Sembra che, da un po di tempo, si ritorni a parlare
di etica. La parola era scomparsa dal lessico dominante. Un anno
fa (o cinque o dieci) chi aveva la malagrazia di accennare alletica
era zittito con un misto di fastidio e di disprezzo. Era bollato come
moralista o compatito per la sua puerile ingenuità.
In generale... è ancora così. Ciò
che conta, si dice, è la logica del profitto, del
potere e della fama. Chi è (o sembra) ricco o potente
o famoso merita ammirazione e rispetto. Forse anche amore.
A chi riesce in tutte e tre le cose si deve sconfinata
ammirazione. Ogni altro modo di pensare è noioso,
bigotto, antiquato e irrilevante.
Se qualcuno accusa qualcun altro di essere bugiardo,
imbroglione o disonesto, si dubita delle sue intenzioni.
Probabilmente, si pensa, è mosso dallinvidia o ha
qualche interesse in contrasto. Il che, spesso, è
vero. Cosa che aiuta a confondere le carte e a impedire di
vederci chiaro.
Questa mentalità, per ora, non sembra cambiata. Ma
sta spuntando, qua e là, il dubbio che si possano vedere
le cose in modo diverso e trarne conseguenze pratiche.
Stelle splendenti e osannate dellaffarismo speculativo
sono tramontate nel silenzio di uninformazione imbarazzata e
distratta. Ma alcune magagne sono venute a galla. Il caso
Enron è ancora allonore delle cronache
(con lannesso caso Andersen e
lintrico di connivenze fra controllori e controllati). Ci
sono vicende analoghe in Europa e altrove. Solo un osservatore
molto superficiale può pensare che si tratti di
casi isolati. Ce ne sono molti altri che forse
non verranno mai alla luce. Ciò che stupisce è
lo stupore quando se ne scoperchia qualcuno.
E in Italia? Nel paese dei condoni, dei compromessi e
degli insabbiamenti sembrava che tutto potesse restare
confuso in un polverone di chiacchiere e di ambiguità.
Così qualcuno ha pensato che si potesse esagerare. Ma,
se qualche deragliamento un po eccessivo ora tormenta tutto
il sistema, non occorre essere molto bene informati
per sapere che il contagio è diffuso.
Perciò può sembrare che, passata qualche
buriana e riseppelliti gli scandali nel dimenticatoio, si
possa tranquillamente tornare alle vecchie abitudini,
perché così va il mondo. Ma forse
non tutto è così profondamente impantanato.
(Vedi Le speranze e le
radici di unItalia più civile).
In conseguenza di queste e altre vicende sta rispuntando
la parola etica. Naturalmente la cosa è
sospetta. Ci possono essere davvero moralismi, ipocrisie e
bigottismi e in quel caso la cura può essere
peggiore del male. Come è probabile che ci siano
manipolazioni di varia specie comprese le lotte di potere
fra quelli che vogliono impadronirsi delle leve di controllo.
Ma il fatto è che letica può e deve
ritrovare il suo ruolo centrale, non solo nelle grandi
prospettive della cultura e delleconomia, ma anche in ogni
aspetto dellattività concreta. È venuto il
momento di rimetterla in evidenza fra i ferri del mestiere.
E di imparare bene come funziona. Non dobbiamo più
vergognarci di parlarne, chiaro e schietto. Né di metterla
in pratica e trarne un vantaggio competitivo. (Vedi
Letica della comunicazione).
Qualcuno potrebbe chiedersi perché queste
considerazioni si trovino su una rivista che parla di
marketing, comunicazione e web. Mi sembra evidente che hanno
una particolare applicazione proprio in queste prospettive.
Ma vediamo un po più specificamente come.
Nel mondo della comunicazione (vistosamente in quella
televisiva) si stanno incrociando accuse di disonestà,
di falsificazione, di imbroglio. Quel fracasso è
ambiguo, parrocchiale e strumentale. Ma almeno comincia a
circolare lidea che falsificare le storie, truccare le
notizie, glorificare gli imbroglioni, mettere sugli altari
astrologi, indovini, guaritori, stregoni, fattucchiere,
truffatori e balordi di ogni specie non sia un comportamento
giustificabile, neppure quando sembra che faccia salire
qualche impreciso e grossolano indice di audience.
Cè molto da cambiare nel mondo dei mass
media. E cè molto bisogno di dimostrare come si
possa avere successo (comprese buone quote di ascolto o di
lettura) facendo onestamente il proprio mestiere offrendo
informazioni (e divertimento) senza trucchi, senza patacche e
senza imbrogli. Questo è possibile e non è
molto difficile. Ma occorre uscire dal solco di abitudini
che, prima ancora di essere cattive, sono stupide e
squallidamente ripetitive.
Cè molto da cambiare nelle tecnologie
specialmente in quelle dellinformazione e della
comunicazione. Si sono promesse troppe soluzioni miracolose,
sviluppate troppe complicazioni inutili, vendute troppe
patacche a persone (o imprese) impreparate a capire
levoluzione turbolenta e confusa delle risorse disponibili.
