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letterIl Mercante in Rete
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Fino a non molti anni fa, era possibile "cavarsela" nei più disparati
angoli del mondo se si sapeva qualche parola di latino; perché lo capivano i sacerdoti
cattolici (che si trovano un po' dovunque) e anche altre persone che avevano fatto studi
classici. Ancora oggi, credo che un po' di latino possa essere capito dove meno ce lo
aspetteremmo. Le due lingue che divennero internazionali duemila anni fa (latino e greco)
lasciano ancora tracce importanti nelle lingue di oggi - perfino in giapponese. Ma il
latino che ha scavalcato i millenni non era certo quello di Cicerone o di Tacito: era un
"latinetto" semplificato, usato dai monaci e dai pochi "letterati" in
tutto il medioevo - e poi, fino ai nostri giorni, da una non piccolissima
"aristocrazia" culturale, non solo europea. Ora, che ci piaccia o no, c'è una nuova lingua internazionale. Che non è l'inglese degli inglesi, non è la lingua dei professori di Oxford. È un nuovo patois globale che mescola l'americano con l'australiano o con la lingua comune degli indiani... è facile dimenticare che molte più persone parlano inglese in India che in Gran Bretagna. Purtroppo l'Italia è uno degli ultimi paesi al mondo a capire che l'inglese non è una "lingua straniera" ma un codice internazionale; che non è importante se lo si parla con un accento perfetto o una sintassi impeccabile, ma è necessario conoscerlo. Ciò che conta è capirsi con una centralinista russa, un professore vietnamita, una programmatrice a Bangalore o un portiere d'albergo a Kuala Lumpur. È vero e giusto, come dice la Dichiarazione di Bonn, che le reti devono favorire la molteplicità linguistica (e perciò sarebbe opportuno un codice internazionale che facesse passare sull'internet i caratteri "speciali" usati nelle varie lingue - cioè in pratica le lettere "accentate"). Ma questo non può sostituire una diffusa conoscenza del globalese. E non è solo una questione di lingua... è anche un fatto di cultura, stile, comportamento. Non solo ogni paese, ma ogni comunità professionale, culturale o comunque umana ha un suo diverso modo di comunicare. Credo che sia quasi impossibile catalogare in modo sistematico le diversità e i modi per superarle. Ma in pratica non è difficile, se si impara ad ascoltare: non cercare mai di imporre le nostre abitudini e maniere, ma imparare quelle degli altri. Non solo è utile, per ogni dialogo umano, commerciale o non; ma è anche molto interessante e (se fatto con lo spirito giusto) piacevole e divertente. La diversità, insegnano i biologi, è una risorsa; più ci abituiamo a capirla, più condurremo efficacemente qualsiasi transazione - e al tempo stesso arricchiremo la nostra umanità. Insomma, come dice un vecchio adagio, parlare e praticare il globalese (lingua, usi e costumi) è un modo per "unire l'utile al dilettevole". |
Un interessante articolo di Jonathan Moules su Information Strategy di
luglio-agosto intitolato "The new rules of business online" parla di una
diffusa preoccupazione che il commercio elettronico possa portare a una concorrenza basata
solo sul prezzo; ma, osserva, non è detto che sia così per quelle imprese che sanno
definire bene la loro strategia in rete. Dice l'articolo:
Credo che ci sia poco da aggiungere. La "tentazione del prezzo" può essere forte. Ci sono parecchie categorie di prodotti e servizi, con alti costi di distribuzione nel mercato "tradizionale", che consentono ampi spazi di manovra. Ma si tratta di capire quanto di questo margine deve essere trasferito all'acquirente sotto forma di sconto - e quanto in termini di qualità, valore, fiducia e servizio. Queste interessanti osservazioni confermano che entrare in rete non è un'operazione così semplice e superficiale come alcuni vorrebbero far credere; e che la prima mossa non è aprire un sito web, ma definire strategie, metodi e contenuti. Soprattutto esplorare la rete per conoscerla meglio - e anche per tener docchio le mosse dei concorrenti (si può imparare molto dai successi, ma anche dagli errori altrui). |
Ci sono criteri precisi, dettati dall'esperienza,
su come realizzare efficacemente un catalogo di vendita stampato su carta. Questi
princìpi sono in gran parte validi anche per i cataloghi in rete. Ma ci sono alcune
