Offline Riflessioni a modem spento


Bufale, piagnistei
e demonizzazioni

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aprile 2004



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Non è colpa di Ettore Petrolini se ci portiamo a spasso una bufala da quasi duemila anni. La famosa scenetta su Nerone merita di essere ricordata, non solo perché è divertente, ma anche perché è un’educativa lezione ironica sulla manipolazione del consenso. Il mestiere di Petrolini non era lo studio delle fonti storiche. Non era compito suo scoprire quanto sia poco credibile che Nerone abbia incendiato Roma.

Panzane altrettanto infondate continuano a circolare, a distanza di millenni o di minuti, con una preoccupante mancanza di verifica e di controllo. Che cosa c’entra l’internet? Molto. Perché è un argomento su cui si accumula una quantità impressionante di disinformazione. E perché è uno strumento per andare un po’ oltre le apparenze e capire un po’ meglio come stanno le cose.

Cominciamo con una notizia vera – e positiva. Un recente aggiornamento dei dati internazionali ed .europei conferma che la rete sta continuando a crescere, con un ritmo vigoroso. Alla fine del 2003 c’erano 233 milioni di host internet. Cresciuti del 36 % in un anno, raddoppiati rispetto al 2000.

Quando imperversavano le proiezioni fantastiche su un’immaginaria “crescita esponenziale” la rete aumentava molto meno del previsto. Da quando si sono scatenati i piagnistei su un’immaginaria “crisi” lo sviluppo continua con un’evoluzione tutt’altro che debole o lenta. Forse dovremmo incoraggiare le prefiche a insistere con le giaculatorie. Sembra che portino fortuna.

L’Italia, che fino a quattro o cinque anni fa era la cenerentola della rete, sta crescendo più velocemente della media mondiale ed europea. Quando il numero di persone online in Italia cresceva più dei nostri nodi attivi c’era qualche motivo di preoccupazione, perché la tendenza era passiva – eravamo più dedicati a ricevere che a trasmettere. Ma ora il ciclo si è invertito: l’attività si sviluppa più velocemente del numero di persone che si collegano.

Sarebbe semplicistico dedurne che l’Italia sia diventata una forte esportatrice di idee e di proposte. Ma la tendenza è troppo chiara e costante per essere priva di significato. Dobbiamo smetterla di piagnucolare sulla nostra arretratezza tecnica (o di pensare che gli italiani siano inetti nell’uso di tutto ciò che non è un telefono cellulare) per cercare di capire come potremmo usare meglio le risorse di cui disponiamo.

Intanto continuano a proliferare le bufale a proposito dell’internet. Anche quando se ne parla bene, lo si fa in modo ambiguo. Per esempio un ponderoso studio della Michigan State University ci fa sapere, come se fosse una sorprendente rivelazione, che «l’uso dell’internet non ha alcun effetto negativo sul coinvolgimento sociale degli studenti e sul benessere psicologico». Cosa ovvia per chiunque abbia le idee chiare sull’argomento. (Vedi l’articolo di Carmen Castillo su Puntonet del 20 marzo 2004).

È preoccupante che ci sia bisogno di un ennesimo studio universitario per tranquillizzare le famiglie e smentire le diffuse panzane su una rete popolata di misantropi e di persone psicologicamente disagiate.

Lo stesso studio rileva che l’uso dell’internet «aumenta le capacità scolastiche dei ragazzi e consente di prendere voti più alti». Il che non è solo evidente, ma è tautologico. L’internet aiuta a far meglio a scuola, oppure i più svegli imparano meglio a usare la rete? Sono ovviamente vere tutte e due le cose.

Un’altra pseudo-notizia è quella che risulta da uno studio di Gartner alla fine del 2003. «L’età media delle persone online è 41 anni». Può apparire sorprendente solo a chi ha creduto nella diffusa idiozia che la rete sia popolata di ragazzini. Qualsiasi analisi seria ci dice che è sempre stata prevalente la presenza di persone adulte (è recente un maggiore afflusso di giovani). Semmai ci dovremmo preoccupare della scarsa diffusione dell’internet fra gli anziani. (Vedi I giovani e la comunicazione e I vecchi e la comunicazione).

Qualcun altro si sorprende perché aumenta la presenza femminile nell’internet. La notizia, per fortuna, è vera. Ma non è una novità – né una stranezza. Anche in Italia (benché in ritardo rispetto ai paesi più evoluti) la percentuale di donne online sta aumentando da parecchio tempo. Sei o sette anni fa le donne erano circa il 30 % degli italiani online. Oggi sono il 41 %. Fra le persone arrivate in rete negli ultimi due anni sono il 54 %. (Vedi La rete è femmina e i dati sull’internet in Italia).

