Sono passati più di due anni da quando è
uscito in questa rubrica un articolo
intitolato Timeo Danaos et incentiva ferentes.
Eravamo in una delle fasi di hangover, di dopo-sbornia,
che sono ciclicamente seguite ad altrettante ubriacature
trionfalistiche. Dopo aver vaneggiato di crescita
esponenziale, di diffusione accelerata del
commercio elettronico e di altre ipotesi campate
per aria (ma proclamate come vangelo) cominciava a
diffondersi la percezione che non tutto stesse andando
secondo le profezie delle sibille; che lo sviluppo
dellinternet fosse meno trionfale del previsto; e che
lItalia fosse (come infatti era) arretrata.
Molti si precipitarono a chiedere interventi pubblici,
favori e sovvenzioni. Quelle voci furono ascoltate dal
governo e in generale dagli ambienti politici.
Si svilupparono varie ipotesi di incentivi, una
più sballata dellaltra, che per fortuna si persero
nelle more delle procedure, della burocrazia e del tira-e-molla
sulla coperta corta delle leggi finanziarie.
Intanto... linternet continuava a crescere e la
situazione in Italia cominciava a cambiare. Spesso accade che
il trionfalismo coincida con situazioni di crisi
e che la presa di coscienza dei problemi si accompagni
a un inizio di soluzione. Fatto sta... proprio fra la fine del 1998
e linizio del 1999 si colloca lavvio di una nuova
fase, che vede crescere costantemente la diffusione della
rete in Italia. Una tendenza solida e forte proprio perché
non deriva da alcun incentivo, pubblico o privato,
ma da unevoluzione naturale dei rapporti
(di vita e di lavoro) fra le persone. (Vedi la sezione
dati)
Come sappiamo, cè stata unaltra ubriacatura,
con i sogni e le fantasie della borsa e della speculazione
finanziaria. Seguita da un inevitabile crollo e da unenorme
confusione sui motivi di quella che in realtà non
è una crisi ma solo un assestamento necessario.
Oggi si parla meno di incentivi. Ma non si
è spenta la voglia di regolamentare.
Infiniti disegni e progetti di leggi e norme, dispersi nelle
complessità della macchina parlamentare, si annidano
minacciosi e potrebbero tradursi in una congerie di
provvedimenti inopportuni, indesiderabili, confusi e mal
concepiti. Alcune leggi sbagliate sono, purtroppo, entrate
nel codice (come quella sulla protezione dei dati personali e
quella sul cosiddetto diritto dautore
per citare solo due dei casi più clamorosi).
Mentre questo numero sta andando in stampa, non si sa
come andrà a finire la bizzarra vicenda della recente
legge sulleditoria. Una commedia degli errori
che sarebbe ridicola se non fosse preoccupante. Sembra
almeno in parte esagerata la diffusa preoccupazione che
quella legge si traduca in inaccettabili restrizioni della
libertà di opinione e di informazione. Non è
facile capire se le dichiarazioni benevole del governo
esprimono una sincera intenzione, tradita per
errore da una legge mal formulata o una precipitosa
marcia indietro davanti alla diffusa indignazione
e protesta. Non sappiamo se ci saranno norme interpretative
che rimedino alla balordaggine della legge. Ma un fatto
è chiaro: ancora una volta si è
legislato male.
Più che mai è il caso di ripetere timeo
Danaos. Quanto i nostri legislatori (e le lobby che li
ispirano) siano male intenzionati, e quanto invece siano
semplicemente ignoranti, superficiali e male informati...
è un dubbio che probabilmente continuerà ad
affliggerci. Ed è evidente che se questo nuoce alla
società civile è dannoso anche per le imprese e
per leconomia. Speriamo che lallarme scatenato dalla
sciagurata legge sulleditoria sia servito come avvertimento.
E che la prossima volta ci sia altrettanta indignazione, e altrettanto
diffusa, quando si proporranno altri provvedimenti insensati e nocivi
come, purtroppo, è probabile che accada.
Sulloscura legge 62/2001 vedi Una legge molto confusa.