Il filo di Arianna
Se non funziona
non è creativo
Mi è stato chiesto di concentrare lattenzione, in questa rubrica, su ciò che si può fare con i nuovi sistemi di comunicazione. Ma poiché ci troviamo su una rivista che esiste da trentanni, e in cui da sempre si parla di come comunicare, nel primo articolo mi sembra appropriato cogliere un filo che collega gli argomenti classici con le innovazioni di oggi. E ragionare sul rapporto fra disciplina e creatività.
In un articolo di cinque anni fa avevo ribadito, per lennesima volta, la mia convinzione che la definizione creativo è ridicola e se la applicano a me la considero quasi offensiva. Se qualcuno avesse chiesto a Mozart, a Einstein o a Raffaello «che mestiere fai?» si sarebbe sentito rispondere musicista, fisico o pittore. Non certo creativo. Credo di essermi guadagnato sul campo, in tanti anni di lavoro e di risultati concreti, la modesta ma precisa qualifica di copywriter. Spero di meritarne una più ambiziosa, ma chiara e semplice: scrittore. La casacca di creativo, indossata da tanti che sono più bravi a copiare che a pensare, non mi è mai piaciuta.
Un problema che tutti dobbiamo affrontare, se pratichiamo il mestiere della comunicazione, è quanto la creatività debba essere libera e quanto condizionata dallesigenza di ottenere un risultato. Le costrizioni del contenuto e della forma fanno male alla creatività? Secondo molti studiosi è vero il contrario. Per esempio Umberto Eco insegna che «solo la disciplina stimola linvenzione».
Michelangelo diceva: scolpire una statua vuol dire vederla dentro un blocco di marmo e togliere ciò che avanza. Cosa che sa fare ogni bravo scalpellino; ma la statua che nel marmo vede un genio è diversa da quella che ne ricava un qualsiasi mestierante. Luno e laltro, però, devono confrontarsi con le esigenze severe della materia.
Se è sciocco pensare che il mezzo sia il messaggio, ciò non significa che il modo in cui il messaggio si produce e si realizza non debba tener conto, con severità e pignoleria, della natura e delle esigenze del mezzo. Ma questa è solo una delle costrizioni necessarie che migliorano la qualità del risultato.
Unaltra è lidea, il concetto, la strategia. Unopera darte che esprime solo se stessa, solo lumore dellautore, solo il suo solitario piacere di parlare a se stesso, non è creatività. È onanismo. Da che mondo è modo larte (in tutte le sue forme... pittura, scultura, architettura, scrittura, musica eccetera) ha sempre avuto vincoli precisi: i desideri di un committente, lesigenza di esprimere qualcosa di preciso. Scomodi, faticosi, impegnativi... ma utili.
Una terza è il pubblico. Lettore, spettatore, ascoltatore. Unopera darte che non comunica qualcosa, che non suscita sentimenti o emozioni, è solo una tela imbrattata, un inutile rumore, un pezzo di carta sporco di inchiostro.
I vincoli del fare, del comunicare, del farsi capire sono una condizione necessaria per ogni buona espressione, per ogni tentativo di creatività. Che cosa cambia nel caso dellinternet? Concettualmente, nulla; ma si tratta di capire come i buoni vincoli funzionino in questo caso.
In un prossimo articolo parlerò in modo più preciso di usabilità. Una parola (per fortuna) oggi di moda, ma che non è facile interpretare nel suo vero significato. Hanno ragione i critici quando dubitano di visioni schematiche, di banali regolette che qualche guru americano vende a ventimila dollari al giorno. Ma hanno torto i grafici che in nome della libertà creativa ci infestano di soluzioni sbagliate, inefficienti, ingombranti e fastidiose. Quanta gente che si pavoneggia come web designer non ha idea di che cosa sia lergonomia?
Prima di essere creativi bisogna aver capito qual è il modo in cui le persone entrano in relazione con le nostre proposte; quali sono i contenuti che vogliamo trasmettere; qual è la strategia del progetto. Se no... con il pretesto delle nuove tecnologie stiamo cercando una nuova scappatoia per contrabbandare come creativi i capricci e gli orpelli che sono già stanchi, consumati e inefficaci nei sistemi tradizionali di comunicazione. Nellinternet, più ancora che in altre situazioni, vale il concetto fondamentale: se non funziona non è creativo.
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it