Giocare è bello, piacevole, divertente e
utile. Con il gioco i bambini imparano, crescono, sviluppano
le loro capacità. E anche da grandi
giocare fa bene, libera lanima, aiuta il buonumore,
arricchisce la fantasia. La vita senza gioco non sarebbe solo
più noiosa, ma anche più povera di valore e di
significato. Se linternet fosse solo un grande giocattolo,
meriterebbe di esistere per quel motivo. Ma è anche
tante altre cose.
Un bambino deve imparare (fin dallinfanzia e sempre
più mentre cresce) che la vita non è tutta un
gioco. Che bisogna essere pronti a incontrare la
realtà. Talvolta bella, interessante, stimolante. Ma
anche difficile, faticosa o pericolosa. Un personaggio in un
cartone animato può cadere in un precipizio senza
farsi male o in un videogioco può rinascere mille
volte. Un bambino che stesse sempre davanti a un computer (o
a una consolle, o a un televisore) e non si sbucciasse mai un
ginocchio cadendo dalla bicicletta sarebbe un bambino scemo e
poco capace di muoversi nel mondo in cui vive.
Il gioco è virtuale. Linternet no.
È vero che in rete non ci possiamo toccare (né
per abbracciarci né per prenderci a botte). Ma il
dialogo è reale, diretto, umano e concreto.
Linformazione e lo scambio (di idee, opinioni o sentimenti)
sono elementi essenziali di ogni cultura umana.
È vero che gran parte della comunicazione
di massa è sempre più lontana dalla
realtà, sempre più persa
nellautocontemplazione di minuscoli salottini frequentati
dai soliti quattro gatti. Ma immaginare che sia quello il mondo in cui
viviamo può essere unillusione molto pericolosa.
Forse è meglio chiarire che quando parlo di
gioco non intendo scherzo, burla, umorismo o
satira. Sono cose diverse. Non solo senza un po di umorismo
la vita sarebbe squallida ma, come diceva Shakespeare, many
a true word is spoke in jest (pressa poco molte
verità si dicono scherzando).
Cè parecchio umorismo scadente, come quando
qualcuno dice la sai lultima? e ci propina
storielle che facevano sbadigliare i nostri bisnonni o che
ripetono i più triti cliché. Anche online molti
barzellettieri sono più noiosi che
divertenti. Ma quando lumorismo ha le ali può volare
alto e qualche volta una satira intelligente dice
più di tanti dotti sproloqui.
Ci sono anche giochi che hanno una funzione
seria. Si chiamano simulazioni e se ben fatte
possono essere molto utili. Ma, prima che un pilota possa
imparare da un simulatore come atterrare in un aeroporto che
ancora non conosce, dovrà aver fatto molte ore di volo
su aeroplani veri, cominciando con qualche piccolo velivolo
da addestramento prima di mettere le mani su macchine
più complesse.
Accade, invece, che si confonda la simulazione con la
realtà. Da almeno ventanni esistono studi ben
documentati sulla cosiddetta MBA
syndrome. Cioè una persona che ha studiato, in teoria,
gestione dimpresa (master in business administration)
quando si trova a lavorare nel mondo reale non adatta il progetto
operativo allevoluzione del mercato, ma tenta di forzare
il mercato a seguire uno schema di simulazione. Il problema
è seriamente reale. Le conseguenze sono,
contemporaneamente, comiche e catastrofiche.
La situazione è peggiorata con le molte
falsificazioni delle strategie dimpresa che imperversano,
con crescente intensità, a partire dagli ultimi due
decenni del secolo scorso. Non sono fenomeni nuovi. Cerano
situazioni analoghe nel diciottesimo e diciannovesimo secolo. (Vedi
I baroni
ladroni la storia è vecchia).
Ma in tempi più recenti si è messa in moto
unaccelerazione che ha landamento precipitoso
di una caduta inerziale. La diffusione dei titoli di borsa fra i
piccoli risparmiatori e lestensione
globale della finanza speculativa hanno portato
il problema a dimensioni che non si erano mai viste prima.
Non è vero che la bolla speculativa
fosse basata solo sulla cosiddetta new economy. Ci sono
stati sconquassi speculativi in imprese di ogni specie
dalle risorse energetiche alle società di consulenza
o di verifica finanziaria. E dalle nostre parti si sono visti
fenomeni analoghi che riguardano case automobilistiche,
imprese alimentari, squadre di calcio, eccetera.
Ma è vero che si è addensata
particolarmente sulle-business la proliferazione
di progetti irrealizzabili con simulazioni campate
per aria. Se avessero giocato a monopoli, o si fossero limitati a
scambiarsi partecipazioni di valore immaginario, avrebbero
perso solo soldi finti. Ma sono stati bruciati molti miliardi
di soldi veri. Quelli di chi ha investito i suoi risparmi in
progetti fallimentari e di chi è rimasto senza
lavoro per il tracollo delle imprese o per le drastiche
riduzioni di personale nel disperato tentativo di far
quadrare i conti.
