Time Warner (cui si riferisce l’edizione originale di questa vignetta) assisteremmo probabilmente a un altro tentativo di “dominare” la rete su scala mondiale.

Quante più persone, in Italia e nel mondo, imparerannno a scegliere da quale finestra preferiscono guardare e a tracciare la loro personale strada nell’infinita varietà dell’internet (questa è sempre e comunque la soluzione migliore) tanto meno riusciranno questi tentativi di trasformare l’intera umanità connessa in un gregge di pecore inebetite.

 

 

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Lista dei link

Com’è abituale in questa rubrica, ecco una lista dei link
per comodità di chi stampa il testo prima di leggerlo.


Libro “La coltivazione dell’internet” http://gandalf.it/coltiv/

Non è una guerra fra “vecchi” e “nuovi” http://gandalf.it/offline/off29.htm

Dati di settembre sulla diffusione dell’internet http://gandalf.it/mercante/merca50.htm#heading02

Dati sull’internet nel mondo http://gandalf.it/dati/dati1.htm

Dati sull’internet in Europa http://gandalf.it/dati/dati2.htm

Due grandi comunità linguistiche http://gandalf.it/dati/espcina.htm

Sito di Sofia Postai sulla progettazione web http://www.vocabola.it

Libro “Siti che funzionano” http://www.sitichefunzionano.it e http://www.hopslibri.com/store/hopm0012.shtml

La settimana nera della Microsoft http://puntonet.netfirms.com/it/itin2701.htm

Illiad http://userfriendly.org

Il commercio delle anime http://gandalf.it/mercante/merca43.htm#heading01