timone Il Mercante in Rete
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Marketing nei new media e nelle tecnologie elettroniche


Numero 33 – 24 aprile 1999

 

 

loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: Nuovi ruoli e nuovi conflitti

Un nuovo sistema in cui si agitano e si mescolano tante diverse iniziative non può non avere una crescita turbolenta e generare conflitti di interessi. Credo che sia impossibile prevedere l'esito del complesso quadro competitivo che si sta sviluppando, ma mi sembra interessante osservare come nascano nuove forme d'impresa che potrebbero occupare spazi rilevanti e che, inevitabilmente, entrano in competizione fra loro e in contrasto con altri operatori.

Anche fuori dall'internet, nell'evoluzione complessa delle telecomunicazioni si aprono spazi per nuove imprese e nuove attività. Per esempio i nascenti broker di connettività, che si offrono alle imprese e ai professionisti come servizi in grado di analizzare le diverse proposte disponibili e individuare il "pacchetto" più adatto alle loro esigenze (in Italia è nata Between, che aprirà il suo sito online il 3 maggio 1999).

In rete, si delinea già il contrasto fra i "portali" – che tendono a canalizzare il traffico (e le transazioni) online – e i singoli operatori che preferiscono avere un dialogo diretto con i loro clienti. Il conflitto è particolarmente evidente negli Stati Uniti, dove la rete è più diffusa e dove esistono operatori tradizionali di grandi dimensioni: come America Online, che controlla 15 milioni di utenti (molti dei quali tendono a restare all'interno del suo sistema di servizi e a non esplorare indipendentemente la rete). O come i grandi repertori e motori di ricerca, che fanno tutto il possibile per essere intermediari e mediatori fra chi visita i loro servizi e chi ha qualcosa da offrire in rete. Nel resto del mondo non ci sono, per ora, presenze di "peso" paragonabile: ma la gara per cercare di accaparrarsi il flusso dei contatti, e quindi potenzialmente degli affari, si sta già aprendo. Insomma il cosiddetto "commercio elettronico" ancora non esiste, o è nella sua prima infanzia; ma intorno alla sua culla di affollano presenze di ogni specie (difficile capire se sono fate benigne o avide fattucchiere) intese a impadronirsi del suo futuro.

Che ci siano conflitti di interessi, è fisiologico. Finché si sviluppano in un quadro di aperta e trasparente concorrenza possono solo giovare allo sviluppo del mercato; e in ultima analisi andare a vantaggio del "consumatore" o comunque di chi acquista. Ma non tutto è limpido e chiaro.

Difficile capire, in questa fase ancora nascente, se prevarranno i "portali", cioè i sistemi centralizzati, o gli specialisti: cioè chi offre un servizio specifico o chi assume funzioni di orientamento in un settore specializzato (sia che operi come broker, sia che sia soltanto un punto di riferimento dove sui offrono informazioni e confronti ragionati fra diverse offerte). La soluzione più desiderabile sarebbe una convivenza, e un'aperta concorrenza, fra gli uni e gli altri; lasciando a chi acquista la scelta dei servizi più utili e più adatti alle sue esigenze.

Ho già accennato al possibile sviluppo dei cosiddetti agenti intelligenti, cioè sistemi che confrontano offerte diverse (prezzi, caratteristiche, qualità, valore). Possono proporre ai loro visitatori un'analisi di offerte online o anche una verifica di proposte nel mercato tradizionale: cioè prodotti o servizi su cui ci si informa online ma che si acquistano in altro modo. Nell'uno e nell'altro caso possono diventare un punto di riferimento e quindi acquisire una notevole forza sul mercato.

Classificare i servizi può essere difficile, perché possono assumere tante forme diverse. Per esempio nel settore dei viaggi potremmo avere chi analizza le offerte di diversi vettori o tour operator e chi si specializza in settori particolari – un certo tipo di destinazione, un certo tipo di vacanza o di viaggio per lavoro – o si mette al servizio di particolari esigenze, come quella di chi cerca il massimo sconto possibile, o soluzioni fortemente personalizzate; o chi vuole scoprire quali offerte sono disponibili se prenota all'ultimo momento.

