3) Alcuni dati Prima di proseguire, credo che possa essere utile osservare alcuni semplici dati. Poiché la rete non è un "mezzo di massa", i dati quantitativi non sono molto rilevanti; è assai più importante concentrarsi sui valori qualitativi. E poiché si tratta di un fenomeno ancora agli inizi della sua evoluzione, ogni analisi dev’essere considerata provvisoria e scarsamente significativa rispetto ai mutamenti, sostanzialmente imprevedibili, che ci stanno davanti. Ma credo che alcune constatazioni elementari siano utili, se non necessarie, per inquadrare la situazione di oggi e mettere su basi pratiche ogni ragionamento o proposta che si voglia sviluppare. La diffusione della rete nel mondo è tutt’altro che omogenea – e dominata da un solo paese: gli Stati Uniti d’America. Il 70 % dell’internet è in un paese, con meno del 5 % della popolazione mondiale. L’80 % in 4 paesi, con meno del 10 % della popolazione mondiale. Il 90 % in 10 paesi, con il 12 % della popolazione mondiale. Il 10 % nel resto del mondo, con quasi nove decimi della popolazione. Un giorno questa tendenza dovrà rovesciarsi. Ma per ora la concentrazione rimane, anzi aumenta. Mi sembra una prova rilevante, e per molti aspetti drammatica, del fatto che la diffusione della rete si trova ancora in una fase infantile e profondamente distorta. Tutte le stime sul numero di "utenti" internet sono poco credibili, nel mondo come in Italia, ma un fatto è chiaro: il 98 % dell’umanità rimane ancora escluso da questo nuovo strumento di comunicazione. L’Italia, che si vanta di essere "la quinta potenza economica del mondo", si trova a un debole dodicesimo posto; mentre la sua economia è circa il 4 % di quella globale, la sua presenza nella rete è lo 0,8 %.
L’Italia sarebbe all’ultimo posto fra i "paesi economicamente più avanzati" se il "G7" non fosse diventato "G8" con l’entrata della Russia. Il quadro diventa ancora più evidente se osserviamo la densità di host internet in relazione alla popolazione. Ci sono altri paesi, non compresi in questo grafico, che hanno una densità molto superiore a quella italiana (fra questi paesi "nordici", come l’Islanda, e paesi asiatici come Singapore; ma anche la piccola Repubblica di San Marino). L’Italia non è fra "i primi 20" paesi del mondo per quanto riguarda l’attività in rete. (Per altre osservazioni sui dati, vedi la newsletter Il mercante in Rete, e in particolare il numero 15 per le analisi su scala mondiale). Mi sembra interessante osservare lo stesso dato su scala europea, e in particolare nei quindici paesi dell’UE: Il primato (europeo e mondiale) della Finlandia è un fatto noto e consolidato; anche se altri paesi crescono, la distanza rimane invariata. Ma si tratta prevalentemente di un fenomeno "domestico", cioè più orientato agli scambi all’interno del paese che all’attività internazionale (più dinamica, in questo senso, la Svezia). In generale i paesi scandinavi hanno storicamente una forte attività in rete, come è tipico dei paesi ad alto tenore di vita e bassa densità di popolazione (per esempio, fuori dall’Europa, l’Australia e la Nuova Zelanda). La Germania, al primo posto in Europa in "cifra assoluta", ha una densità di poco superiore alla media dell’Unione Europea; la sua attività telematica sembra molto più concentrata sul mercato interno che sullo scambio internazionale. Per quanto riguarda l’Italia, i dati mi sembrano eloquenti; ma se vogliamo davvero renderci conto della nostra arretratezza, rispetto al nostro ruolo economico, basta confrontare la densità della rete con il prodotto interno lordo: Ecco un altro grafico, che mi sembra eloquente: L’Italia ha il 12% del PIL europeo, il 14% delle automobili, il 10% dei telefoni, oltre il 16 % dei telefoni cellulari... ma il 4% della rete. E, almeno per ora, non stiamo "guadagnando terreno" rispetto al resto del mondo, e in particolare dell’Europa. Anche in Italia la rete ha avuto una crescita vivace (in percentuale); ma sta rallentando.
