Offline Riflessioni a modem spento


I valori “antichi”
della
network economy

novembre 1999

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull’Internet Marketing
vedi la newsletter online Il Mercante in Rete
 
 

 




Vorrei ritornare sul tema delle cose “antiche” che si ritrovano nella cultura e nell’economia della rete. Non si tratta di un ritorno al passato, né di un “ricorso storico”. I nuovi sistemi di comunicazione non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Ma molti dei comportamenti e delle relazioni sono più comprensibili se li osserviamo dal punto di vista della natura umana, come la conosciamo fin dalle origini.

Possiamo pensare a diverse epoche nel nostro passato. Non importa quanto siano vicine o lontane; ciò che conta è capire come nella nuova realtà si possano manifestare tendenze profondamente radicate nella storia della società e delle relazioni umane.

Per esempio, possiamo pensare all’economia “transnazionale” del medioevo; che entrò in crisi nel 1343 con il fallimento dei Peruzzi e dei Bardi. Il crollo della banca fiorentina, e poi dell’intero sistema finanziario dell’epoca, avvenne perché il re d’Inghilterra si rifiutò di pagare i debiti, invocando il concetto di nazione. L’economia e la politica degli stati nazionali, che sono durate seicento anni, oggi sono in crisi sotto la doppia spinta dell’economia “globale” (o regionale, come nel caso dell’Europa) e del recupero di radici – culturali, etniche, economiche – che non si identificano con i confini politici degli stati. La turbolenza e i conflitti che ne derivano non sono un ritorno all’economia medioevale; ma rompono gli schemi cui siamo abituati.

Nell’economia connessa cresce il valore delle comunità; all’impresa monolitica dell’era industriale tende a sostituirsi un tessuto di relazioni e di collaborazioni, dove ogni membro di una comunità arricchisce se stesso e tutti gli altri con uno scambio continuo di conoscenze e di competenze. Qualcosa di simile alle “arti e mestieri” delle antiche città italiane e fiamminghe, la cui ricchezza veniva non solo dal controllo (e dalla condivisione) delle tecnologie ma anche dal sistema di competenze e relazioni umane. Questa tendenza, che è la forza portante dell’economia connessa, si scontra e si incrocia con una spinta diversa che tende a riproporre un altro concetto medioevale: il castello e l’economia “curtense”, basata sul controllo del territorio. Un sistema chiuso, in cui tutto dipende dalla volontà del castellano. Un modello che ha ottenuto qualche successo, per esempio con la prigione dei software incompatibili e con le recinzioni dei grandi “portali”. Qualche barone si è molto arricchito; qualcun altro forse ci riuscirà. Ma l’innovazione e la forza della rete stanno altrove: nel sistema molteplice e infinitamente crescente delle comunità e delle relazioni.

Possiamo anche guardare a ciò che sembra un passato più lontano. Molte delle relazioni in rete si basano su scambi “non monetari”. La struttura dell’internet non si basa su pagamenti in denaro ma su reciprocità di servizi; cioè non è “gratuita”, ma il dare e avere si realizza in forma diversa dallo scambio di denaro. Lo stesso concetto si applica e si può applicare a un’infinità di transazioni. Alcuni pensano che ci sia un ritorno all’economia del baratto, ma non credo che sia proprio così. Scambi basati sul reciproco vantaggio anziché sul pagamento in denaro sono sempre esistiti, indipendentemente dai modelli economici dominanti; anche in questo caso non si tratta di una cosa nuova e inusitata, ma di un comportamento umano abituale e ben radicato, che nell’economia di oggi e di domani assume un valore sempre più rilevante.

In altro articoli ho parlato dei valori “agricoli” nel nuovo sistema di rapporti e comportamenti sociali (e della rete come fenomeno biologico). Ma stiamo ritrovando anche le radici di una cultura pre-agricola; tribale e nomadica. I moderni mezzi di trasporto ci danno una mobilità senza precedenti; la rete ci permette di continuare il lavoro e le relazioni dovunque siamo. Possiamo liberarci non solo dai vincoli di concentrazione dell’economia industriale, ma anche dal condizionamento territoriale dell’economia agricola o mineraria.

È il caso che gli storici dell’economia e della società ci aiutino a riscoprire i valori di un tempo, a trarne insegnamenti per la pratica di oggi? Forse si. Ma il punto fondamentale, secondo me, è un altro. Molte delle cose “nuove” che scopriamo nell’internet sono radicate nella natura umana. Più capiamo l’umanità delle persone, meglio ci muoviamo nella cultura e nell’economia della rete.


_________________________________________


A questo proposito vedi anche
L’anima e il corpo
Il nuovo ritorna all’antico?
Il valore della relazione




Home Page Gandalf
home