Un altro esempio fra i tanti possibili... nel settore dell'automobile, prevarranno le strategie che stanno mettendo in atto le case produttrici, per usare la rete nel sistema dei fornitori come nell'organizzazione dei concessionari, o si svilupperanno operatori indipendenti in grado di "consorziare" l'acquisto e condizionare prezzi e contratti? Naturalmente è molto più facile comprare online un libro, un disco di musica o un biglietto per il teatro che un bene complesso come un'automobile; ma non è escluso che un uso intelligente delle tecnologie, unito a servizi high touch, possa portare a nuove forme di vendita e di acquisto, meno strettamente legate al territorio, anche nel caso di beni "importanti" e impegnativi.

Ci può essere anche il caso di chi, acquisita credibilità sul mercato in un settore, tende ad allargare la sua sfera di attività. Un esempio è quello di Amazon, la più nota operazione di vendita online del mondo, che (prevedibilmente) ha esteso la sua offerta dai libri alla musica e ora sta sperimentando l'entrata in altri settori.

Gli esempi possono essere infiniti, comprese alcune idee che finora nessuno ha avuto e che potrebbero rivelarsi di imprevisto successo. Una delle chiavi per immaginare nuovi servizi sta nel guardare il mercato non dalla parte di chi vende, ma dalla prospettiva di chi acquista.

Mi sembra inevitabile che lo sviluppo delle transazioni in rete veda non solo l'evoluzione di attività tradizionali ma anche la nascita di servizi completamente nuovi. I problemi possono essere molti. Uno è il rischio, da molti paventato, che un mercato di continuo e diretto confronto si traduca in una guerra di prezzi (vedi Il disagio del prezzo) che in alcune zone geografiche, specialmente in Europa, può valicare i confini nazionali (vedi L'eterno dilemma: prezzo e qualità). Una sfida probabilmente dura, in cui tuttavia alla fine (credo e spero) prevarrà non lo "sconto a tutti i costi" ma la migliore combinazione di qualità, servizio e valore.

Un altro problema è l'obiettività degli intermediari. Sembra probabile che nella maggior parte dei casi i servizi offerti non possano essere a pagamento. Chi gestisce un servizio, se non è pagato da chi acquista, deve farsi pagare da chi vende. Qui si aprono aree di difficoltà e di sospetto che possono incrinare la credibilità degli intermediari. Come possiamo essere sicuri che il servizio cui accediamo ci dia un'offerta obiettiva e indipendente e non si faccia "corrompere" da chi lo paga di più? Già oggi vediamo polemiche e lamentele sul fatto che alcuni repertori o motori di ricerca non trattano tutte le "fonti" nello stesso modo. Quando qualcuno offre un link, sorge sempre più spesso il dubbio: ci sta dando un servizio o è stato pagato per mandarci lì? È facile prevedere che prima di arrivare a un sistema chiaro e trasparente dovremo attraversare una fase turbolenta, con contrasti e polemiche e con diverse strategie: chi cercherà il profitto a breve anche a costo di pratiche non ineccepibili, e chi saprà puntare su una strategia più duratura per meritarsi la fiducia dei clienti.

Forse, accanto ai tanti manuali su come vendere in rete, dovremmo vederne nascere qualcuno su come comprare. Perché un acquirente attento e informato è la forza determinante nella crescita di un mercato sano e orientato alla qualità.

 

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2. Come "dovrebbe essere" la rete (Vint Cerf)

Ho già citato nel numero 27 di questa rubrica un'interessante intervista con Vinton G. Cerf – uno dei "padri storici" dell'internet. Mi sembrano degne di citazione anche le osservazioni che ha fatto durante il convegno Computers, freedom and privacy che si è svolto a Washington dal 6 all'8 aprile 1999.

Con una certa durezza, Vint Cerf ha osservato che la rete è ancora molto lontana dall'essere ciò che dovrebbe. "Com'è facile dire che l'internet è per tutti, com'è difficile farlo davvero".

Benché la rete sia cresciuta molto, il 98 per cento dell'umanità ne è ancora escluso.

Non tutti possono permettersi un accesso. Ci sono molti paesi il cui il costo è esorbitante rispetto al reddito disponibile e gli ostacoli (spesso burocratici e organizzativi più che tecnici) sono insormontabili per gran parte della popolazione.

La rete dovrebbe essere unrestricted, unfettered and uncensored: cioè libera da ogni restrizione, vincolo o censura. Non lo è; anzi continuano ad accumularsi i tentativi di regolare, limitare e controllare, che servono solo a ostacolarne lo sviluppo.