importanti differenze. Flessibilità Un catalogo tradizionale, una volta stampato, non è modificabile. Un catalogo in rete può essere cambiato in qualsiasi momento. Si può aggiungere, quando si vuole, un prodotto nuovo. Si può togliere, anche temporaneamente, qualsiasi cosa che manchi in assortimento. Si può cambiare, in qualsiasi momento, un prezzo - o qualsiasi altra caratteristica della nostra offerta. Si possono modificare le presentazioni e le descrizioni dei prodotti offerti, secondo ciò che si impara dall'esperienza. Profondità Un catalogo stampato ha una dimensione rigida. Non si possono aggiungere prodotti o informazioni senza aumentarne il volume (e affrontare i costi relativi). Infatti molti esperti nella vendita per corrispondenza hanno diverse edizioni dello stesso catalogo: una più leggera e sintetica, per una diffusione più ampia; l'altra più completa (e quindi più costosa) per i clienti affezionati e per i nuovi clienti più promettenti. Tutto questo, in rete, è molto semplificato. Non occorre chiedersi se spedire un volantino di due pagine o un volume di duecento. Il catalogo può avere una dimensione pressoché infinita: sarà il lettore a scegliere che cosa gli interessa e quali informazioni desidera approfondire. Ubiquità Un catalogo a stampa deve essere spedito o consegnato al destinatario. Un catalogo in rete non ha luogo fisico: può essere letto ed esplorato da chiunque, in qualsiasi angolo del mondo, sia interessato a farlo. Può avere connessioni ed estensioni dirette ad altri cataloghi o informazioni, che possono essere in qualsiasi posto. Immediatezza Se chi "sfoglia" un catalogo in rete trova ciò che cerca, può fare l'ordine immediatamente, senza neppure spegnere il computer e senza usare un foglio di carta e una matita. Questo non solo rende più semplice mandare o ricevere ordini, ma permette anche un controllo immediato: possiamo sapere istantaneamente, in qualsiasi momento, quante persone visitano il nostro sito, quali pagine guardano, che cosa acquistano. Possiamo fare infinite prove di nuovi prodotti o di diverse offerte e verificarne l'esito "in tempo reale"; con altrettanta velocità possiamo correggere errori o migliorare il servizio, secondo il comportamento, le osservazioni e i consigli dei nostri clienti. Un altro ovvio vantaggio è il costo: un catalogo in rete non costa una lira né di carta, né di stampa, né di spedizione. Si possono anche sviluppare interazioni abbastanza complesse, ma interessanti. Al catalogo in rete si può abbinare un catalogo su cd-rom, o anche uno cartaceo: tutti e due possono essere collegati con il catalogo in rete, che può servire per approfondimenti, per esplorazioni più estese e, naturalmente, per gli aggiornamenti. Insomma ci sono notevoli spazi di sviluppo per i cataloghi in rete. Ma ci sono alcuni problemi. Il primo è che non possiamo spedire il catalogo a un indirizzario. Dobbiamo aspettare che siano i clienti a venire a leggerlo. Occorre perciò usare i vari metodi, di cui si è già parlato, per far conoscere l'esistenza del nostro sito. Nel modo meno generico possibile: cioè cercando di raggiungere in modo selettivo le persone più interessate alla nostra offerta. Se è vero in generale che lo strumento più importante è il "passaparola", lo è ancora di più nel caso della vendita per catalogo. Il cliente soddisfatto è la migliore fonte di nuovi clienti. È importante avere un'identità precisa. Un catalogo "cartaceo" distribuito o spedito può essere in concorrenza con altri tre o cinque. Nella rete, è in concorrenza con migliaia di altre proposte. Già oggi nel "commercio elettronico" l'offerta supera abbondantemente la domanda, e questo tenderà a peggiorare - almeno fino a quando la "selezione naturale" comincerà a togliere di mezzo le presenze meno qualificate. Occorre rinnovare spesso l'assortimento, o arricchirlo, o mettere "in vetrina" ciò che prima avevamo nascosto in uno scaffale - e viceversa (come fa ogni buon negozio). Così avremo visite più frequenti e clienti più fedeli. Alcuni suggerimenti per le immagini In un catalogo "cartaceo", la complessità delle immagini influisce sui costi di stampa. In rete, non ha alcun costo di riproduzione, ma crea un problema più grave: influisce sul tempo necessario perché il lettore le possa visualizzare. Come già osservato, è meglio evitare orpelli inutili. Ma in un catalogo le immagini possono essere importanti (specialmente per quei prodotti il cui aspetto è rilevante). Ci sono vari accorgimenti che permettono di attenuare il problema.
