la strategia


8. Qualche verifica prima del varo



a. Controllare prima di decidere

b. La promessa è davvero rilevante?

c. Cercare la strada maestra

d. Una sola promessa

e. “Il più venduto” non è una strategia

f. Evitare la “praticità” come promessa

g. Tenere d’occhio le utilità “intangibili”

h. Definire esattamente l’interlocutore

i. Interrogare il segmento che ci interessa

l. Perché una strategia sola non basta

m. La regola fondamentale è che non ci sono regole

n. Eliminare i preconcetti

o. Non annegare i “brutti anatroccoli”

p. Schema del “profilo di strategia”

q. Se si scarta una buona idea?

r. I “profili” si presentano al cliente?

s. Le strategie alternative si verificano in ricerca?

Sintesi





a. Controllare prima di decidere

Abbiamo raccolto dati, informazioni e impressioni. Abbiamo identificato il nostro consumatore e la sua percezione della marca; la sua valutazione dei rischi e il modo in cui stabilisce la gerarchia delle utilità.

Siamo pronti per mettere mano alla strategia risolutiva? Non ancora.

Le pagine che seguono contengono alcuni precetti derivati dall’esperienza. Questi non sono sufficienti a garantire una buona strategia. Come abbiamo già detto, nulla può sostituire l’esperienza e l’intuizione di una mente strategica. Ma possono aiutare ad evitare qualcuno degli errori più abituali.

Questi precetti derivano dall’esame dei fallimenti quanto da quello dei successi. Le migliori menti strategiche sono spesso attenti patologi. Osservate con attenzione quelle marche, quelle strategie che non hanno successo, e chiedetevi perché. C’è sempre molto da imparare da queste analisi.

(Per fortuna molte delle strategie “malate” muoiono in fase di verifica o di ricerca, prima di uscire sul mercato. Anche queste meritano un’autopsia).

 

b. La promessa è davvero rilevante?

Controllate che la vostra promessa corrisponda a una reale esigenza del consumatore. Possedere una caratteristica esclusiva non significa sempre offrire utilità.

L’innovazione che fa saltare di gioia i tecnici di laboratorio, o i dirigenti della fabbrica, può cadere nella totale indifferenza quando arriva nelle famiglie (o negli uffici se si tratta di uno strumento di lavoro).

I consumatori non sono molto interessati all’innovazione se questa non risolve un loro problema o non offre un’utilità rilevante.

Se promettiamo che la luce del frigorifero resterà accesa quando la porta è chiusa, offriremo certamente qualcosa di diverso dagli altri. Ma a chi importa? E chi la vede? Sembra un esempio cretino: ma proviamo a esaminare con occhio critico le “promesse” che vengono offerte ai consumatori, e ci accorgiamo che molte non sono più interessanti di questa.

Ci sono prodotti tecnicamente inutili (o superflui) che hanno un mercato. In questi casi occorre capire che l’utilità non sta nelle prestazioni del prodotto ma in fattori diversi, come collezionismo, esibizione, ricerca della “modernità” in quanto tale, timore di essere o sembrare “non aggiornati”... eccetera. Insomma anche quando un acquisto è o sembra “futile” e “irrazionale” occorre capire che corrisponde a un’utilità (consumer benefit) nella mente di chi lo acquista.

 

c. Cercare la strada maestra

La strada maestra è l’utilità (benefit) più desiderata da quei consumatori che sono più importanti per la nostra marca (target group). Fra i vantaggi pratici che il prodotto offre, è bene scegliere quello più rilevante per il consumatore. Quando una marca riesce a far sua la “strada maestra”, tutti i concorrenti sono in difficoltà. E se la “strada maestra” è saldamente occupata da un concorrente? In questo caso la definizione della strategia è particolarmente difficile, ma non diamoci per vinti. La cosa da non fare è quella di identificarci con una caratteristica (utilità) meno significativa per il consumatore. Saremmo perdenti in partenza.

Ma ci sono altri modi.

Se il nostro prodotto ha un punto di superiorità proprio nella “strada maestra”, e se disponiamo di mezzi adeguati, possiamo attaccare l’avversario frontalmente sul suo territorio (se la marca avversaria è affermata da molto tempo ha probabilmente qualche punto di stanchezza, di “obsolescenza potenziale”, che possiamo scoprire).

Oppure possiamo scoprire che il modo in cui il concorrente affermato si propone è un po’ invecchiato, o comunque non rispecchia abbastanza bene la mentalità e il mondo percettivo del consumatore: anche in questo caso possiamo attaccare frontalmente sulla “strada maestra” presentandoci come quelli che capiscono meglio il consumatore, che parlano meglio la sua lingua.