L'accesso alla rete è troppo complesso, le tecnologie sono troppo pesanti, non si educano le persone a usare bene l'internet.

In tutto il mondo la rete è oppressa da a thicket of conflicting laws, una selva di leggi e norme sbagliate e in conflitto fra loro.

La rete diventa un mezzo in cui gli utenti non possono proteggere la loro riservatezza e privacy. Occorre dare a ciascuno le conoscenze e gli strumenti per potersi difendere – compreso l'uso della crittografia.

Occorre operare attivamente e ostinatamente perché l'internet sia "il mezzo di comunicazione del nuovo millennio". La rete deve essere "per tutti" e "di tutti", ha concluso Vint Cerf; ma non lo sarà se non ci sarà un diffuso e serio impegno per farne uno strumento davvero libero e aperto.

 

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3. Europa e America; diversità e armonia (Tim Berners-Lee)

Mi sembrano interessanti alcune osservazioni di un altro protagonista storico: Tim Berners-Lee, il "padre" di quel sistema, oggi diffusissimo, che si chiama World Wide Web (e che preferisco non chiamare più "ragnatela" per non evocare lo spettro di qualche mostruoso ragno – vedi i numeri 30 e 32 di questa rubrica).

Il suo articolo The Web; Europe and the US; Diversity and Harmony è stato scritto nel 1996 e aggiornato nel 1997. Mi sembra ancora di attualità. Ai tempi in cui inventò la World Wide Web (ormai quasi dieci anni fa) Tim Berners-Lee lavorarva al CERN a Ginevra; oggi è al MIT. Quindi ha la capacità di vedere la situazione nelle due prospettive: quella europea e quella americana. Ecco alcuni dei punti più rilevanti del suo articolo.

Immaginiamo che il futuro delle reti in Europa sia come negli Stati Uniti, con qualche anno di ritardo. Ci sono molti motivi per pensare così. Il blocco anglofono dà a qualsiasi cosa lanciata negli USA un vantaggio iniziale in Europa. C'è il pregiudizio culturale che gi americani sono un popolo che fa mentre gli europei si perdono in chiacchiere. C'è l'idea che manchi spirito imprenditoriale, che noi europei pensiamo sia andato perso in mezzo al mare sulla Santa Maria o sulla Mayflower. Suvvia... non diciamo stupidaggini.

Quando progettavo un sistema ipertestuale per il mondo ero un europeo: un inglese che lavorava a Ginevra e viveva fra la Svizzera e la Francia; facevo parte di molte diverse e sovrapposte comunità. Per esempio di una comunità internazionale di fisici dell'energia; e di un'altra, quella strana, informale, tollerante comunità di persone, prevalentemente tecniche, che si scambiavano articoli, testi e corrispondenza con l'internet. Nessuna di queste comunità era legata a confini geografici. Negli anni seguenti, la sempre più vasta diffusione della World Wide Web ha portato molti a chiedersi se i confini geografici diventeranno del tutto irrilevanti; e, se sarà così, con che cosa rimarremo.

Questo ci porta a una domanda fondamentale: come vivremo su questo pianeta quando avremo tutti accesso alla rete. ..... Le proiezioni variano dall'orrido all'idilliaco, e spesso la differenza è una questione di puti di vista. Possiamo ragionare su qualche preoccupazione per il lontano futuro, ma intanto pensiamo ai prossimi anni.

La rete si è diffusa negli Stati Uniti come un incendio in una foresta, in un modo che non potrà ripetersi in Europa. L'abbondanza dei contenuti già disponibili in rete è il propellente che fa crescere una sempre maggiore produzione di risorse; più contenuti, più servizi, migliore organizzazione e catalogazione. ... Alla crescita dell'offerta di servizi corrisponde la crescita della domanda, e viceversa; ogni frammento di informazione, non importa quanto esoterico, è disponibile a chiunque lo voglia in quella vasta monocoltura monolilguistica che sono gli Stati Uniti (o almeno così sembrano nella visione semplicistica che ne abbiamo noi europei). Le economie di scala sono enormi.

In Europa ci sono barriere fra le culture. Anche da noi l'aumento dell'informazione disponibile fa crescere la lattura, e viceversa; ma il processo è più lento. Se metti online una pagina sull'allevamento dei criceti, la leggeranno solo gli amici dei criceti che conoscono la tua lingua. Se apri un'area di dialogo sulle qualità della ale inglese, troverai scarso interesse nelle culture del vino (o di birre di altro carattere). Aggiungiamo il fatto storico che l'internet è nata negli Stati Uniti e che in Europa si è sviluppata con parecchi anni di ritardo.

