Le affascinanti origini
dellumanità
Giancarlo Livraghi marzo 2013
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(migliore come testo stampabile)
Da parecchi anni, sono sempre più affascinato dalle crescenti scoperte dellarcheologia e della paleoantropologia. Cioè da quella parte della storia umana su cui non abbiamo (almeno finora) trovato fonti scritte.
È sempre meno preciso definirla preistoria, perché continua a migliorare la nostra capacità di capirla o almeno di fare ipotesi ragionevoli sullevoluzione della nostra specie, con sviluppi importanti che si rivelano sempre più antichi.
(Vedi alla fine i link a cose che avevo scritto, negli anni scorsi, su questo argomento. In particolare Empatia).
Senza per questo cadere in sciocche e arroganti presunzioni di unicità o superiorità, il percorso evolutivo del genere umano ha, da milioni di anni, caratteristiche diverse da qualsiasi altra specie.
Ci sono ovvie somiglianze con i nostri parenti prossimi (i mammiferi, in particolare i primati) ma ci sono innegabili e straordinarie diversità.
Non sono solo importanti progressi scientifici. Si tratta di scoperte che è necessario interpretare per definire meglio leterna domanda: chi siamo, dove andiamo, e perché? senza illuderci di poter trovare una risposta certa e definitiva, ma con una migliore e più stimolante possibilità di capire il nostro ruolo nellevoluzione della vita.
È evidente che in molte specie ci sono manifestazioni rilevanti di intelligenza. Ma in nessuna (per quanto ci è stato possibile verificare finora) uno sviluppo di pensiero concettuale come quello umano.
Alcuni animali (non solo fra gli uccelli) sanno cantare. Cioè non solo emettere suoni e segnali con un preciso significato, ma anche modularli con una consapevole intenzione emozionale. Ma solo lumanità fabbrica strumenti musicali.
È pensabile che possa esserci anche un piacere estetico nella costruzione di architetture funzionali (per esempio i nidi) ma è solo umano lo sviluppo di arti e mestieri anche se non è facile capire quale fosse l'intenzione delle antiche pitture che troviamo sulle pareti delle caverne paleolitiche.
Insomma il cammino dellevoluzione, che condividiamo con una immensa diversità di specie viventi o estinte, comprese tante che non abbiamo ancora scoperto, ha in quella umana uno sviluppo diverso da tutte le altre. E quel percorso si è tracciato in tempi molto più remoti di quanto, ancora pochi anni fa, potevamo immaginare.
Loccasione per ritornare sullargomento mi è offerta da un articolo di Heather Pringle in Scientific American del marzo 2013. Raccoglie una serie di interessanti scoperte in recenti studi da cui risulta che la capacità di innovazione nelle culture umane considerate primitive è sorprendentemente complessa ed è da attribuire a tempi molto più antichi di quelli che si potevano stimare prima di questi nuovi approfondimenti.
Alcune delle nuove datazioni sono straordinarie rispetto a ciò che eravamo abituati a pensare. Per esempio utensili di pietra scheggiata 2,6 milioni di anni fa. Un milione di anni trascorsi dallepoca in cui si trovano prove di uso controllato del fuoco.
Questa è una delle immagini pubblicate da Scientific American. È uninterpretazione riferibile a reperti datati 500.000 anni fa.
Le punte di lance e frecce dovevano essere, necessariamente, montate su un manico. Il problema è che il legno non si conserva per millenni come la pietra e perciò non si trova negli scavi.
Si tratta di capire come fossero bloccate, con funzionale precisione, in modo abbastanza robusto. Fortemente legate e altrettanto fermamente incollate. In recenti esplorazioni si sono trovate, in appositi contenitori, miscele di diverse sostanze accuratamente formulate per essere potenti e tenaci adesivi.
Questo è solo uno fra parecchi esempi di sistemi tecnicamente complessi efficacemente realizzati in epoche molto più remote di quanto si potesse immaginare in base alle precedenti conoscenze sulle capacità di progettazione e fabbricazione in epoca paleolitica.
Ci sono scoperte di generi diversi. Si usa parlare di età della pietra, ma si trovano anche reperti di altri materiali.
Per esempio si usavano, come materassi, giacigli fatti di erbe scelte non solo per morbidezza, ma anche per lodore: probabilmente era un profumo gradevole, ma soprattutto era capace di tenere lontani fastidiosi parassiti, comprese le zanzare portatrici di infezioni.
Anche in casi come questo, nuove esplorazioni rivelano tempi più antichi. Per gli insettifughi, ora si risale a 77 mila anni fa 50 mila più di ciò che risultava da ricerche precedenti.