Intanto si continuano a spargere notizie negative – con casi estremi che sarebbero pittoreschi se non fossero allarmanti. Per esempio due studi presentati alla National HIV Prevention Conference negli Stati Uniti accusano l’internet di essere una causa di diffusione dell’Aids. Perché aiuta le persone a conoscersi e incontrarsi... e fra quelle persone ci sono anche “categorie a rischio come gli omosessuali” (vedi l’articolo di Luciano Sposari sullo stesso numero di Puntonet). A parte i problemi di discriminazione... l’assurdità di “colpevolizzare” la rete è evidente. Alla stessa stregua si potrebbe dare la colpa al telefono, alla posta o a qualsiasi luogo di incontro. Sarebbe meno assurdo dire che l’internet è un antidoto. Le aree di più grave diffusione della malattia sono quelle in cui è più scarso l’uso della rete.

Potremmo mettere cose come questa nel mucchio delle assurdità che si dicono e si pubblicano su qualsiasi argomento, se non ci fosse dovunque (e particolarmente in Italia) un fenomeno insistente di “demonizzazione” dell’internet.

Da almeno dieci anni si straparla e si sragiona sulla “pornografia”. Ma la sequenza non finisce mai. Anche recentemente, in una trasmissione di largo ascolto, è stato presentato lo strano caso di un uomo afflitto da “dipendenza pornografica” a tal punto da dover ricorrere alle cure di uno psicologo. Può darsi che fra tante patologie mentali ci sia anche quella. Ma quel caso è stato presentato come se fosse una sindrome diffusa fra le persone che usano la rete. Da quanti anni sentiamo ripetere stupidaggini come questa?

Si è arrivati, in quella trasmissione, a dire che ci sono 260 milioni di siti “pornografici”. A quella cifra si sta avvicinando il numero totale di host internet (che ovviamente non sono tutti “porno”). E comunque un host non è un sito. L’Online Computer Library Center stima che ci fossero 7 milioni di siti web nel 2001 – oggi potrebbero essere 10 o 11 milioni. Il problema non è solo che si “danno i numeri” a vanvera. È che si diffondono paure e pregiudizi senza minimamente verificare se siano basati su qualcosa di attendibile.

C’è, da anni e anni, un’allucinante perseveranza nelle diatribe su un fenomeno stranamente definito “pedofilia”. Si continua a non affrontare i nodi veri delle violenze e persecuzioni contro bambini o adolescenti, per deviare l’attenzione verso un’insensata criminalizzazione dell’internet (vedi Perseverare diabolicum e i link che lì si trovano). Lo stesso accade, da tempo immemorabile, con il terrorismo.

L’elenco potrebbe essere interminabile. Per limiti di spazio, per non annoiare chi legge e per non ripetere troppe cose già dette – devo limitarmi a questi pochi esempi. Ma non è difficile scoprirne infiniti altri. E non può essere ignorata la persecuzione legislativa – che continua fin dalle origini della rete e che si è ripetuta in due casi recenti. Vedi due comunicati di ALCEIAmbiguità e pericoli della prevenzione (24 gennaio 2004) e Un’altra legge persecutoria contro l’internet (15 marzo 2004).

Oltre a essere vittima di una quantità esasperante di disinformazione, la rete è anche accusata di esserne l’origine. Ormai la paura dovrebbe essere passata... è evidente che non stiamo andando verso la morte della carta stampata, che la rete non sostituisce la televisione o la radio, eccetera. (Vedi Cenni di storia dei sistemi di comunicazione). Ma si continua a dire che dell’internet bisogna diffidare, perché dà informazioni non verificate.

È ovvio che online si trova tutto e il contrario di tutto. E che perciò non tutto può essere sempre preso alla lettera. Ma il problema è radicalmente diverso quando notizie false o deformate vengono da mezzi di comunicazione considerati autorevoli e qualificati – e perciò più facilmente creduti senza verifica.

La rete non è la causa del malanno. Può essere una medicina per curarlo. Perché ci aiuta a controllare quanto poco attendibili siano le informazioni che ci somministrano i sistemi omogeneizzati. Questo è uno dei motivi per cui la cultura dominante non ama l’internet e continua (per fortuna, almeno finora, senza riuscirci) a tentare di soffocarla o di ridurla all’obbedienza.




Post scriptum
giugno 2004


Devo alla cortesia di un gentile lettore la scoperta di una “bufala” che mi era sfuggita. Non avevo notato un articolo apparso nell’Espresso del 20 maggio 2004 – lo stesso numero in cui era stata pubblicata una “bustina” di Umberto Eco da cui derivano alcune osservazioni su  Il problema dell’idolatria.

Si tratta di un’intervista a Camille Paglia, che ripete alcune considerazioni già ampiamente note sul “condizionamento” televisivo, in particolare fra i bambini e gli adolescenti. Parla soprattutto di televisione, con un accenno marginale ai videogiochi e senza alcun riferimento all’internet. Un ignoto “titolista” ha messo il titolo Drogati da Internet – che non ha alcun rapporto con i contenuti dell’intervista.

Il caso, in sé, è marginale. Ma è un esempio di cose che si ripetono continuamente e che, nel loro insieme, contribuiscono a confondere le idee – su questo come su molti altri argomenti.



 

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