Ciò non vuol dire che non ci siano molte cose che gli stati europei possono fare, individualmente e insieme, per accelerare lo sviluppo della rete. Come permettere una forte e aperta concorrenza nell'offerta di ogni genere di servizi. I monopoli delle telecomunicazioni non si stanno eliminando abbastanza in fretta. Negli Stati Uniti sembra che il mercato sia in grado di coprire il costo delle connessioni a lunga distanza con gli abbonamenti individuali; ma non risulta che sia ancora così nel traffico internazionale. Quando qualcuno chiede se è davvero possibile che l'internet si blocchi per sovraccarico, rispondo che è già successo. Le connessioni transatlantiche sono paurosamente sovraccariche: l'accesso è lento e instabile. A lungo termine, dicono che il problema della banda disponibile riguarderà "l'ultimo chilometro", cioè la distanza dal router più vicino a casa nostra. Ma nel breve termine sono più che soddisfatto di una connessione a 28,8 kb se la mia quota della "banda" a lunga distanza è adeguata. Se le forze del mercato non bastano a risolvere il problema, dovranno intervenire i governi. Ma la disponibilità di banda è il minore dei problemi.

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È vero, le persone dall'Europa oggi vanno soprattutto su siti americani, perché è lì che si trova la maggior parte dei contenuti. Ma se qualcuno pensa che la soluzione sia rallentare le connessioni transatlantiche, è meglio che ci ripensi. Vorrebbe dire immaginare che se e quando l'Europa sarà ampiamente collegata non avrà nulla da dire, nessuna cultura da proporre e coltivare. Se crediamo che sia così, meglio smettere di leggere e smettere di pensare.

In Europa abbiamo la sfida di comunicare meglio fra culture diverse. Il vantaggio, naturalmente, è che se riusciamo a gettare un ponte fra le differenze la ricchezza culturale è grande. La rete toglie le barriere geografiche – ma resteranno le barriere culturali? Andremo a finire in una monocultura globale o in una miscela di punti di incontro di infinita varietà?

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Le nazioni europee studiano i pro e i contro della condivisione o protezione delle culture da molto prima che nascesse la rete. ...... La struttura della nostra società è stata basata sulle barriere geografiche. .... Gran parte della struttura gerarchica del nostro mondo è costruita sullo spazio bidimensionale che nella rete cessa di esistere. Tuttavia la mia osservazione della cultura iniziale dell'internet mi ha portato a constatare che, benché libera da limiti geografici, tendeva a chiudersi in settori sempre più piccoli secondo gli interessi personali di ciascuno.

Siamo in mezzo a due prospettive ugualmente preoccupanti. Da un lato la discesa al più basso comune denominatore, spesso rappresentato da fast food o cartoni animati americani, con la perdita di tutta la ricchezza della diversità. Dall'altro la diversità estrema e chiusa. Se ciascuno filtra la corrispondenza in rete in modo da comunicare solo con chi condivide le sue strane opinioni, segue i link nei siti web solo nell'ambito di qualche oscuro culto, riuscirà a chiudersi in una botola culturale così profonda che se incontra fisicamente una persona per la strada non è più in grado di capirla?

La soluzione per evitare l'uno e l'altro rischio sta nel nostro comportamento individuale. L'universalità della rete sta nel fatto che l'informazione può rappresentare qualsiasi cosa, dagli appunti privati di una persona alla più neutra e patinata pubblicazione globale. Noi come persone possiamo, con o senza la rete, interagire su qualsiasi scala. Siamo come pixel in un set di mandelbrot: siamo parte del disegno a qualsiasi livello di scala. Possiamo essere coinvolti a ogni livello e così tessere un insieme ricco di sostanza, equilibrare l'omogeneità e l'eterogeneità, l'armonia e la diversità. Possiamo essere coinvolti come persone, famiglie, città, imprese, stati, nazioni, unioni o a livello internazionale. C'è cultura a tutti i livelli e dovremmo saper dare un peso equilibrato a ciascuno. In Europa forse c'è un livello culturale in più da superare. Questo rende l'impresa di una misura più difficile – e il risultato altrettanto più premiante.

