Alice in Wonderland di Lewis Carroll è molto più che una favola per bambine.
(E il mondo di sogno che descrive è più un incubo che una “meraviglia”).
Merita di essere preso molto seriamente da lettori adulti.
Infatti varie interpretazioni delle sue parabole
sono utili per capire il mondo reale.
Come, per esempio, l’effetto “regina rossa” spiegato in
La stupidità e la fretta capitolo 16 di Il potere della stupidità.

book
«Correre sempre più veloce per rimanere nello stesso posto»
 

Traduco qui un’altra illuminante analisi di questo genere.
Di William Bouffard, ma non si trova nel suo
interessante libro Puttin’ Cologne on the Rickshaw.
È una delle aggiunte recenti nel suo sito web.
(La sindrome non è un’invenzione di Bouffard, ma una
malattita medicamente definita).

Giancarlo Livraghi – dicembre 2012


anche pdf
(migliore come testo stampabile)

Also in English


La sindrome di Alice

William Bouffard – 16 novembre 2012
in puttincologneontherickshaw.com

book


La sindrome clinica Alice-in-Wonderland è una patologia neurologica disorientante che distorce la percezione umana. I pazienti affetti da questa sindrome soffrono di micropsia o macropsia.

Chi soffre di micropsia vede le cose più piccole di come sono. Al contrario, è macropsia vederle più grandi della realtà – ed è questa l’allucinazione collettiva che si verifica quando un’organizzazione è afflitta dalla “sindrome di Alice nel paese delle meraviglie”.

Mentre la patologia clinicamente definita riguarda la percezione di oggetti vicini, nel caso delle organizzazioni si tratta di situazioni, cioè del modo in cui si percepisce ciò che accade nell’ambiente circostante.

In un’organizzazione afflitta da questa paralizzante malattia, qualsiasi problema, anche se è irrilevante, diventa ciclopico ed è gonfiato oltre ogni proporzione del reale rischio che può rappresentare.

Piccoli inconvenienti, che in un’organizzazione normale sarebbero gestiti dai responsabili di specifiche funzioni, si arrampicano su per i gradi della gerarchia fino ai più alti livelli di gestione. Non perché gli addetti non siano in grado di risolvere i problemi, ma perché non si permette a chi lo sa fare di affrontarli senza coinvolgere i vertici.

Le organizzazioni afflitte da questo malanno soffrono di una universale paranoia. Diventano culture della paura – e la paura è invalidante.

Le persone finiscono col diventare incapaci di risolvere problemi senza l’intervento dei massimi responsabili. Ogni piccola cosa è messa subito in evidenza e l’organizzazione soffre continuamente di reazioni impulsive. Si rincorrono discussioni e contrasti su ogni dettaglio a scapito degli obiettivi rilevanti. Quando la gestione è afflitta dalla sindrome di Alice la sua perversa visione del mondo si infiltra in tutta la cultura dell’organizzazione.

La Alice in Wonderland Syndrome è strettamente connessa alla Chicken Little Syndrome spiegata nel mio libro Puttin’ Cologne on the Rickshaw. In questa sindrome i vertici sono ossessionati dalla paura di qualsiasi cosa che faccia cadere il loro castello di carte, perciò temono ogni imprevisto che possa deragliare la loro impresa o rivelare quanto sono impreparati a gestire qualsiasi problema o conflitto che la possa minacciare.

Sono organizzazioni con una visione confusa di ciò che vogliono essere e una ancora più debole strategia per come arrivarci.

Come nasce la sindrome di Alice? Ricordiamo il vecchio detto “il collo della bottiglia è in alto”. La sindrome comincia sempre ai livelli più alti, infettando gli individui nel modo in cui percepiscono se stessi in rapporto a ognuno e a tutto intorno. In altre parole, hanno una visione distorta dell’immagine di sé e si vedono come figure onnipotenti e indistruttibili.

Tuttavia, il loro subcosciente sa la verità e perciò sono angosciati dalla paura di qualsiasi cosa che possa rompere il precario equilibrio e incrinare la facciata. Questo spiega il comportamento narcisistico di tanti sociopatici in ruoli di gestione. Si convincono di essere giganti e di meritare la posizione che hanno. E tentano, a ogni costo, di mantenerla.

Ricordate che nel libro Alice cambia dimensione quando mangia un pezzo di fungo? Nelle imprese, il fungo è sostituito da egotismo e arroganza.

Quella che cambia è l’autopercezione dei potenti – e, cosa ancora più importante, la loro percezione di tutto ciò che li circonda. Quando si aggiunge al fatto che la maggior parte delle organizzazioni è a una crisi di distanza dall’inesistenza, la posta in gioco diventa più alta ogni volta che c’è un problema – che così è gonfiato oltre le proporzioni della sua pericolosità. Quando infetta un’organizzazione, questo comportamento disabilizzante filtra verso il basso fino a quanto tutti sono contagiati.

Così la sindrome di Alice diventa un ulteriore contributo alla catastrofe finale di un’organizzazione mal gestita, con la finzione di tentare di salvarla. È come un cancro che alla fine uccide se stesso insieme alla vittima.

William Bouffard      


A complicare ancora di più la sindrome c’è anche la micropsia. Mentre
si ingigantiscono i piccoli problemi, si trascurano quelli più importanti.
Come spiegato nella Law of Triviality di Cyril Northcote Parkinson.
[n.d.t.]


Altre citazioni di Puttin’ Cologne on the Rickshaw si trovano in
Danni e stupidità della volgarità – in inglese Quoting quotes



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