1. Lo sviluppo dell'internet in Italia

 

  La disponibilità di collegamenti internet in Italia è molto recente. Il "ritardo" rispetto agli Stati Uniti è di pochi anni, ma la distanza è ancora grande.

Le prime connessioni universitarie italiane con la rete internazionale furono stabilite con BitNet e HepNet fra il 1982 e il 1984; il primo collegamento internet fu quello del Cnuce a Pisa, nel 1986. Ma solo nel 1994 divennero disponibili servizi di collegamento "aperti al pubblico".

Esistevano sistemi che offrivano posta internet, a prezzi abbastanza "accessibili", già alla fine degli anni Ottanta; ma le tecniche di accesso erano molto più complesse di quelle disponibili oggi e quei servizi erano usati da pochissime persone.

A partire dal 1995 c’è stata una "proliferazione" di servizi. Tre anni fa i provider si contavano sulle dita di una mano; era molto difficile collegarsi in tariffa urbana per chi non abitava a Roma o a Milano. Oggi sono centinaia, e alcuni offrono collegamenti in parecchie città diverse, direttamente o tramite organizzazioni locali; in pratica si trovano accessi in molti capoluoghi di provincia e anche in altre località.

Nonostante questa moltiplicazione di "nodi", la "copertura" del territorio non è ancora completa; non per tutti è possibile collegarsi senza pagare tariffe telefoniche interurbane. Si cominciano a vedere i primi accenni di riduzione delle tariffe interurbane, e anche degli "scatti" sulle comunicazioni locali; è probabile che questo processo continuerà, anche se in modo lento e graduale. Ma per ora il problema rimane, e perciò più avanti daremo alcuni suggerimenti su come collegarsi se non si ha un accesso "urbano" o se, comunque, si vuole limitare il costo degli "scatti" telefonici.

Naturalmente per collegarsi alla rete occorre un contratto con un ISP (Internet Service Provider). Il costo delle linee che i provider devono usare è ancora alto in Italia rispetto agli Stati Uniti e a molti paesi europei; ma nonostante ciò un collegamento internet in Italia non ha un prezzo elevato. Ci sono varie formule, ma la più diffusa è la cosiddetta flat rate, cioè una cifra fissa indipendente dalla frequenza e durata dei collegamenti e dalla quantità di dati trasferiti.

C’è una relazione fra la "portata" del collegamento (la cosiddetta "larghezza di banda") di cui un provider dispone e il numero di utenti che un provider può servire. Quanti più utenti sono connessi in un dato momento, a parità di "banda" disponibile al provider, tanto più lento sarà il collegamento di ciascuno. Perciò in teoria si giustifica il concetto che collegamenti più veloci siano relativamente più costosi. Ma la cosa non è così semplice. In pratica è consigliabile scegliere un provider, nella propria zona telefonica, che offra una buona qualità a un prezzo non troppo alto; e passare poi a soluzioni più impegnative solo se se ne ha una reale e verificata necessità

C’è ancora una diffusa preoccupazione che usare la rete sia molto costoso, ma in pratica non è vero, specialmente se ci si abitua a leggere e scrivere off-line. Se si usa la rete per sostituire, almeno in parte, telefonate interurbane, fax e posta ordinaria (mandare un messaggio costa enormemente meno di un francobollo) si può risparmiare molto di più di quanto si spede per il collegamento.

Certo, se si fanno collegamenti lunghi gli scatti telefonici si ammucchiano (una delle tante differenze fra l’Europa e gli Stati Uniti è che in America non c’è tariffa urbana "a scatti"; perciò da noi è più importante stare attenti a quanto tempo si resta collegati). Ne nascono talvolta conflitti in famiglia. Per esempio ci sono genitori che si lamentano se qualche adolescente sta troppo tempo in chat (e così tiene occupato la linea e fa accumulare gli "scatti"). Ma non sarebbe lo stesso se facesse lunghe conversazioni telefoniche; e non spenderebbe di più se andasse in discoteca? Ci si può trovare anche davanti alla necessità di fare collegamenti lunghi per scaricare qualche software un po’ ingombrante; ma quanto risparmiamo rispetto al prezzo che pageremmo per un prodotto equivalente in un negozio?

 

   
 
Giancarlo Livraghi

 

 
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