Mi sembra interessante notare come due osservatori che conoscono la rete fin dalle origini, e che hanno una cultura tecnico-scientifica, concordino su un punto fondamentale: i valori e i problemi più importanti non sono tecnologici. Sono umani e culturali.

 

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loghino.gif (1071 byte) 4. L'internet, un pericolo per le aziende? (Roberto Venturini)

Quasi un anno fa, nel numero 21 di questa rubrica avevo citato alcune osservazioni di Roberto Venturini su perché l'internet mette a disagio le imprese. Riprendo volentieri un nuovo approfondimento dello stesso autore; che non è un "fondatore" della rete o uno scienziato di fama internazionale, ma un giovane impegnato quotidianamente, in Italia, nel difficile compito di trovare il punto d'incontro fra le esigenze delle imprese e le possibilità offerte dalla rete. Ha la sana abitudine di parlare con nitida franchezza della situazione concreta – comprese le non poche difficoltà e complicazioni che ovviamente ci sono e che è meglio conoscere anziché illudersi di poterle evitare. La relazione è stata presentata durante il convegno Internet Marketing Workshop Giovani Imprenditori – Federlombardia che si è tenuto a Cernobbio il 20-21 marzo 1999. La raccolta dei documenti presentati in quel convegno può essere prelevata sul sito mktg.it – compreso il testo completo di questa relazione. Ne riassumo qui alcuni punti essenziali.

L'internet è un fenomeno in costante e rapidissima evoluzione ..... è difficile inquadrare in un'istantanea un bersaglio mobile in continuo divenire. A complicare questa complessità intrinseca il fenomeno internet è stato pesantemente mediatizzato, sottoponendo il pubblico a un information overload, dai toni forzatamente sensazionalistici, deformati; il tema è stato raramente affrontato in modo semplice e oggettivo. E questo ha aggiunto altra complessità e difficoltà alla comprensione del fenomeno. Specialmente per chi, come le aziende, deve analizzarlo e comprendere come questo nuovo strumento possa rappresentare un'opportunità, un rischio o un fattore indifferente in relazione al proprio business.
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L'internet potrà ben presto diventare uno strumento chiave per le aziende, grazie alle sue potenzialità, alla sua efficacia e alla sua efficienza. D'altra parte ..... sviluppare un'attività di marketing e comunicazione sull'internet può avere conseguenze destabilizzanti.

Se si fa un asettico sito istituzionale o una brochure online (senza farlo sapere a nessuno) possiamo stare tranquilli. Passiamo inosservati e viviamo sereni, senza vantaggi ma anche senza complicazioni. Diverso è il problema quando decidiamo di portare in rete una seria operazione di marketing e comunicazione. Dal momento in cui iniziamo a esplorare il progetto ci appaiono evidenti tutta una serie di effetti collaterali sul nostro modo di fare business e di organizzare il lavoro dell'azienda. .....

Il linguaggio, le tecniche, il modo di comunicare con il "consumatore" usati sui mezzi tradizionali sono profondamente diversi dal modo di comunicare in rete. Le aspettative sono diverse, gli strumenti e gli stili sono differenti. ...........................................

Per usare bene l'internet dobbiamo acquisire nuovi skill e aprirci a una diversa visione del marketing e della comunicazione.

Se stiamo pensando di usare l'internet per far conoscere la nostra azienda e i nostri prodotti, il primo problema non è come organizzare al meglio il sito. Il problema è come far sapere al nostro target che ci siamo, dove siamo e, soprattutto, dar loro buoni motivi per investire tempo e fatica per venirci a vedere.

La comunicazione in rete (come tutte le altre forme di comunicazione) richiede un solido approccio strategico. L'internet non è una bacchetta magica che mi permette di fare a meno di tutti i principi base del marketing e della comunicazione che già devo considerare.

Se facciamo del business-to-business, probabilmente il nostro target è abbastanza limitato in termini numerici. Se riusciamo a entrare in contatto con le persone chiave delle aziende che ci interessano, è fondamentale riuscire ad coinvolgerle e a stimolare una loro risposta. Dobbiamo aprire un canale di comunicazione, aprire la porta al feedback, alle loro richieste

Se facciamo del business-to-consumer, ha poco senso (e può avere un impatto negativo) chiudere la porta al feedback, rifiutare la possibilità al consumatore di interagire. Se l'internet ha la sua vera forza nella capacità di costruire una relazione con il consumatore più stretta di quella dell'advertising, è un non sense non sfruttare queste potenzialità e trattare il consumatore come faremmo con un qualsiasi altro mezzo.

