Nuovi mercati: reali o immaginari?
Quando si parla di "commercio elettronico" (una definizione impropria, come
spiegherò più avanti) fra le persone che hanno approfondito il problema in modo non
troppo superficiale ricorre spesso una vecchia storiella. Lho sentita raccontare in
corsi di formazione per venditori (e anche in lezioni di marketing) per dozzine di volte,
fin da quando ero ragazzino (cioè parecchio tempo fa). Ma non è un caso che ritorni di
attualità oggi, quando si parla di business sullinternet.
Cè unimpresa che produce scarpe e decide di allargare la sua attività a
nuovi mercati. Manda due ispettori di vendita in due paesi lontani, molto simili, dove il
clima è caldo, i costumi sono antichi e leconomia è "in fase di
sviluppo". Dopo un po di tempo, uno dei due manda un fax: Qui nessuno porta
scarpe, mercato inesistente, rientro domani. Laltro manda una relazione sul
mercato che conclude: Qui nessuno porta scarpe, potenziale straordinario, apriamo una
filiale.
Sul cosiddetto e-business si sono versati fiumi dinchiostro. Libri,
articoli, relazioni, ricerche, studi. Un oceano di parole, congressi, convegni, seminari,
lezioni universitarie; dozzine di tesi di laurea; per non parlare dellincalcolabile
numero dei byte che sono corsi e corrono nella rete. Profezie mirabolanti... vedo spesso
citate proiezioni da cui risulta che fra due o cinque anni nessuno andrà più al
supermercato; avremo liste della spesa automatizzate che ci faranno arrivare a casa patate
e detersivi a metà del prezzo attuale (per la riduzione di costi di distribuzione e il
miglioramento delle economie di scala) con sistemi di pagamento elettronico per cui
nessuno userà più denaro liquido, assegni o carte di credito. Contemporaneamente
industrie e distributori avranno una traccia precisa del nostro comportamento, così
potranno offrirci ciò che cerchiamo (ma forse anche penetrare in modo fastidioso nella
nostra vita personale). Non ci sarà più pubblicità "generale" ma solo
comunicazioni indirizzate in modo preciso a chi è interessato a uno specifico prodotto o
servizio.
Non andremo mai più in un negozio, così come non dovremo più fare una coda in un
ufficio pubblico, perché tutto sarà gestito da una rete di computer invisibili e
attivati a voce. Non avremo più le chiavi di casa, perché diremo alla porta
"apriti, Sesamo" e riconoscerà la nostra voce oltre alla password; poi,
sempre parlando al nulla (o facendoci innestare un microchip che legga i nostri pensieri)
potremo accendere il forno, il televisore, il riscaldamento nella nostra casetta in
montagna... ordinare il caffè al bar o prenotare un volo per Tegucigalpa, mentre una
fedele segreteria elettronica informerà automaticamente amici, colleghi e interlocutori
di lavoro dei nostri movimenti. Non ci sarà più né un libro, né un giornale, né una
matita; tutto sarà su un grande schermo piatto in soggiorno o in cucina (dove i più
grandi chef del mondo cucineranno a distanza per noi) o su un taccuino elettronico che
terremo in tasca. Dobbiamo crederci?
Incubi e sogni
Alla domanda: succederà qualcosa del genere? lunica risposta
corretta è "non so". Lunica cosa estremamente probabile è che gli
scenari di domani non somiglieranno ad alcuna delle profezie di oggi. Le tecnologie
possono evolversi rapidamente, ma il comportamento umano ha ritmi diversi. Fra le infinite
possibilità offerte dalla tecnologia solo alcune si realizzeranno; ed è difficile capire
quali. Abbiamo molte più probabilità di interpretare bene i fenomeni se badiamo al
comportamento delle persone e non alle prestazioni delle macchine. Credo proprio che il
mondo cambierà, ma è impossibile sapere come e quando. Lunica possibilità per
fare efficacemente business in rete è osservare con attenzione comportamenti e
tendenze per cercare di capire quali, davvero, si evolvono e possono creare problemi, od
offrire occasioni: specialmente nel nostro specifico settore di attività. Il resto,
scusatemi la franchezza, è aria fritta.