Può essere interessante osservare la variazione nel tempo della percentuale di host italiani rispetto al totale europeo. L’Italia ha gradualmente guadagnato terreno, dal 2 per cento nel 1990-92 al 3 nel 1993-95 al 4 nel 1996 e al 5 nel 1997, ma è scesa al 4 per cento nell’ultimo periodo. La tendenza continua nei primi mesi del 1998. La diminuzione del numero di host in Italia, che stiamo notando da alcuni mesi, potrebbe non essere solo un segno negativo. In parte può riflettere una "maturazione", cioè un abbandono di iniziative prive di sostanza e di contenuto. Ma il fatto preoccupante è che, per ora, l’Italia non dà alcun segno di riguadagnare il terreno perduto o di ridurre la distanza che la separa dai paesi più avanzati e in particolare dai suoi più diretti "concorrenti" sulla scena economica mondiale. La partita è tutt’altro che persa: siamo appena agli inizi di un fenomeno ancora nuovo, complesso, disomogeneo e mutevole. Ma mi sembra importante capire che occorre un forte impegno per poterci collocare nel "ruolo che ci compete" in un sistema di comunicazione che diventerà sempre più rilevante per la cultura e per l’economia di tutto il mondo. Prima di concludere questi confronti "numerici", vorrei soffermarmi su un altro dato, che può sembrare un dettaglio ma mi sembra interessante: lo sviluppo della telefonia cellulare. Da parecchi anni ormai questo servizio ha uno crescita molto veloce; paragonabile, forse, a quella dell’internet – ma (specialmente in Italia) con dimensioni molto più grandi. Non ho ancora informazioni aggiornate per il 1997; ma anche se questi dati sono vecchi di un anno, e oggi le "cifre assolute" sono più grandi, non credo che la situazione sia sostanzialmente cambiata per quanto riguarda i confronti e le analisi. Telefonia cellulare in alcuni paesi europei (migliaia di unità) 1996
Non è certo una sorpresa constatare che gli italiani sono fra i più forti utilizzatori di "telefonini": 94 abbonamenti cellulari per 1000 abitanti, contro 66 in Germania e 43 in Francia. Siamo superati dagli inglesi (121 per mille) che però ne fanno un uso un po’ più "serio", come risulta da questi dati. Ecco una sintesi grafica di questi dati:
Alcuni numeri, benché relativamente piccoli, sono significativi. Più di due milioni di italiani usano la segreteria telefonica sul cellulare, ma solo 8.000 (su 400.000 in Europa) usano una scheda digitale per trasmissione dati. In Svezia la densità di questo utilizzo, rispetto alla popolazione, è 60 volte la nostra; in Gran Bretagna 9 volte; in Germania 6. Un altro segnale della nostra arretratezza. Vediamo anche questa analisi in forma grafica: Un altra constatazione interessante è che in tutta Europa, mentre in generale continua a prevalere la tecnologia antiquata del fax, nel caso dell’utilizzo su telefonia cellulare prevale nettamente (5 a 1) la trasmissione dati, cioè l’e-mail. Potrei citare molti altri dati, che confermano il quadro. Ma spero che queste indicazioni siano sufficienti per capire un fatto fondamentale: la situazione dell’Italia è estremamente arretrata rispetto a quella degli Stati Uniti, debole rispetto ai nostri maggiori concorrenti nell’economia mondiale; e siamo "l’ultima ruota del carro" nell’Unione Europea. In un fenomeno così nuovo, complesso e in continua evoluzione come la rete, abbiamo molte possibilità di recuperare il terreno perduto; ma sarà difficile ottenere quel risultato se non si parte da una visione realistica della situazione in cui ci troviamo. I motivi della nostra arretratezza sono molti, ma ciò che mi sembra fondamentale è
che si tratta soprattutto di fatti culturali. L’intricata mescolanza di
tecnomitologie e tecnofobie in cui ci stiamo dibattendo è il "nodo gordiano"
che occorre tagliare.
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