[Comunicare in rete] vuol dire avviare una relazione a due vie con il cliente (o potenziale cliente).

Di qui l'opportunità (la necessità) di integrare la comunicazione .... sviluppando comunicazioni, offerte e soluzioni su misura per loro... tutte cose che l'internet può permettere di fare. .... Ma il progetto inizia a diventare complesso e ad avere riflessi su tutto il marketing aziendale.

Entrare nel mondo dell'online, diventare interattivi, sta iniziando a produrre problemi: diamo all'utente la possibilità di parlare con noi, di chiedere, di confrontare. Chi ha imboccato questa strada ha accelerato un processo di dinamizzazione del mercato e di empowerment del cliente. ..... Tutto ciò richiede solide basi; non solo di grafica e di programmazione, di tecnologie e di informatica – richiede solide basi strategiche nel marketing, nella comunicazione, nell'organizzazione aziendale. ...........................................

All'internet sono spesso assegnate le briciole dal punto di vista delle risorse umane / tempo. In un mondo in cui i risultati si valutano sempre più sul breve periodo, si preferisce puntare le risorse su iniziative collaudate ..... L'internet è spesso ancora percepita come un esperimento, non se ne percepisce il valore potenziale né il fatto che la finestra strategica per entrarci da leader prima o poi si chiuderà. ..... È la classica sindrome del "se nessuno dei miei concorrenti lo fa allora vuol dire che non vale la pena di farlo".

Se le aziende non ritengono l'internet importante, non faranno formazione al proprio management su questo nuovo mondo. Il management sarà costretto a valutare il web-marketing in base alle proprie esperienze "tradizionali" e non è detto possa comprendere le opportunità a disposizione. Si decide quindi di lasciare alla nostra concorrenza il diritto di prelazione su uno strumento che non intendiamo usare, un territorio che non sappiamo presidiare.

Supponiamo comunque che, con molta fatica e testardaggine siamo riusciti a portare in porto il progetto. Siamo online. E se ci vengono a vedere? Semplice. Entrano nel sito... E l'azienda è nuda. ...........................................

Un sito internet può avere dimensioni virtualmente infinite e contenere tutto lo scibile umano sulla nostra azienda, i nostri prodotti, i nostri servizi. Diventa difficile giustificare il fatto che sul nostro sito, potenzialmente di illimitate dimensioni… diciamo poco o niente. Abbiamo qualcosa da nascondere? Su di noi c'è poco da dire? Non siamo capaci di far di meglio? Non vogliamo che il nostro cliente interagisca con noi? Forse è il caso di evitare che il visitatore si ponga queste domande. Specialmente se i concorrenti hanno tutto online (ad esempio i prezzi, i dati tecnici, il servizio di assistenza...).

Forse è meglio che l'internet lo facciamo bene o non lo facciamo affatto. Fare il sito '"di minima" può creare più danni che vantaggi.

Fare bene un sito significa dare un alto contenuto di servizio al consumatore/utente. Dare informazioni approfondite. Dare soluzioni individuali. Dare risposte. Presentare a fondo azienda e prodotti. Soddisfare bisogni e desideri. Incentivare l'acquisto…

Sfumano i contorni; il sito è un luogo dove devo fare direct marketing ma anche un luogo di promozione, relazioni pubbliche, comunicazione istituzionale e di prodotto, servizio pre-sale e post-sale…tutto è contiguo e c'è un continuo overlapping tra le variabili di marketing e comunicazione. Non è come fare la classica pubblicità o il catalogo tradizionale.

Occorre un rilevante investimento di pensiero e un coinvolgimento integrato/sinergico di molte competenze.

A questo punto, è ovvio, l'internet non è cosa che possa fare una persona sola. Diventa un lavoro di team. ..... Questo, a sua volta, comporta ulteriori complicazioni: integrare le competenze vuol dire far lavorare insieme persone di reparti diversi, con know-how ed esperienze differenti ..... C'è poi il problema della scarsa conoscenza dell'internet in azienda. Se vogliamo che le persone coinvolte possano contribuire (o almeno non essere colli di bottiglia), sarebbe necessario dare a tutti l'accesso all'internet, stimolarne l'uso, fare un training specifico (più in termini di internet marketing che di "tecnica"). .....

