Convegno La Repubblica sull’internet – 12 Marzo 1998 – relazione di Giancarlo Livraghi


2) La pentola e il martello


Prima di concludere questa premessa, permettetemi un’altra metafora.

Se devo piantare un chiodo, e non ho un martello, è possibile che ci riesca con una pentola. Forse il chiodo sarà un po’ storto, forse il muro sarà un po’ sbrecciato, ma se la cosa che devo appendere non è troppo pesante può darsi che la cosa funzioni.

Se fossi su un’isola deserta, e il mio unico attrezzo fosse un martello, forse potrei usarlo per cucinare: scaldandolo bene sul fuoco e tagliando le cose a pezzettini, potrei fare una specie di grossolano sukiyaki. Non sarebbe un capolavoro di gastronomia, ma meglio che mangiare lucertole crude.

Ma per chi non è un naufrago in lidi sperduti e può disporre di attrezzi adatti è meglio usare martello, cacciavite, pinze e tenaglie secondo il caso; e in cucina pentole, padelle e forno, secondo la ricetta.

Chissà perché, quando si tratta di uso della rete, così tanti insistono a usare (e proporre) soluzioni e strumenti semplicistici e grossolani; che possono anche, talvolta, funzionare, ma sono certo meno efficaci di un lavoro ben organizzato con un’adeguata scatola degli attrezzi o batteria da cucina.

Ormai cominciano a esserci analisi e proposte di metodo molto più precise. Sono ancora voci sommesse nella gran fanfara miracolistico-superficiale, ma se si cercano con un po’ di attenzione è possibile trovarle. Invece non solo si continuano a proporre e praticare usanze che farebbero ridere anche Robinson Crusoe, ma si continua a farne dottrina, a insegnarle nei corsi di formazione, a diffonderle nei manuali, a proporle come tema nelle tesi di laurea (con grande smarrimento degli studenti che cercano di svolgere seriamente il compito).

Gli errori che spesso si commettono sono molti. In modo forse un po’ grossolano, ma spero non irragionevole, per semplicità si possono raggruppare in sei categorie:

  1. Pensare alla rete come se fosse un "mercato di massa".
  2. Ragionare secondo le logiche del marketing tradizionale e dei mezzi broadcasting a senso unico.
  3. Considerare il "commercio elettronico" come l’unica forma di marketing in rete.
  4. Nell’ambito del "commercio elettronico" pensare a un’unica formula, semplicistica e riduttiva: un sito web con un catalogo di prodotti o servizi e azioni di "pubblicità" per farlo conoscere.
  5. In modo ancora più riduttivo, pensare alla comunicazione in rete come se fosse solo un "mezzo in più" per la pubblicità tradizionale (intesa quasi sempre come diffusione di "banner").
  6. Invertire le priorità: scegliere gli strumenti prima degli obiettivi.

Non è meno riduttivo, anche se apparentemente meno improprio, pensare alla comunicazione in rete come una semplice variante in più del tradizionale direct marketing. Non si tratta solo di una interattività molto più diretta, ma di un sistema di relazioni che nessun modello di direct response poteva sviluppare con gli strumenti disponibili in passato. Anche in questa prospettiva, occorre pensare in modo nuovo, con grande apertura mentale e senza tentare di imprigionare una realtà ricca e complessa (e in continua evoluzione) negli schemi tradizionalmente definiti in situazioni molto diverse.

Vorrei usare per una volta, e in questo caso (credo) a proposito, una delle parole più abusate e fallaci che ricorrono quando si parla della rete. La combinazione di questi errori produce un danno davvero esponenziale, perché gli effetti negativi non si sommano, ma si moltiplicano.

Al contrario una soluzione corretta, che sappia usare bene le sinergie di vari fattori, porterebbe a una moltiplicazione dell’efficacia. Ma c’è un problema: questo percorso richiede molta più attenzione e approfondimento di quanto, almeno per ora, la maggior parte delle imprese sia disposta a dedicare alla rete.
 


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