Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 2
luglio 1996

Gutenberg, Manuzio e il sesso

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Ci sono parole, usate spesso sui giornali, che mi danno fastidio perché sono trucchi. Se un decimo delle cose che chiamano “mozzafiato” mi facesse perdere un millisecondo di respiro, sarei morto cento volte di asfissia.

Un’altra parolina acchiappagonzi è “ben”.

Se scrivessi che con un semplice paranco sollevo “ben” trecento chili, un lettore affrettato penserebbe che sono il gemello di Maciste.

Il trucco di “ben” è una finzione logica: il paragone col nulla. Se dico “ben”, se ne deduce che dev’essere tanto; così come se dico “solo” si immagina che sia poco. In relazione a cosa, non si sa...

Un trucco analogo è stato usato per costruire un articolo “di copertina” su l’Espresso del 10 maggio. Scusate il ritardo (questa è una rivista mensile) ma non è l’unico esempio – e il fenomeno non si esaurisce in un mese o due.

Lo scopo è cercare una scusa per farsi leggere, trovare il modo di incuriosire... che cosa meglio del sesso, che offre anche l’occasione per mettere l’ennesima ragazza seminuda in copertina?

Dice l’articolo che c’è moltissimo sesso in rete, tanto è vero che ci sono almeno 600 siti web dedicati all’erotismo (un altro trucchetto, meno ovvio di ben, ma con lo stesso effetto).

Credo che si sbaglino. Solo 600? Su 300.000 sono veramente pochi. Se fosse quella la “quota di voce” del sesso in rete, avremmo a che fare con una delle comunità meno “erotiche” di tutta la storia dell’umanità.

Dicono anche che i siti “erotici” sono “chiusi”: devi iscriverti e pagare per poter vedere le figure. Non so chi lo faccia, se non vive in Arabia Saudita, visto che è più semplice comprarle dal giornalaio; ma soprattutto non capisco di che cosa si preoccupano censori e puritani. Quanti bambini hanno un conto in banca che nessuno controlla?

Quello che succede davvero, se qualcuno va a cercare “sesso” in rete, fu raccontato con molto spirito da Umberto Eco in una delle sue bustine di Minerva (guarda un po’, sullo stesso settimanale) dove spiegava che forse si trova qualche cosa di “piccante”, ma è più facile imbattersi in puritani che ti aspettano al varco per sgridarti.

Qualcuno a questo punto si starà chiedendo che cosa c’entrano Gutenberg e Manuzio, ma adesso ci arriviamo. :-)

Umberto Eco ha spiegato, in un’altra bustina, che un certo abuso di icone e di immagini non solo ci tratta da analfabeti, ma invece di renderci la vita più facile finisce col complicarcela.

Sarei felice se qualcuno mettesse su un cd-rom una bella enciclopedia, anzi magari più di una insieme. Avrei con meno spesa, ma soprattutto meno ingombro, una possibilità di esplorazione veloce su diverse “voci”, senza dover ogni volta rischiare un’ernia per tirar giù qualche enorme tomo da uno scaffale.

Invece... ci rifilano “enciclopedie” con enormi masse di grafica, spesso inutile, e poco contenuto.

Sarà anche divertente, se vado a cercare la voce Zambia, ascoltare l’inno nazionale, vedere la bandiera, un paio di paesaggi e qualche esempio di arte locale. Ma non se questo riduce di migliaia di parole il testo, e così l’informazione che cercavo non c’è. Quando avremo cd-rom da 10 gigabyte ci sarà posto per tutte e due le cose. Ma con le dimensioni di oggi preferirei più contenuto e meno sghiribizzi.

Eccoci così a Gutenberg e Manuzio.

L’era di Gutenberg è finita; quella di Manuzio no.

Johann Gutenberg era un tecnico: inventò il modo di riprodurre caratteri mobili, fondendoli in piombo. La sua tecnica è stata usata fino a pochi anni fa. Con i sistemi di fotoincisione di oggi, è caduta in disuso.

Aldo Manuzio era un umanista, un uomo di cultura. Inventò l’editoria. Fu il primo a scoprire le cose nuove che si potevano fare stampando libri. Fu il primo a produrre “edizioni critiche” di testi classici. Inventò anche il primo carattere “da stampa”, l’aldino, di cui sono figli o pronipoti i caratteri che usiamo oggi.

La sua invenzione è ancora di grande attualità. Non è morta, e neppure moribonda, la carta stampata. E anche la comunicazione elettronica si basa soprattutto sulla parola scritta.

Può essere piacevole (talvolta utile) accompagnare un testo con suoni e immagini; ci sono, da sempre, libri illustrati. Ma la rete non è la televisione. Lo strumento fondamentale è la scrittura.

Può darsi che chi va per la prima volta sulla web trovi divertente dare una sbirciata a un po’ di immagini, erotiche o non. Ma (data anche la lentezza con cui le immagini si formano sui nostri monitor) si stuferà presto. Non starà a lungo in rete se non troverà qualcosa che ha voglia di leggere – o scrivere.


Note:

L’Espresso ha ripetuto la stessa sciocca esercitazione sul “sesso in rete”, con affermazioni strabilianti quanto assurde e irreali, in un articolo di Sandra Cecchi pubblicato nel numero del 26 ottobre 1997. Anche questa volta il bizzarro servizio ha avuto “l’onore della copertina”.

Sul tema “libri e rete” vedi anche il garbuglio di settembre 1997.



 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  giugno 1996
 



Post scriptum
luglio 2004

Per quanto riguarda Gutenberg e Manuzio – vedi La stampa in Cenni di storia dei sistemi di comunicazione.

Per quanto riguarda il sesso – dopo otto anni continuano a imperversare le stesse fandonie. Oggi i siti web sono decine di milioni – e ovviamente sono numerosi quelli dedicati a temi “sessuali”. Ma non è credibile che siano più dell’uno o due per cento del totale, mentre molti continuano a diffondere l’opinione che siano una presenza dominante. (Vedi Bufale, piagnistei e demonizzazioni).

È vero, invece, che le proposte di genere “sessuale” sono una fonte di esteso e fastidioso spamming – spesso accompagnato da attività truffaldine (vedi Spam e scam).



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