È probabile la nascita di resistenze all'interno dell'azienda, di un'opposizione al cambiamento.

Se vogliamo fare internet sul serio occorre intervenire sulla struttura dell'azienda, sull'organizzazione del lavoro, responsabilità e competenze. Senza poi menzionare il caso in cui si voglia entrare nel commercio elettronico e si debbano integrare nel processo problemi di vendita e di logistica…

Una volta poi che siamo riusciti a mettere in moto la macchina aziendale e con molta buona volontà abbiamo finito il sito, sorge la necessità di aggiornarlo. Dobbiamo quindi ricoinvolgere le persone…che scoprono che l'internet è un progetto on-going, un tormentone che non finisce mai e che assorbe su base continuativa tempo e risorse.

In sostanza: mettersi sull'nternet è un processo impegnativo. Che tra l'altro ci capita proprio in un momento in cui la competitività sui mercati si sta esacerbando – sempre più cose da fare, sempre meno persone, soldi, tempo e risorse per gestire il nostro business.

Adottare l'nternet come strumento strategico per il proprio marketing significa modificare strutture, procedure e filosofie aziendali. In sostanza mettere in discussione lo status quo. ...........................................

In fondo, forse, per certe aziende il vero problema non è l'adozione o meno dell'internet quanto un generale approccio all'innovazione e la capacità di reagire alle mutate condizioni del mercato. Vero è che affrontare un ripensamento dell'azienda in termini di flessibilità, di snellezza organizzativa e di rapidità di risposta potrebbe comunque tornare utile all'azienda.
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In conclusione: l'internet è un pericolo per le aziende?

Può essere un pericolo perché costringe l'impresa a ripensare al proprio modo di fare business, di stare sul mercato, di essere competitiva – in sostanza a cambiare sé stessa.

Ma, soprattutto, può essere un pericolo se l'internet lo fanno (e bene) i concorrenti. Se, come molti di noi pensano, l'internet diventerà una significativa realtà, è altamente probabile che un gran numero di aziende attualmente di successo si trovino un domani in situazioni alquanto imbarazzanti. L'incapacità ad adattarsi potrà decretare l'irrilevanza progressiva di una serie di protagonisti e sanzionare l'inaspettato successo di outsider più innovativi.

Cambiare è rischioso, adottare l'internet come componente strategico della propria azienda è sicuramente faticoso ed è una scommessa. Ma molte aziende, su questa scommessa, nei prossimi cinque anni potrebbero giocarsi la sottile differenza tra crescere o declinare.

 

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5. L'Italia non s'è desta

Sta diventando monotona la constatazione della debolezza italiana in rete. Mi dispiace di ripetere questa malinconica litania, ma l'osservazione dei fatti non fa altro che confermare una situazione di cui si sta gradualmente diffondendo la conoscenza, ma di cui finora non si vedono i rimedi.

Naturalmente i dati di un mese non sono significativi; quindi non è il caso di drammatizzare una brusca caduta del hostcount italiano che si è registrata in marzo e che può essere (come si è constatato varie volte in passato) un'oscillazione tecnica. Questi sono i dati per i 22 paesi nell'area Europa-Mediterraneo con più di 50.000 host internet alla fine del primo trimestre 1999. Le statistiche di marzo sono state pubblicate l'8 aprile da RIPE (Réseaux IP Européens)

  Host internet
marzo 1999
Variazione %
su febbraio
Variazione %
su dicembre 1998
Host per
1000 abitanti
Germania 1.535.136 + 1 + 5,9 18,7
Gran Bretagna 1.512.123 = + 5 25,7
Olanda 681.471 + 10,8 + 8,9 43,7
Francia 562.914 + 13,8 + 10,1 9,7
Finlandia 467.207 – 0,2 +1,7 91,1
Svezia 420.574 + 2.0 + 10,8 47,4
Italia 359.387 – 15,8 – 7,0 6,3
Norvegia 330.793 + 0,6 + 3,7 75,4
Spagna 316.879 + 5,2 + 3,4 8,1
Danimarca 312.072 + 0,5 + 4,6 59,7
Belgio 299.314 + 31,5 + 43,5 29,6
Svizzera 258.162 – 1,2 + 5,2 36,6
Russia 212.328 + 1,8 + 16,2 1,4
Austria 175.339 + 3,2 + 1,6 18,3
Polonia 152.212 + 2,9 + 16,6 4
Israele 121.711 + 1,7 + 6,2 21,6
Ungheria 100.173 – 1,3 + 4,4 9,9
Repubblica Ceca 92.588 + 5,5 + 7,1 9
Portogallo 62.262 + 4,1 + 11,7 6,3
Irlanda 61.118 = + 9,4 17
Grecia 56.239 + 4,3 + 12,7 5,4
Turchia 55.212 + 1,3 + 13 0,9
Unione Europea 6.811.662 + 2,7 + 6,2 18,6
Totale Europa-Med. 8.428.408 + 2,7 + 7,1 12