Heather Pringle spiega come si è evoluto il pensiero scientifico in seguito alle nuove scoperte. «Negli ultimi dieci anni gli archeologi hanno scoperto prove molto più antiche di arte e tecnologia avanzata, dimostrando che la capacità umana di inventare idee nuove si è evoluta molto prima di quanto si pensasse in precedenza anche prima che emergesse letnia homo sapiens 200.000 anni fa».
Cioè siamo appena allinizio di un cambiamento profondo nel modo di capire levoluzione umana. Che non è spiegabile solo in termini di mutazione genetica casuale.
Si è dimostrata limportanza dei fattori culturali anche in altre specie (in particolare, ma non solo, nei mammiferi). Ma in nessuna con unintensità così prevalente come nel genere umano.
Nella preistoria, cioè dove non si trovano testi scritti, è difficile valutare levoluzione del linguaggio. Ma anche in questo senso ci sono deduzioni importanti dai recenti sviluppi dellarcheologia.
Non sappiamo quale protolingua parlassero gli umani di centomila o un milione di anni fa. Ma è dimostrato che esperienze e metodi non solo si trasmettevano da una generazione a quella seguente allinterno di una comunità umana, ma erano anche scambiate fra gruppi e culture diverse. Cosa possibile solo con capacità cognitive complesse e linguaggi adatti a condividerle.
* * *
Ci sono scoperte, che cambiano la storia delle tecnologie, anche in tempi molto più recenti. Un esempio si trova in un articolo pubblicato da The Economist il 9 marzo 2013. Riguarda un oggetto trovato nel relitto di una nave affondata nella Manica il 9 novembre 1592.
In base a questo e altri reperti, Guy Ropars delluniversità di Rennes, con la collaborazione di altri studiosi, ha dimostrato in modo credibile che si tratta di un sunstone (pietra del sole) e che perciò non è solo una leggenda che strumenti di quel genere fossero usati, anche cinque o sei secoli prima, da navigatori vichinghi.
Si tratta di una tecnica sorprendentemente raffinata. Una pietra chiamata Iceland spar (spato dIslanda) è un cristallo di calcite trasparente che ha particolari caratteristiche di polarizzazione della luce. Perciò permette di rilevare la direzione del sole, anche in un giorno nuvoloso. Recenti verifiche sperimentali dimostrano che con una pietra del sole si possono fare rilevazioni notevolmente precise.
Nel sedicesimo secolo era già ampiamente diffuso l'uso della bussola magnetica. Ma poteva funzionare male, perché non si era ancora trovato il modo di compensare una bussola per rimediare al disorientamento provocato dalla vicinanza di oggetti metallici come i cannoni in una nave da guerra. Perciò è ragionevole che un vascello militare inglese fosse dotato di un più affidabile sunstone.
A differenza dei moderni radar e localizzatori satellitari, uno strumento come questo funziona anche in mancanza di batterie e generatori di elettricità. Ancora oggi non mi sentirei tranquillo se dovessi affrontare una traversata oceanica senza un sestante.
* * *
Ci sono sempre state, in tutta levoluzione della specie umana, fasi di accelerazione della capacità inventiva e periodi di rallentamento. Conoscenze e sperimentazioni avanzate che si traducono in nuovi progressi oppure si spengono in dimenticanza e regressione.
Solo gli storici di domani potranno (se e quando ne saranno capaci) conoscere e spiegare lesito della fase in cui ci troviamo. Ma un fatto è chiaro. Potremmo cominciare, già oggi, a capirla meglio prestando più attenzione a ciò che possiamo imparare dalla nostra storia. Nella prospettiva di decenni, secoli e millenni anche milioni di anni fa.
Alcuni articoli precedenti su argomenti analoghi
Empatia in Uomini e topi
Levoluzione dellevoluzione
Il ruolo delle donne nellevoluzione umanaIstinto o cultura?
Leclissi di Darwin
I dinosauri non sono estinti
Post scriptum
aprile 2013Altri risultati di esplorazioni archeologiche possono stimolare qualche ragionamento su vari aspetti dellevoluzione umana. In particolare due, diversamente significativi.
Scavi recenti hanno trovato spaventose prove di diffusa violenza omicida. Molti crani fracassati e altre conseguenze di feroci aggressioni mortali. Ciò che stupisce è lo stupore. Sembra che gli scienziati, in base alle importanti scoperte di empatia, collaborazione e scambio culturale, si illudessero di poter immaginare una preistoria meno bellicosa.