Possiamo anche identificare un cambiamento: scoprire che alla vecchia “strada maestra” se ne sta sostituendo una nuova, non ancora così chiaramente visibile ma più attuale, più ricca di futuro. In questo caso potremo vincere identificandoci con la “via nuova” e crescendo man mano che questa guadagna terreno rispetto alla “vecchia” in cui è imprigionato il concorrente. Oppure possiamo cambiare segmento, rivolgendoci a un diverso target group nella cui gerarchia di valori la nostra proposta è la più rilevante.

Insomma le possibilità sono molte per evitare il pericolo di rinchiudersi in una “nicchia” secondaria che il consumatore scarta nella sua gerarchia di scelte. La pena, se non è il rifiuto, è l’oblio.

 

d. Una sola promessa

Le buone strategie si costruiscono intorno ad una sola idea centrale. Una promessa “multipla” è sempre perdente rispetto ad una singola e precisa. Ogni elemento in più che si aggiunge va ad indebolire la promessa fondamentale.

Attenzione: non esiste alcun buon professionista di pubblicità (o di marketing) che non affermi questo principio. E allora come mai vediamo tante marche che si propongono come “tutto per tutti” o che fanno promesse multiple e complesse?

Ciò che succede in pratica è che idee secondarie spuntano e si avvinghiano intorno al pensiero centrale come la vite del Canada; e finiscono con il camuffare, o distruggere, l’edificio che avevamo così attentamente disegnato.

Le grandi soluzioni sono semplici. Le soluzioni semplici sono le più difficili.

 

e. “Il più venduto” non è una strategia

Non c’è alcuna promessa, alcuna “utilità” nel raccontare che il nostro prodotto è molto venduto. Può far piacere al cliente, ma non è molto interessante per il consumatore.

Se un prodotto ha successo, di solito è perché offre un’utilità (benefit) importante dal punto di vista del consumatore. Oppure se l’impresa è molto affermata può offrire qualche maggiore garanzia.

Invece di “proclamare successo”, è meglio trovare il “nesso”, il perché. Avremo una promessa molto più valida.

 

f. Evitare la “praticità” come promessa

Se un prodotto (per esempio un prodotto alimentare) è più pratico e comodo da usare, questo è un vantaggio che il consumatore capisce facilmente e in fretta. Inutile sottolinearlo. È meglio dire quanto è buono il budino, non quanto è facile prepararlo.

 

g.Tenere d’occhio le utilità “intangibili”

Valori mentali, emozionali, sensitivi possono sembrare “intangibili” ma sono realtà concrete. Spesso sono cose importanti per il consumatore, come felicità, tranquillità, ammirazione, sicurezza.

In molti casi i valori “intangibili” hanno un maggior potenziale di sviluppo, e una maggiore durata nel tempo, che puri e semplici dati tecnici.

Provate a spiegare al proprietario di una Volvo il fatto (tecnicamente vero) che la sua macchina non è più robusta di una Fiat.

 

h. Definire esattamente l’interlocutore

Se non sappiamo precisamente con chi stiamo parlando, corriamo il rischio di proporre un vantaggio irrilevante, di usare il linguaggio sbagliato, o di non avere sintonia fra ciò che diciamo e il mezzo su cui ci troviamo a dirlo (una donna con un bambino piccolo può leggere una rivista di elettronica, ma non è quello il momento in cui ha voglia di occuparsi di pannolini).

In molti casi troviamo che un prodotto “fallisce” agli occhi del consumatore non perché non è un buon prodotto ma perché ha fatto una promessa (di per sé giusta) alla persona sbagliata o nel modo sbagliato.


i. Interrogare il segmento che ci interessa

Qualsiasi ricerca, svolta in qualsiasi fase di sviluppo di una campagna presume che si sia scelto l’interlocutore (target audience).

Una volta definito qual è il segmento, tutte le ricerche devono svolgersi all’interno di esso. Se non si è sicuri, è meglio spezzare il campione per rappresentare segmenti diversi.

Ricerche su un gruppo diverso dal “target” cui ci rivolgiamo possono portarci pericolosamente fuori strada.

 

l. Perché una strategia sola non basta

È allarmante constatare quanti sviluppano strategie secondo il principio di “piove, ho perso l’ombrello”. La ricerca comincia solo quando si ha un problema, e finisce appena si è trovata una soluzione qualsiasi.

Ci si accontenta della prima strategia che si trova e che corrisponde all’obiettivo.

È improbabile che in questo modo si arrivi a una strategia veramente forte. Meglio esaminare le diverse possibilità, valutarne il potenziale, e poi scegliere la strategia più promettente.


m. La regola fondamentale
     è che non ci sono regole

Dobbiamo tenerci lontani da due opposte illusioni. Una è che l’intuizione pura, senza disciplina, possa trovare la strada giusta. L’altra è che il metodo in quanto tale risolva tutti i problemi. (La prima malattia è forse la più diffusa nelle agenzie, la seconda fra i clienti; ma accade anche il contrario – e nessuno è spontaneamente immune).