Basta rileggere un libro di cento (o cinque) anni fa per vedere come levoluzione
reale non corrisponde quasi mai alle previsioni. Gli scenari che ci vengono proposti
possono essere vissuti come un fantastico sogno o un incubo orribile. Secondo me, se
sapremo usarle con intelligenza e concretezza, le tecnologie sono e saranno molto più
utili che dannose. Ma nulla è perfetto; il compito per ognuno di noi è non lasciarci
spaventare né affascinare, cercare di trovare lutile ed evitare il fastidioso (o
nocivo). È molto meno difficile di quello che sembra, se siamo capaci di guardare le
nuove tecnologie con la stessa concretezza e semplicità con cui usiamo le vecchie (che
una persona vissuta non molto tempo fa vedrebbe come incredibili stregonerie).
Ho sempre letto con grande interesse buoni libri di fantascienza. Ma né io, né i loro
autori abbiamo mai pensato che si trattasse di profezie. Infatti la realtà in cui viviamo
è completamente diversa da qualsiasi mondo immaginato nei secoli (o anni) scorsi. Avete
notato, per esempio, che nemmeno quello che probabilmente è il più grande scrittore di
fantascienza di tutti i tempi, Isaac Asimov, aveva ipotizzato linvenzione di
qualcosa come il protocollo TCP/IP, cioè di quel sistema che chiamiamo
"internet"?
Il "commercio" in rete è un pericolo?
Alcuni "puristi" temono che la "commercializzazione"
della rete ne uccida le migliori qualità. Dobbiamo preoccuparci? La risposta, secondo me,
è sostanzialmente no ma un po si. Lavorare, produrre, vendere, commerciare
fanno parte dellessere umani. Che queste cose siano in rete è inevitabile e non è
nocivo; anzi credo che senza le attività commerciali (o in generale dimpresa)
mancherebbero le risorse per tenere in piedi quel sistema complesso di servizi e rapporti
che è la ragnatela delle reti.
Ma è possibile, anzi probabile, che una parte della rete si trasformi in una
riproduzione di quel sistema chiuso e a "senso unico" che sono i mezzi
tradizionali. Pochi, grandi siti frequentati da un numero così grande di persone che non
cè spazio per il dialogo; pochi, grandi "portali" che controllano e
regolano il flusso (e lo mandano dove vogliono loro). Se la rete fosse solo questo
morirebbero i suoi valori più importanti; sarebbe la fine dello scambio,
dellinterattività, delle comunità, di tutto ciò che la rende diversa dai mezzi
tradizionali. In fondo è solo un momento delleterno contrasto fra i dinosauri e gli
scoiattoli, di cui parlavo su Web Marketing Tools di giugno.
Possibile? Si. Probabile? Spero di no. Perché ridurre la rete a una variante tecnica
della televisione non solo non conviene a noi, come persone; ma neppure a chi fa
"commercio" o più in generale attività dimpresa in rete; perché
perderebbe la possibilità di usare uno strumento diverso e (per certi aspetti) molto più
efficace.
Si tratta solo di "commercio elettronico"?
Credo che per poter approfondire un po largomento occorra prima
di tutto mettere in discussione il concetto più diffuso, e secondo me sbagliato:
"commercio elettronico". Non cè lo spazio in questo articolo per
approfondire i molti e complessi motivi per cui si tratta, almeno finora, di poco o nulla
(per unanalisi di questo tema vedi la rubrica Il
mercante in rete).
Cè una constatazione semplice: le imprese sono piuttosto scettiche; e quelle che
si avventurano in rete lo fanno quasi sempre in modo superficiale. I motivi sono tre.
Finora il mercato (nonostante le chiacchiere) ha dimensioni infinitesimali. Il terreno è
nuovo, mancano esperienze, competenze e criteri. E soprattutto... lattività delle
imprese in rete viene proposta secondo ununica formula, molto restrittiva:
"commercio elettronico". Definito secondo uninterpretazione ancora più
banale e limitata, come se marketing in rete volesse dire solo metter su un sito web, dove
si vende qualcosa, e cercare di farlo conoscere.