Purtroppo non cè alcun motivo di credere che i nostri antenati, prima che ci fossero resoconti scritti delle guerre, avessero abitudini meno violente. Cera allora, come cè oggi, una mescolanza di malvagità e fraternità, odio e simpatia, collaborazione e aggressiva ostilità.
Non è un caso che fra i reperti di età della pietra ci siano spesso punte di freccia e altre armi. Che non servivano solo per andare a caccia o per difendersi da varie specie di predatori. Erano anche usate dagli umani per ammazzarsi fra loro.
Come ho rilevato in varie cose che ho scritto (per esempio in Stupidità della guerra nel capitolo 10 di Il potere della stupidità) in tutta la storia (e preistoria) della nostra specie la guerra è sempre stata considerata non solo un male necessario, ma addirittura un dovere eroico e glorioso.
Solo in tempi molto recenti (meno di un secolo) si è cominciato a capire che sarebbe meglio eliminarla. Per lovvio motivo che le armi sono diventate così potenti da rischiare lestinzione della nostra specie e la distruzione di tutto, o quasi, lecosistema.
È doloroso constatarlo, ma la guerra è sempre stata il più forte motore dellevoluzione tecnologica. Ancora oggi è faticoso adattarsi allidea che occorre trovare altrettanta energia e ostinata dedizione per progredire in altri modi e con obiettivi diversi.
Abbiamo più che mai bisogno di consapevole mobilitazione, di irriducibile impegno, di militante solidarietà, con molta più coerenza di quanta ne possano esprimere vaghe proteste e sterili indignazioni.
E (non posso evitare di ripeterlo) è impossibile risolvere i problemi di oggi in prospettive ristrette a un paese, un continente o un modo provinciale di pensare. O anche solo al destino della nostra specie.
Non abbiamo capito abbastanza che siamo diventati i padroni del pianeta. Perciò responsabili di ogni forma di vita sulla terra e, se e quando riusciremo a trovarla, anche altrove.
* * *
Su tuttaltro argomento, solo in questi giorni ho saputo (per caso) di un oggetto che non è una nuova scoperta. È stato trovato in Egitto alla fine del diciannovesimo secolo. Da centanni è custodito nel Metropolitan Art Museum a New York. Per quanto è stato possibile sapere finora, è il più antico del suo genere che sia mai stato ritrovato.
È di epoca storica: tolemaica, cioè del periodo (dal 305 al 30 a.C.) in cui regnavano in Egitto i Tolomei, che erano greci e lEgitto era attivamente coinvolto nello sviluppo della cultura ellenistica.
Ancora oggi gli archeologi si chiedono che cosa fosse e a che cosa servisse. E naturalmente non possiamo sapere se fosse fabbricato in Egitto o importato da un altro paese con cui cera continuo commercio.
Si tratta di un icosaedro, cioè un poliedro a venti facce, ognuna con una lettera dellalfabeto greco. Le spiegazioni più plausibili sono due: che fosse un dado da gioco (anche dazzardo) o uno strumento magico di aruspici e indovini. È credibile che fossero vere tutte e due come accade ancora oggi con la cartomanzia e altri sortilegi.
Resta da capire perché si usasse un poliedro così impegnativo, mentre di solito ci accontentiamo, ancora oggi, di dadi a sei facce.
Forse aveva anche qualche uso o significato scientifico o filosofico? Non è impensabile, visto che in geomentria i cinque poliedri regolari (di cui licosaedro è il più complesso) sono chiamati solidi platonici.
Non è una sciocchezzuola. Il gioco ha avuto un ruolo importante nelle culture umane fin dalle più remote epoche paleolitiche. Ed è così anche in molte altre specie. Come divertimento, addestramento, rito, condivisione, partecipazione non solo nellinfanzia.
In tutta la storia (e preistoria) non contano solo i grandi eventi, le estese migrazioni, le imprese e le leggende di (reali o immaginari) protagonisti. Conta almeno altrettanto lesistenza quotidiana dei nostri progenitori di cui non conosciamo i nomi, né le biografie, ma possiamo con attenzione ricostruire la vita e il comportamento.
Come disse uno studioso del Metropolitan Museum, osservando questo reperto, «è importante sapere che gli antichi egizi non passavano tutto il tempo a costruire piramidi o imbalsamare mummie». E così per le usanze degli altri popoli in tutto il mondo. Più sappiamo da dove veniamo, meglio possiamo capire dove stiamo andando.
