Offline Riflessioni a modem spento


I “giovani”
e la comunicazione

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dicembre 2003



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Quando si parla di “giovani” occorre prima di tutto capire di chi e di che cosa si tratta. Il concetto è molto soggettivo. Una persona di trent’anni è giovane dal punto di vista di chi ne ha cinquanta, ma è vecchia agli occhi di un adolescente. La stessa persona, indipendentemente dall’età, può avere cultura e atteggiamenti di vivace attualità o di antica tradizione – può essere “giovane” in alcuni comportamenti, “vecchia” in altri.

Le diffuse mitologie sui “giovani” descrivono esseri immaginari, banali cliché, personaggi inventati secondo schemi quasi sempre arbitrari o grossolanamente semplificati.

Per esempio, nel caso dell’internet, una diffusa (quanto infondata) leggenda è che fin dalle origini la rete fosse frequentata soprattutto da ragazzini. I fatti dimostrano che il nucleo “storico” della rete è formato da persone di svariata età, ma con una significativa concentrazione fra i 25 e i 45 anni – e ancora oggi sono in quella “fascia di età” le persone che si collegano più spesso (con un aumento delle presenze fra i 45 e i 55 anni, dovuto più che altro al fatto che chi era in rete cinque o dieci anni fa oggi è un po’ meno giovane).
[Vedi Dati sull’internet in Italia].

Da due o tre anni c’è una maggiore presenza online di giovani, ma l’uso della rete rimane principalmente un comportamento “adulto”. Lo sfasamento di età, rispetto alla popolazione, è dovuto a una scarsa presenza di anziani più che a un predominio di giovani o “giovanissimi”.

In termini estesamente “quantitativi” non sembra che ci siano differenze di grande rilievo, nell’uso della rete, in quell’ampia fascia di età che va dai 14 ai 35 anni – se non per il fatto che i più giovani erano in gran parte assenti e ora sono relativamente più numerosi. Ma qualche approfondimento rivela che, anche fra i giovani, il quadro è complesso e non omogeneo.

Una nuova ricerca del Censis, concentrata sui giovani, è stata presentata a Milano il 31 ottobre 2003. Un’analisi completa di questo studio sarà disponibile solo nel 2004, quando uscirà il volume con maggiori dettagli e approfondimenti. Ma già dalla prima, sintetica pubblicazione dei risultati si possono ricavare alcune constatazioni interessanti.

Un’ampia sintesi di questa ricerca è disponibile nel sito http://www.censis.it.  Si trova nel settore “le ricerche presentate” scegliendo l’anno 2003 e da lì arrivando a Giovani & Media.

Uno dei dati più rilevanti è che non esistono “i giovani” come categoria omogenea. Cosa evidente da qualsiasi osservazione attenta della situazione – ma analizzata in questo studio con parecchie interessanti deduzioni. Non solo ci sono forti differenze individuali (per cui quasi nessuno appartiene totalmente a una “tribù” con caratteristiche condivise di cultura e comportamento) ma ci sono notevoli differenze fra le diverse età. Sappiamo che i “giovanissimi” (14-18 anni) sono molto diversi dai “più grandi”. Ma questo studio ci aiuta a capire come sono diversi nell’uso dei sistemi di informazione e comunicazione.

I dati “generali” confermano alcune opinioni già note, ma rivelano anche qualche fatto un po’ meno ovvio. Vediamo, per esempio, la “penetrazione” dei più diffusi strumenti di informazione e comunicazione in Italia fra le persone fino a 30 anni rispetto a quelle da 31 in su (percentuali).

Età 14-30 più di 30
Televisione 94,6 98,4
Cellulare 93,7 68,6
Radio 82,3 58,9
Libri 66,1 38,5
Quotidiani 60,6 57,8
Internet 58,7 18,4
Tv satellitare 24,5 10,6

A parte l’ovvia “onnipresenza” della televisione, è evidente che il “menu” di comunicazione è molto più ricco fra i giovani. Ma alcuni dati smentiscono opinioni diffuse, come quella che i giovani “non leggono” (la definizione “libri” in questa ricerca esclude i testi scolastici). Anche se la “soglia” è bassa (“almeno tre libri all’anno”) la scarsa propensione degli italiani a leggere libri è un problema che riguarda più gli adulti che i giovani.

Un caso particolare è quello dell’internet, dove si rileva una “spaccatura” fra i giovani simile a quella che c’è in generale nella popolazione. Ma su questo ritorneremo più avanti.

Il quadro si rivela più complesso se si distinguono le fasce di età (in questo caso si tratta di “uso abituale”).