Un principio fondamentale L'elemento decisivo, oltre alla qualità dei prodotti, è il servizio. Un "buon" prezzo è sempre un vantaggio, ma l'esperienza (non solo americana) insegna che il pubblico della rete è soprattutto attento, più che al prezzo, alla qualità e al valore. È anche impaziente: abituato alla velocità della comunicazione elettronica, si aspetta risposte immediate - e una consegna veloce del prodotto. Alessandro Naldi, che con il suo Weekend a Firenze ha costruito un efficace "negozio in rete", racconta che un suo cliente in Canada si lamentò perché non aveva ricevuto un pacco, spedito dall'Italia, 72 ore dopo aver fatto l'ordine. Il fatto interessante è che il cliente misurava il tempo in ore, non giorni. Soprattutto, è necessario stabilire un rapporto di fiducia. Chi ordina da lontano si chiede sempre: posso fidarmi di questi sconosciuti? Ogni richiesta soddisfatta bene costruisce il rapporto; ogni piccolo errore o disattenzione lo può distruggere. Si applica qui, più che mai, la regola del direct marketing (e del marketing in generale), che ho già citato più di una volta: l'importante non è vendere prodotti, è acquisire clienti. |
Risale alle origini dell'internet (a tempi non remoti ma che ormai sembrano perduti
nella mitica nebbia delle origini) un sistema di regole mai da nessuno imposte, ma
diffusamente accettate, chiamata scherzosamente netiquette
- il "galateo" della rete. Ne esistono varie versioni, che coincidono nella sostanza ma variano nella
forma; la più "classica" è quella diffusa dal Newtork Working Group; ci sono anche
diverse interpretazioni italiane, fra cui una efficacemente "semiseria". Una stesura più breve, che assume
un tono quasi "perentorio", è quella che oggi il GARR chiede di sottoscrivere e
accettare a chi fa richiesta di un proprio domain. Alcuni giuristi pensano che la netiquette non sia solo una questione di "buone maniere" e che possa avere anche un valore legale: sia come costume consolidato, sia come "norma" codificata nel momento in cui il GARR ne chiede la sottoscrizione. Ma, senza entrare in queste sottigliezze, credo che prima ancora di essere un "dovere" la netiquette sia un comportamento consigliabile per chi vuole muoversi nella rete in modo agevole e senza andare incontro a contrasti e difficoltà. Qualcuno potrebbe chiedersi che cosa c'entri la netiquette con una rubrica che parla di marketing. Credo che c'entri molto. Perché se fare marketing in rete vuol dire soprattutto stabilire e sviluppare relazioni, è utile conoscere i criteri che l'esperienza ha insegnato per poter dialogare con cortesia ed efficienza. Per questo credo non sia inutile riprenderne qui i temi centrali, insieme ad alcune altre osservazioni pratiche. Ecco alcuni dei concetti fondamentali:
Il "tu telematico" Un problema di netiquette che non esiste in inglese è l'uso del tu o del lei. Sembra che non ci sia, in Italia, una "prassi" del tutto "consolidata". La tendenza prevalente è l'uso del tu nei messaggi in rete, cui non sempre segue automaticamente la stessa forma amichevole quando ci si incontra di persona. La maggior parte delle persone tende a trasferire il tu anche nell'incontro "fisico" o telefonico; alcuni invece, specialmente se lo scambio è professionale e non personale, quando passano al colloquio "a voce" usano il lei. Ci sono, specialmente fra i "nuovi arrivati", persone che usano il lei anche in rete... Si può immaginare che l'uso del tu sia più frequente fra i giovani, ma non è sempre così. Più che dall'età dipende dalle abitudini personali e dal tipo di relazione. Almeno per ora, l'uso prevalente rimane il tu - ma ogni persona è libera di scegliere il modo che preferisce. Anche in questo, secondo me, è bene non "imporre" il proprio stile ma tener conto del comportamento delle altre persone. |
L'Unità fu fra i primi quotidiani italiani online. È stata presente in rete
per più di due anni, dal 25 gennaio 1995 al 2 marzo 1997. Ma da cinque mesi è
"temporaneamente sospesa per lavori in corso". Non spiega i motivi di questa