Supplemento
novembre 2013
Largomento è inesauribile. Gli approfondimenti sono continui. Ma non ci possiamo aspettare che ci siano molto spesso novità importanti.
Il lavoro dellarcheologia è per sua natura lento, prudente, paziente.
Ogni nuova scoperta deve essere analizzata, anche alla luce di altre conoscenze. Ogni deduzione deve essere verificata rispetto alla possibile credibilità di interpretazioni diverse.
Non si può impedire a un inguaribile curioso, come me, di farsi domande e sviluppare ipotesi plausibili di cui non cè ancora una prova esaurientemente verificata. Ma ho il dovere di essere, come infatti sono, disposto a cambiare idea se e quando ulteriori sviluppi della paleoantropologia proporranno in modo credibile altre prospettive.
Ai tempi delle caverne
che lingua si parlava?La prima cosa da capire, per inquadrare questo argomento, è che luomo delle caverne non è mai esistito. Forse, in qualche caso, cerano alcuni umani che le abitavano. Ma in generale, contrariamente a ciò che si è creduto per secoli, non era così.
Capanne di legno, di foglie, di rami o di paglia non lasciano tracce identificabili negli scavi perché, esposte al clima esterno, non si conservano durevolmente come la pietra. I reperti di ere antiche si trovano nelle caverne perché sono rimasti per millenni a riparo dalle intemperie e nascosti alle invadenze distruttive dei posteri ignoranti.
È possibile, ma poco probabile, che qualcuno decorasse le pareti di una sua grotta privata, come molto più tardi è accaduto nelle case di Pompei. È molto più credibile che le caverne dove troviamo dipinti fossero luoghi di rifugio e difesa in caso di turbamenti del clima o di aggressioni da parte di umani ostili o di altre specie pericolose.
È ancora più probabile che fossero luoghi collettivi, di incontro e colloquio, cerimonie rituali, scambio di conoscenze ed esperienze, apprendimento e aggiornamento di arti e mestieri, studio, formazione, addestramento, identità culturale. Per questo decorate e dipinte.
Mentre lasciamo ai paleoantropologi il delicato e metodico compito di continuare ad approfondire nuove scoperte e a interpretare meglio il significato di quelle già note, possiamo dedurre dal loro lavoro ipotesi e ragionamenti sempre più interessanti sulla natura del genere umano.
Recentemente, in pitture nelle caverne si sono trovate impronte di mani, interpretabili come firme dautore. Sono spesso riconoscibili come mani femminili. Forse vuol dire che le donne avevano più talento artistico? O tempo per coltivarlo, mentre gli uomini erano impegnati ad andare a caccia o a difendere famiglie e tribù da aggressori esterni?
Chissà. Ulteriori approfondimenti potrebbero aiutarci a capirlo. Ma il fatto importante è che i dipinti (come le sculture) non erano solo esercizi decorativi. Erano anche linguaggio, scrittura, conservazione di patrimonio culturale
Chissà se forse, un giorno, si troverà qualcosa di simile alla stele di Rosetta, che ci aiuti a capire la transizione dalle pitture ai geroglifici.
Una parte egizia, geroglifica, della stele di Rosetta che contiene lo stesso testo in grecoÈ sempre più evidente che nella preistoria esisteva una lingua, molto più complessa di un insieme di grugniti, fischi o gridi più o meno articolati. Era scritta, non solo parlata, molto prima che ci fosse un alfabeto o un codice sistematico di segni e simboli convenzionali.
Le datazioni delle pitture firmate sono, finora, imprecise. Variano da diecimila a quarantamila anni fa. Ma larte di dipingere esisteva molto prima. Si sono trovate, in conchiglie usate come recipienti, miscele di sostanze coloranti databili centomila anni fa.
È chiaro, comunque, che si tratta di pitture e sculture non solo decorative. Sono molto più antiche dellinizio della storia scritta che siamo in grado di leggere. Mentre i reperti trovati finora sono molto più recenti delle origini dellumanità. Cè tanto ancora da scoprire.
Con i progressi della paleoantropologia, ci sono sempre più motivi per credere che la comunicazione superasse le distinzioni fra diverse specie umane (di cui una sola sopravvive in epoca storica). Molto prima della leggendaria torre di Babele, e prima che prendesse forma il sanscrito, probabilmente cera una specie di antico esperanto.
Occorre ricordare che il numero di umani (comprese tutte le varianti di specie) era molto più piccolo di come poi è diventato. In assenza di una lingua condivisa, ci sarebbe stata poca gente con cui poter comunicare.
Un caso esemplare è quello dei cosiddetti Neanderthal. Per molto tempo considerati inferiori ai cosiddetti Sapiens (cioè noi).