Sono sempre più convinto che il modo efficace per affrontare il problema è un altro.
Dialogo e servizio
Usare la rete secondo i criteri tradizionali del marketing e della
comunicazione, o solo per fare "commercio" (nellinterpretazione più
grossolana del termine) non è quasi mai una soluzione efficace. E, anche se lo fosse...
concentrarsi su questo aspetto rischia di far perdere di vista le altre possibilità che
la rete offre e che, secondo me, sono molto più importanti.
In teoria, il segreto è semplice. Pensare in termini di servizio e
analizzare in modo specifico tutti i nodi di connessione fra limpresa e i suoi molti
interlocutori (non solo "consumatori"). Individuare i punti (ci sono sempre) in
cui lattività può essere più efficace migliorando il sistema informativo e di
dialogo. Organizzare un sistema sinergico che faccia leva non su un solo punto, ma su una
simbiosi di fattori diversi che, quando "interconnessi", aumentano molto la
qualità e lefficienza (in questi casi è quasi sempre vero che "il totale è
maggiore della somma delle parti"). Sviluppare soluzioni che non siano
"imitazione" di ciò che fanno gli altri, e tantomeno applicazione di modelli
standardizzati; ma che siano costruite "su misura" per le capacità e le risorse
di una singola impresa. Lobiettivo è valorizzare al massimo la propria identità,
"unica e inimitabile"; e così scegliere un terreno dazione adatto a noi
e, contemporaneamente, difficile per i nostri concorrenti.
In pratica, è impegnativo. Ci vuole tempo. Occupa e consuma la cosa più preziosa e
importante: le risorse umane. Richiede flessibilità, fantasia, coraggio... quella
creatività che Vilfredo Pareto definiva "trovare nessi nuovi fra cose note".
Richiede nuova formazione, che non si ottiene con banali (e spesso deprimenti) esercizi di
"alfabetizzazione" tecnica ma con lesplorazione di territori, umani e di
relazione, di cui non esistono carte o portolani attendibili e aggiornati. Richiede
talento; e vediamo che spesso non vengono adibite a questi compiti le persone più adatte
o se lo sono, e hanno visto giusto, sbattono continuamente contro un muro di gomma
(se aprissi la mia mailbox potrei portare infinite, e molto eloquenti, testimonianze).
Ne vale la pena?
Se è così impegnativo, se richiede metodi di scambio e di collaborazione
che possono essere laceranti per le gerarchie e i ruoli consolidati allinterno di
unorganizzazione, se consuma parecchio tempo e impegna risorse umane, non è meglio
stare alla finestra, lasciare che altri vadano col machete nella giungla, per poi
percorrere più tranquillamente sentieri che avranno aperto? Credo di no.
Lesercizio di de-strutturazione, di demolizione delle gerarchie e barriere
interne, di dialogo "interdisciplinare" dentro e fuori dallimpresa, è
comunque salutare. Anche se non servisse per sviluppare attività nei nuovi sistemi di
comunicazione, sarebbe benefico per qualsiasi organizzazione. Le teorie della gestione
hanno approfondito questi temi per decenni. La pratica... molto meno. La forza
dellabitudine, il conforto (apparente) della routine, la difesa di
"mansioni" e ruoli... sono infiniti gli ostacoli che si oppongono a questa
evoluzione, sempre più necessaria nel mondo di oggi (anche indipendentemente dalle nuove
tecnologie di informazione e di dialogo).
La scoperta dei nodi e delle connessioni, delle leve informative che migliorano la
qualità e favoriscono lo sviluppo, dà quasi sempre risultati importanti. Da un semplice
miglioramento dellefficienza (comunque utile e rilevante) fino a un "salto di
qualità" determinante per le strategie dimpresa.
La cosa più rischiosa, secondo me, è evitare la fatica e limpegno di
unanalisi seria, rifugiarsi in qualche formuletta prefabbricata, metter su un sito
"qualsiasi", magari gremito di grafica e di giochetti inutili, fare un po
di banner e immaginare, con questo, di essersi "tolto il problema".