Le delusioni e i fallimenti sono ormai troppi perché
si possa continuare indisturbati su una strada che può
offrire ad alcuni immeritati guadagni, ma mette profondamente
in crisi tutto il sistema.
Cè molto da cambiare nel mondo del marketing.
Quel termine è diventato quasi una parola oscena.
Eppure ci sono imprese che fanno buoni profitti con prodotti
di qualità, con informazione chiara e corretta,
offrendo davvero servizio utile ed efficace. Fanno marketing,
lo fanno bene, e non hanno alcun motivo di vergognarsene.
Di quelle imprese non si parla molto, perché
offrono poche occasioni alla cronaca scandalistica o mondana,
perché preferiscono far bene che perder tempo a
vantarsene e perché non vanno alla rincorsa di una
generica notorietà, di una visibilità
purchessia, ma badano a farsi conoscere, riconoscere e capire
da chi è in rapporto con loro. Non solo da chi
acquista i loro prodotti o servizi, ma anche da tutto il loro
sistema di relazioni in cui coltivano, con quotidiano
impegno, rapporti di solida e durevole fiducia.
Quanto allinternet... la rete è nata sana,
aperta, trasparente e libera. Nella sua sostanza lo è
rimasta. Anche il sistema web, ventanni dopo, è nato
pulito, limpido, opensource, strutturalmente semplice e olidamente
efficiente. La melma di pasticci in cui stiamo annegando deriva
dalle complicazioni inutili che si sono sovrapposte a quella base
sana e la stanno rendendo quasi irreperibile.
Nelle incrostazioni si annidano vari malanni
come lo spam,
le truffe, le trappole e la proliferazione
delle invadenze. Sono malattie curabili, ma mancano diagnosi
chiare e terapie efficaci. Molti si atteggiano a protettori o
terapeuti della rete, ma sono più interessati a
impadronirsene, a inquinarla o a controllarla che a
restituirle la sua sana e libera identità.
La nostalgia sta diventando una tentazione forte. Due o
tre anni fa pensavo che non dobbiamo avere nostalgie, che
limportante è capire la rete come è oggi e
come potrà essere domani. Ma ora devo confessare che
(come quasi tutte le persone che erano online dieci o
quindici anni fa) rimpiango sempre più la rete
di allora. Un amico mi ha ricordato in questi
giorni una mia vecchia ironica poesiola di quando stavano
arrivando i primi inquinamenti. Cominciava così:
«Comera bella, comera bella,
la telematica quando era snella».
A parte la cellulite, cioè i malanni derivanti
dalla pasticciata proliferazione della telefonia mobile, ci
sono segni vistosi di obesità e bulimia. Non parlo
dellenorme quantità di roba, in gran parte inutile,
che ingombra la rete. Qualsiasi tentativo di ridurla o
condizionarla sarebbe inaccettabile. La libertà di
comunicare va difesa a tutti i costi, anche quando è
piena di stupidaggini. La quantità dei contenuti
devessere lasciata crescere quanto vuole si tratta di
continuare a migliorare gli strumenti per trovare e scegliere
ciò che ci interessa (e la nostra capacità di usarli).
La cura disintossicante sta nelleliminazione delle
croste stratificate che si sono sovrapposte ai contenuti e ai
servizi utili. Nella decongestione di aberrazioni tecniche e
di metodi inefficienti, ingestibili e stupidi. Per rimettere
in luce ciò che vale, serve e funziona.
Ormai nessuno più mi accusa di essere un tecnomane
solo perché uso quotidianamente un computer e la rete.
E capita meno spesso che mi si gabelli per tecnofobo quando
mi stufo degli arnesi
che usiamo per scrivere, comunicare, eccetera perché,
con le tecnologie oggi dominanti, sono fra i meno efficienti e funzionali
che siano mai stati messi in commercio.
La nostalgia cè ed è ben motivata. Ormai
è chiaro che le cose funzionavamo molto meglio quando
erano più semplici. E che il marasma delle
complicazioni o è inutile o fa danno. Ma non si tratta
di piangere sul latte versato né di tornare
indietro. Si tratta di andare avanti e di farlo in modo
concreto, pratico e funzionale.
Per far questo è necessario ritrovare i valori.
Le strutture parassitarie che si arrampicano senza radici
succhiano la linfa vitale della pianta sana. Unenergica
disinfestazione è la premessa per ritrovare la via del progresso.
(Vedi Facciamo un passo indietro).
Mi sembra unottima idea far tornare di moda il buon senso,
il rispetto reciproco, le promesse fatte sapendo di poterle mantenere,
la correttezza, la sincerità, la responsabilità, la trasparenza.
In una parola, letica. Con in più, magari, un po meno boria,
più voglia di ascoltare e una sana dose di umorismo e di autoironia.
È importante capire che in quel modo si può
fare buon marketing, buona comunicazione, sano profitto.
Andare al lavoro con più buonumore, migliorare la
voglia, limpegno e la produttività. E così non
solo guadagnare bene, ma divertirci di più a lavorare,
non vergognarci di ciò che facciamo e dormire la
notte con più serenità.