Età 14-18 19-24 25-30
Televisione 93,4 91,5 88,5
Cellulare 93,4 92,5 86,9
Radio 73,5 72,9 68,3
Libri 54,4 50,2 43,4
Quotidiani 31,7 43,8 49,7
Internet 32,4 43,3 38,6
Tv satellitare 17,1 11,4 14,5

Una domanda, cui per ora è difficile dare risposta, è come si evolverà la situazione. Possiamo immaginare che, per alcuni comportamenti, le abitudini dell’adolescenza continuino nei periodi successivi – cioè i venticinquenni di domani somiglieranno ai diciottenni di oggi. Per altri, invece, è inevitabile che con il cambiamento del ciclo di vita ci siano anche evoluzioni delle abitudini – e che perciò i comportamenti delle “fasce di età” rimangano simili a quelli di oggi.

Si possono fare “ragionevoli ipotesi” a questo proposito, ma per avere idee più precise dobbiamo augurarci che il Censis continui le sue rilevazioni nei prossimi anni e che quindi si possa cominciare a costruire una “serie storica” da cui poter ricavare qualche indicazione sui cicli evolutivi.

Possiamo immaginare che i diciottenni di oggi, quando cresceranno, continuino a usare il cellulare, ma in modo un po’ diverso. Possiamo aspettarci che guardino un po’ meno la televisione, leggano di più i giornali, e (purtroppo) leggano meno libri perché, specialmente con l’inizio del lavoro, “hanno meno tempo”. Ma l’esame dei fatti nei prossimi anni potrà riservarci qualche sorpresa.

Già in questa indagine, oltre alla conferma di alcuni fatti noti, ci sono informazioni che contrastano con i luoghi comuni. Per esempio alla domanda con un po’ di tempo libero a disposizione che cosa sceglie più volentieri? dopo l’onnipresente televisione (31,7 %) è interessante trovare, al secondo posto e con una scarsa differenza, “leggere un libro” (29,8 %).

Un’altra osservazione rilevante è quella che conclude i commenti introduttivi di Raffaele Pastore del Censis.

Il 72,5 % preferisce i media che “sanno proporsi in maniera seria e autorevole” smentendo quell’altro luogo comune che vuole i giovani sempre più favorevolmente dediti al versante leggero delle cose, e ribadendo la necessità che i media non sappiano solo inseguirli e rinforzarli su tale versante, bensì sappiano assumersi l’onere della serietà e dell’autorevolezza anche nei confronti dei più giovani.

Sino interessanti anche le critiche. Queste sono le cose “che più disturbano”.

La volgarità, soprattutto; poi l’impressione che in fondo i media “vogliono imporre il loro punto di vista” – e al terzo posto la superficialità. Una terna di critiche tutt’altro che trascurabile, tenuto conto della provenienza giovanile, ossia quella considerata quasi sempre quiescente rispetto ai media.

Per quanto riguarda l’internet, questa è la sintesi nell’analisi del Censis.

L’eccezione, nel set di media elettronici-digitali, è costituita dall’internet, perché ha contemporaneamente il più basso tasso di vicinanza (23 %) e il più alto tasso di lontananza (30 %): come a dire che, ancora una volta, le tecnologie connesse alla navigazione in rete spaccano quasi in due la popolazione giovanile, esattamente come spaccano quasi in due la popolazione in generale. L’internet divide, perché con la stessa forza che attrae una buona fetta di giovani ne respinge un’altra.

(È importante rilevare che la “divisione” sta nei comportamenti e nelle percezioni più che nelle tecnologie. Vedi un articolo, in questa rubrica, del settembre 2001  La divisione è culturale, non “digitale”).

Il fatto fondamentale è che le generalizzazioni e i “luoghi comuni” sono semplificazioni arbitrarie, che non ci aiutano a capire. E spesso sono profondamente sbagliate. Non esiste un “popolo dell’internet” con caratteristiche omogenee, come non esiste un “mondo dei giovani” appiattito su quei pochi, banali valori che gli attribuisce l’opinione dominante. E tantomeno esiste un’identificazione grossolana fra un’ipotetica cultura giovanile e un’altrettanto immaginaria “monocultura” della rete.

L’elemento determinante, nell’uno e l’altro caso, non è un’arbitraria quanto perversa “omogeneizzazione” – che tende a orientarsi verso gli aspetti più stupidamente ripetitivi, monotoni e gregari.  [Vedi Il circolo vizioso della stupidità].

Al contrario, il valore più interessante, degno di attenzione e “coltivazione”, è la ricchezza delle diversità. Che può essere meglio approfondita con strumenti flessibili e interattivi, come la rete.



 

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