LItalia: luci e ombre.
Ci sono alcune buone notizie. Chi segue il lavoro che svolgo da anni nel tentativo
di capire e studiare la rete, dietro la spessa cortina di nebbia delle chiacchiere
tecnofantastiche, delle proiezioni inattendibili e del generale fracasso sul nulla, mi
dice "sei diventato ottimista". Non è vero. Non ero "pessimista"
prima, non sono "ottimista" ora. Cerco soltanto di capire i fatti (il che non è
facile) e, per quanto possibile, di interpretarli.
La "buona notizia" è che da circa sei mesi la crescita della rete in Italia
è molto più vivace che in passato. Intendiamoci: siamo ancora "lultima ruota
del carro". Se calcoliamo la presenza in rete in rapporto al reddito, siamo
allultimo posto nellunione europea. LItalia rappresenta circa il 4 per
cento delleconomia mondiale, l1 per cento della rete. Ha il 12 per cento del
prodotto interno lordo europeo, il 14 delle automobili, il 17 o più dei telefoni
cellulari... il 5 della rete in Europa.
Ma il numero di host internet italiani si sta avvicinando a 400.000 (un anno fa
erano 260.000, due anni fa 120.000). Ora siamo al sesto posto "in cifra
assoluta" in Europa, al decimo nel mondo. Abbiamo superato paesi tradizionalmente
dominanti come la Norvegia e (di poco) la Svezia. Cè poco da festeggiare, perché
siamo ancora paurosamente indietro rispetto a paesi paragonabili per popolazione e reddito
(per esempio la Gran Bretagna ha una presenza tre volte superiore alla nostra) e per
densità rispetto alla popolazione siamo dietro lEstonia e la Slovenia. La distanza
in confronto a paesi avanzati, come gli Stati Uniti, la Finlandia, lAustralia,
lOlanda o la Svizzera... è abissale. Ma la cosa interessante è la tendenza. Negli
ultimi sei mesi abbiamo avuto una crescita del 48 per cento, rispetto a una media del 19
in Europa e del 23 nel mondo. (Vedi il numero
26 della rubrica Il Mercante in Rete). Qualcosa si muove... se queste
linee di tendenza si confermassero, in tre o quattro anni potremmo arrivare "in
quota". Un motivo di più per pensare seriamente a imparare come muoversi in questo
nuovo territorio.
Le ombre... sono molte. Fra queste una diffusa incultura e incomprensione, specialmente
da parte di chi ci governa, dellestablishment culturale e dei mezzi di
informazione. Si ripetono spesso autentiche "crociate" di disinformazione sulla
rete, molto più intense e feroci in Italia che in altri paesi (vedi La figlia di Omero e la libertà
del mercato, gli articoli nella sezione Libertà e la documentazione sul sito ALCEI).
La rete sembra fatta apposta per gli italiani
Rieccoci così alla storiella del fabbricante di scarpe. Ci vorrà tempo
prima che in Italia si sviluppi qualcosa di simile a un diffuso "commercio
elettronico". Ma già oggi le possibilità allesportazione sono molte, e molto
interessanti. La diffusione della rete nel mondo è molto squilibrata (il 98 per cento
dellumanità è ancora escluso) ma ci sono mercati importanti che offrono
possibilità immediate e concrete; o comunità diffuse, in settori specifici, anche in
molti altre parti del mondo. E se la crescita non è, come si favoleggiava,
"esponenziale"... è davvero veloce: ciò che impariamo oggi su una scala
relativamente piccola potrà esserci prezioso domani su dimensioni più ampie.
Il mercato internazionale è difficile, confuso e fortemente competitivo. Ma ci sono
molte imprese italiane che hanno successo in tutto il mondo in condizioni non più facili
di queste. Che cosa ci vuole per vincere in rete? Flessibilità. fantasia, innovazione,
molta attenzione alle relazioni e un forte spirito di servizio. Queste sono, da sempre, le
carte vincenti delle imprese italiane; specialmente le famose "piccole e medie
imprese" che sono la spina dorsale della nostra economia.
Mi sembra unoccasione da non perdere.