Il filo
di Arianna
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it
Levoluzione
dellevoluzione
ovvero
Darwin
e società umana
Also in English también en español
Di etica si parla molto, ma alle parole non corrispondono i fatti (vedi E se letica tornasse di moda?). In questa complessa situazione è interessante un servizio di copertina pubblicato dallEconomist il 24 dicembre 2005.
È significativo che questo argomento sia trattato da una rivista che non si occupa prevalentemente di divulgazione scientifica, ma di economia, politica e società. Risponde a una domanda che ci poniamo da secoli e millenni ed è oggi, più che mai, di attualità. I valori etici, sociali, collaborativi, sono parte della natura umana? O devono nascere da fattori estranei, come le convinzioni filosofiche o religiose, le leggi e le regole concepite e imposte (più o meno arbitrariamente) da qualche autorità?
Fin dai tempi dellilluminismo era chiaro che lingenua visione del bon sauvage, come laveva immaginata Jean-Jacques Rousseau, non trova conferma nei fatti e nella storia. Cioè non è vero che luomo, buono e civile allo stato di natura, sia reso barbaro e crudele dalle istituzioni moderne.
Ma non è vero neppure il contrario: cioè che luomo sia per natura egoista e malvagio, e che ogni possibilità di convivenza civile debba derivare da un intervento esterno.
Rivedere questo concetto significa abbandonare gli schemi rigidi su cui si basano le teorie economiche codificate dalla più dogmatica, meno evoluta e meno sperimentale di tutte le scienze, tanto che definirla scientifica è sostanzialmente improprio. Le conseguenze, anche pratiche, di questa distorsione culturale sono serie e preoccupanti. Ma quello è un altro, e complesso, discorso.
Vediamo come lEconomist (cosa certo non casuale) ci aiuta a osservare il problema dal punto di vista dellevoluzione e in particolare dellantropologia.
copyright © The EconomistLa divertente immagine di una donna sui gradini più alti
ha uninteressante chiave di lettura,
ma non riguarda il contenuto dellarticolo
(che sia in abbigliamento natalizio
è solo un riferimento alla data di pubblicazione).
È chiaro comunque che in questo contesto per uomo si intende
essere umano, indifferentemente maschio o femmina della specie.
Un breve articolo introduttivo è completato da unampia sezione (dieci pagine) che documenta in modo più dettagliato le recenti scoperte storiche e archeologiche e gli sviluppi che ne derivano nello studio dellevoluzione, oggi molto progredito rispetto alla definizione iniziale concepita da Charles Darwin.
Il fatto fondamentale è che collaborazione e benevolenza sono parte della natura umana almeno quanto lo sono legoismo e la malevolenza. Gli sviluppi degli studi sullevoluzione dimostrano quanto fosse sbagliata la prospettiva del cosiddetto darwinismo economico nel diciannovesimo secolo, che influisce ancora su diffuse, quanto infondate, concezioni di oggi.
Il concetto avvelenato di sopravvivenza del più adatto, spiega lEconomist, era nato prima dello studio dellevoluzione. Laveva definito Herbert Spencer, come parte della dottrina economica. La pubblicazione (nel 1859) di Lorigine della specie di Charles Darwin offrì agli economisti classici, e in particolare a Spencer, loccasione di trovare un parallelo fra le loro teorie e il concetto di evoluzione, in cui trasferirono quella grossolana boutade.
Più di centanni fa Herbert Spencer era un collaboratore dellEconomist (che esce regolarmente dal 1843). È interessante che oggi la sua rivista, alla luce dei fatti e dello sviluppo scientifico, riveda in modo critico le opinioni del passato.
Nacque così il darwinismo sociale, una teoria perversa quanto scientificamente infondata. Non è il concetto antico di homo homini lupus, come lo definivano con disgusto Plauto e i tanti che lhanno citato. È la glorificazione del più spietato egoismo: è inevitabile il predominio dei più forti, ogni aiuto ai più poveri o ai più deboli è uno spreco, perché non sono i più adatti alla sopravvivenza.
Il darwinismo così inteso non è solo condannato al fallimento come concetto economico e sociale, ma è anche insostenibile dal punto di vista scientifico, perché non riesce a spiegare il fatto che nellevoluzione umana cè sì competizione, ma anche compassione e collaborazione. Una società priva di solidarietà, fiducia e consenso non è solo disumana ha anche scarse possibilità di sopravvivenza.
Per un secolo il darwinismo così concepito si è dibattuto nelle sue contraddizioni e perciò sembrava destinato a estinguersi. Ora invece il concetto di evoluzione ritorna con energia ma è una cosa molto diversa da ciò che sembrava a chi aveva scelto di interpretarlo in modo sbagliato.
Se gli studi di Darwin erano profetici rispetto a ciò che poi si è capito con lo sviluppo della biologia e la scoperta del DNA, hanno anche fatto molti progressi grazie a quasi 150 anni di evoluzione scientifica. Per esempio recenti analisi genetiche, insieme alle scoperte archeologiche, hanno permesso di definire in modo più preciso lo sviluppo e le migrazioni di diverse specie umane e umanoidi (spesso identificando date più antiche di quelle precedentemente immaginate). Questi studi sono ancora in corso e molto resta da scoprire. Ma intanto si è già progrediti abbastanza per poter ridefinire alcuni concetti evolutivi della nostra specie.
«La principale scoperta del darwinismo moderno spiega lEconomist è lidentificazione del ruolo centrale della fiducia nellevoluzione umana». La fiducia nasce dapprima fra i rapporti più stretti, famigliari e di vicinanza, ma poi si estende a chi dimostra di meritarla, verificando con lesperienza, dandola a chi collabora e negandola chi imbroglia.
Questa è una caratteristica fondamentale di ogni specie che si possa definire umana. Che non è mai totalmente collettiva, ma neppure totalmente individuale. Sopravvive solo con un equilibrio dinamico fra i due fattori (lEconomist ci ricorda che questo somiglia al concetto hegeliano di tesi-antitesi-sintesi da cui deriva linterpretazione marxista della storia, oggi accettata da molti che credono nel capitalismo e nelleconomia di mercato).
Insomma sarebbe ingenuo credere che levoluzione possa avvenire senza contrasti e conflitti. O che la natura umana sia dominata dallaltruismo, dalla solidarietà e dallattenzione al bene comune. Ma il fatto è che senza quei valori lumanità non è in grado di esistere.
Ho molto rispetto per le filosofie delletica e per i valori assoluti come quello che Kant chiama imperativo categorico. Ma è importante capire che non si tratta solo di princìpi ideali e tantomeno di irraggiungibili utopie.
Sarebbe sciocco ricadere nellerrore di Rousseau e immaginare che basti la natura umana per avere una società civile. Ma è altrettanto sbagliato credere che civiltà, etica, collaborazione e solidarietà siano contrarie al carattere strutturale e genetico della nostra specie. Sono necessarie alla sua sopravvivenza e soprattutto a unevoluzione che non sia solo larte di sopravvivere, ma anche quella di crescere e migliorare.
In un altro articolo di questa serie, nel marzo 2005,
Leclissi di Darwin era vista in un contesto diverso.