prolungata "sospensione". Un'organizzazione volontaria negli Stati Uniti, NetAction, sta organizzando per il 15 settembre una "giornata di pressione" sul parlamento americano, per denunciare i danni del monopolio Microsoft. Secondo una notizia diffusa dall'Adnkronos il 26 luglio, Dario Dal Zotto della PubliKompass avrebbe detto: «Il 1998 sarà l'anno boom per la pubblicità su Internet anche in Italia». L'ipotesi sarebbe basata sulla previsione un forte aumento, nel prossimo anno, delle vendite di computer e delle connessioni internet. Sono, come sempre, scettico su ogni profezia... staremo a vedere. Se ci sarà un reale aumento di utilizzo frequente e impegnato della rete, potremo essere davvero all'inizio di uno sviluppo. Un'ipotesi meno "rosea" è che l'impegno di grosse concessionarie, come PubliKompass e altre, possa provocare un brusco aumento negli investimenti "pubblicitari" sui siti web (la base di partenza è così piccola che raddoppiare o triplicare è facile). Sappiamo che la stragrande maggioranza delle imprese italiane non ha ancora avuto modo di approfondire l'argomento e di capire come si può usare la rete in modo efficace; né è pensabile che questo vuoto possa essere colmato dall'improvvisata competenza dei venditori di spazio. Potremmo cadere di nuovo, pesantemente, nel pericoloso circuito illusione-delusione. |
Nell'articolo che ho già citato, si parla di una
generale arretratezza europea in fatto di marketing in rete; e anche di alcuni insuccessi,
come quello della Voss norvegese, che dopo un anno di attività ha deciso di chiudere il
suo servizio in rete per i prodotti di maglieria sportiva e di farlo ospitare da un grosso
sistema americano di vendita online. Ma ci sono anche interessanti esempi di successo, come l'americana Office World che vende mobili e attrezzature per ufficio, puntando sulla qualità del servizio e dell'informazione - o la francese Supervox che distribuisce prodotti elettrici, idraulici, sanitari, attrezzi per giardinaggio e accessori automobilistici con un efficiente servizio via internet a negozianti e grossisti in Francia, Belgio, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo. Non è un caso che un esempio brillante venga dall'Irlanda, la più dinamica economia dell'Unione Europea e uno dei pochi paesi in cui la conoscenza pratica della rete ha già una diffusione abbastanza ampia. Da vent'anni House of Ireland vende prodotti di alta qualità (cristallo, peltro, porcellana, tessuti, bambole...) nel suo unico negozio nel quartiere universitario di Dublino. Non ha mai aperto altri negozi, ma da tempo ha successo con la vendita tramite posta negli Stati Uniti. Dal giugno dell'anno scorso ha aperto le vendite online; prevede che già quest'anno supereranno quelle del consolidato canale "postale". Il suo CEO, Roger Galligan, dice che non avrebbe mai ottenuto un risultato del genere se avesse puntato sulla concorrenza di prezzo. «Sull'Internet è molto importante la fiducia, perché i clienti non possono toccare o prendere in mano i prodotti offerti. Abbiamo scoperto che uno dei modi per superare questo problema è offrire solo prodotti, come il cristallo Waterford, che hanno una forte identità di marca». Uno dei problemi, specialmente per prodotti artigianali, è far fronte agli ordini. In questo House of Ireland è favorita dal fatto che aveva già organizzato un efficiente sistema di distribuzione negli Stati Uniti per la sua attività di vendita postale. Galligan nota anche che una gamma limitata di prodotti ha i suoi vantaggi; dice di essere riuscito, con "tecniche sofisticate", a far registrare tutti i suoi 300 prodotti dai motori di ricerca. Ma l'elemento fondamentale per il successo in rete è sempre il servizio. Benché i suoi principali elementi di identità siano la qualità e la marca dei prodotti, House of Ireland punta sul servizio, con personale dedicato, per acquisire un vantaggio competitivo. «Per ora il guadagno che abbiamo sulle vendite in rete - ammette Galligan - è una parte insignificante del nostro profitto. Ma pensiamo di esserci messi nella giusta posizione di vantaggio per prevalere sui nostri concorrenti che si concentrano ancora sulle vendite postali». Un dettaglio interessante: questo è uno dei pochi siti internazionali che ha anche una versione in italiano. |