Ormai si è capito che non erano così arretrati. E che comunicavano con i nostri antenati, tanto è vero che le due specie si sono incrociate, come dimostra il fatto che si trovano geni Neanderthal nel nostro DNA. (Oltre a quelli di diverse altre specie umanoidi o proto-umane).
Un fatto che meriterebbe di essere approfondito è la capacità umana di concepire arte. Molti altri animali sanno fare musica. Anche danza e teatro, nei gesti e movimenti che usano per rendersi attraenti o per scambiarsi segnali. E anche qualcosa che somiglia allarchitettura (principalmente, ma non esclusivamente, funzionale).
Però nessuno (per quanto, finora, è stato possibile capire) si dedica al piacere estetico di pittura e scultura. Che invece ha una presenza importante nello sviluppo di ogni specie che si possa definire umana.
Cè un fatto, sempre più evidente. che mi incuriosisce. Si trovano, nelle caverne, diversi generi e stili di pittura. Alcune sono figurative, altre astratte. Spesso cè una mescolanza di immagini descrittive e significati metaforici o simbolici.
Ci sono controversie fra gli archeologi su qual stili si possano considerare più primitivi o più evoluti. Mi sembra ragionevole pensare che non si tratti di prima o poi in un unico, presunto omogeneo e lineare, percorso evolutivo ma di diverse, anche contemporanee, forme e intenzioni espressive. Come nellarte di tutti i tempi.
Oltre allinteressante, recente scoperta del ruolo femminile, ci sono altri approfondimenti significativi.
Per esempio, alcune pitture cavernicole risultano attribuibili a bambini e bambine fra i quattro e i cinque anni (per la molto più breve durata della vita e per lesigenza di più precoce autonomia, erano meno infantili dei piccoli di oggi alla stessa età).
Ci sono due probabili interpretazioni: che si trattasse di giochi o che lespressione artistica fosse materia di insegnamento (anche come cultura di appartenenza e strumento di comunicazione). Mi sembra credibile che fosse un insieme delle due cose.
Un esempio di pittura preistorica figurativa, ma anche con probabili significati simbolici
Uno dei dipinti tutti di mani di cui non si è ancora capito il motivo e il significatoQuesti sono solo due esempi in una grande varietà di pitture preistoriche. Alcune trovate recentemente, chissà quante ancora da scoprire. Molte, già note, di cui si evolvono le interpretazioni, sempre più complesse e meno primitive di come si supponeva.
Ovviamente cerano anche sculture. E incisioni in pietra, come questa.
Si stima che questa incisione astratta
(di cui finora non si è saputo interpretare il significato)
sia databile più di 50.000 anni fa.
Forse è possibile che avesse una funzione simile
a quelle che poi sono diventate scritture cuneiformi?
È interessante che alcune forme di pittura astratta, più simbolica che descrittiva, si trovino in dipinti Neanderthal. Forse può voler dire che cerano pittrici neanderthaliane con capacità di immaginazione e fantasia grafica simili o superiori a quelle delle cugine sapiens?
In assenza, almeno per ora, di nuove scoperte o interpretazioni, domande come questa rimangono senza risposta. Ma un fatto sta diventando sempre più chiaro. La definizione di umano non si limita a quella di homo faber, cioè capace di fabbricare arnesi e strumenti.
È caratterizzata soprattutto dalle capacità di pensiero, sapere, conoscenza e comunicazione. Cioè scienza e filosofia anche se, alle origini, non erano ancora definite come metodi e discipline.
(Vedi le osservazioni, a questo proposito,
nei primi otto paragrafi di La divulgazione scientifica).Levoluzione delle conoscenze e delle scienze ha sempre avuto fasi di accelerazione e rallentamento (anche di decadenza e involuzione). Da due secoli ha una velocità di sviluppo senza precedenti, che coinvolge una parte crescente dellumanità (anche se, al contrario, crescono troppe situazioni di degrado e di aggressivo oscurantismo).
In questo senso, non è solo presuntuosa arroganza osare chiamarci homo sapiens. Ma cè un problema e si sta aggravando. Il potere di cui, sempre più, disponiamo sta rischiando di crescere troppo rispetto alle nostre confuse e inadeguate capacità di gestirlo.
So di essere insistente, ostinato e ripetitivo su questo argomento. Ma non posso evitare di ribadire, ancora una volta, che è sempre più pericoloso (per lumanità e per tutto lecosistema) non essere capaci di mettere un freno al devastante potere della stupidità.