È interessante notare che alcuni paesi dell'Europa orientale e dell'area mediterranea hanno una crescita superiore alla media europea; mentre i due paesi più forti in cifra assoluta, Germania e Gran Bretagna, hanno uno sviluppo relativamente più lento.

Quello che segue è un aggiornamento del grafico di crescita della rete in Italia rispetto all'Europa.

 

Host internet in Italia e in Europa
febbraio 1998 – febbraio 1999
(agosto 1997 = 100)

Elaborazione su dati RIPE Réseaux IP Européens

 

Il dato di un mese, come già osservato, non è significativo. Ma il problema è che non si conferma, almeno per ora, quella tendenza di crescita che sembrava esserci fra novembre e febbraio.

Vediamo ora l'aggiornamento di due grafici "trimestrali". Il primo riguarda la presenza dell'Italia in rete come percentuale rispetto all'Europa.

 

Host internet in Italia: percentuale rispetto all'area Europa e Mediterraneo

(Elaborazione su dati RIPE – Réseaux IP Européens)

dati trimestrali


Le fasi di ripresa che si erano notate nel secondo e quarto trimestre del 1998 non trovano, almeno per ora, conferma in un andamento più stabile. La presenza italiana in rete rispetto all'Europa continua a oscillare fra il 4,2 e il 5,2 per cento, mentre dovrebbe essere più del doppio.


 

Il secondo riguarda la crescita della rete nei cinque "grandi paesi" dell'Unione Europea.

 

Host internet in 5 paesi europei – 1995-1999

Fonte: RIPE (Réseaux IP Européens) – dati trimestrali – numeri in migliaia

Nota: in questo caso per la Francia non è stato introdotto alcun "correttivo" per il fattore minitel

 

Non c'è molto di nuovo. Il fatto più rilevante è proprio la mancanza di grandi cambiamenti. Come abbiamo già visto, negli ultimi sei mesi i due paesi più forti hanno una crescita relativamente più lenta; ma le distanze rimangono molto grandi. La Francia ha un andamento più dinamico dell'Italia e della Spagna, ma non ha ancora realizzato il trasferimento all'internet dell'attività svolta tradizionalmente sul minitel. L'Italia non dà segni di "decollo" e appare particolarmente debole nel primo trimestre del 1999; dovremo, ancora una volta, aspettare i dati dei prossimi mesi per vedere se ci saranno segnali di recupero.

 

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Lista dei link

Alcuni lettori mi hanno fatto notare che stampano il testo prima di leggerlo e quindi non possono andare direttamente, durante la lettura, ai link offerti online. Per comodità di chi legge offline, ecco una lista dei riferimenti citati in questo numero.

Between – ICT broker http://www.between.it
"Agenti intelligenti" e Il disagio del prezzo http://gandalf.it/mercante/merca28htm#heading05
L'eterno dilemma: prezzo e qualità http://gandalf.it/offline/off11.htm
High tech – high touch http://gandalf.it/mercante/merca32.htm#heading02
Amazon http://www.amazon.com
Intervista con Vint Cerf http://gandalf.it/mercante/merca27.htm#heading05
Convegno Computers, freedom and privacy http://cfp99.org
Perché l'internet mette a disagio le imprese http://gandalf.it/mercante/merca21.htm#heading05
Internet Marketing Workshop http://www.mktg.it
La ragnatela e il ragno immaginario http://gandalf.it/mercante/merca30.htm#heading01
L'orribile ragno http://gandalf.it/mercante/merca32.htm#heading05
Europe and the US; Diversity and Harmony http://www.w3.org/People/Berners-Lee/1996/EUUS.html
RIPE http://www.ripe.net/statistics/hostcount.html

 

 

 

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