La sbornia è passata? Non del tutto. Ci sono
molteplici imbrogli che, finora, non sono venuti alla luce.
Ci sono castelli in aria che riescono ancora, chissà
come, a farsi passare per cose serie. Ci sono anche nuove
avventure con scarse possibilità di successo.
Ma ci sono imprese che usano davvero la rete. Non
più come un vago atto di presenza o per la
ricerca di impossibili facili guadagni, ma per
applicazioni concrete. Con prevedibili situazioni di
smarrimento. Perché si scopre che occorre lavorarci
davvero, che debbono essere coinvolte funzioni aziendali che
credevano di potersene disinteressare. Perché
cè bisogno di formazione, verifica, costruzione di
esperienza. Tutte cose che erano ovvie da anni, ma solo ora
si cominciano a capire in pratica.
Sono cose ben note a chi ha seguito questa
rubrica dal 1998 a oggi. E spiegate ampiamente nel libro
La coltivazione
dellinternet di cui una versione
più breve, Le imprese
e linternet, si trova online.
Ci sono imprese che guadagnano bene vendendo giochi.
Non solo nel settore classico dei giocattoli, ma anche nel campo
delle nuove tecnologie. Con aggeggi o sistemi,
anche di uso adulto, che servono soprattutto per
divertimento. Ovviamente non è un fatto nuovo. E
naturalmente se cè chi vuol giocare è
ragionevole che si offrano strumenti di gioco. Ma se
è tutto lì, se lattenzione si
concentra solo sui trastulli, il problema diventa serio.
Studi internazionali dimostrano che in Italia prevale
luso ludico mentre sono sottosviluppate le
attività professionali, di studio e di lavoro.
Nelluso della telefonia mobile, ma ancora di più
nellinternet.
Fino al 1999 luso dellinternet in Italia era
prevalentemente dallufficio. Da quattro anni si stanno
diffondendo di più le connessioni domestiche
mentre luso della rete per lavoro rimane statico
(a un livello nettamente inferiore rispetto ai paesi più evoluti).
Vedi la sezione dati.
Non è mai stato vero che lItalia sia un paese di
giocherelloni anche se ogni tanto qualcuno dà al
mondo quellimpressione. Abbiamo dimostrato infinite volte di
saper lavorare bene, con impegno, iniziativa, dedizione. Ma
se nel generale smarrimento che affligge leconomia mondiale
ci lasciamo trascinare a capire le tecnologie solo come
giocattoli... il rischio diventa grave.
Se linternet fosse solo un giocattolo, potremmo
dimenticare la sua utilità come strumento di cultura,
di informazione, di scambio e arricchimento umano. Ma avremmo
perso una grande risorsa, di cui abbiamo appena cominciato a
capire lutilità. (È vero che la rete esiste da
trentanni, ma le evoluzioni culturali hanno bisogno di tempi
lunghi).
Si dice che giocando simpara e che le cose
conosciute inizialmente come gioco possono poi rivelarsi
utili anche per usi diversi. Spesso è vero. Ma non se
tutto viene incessantemente ricondotto al gioco, se i valori
pratici di utilità sono continuamente rimossi o
rimandati a qualche ipotetico futuro. Serve a poco diffondere
luso della banda larga o installare fibre
ottiche se manca la cultura umana e organizzativa per usare
con efficacia le risorse disponibili. (Vedi
Quei grandi tubi pieni di nulla).
Ormai lo sappiamo... ci sono stati sprechi enormi per
linstallazione di tecnologie senza un chiaro progetto di
come sarebbero state utilizzate. Le risorse tecniche senza
una strategia coerente e un processo adeguato non solo
soltanto uno spreco, sono un danno. (Vedi
Il paradosso della
tecnologia). Lo dimostra, per esempio, lo stato
deplorevole degli apparati burocratici, che non solo
con le tecnologie non rimediano i loro storici difetti,
ma spesso moltiplicano gli errori e le disfunzioni,
Ma anche nelle imprese private la situazione è
spesso desolante. Non basta la tardiva decisione di spendere
meno in tecnologie non necessarie occorre anche rimediare
ai danni prodotti da sistemi mal concepiti e peggio
applicati. Può essere disastroso tagliare i
costi sostituendo persone efficienti con automatismi
irresponsabili. Eccetera...
Ciò che occorre è un ripensamento profondo
di metodi e processi. Un lavoro paziente, impegnativo, ma
capace di dare risultati importanti. Prima di tutto un miglioramento
di qualità, efficienza e servizio. E poi anche, di conseguenza, ù
un più vantaggioso rapporto fra costi e ricavi.
Giochiamo quanto ci pare, ma non dimentichiamo che
linternet in generale la comunicazione
è una cosa molto seria. Il che non vuol dire, naturalmente,
che debba essere noiosa, solenne, pedante o seriosa.
È meglio se è interessante, gradevole, fluida,
attraente. Ma non è un gioco.