Nessuna procedura formale può sostituire il nostro personale approfondimento; la nostra umana comprensione di ciò che il consumatore vive, sente e pensa. Nessun ammasso di informazioni può aiutarci se non sappiamo scegliere quelle rilevanti e capirne il vero significato.


n. Eliminare i preconcetti

Chi segue alla lettera le istruzioni (briefing) che riceve potrà essere un buon soldato, ma non è uno stratega. La mente strategica mette tutto in discussione.

Non è buon stratega neppure chi intende l’esperienza come ripetizione del noto. L’esperienza ha un grande valore, ma deve servire per scoprire che cosa si può fare che sia nuovo e diverso.

Quando si affronta un nuovo cliente, un nuovo prodotto o un nuovo incarico, di solito si analizza a fondo il problema.

Ma bisogna saper fare la stessa cosa per le marche di cui ci si occupa da anni, per le campagne che sembrano consolidate su un percorso sicuro e tranquillo. Se nella vecchia strategia c’è un tarlo, non diventerà visibile se non dopo che il guasto è diventato grave. Il compito di una buona mente strategica è scoprirlo prima.

 

o. Non annegare i “brutti anatroccoli”

Nella prima fase di sviluppo della strategia, è meglio aggiungere ipotesi che scartarne. È utile scartare le ipotesi che non corrispondono agli obiettivi, ma non cercare di stabilire troppo presto una gerarchia fra quelle “buone”.

D’altro canto, è inutile e dannoso coltivare erbacce. Non bisogna cercare di “fabbricare” strategie solo per far numero. Meglio mettere su carta solo quelle che ci sembrano ricche di potenzialità e che ci sentiamo di difendere. Ma se qualcuna all’inizio sembra un po’ bizzarra e diversa da quello che ci aspettavamo... meglio metterla alla prova prima di buttarla via.


p. Schema del “profilo di strategia”

Per ognuna delle strategie che si vogliono “portare in finale”, è utile stendere un “profilo”. Come nel caso degli altri “profili”, quello qui proposto è solo uno schema di riferimento, che può variare secondo le esigenze del caso specifico.

  1. “Target group” (descrizione del segmento di consumatori cui ci riferiamo).

  2. Posizionamento (quale ruolo vogliamo occupare nella gerarchia di scelta dei consumatori e con quale promessa specifica, espressa dal punto di vista del consumatore):
  3. A. Come siamo percepiti (come il consumatore nel target group ci vede oggi – espresso in prima persona come pensiamo lo direbbe il consumatore).

    B. Come vogliamo essere percepiti (come il consumatore ci vedrà se la nostra campagna avrà avuto effetto – espresso come il precedente).

  4. Situazione concorrenziale (quali altre proposte il nostro target group prende in considerazione in alternativa alla nostra marca).

  5. Perché. (Breve riassunto dei motivi per cui questa strategia è valida).

  6. Informazioni. (Quali dati servono come sostegno di questa strategia nel caso che sia quella scelta; quali di essi sono già disponibili e quali invece, se mancanti, dovrebbero essere trovati; quali verifiche, se è il caso, si ritengono necessarie).


q. Se si scarta una buona idea?

Di solito non è possibile sviluppare tutte le idee valide. Il lavoro deve procedere e concludersi entro le scadenze stabilite.

Bisogna decidere; scegliere le soluzioni più valide e praticamente attuabili, e andare avanti.

Ma le idee valide non devono essere buttate via. Devono essere scritte (anche se solo come appunto) e messe da parte finché il lavoro non è completo in tutte le sue fasi. Non si può mai prevedere quando un “incidente di percorso” può far diventare preziosa un’alternativa che prima sembrava non necessaria.

 

r. I “profili” si presentano al cliente?

Abbiamo già visto che il grado di coinvolgimento del cliente nel gruppo di lavoro varia secondo il rapporto abituale di collaborazione con quel cliente e le particolari caratteristiche del progetto in corso.

Lo stesso concetto si applica alle alternative di strategia e agli altri passi intermedi. Sta chi coordina il progetto decidere se è opportuno verificare con il cliente alcune delle alternative prima di stendere la strategia definitiva; o all’estremo opposto, portare più di una strategia fino alla fase di esecuzione per esaminare sia all’interno dell’agenzia, sia con il cliente tutte le conseguenze e le potenzialità delle diverse “strade”.

 

s. Le strategie alternative
    si verificano in ricerca?

Anche su questo punto non c’è una regola. Sta alla valutazione del coordinatore, e alla “sete di conoscenza” di tutto il gruppo, stabilire quanto sia opportuno verificare strategie diverse attraverso il dialogo con i consumatori o è sufficiente l’esame critico all’interno dell’agenzia, in base alle conoscenze che si hanno già.

E naturalmente è anche un problema di tempo e di denaro: non sempre ci sono gli stanziamenti per poter svolgere molteplici ricerche; ed è ancora più frequente, purtroppo, che non ci sia il tempo.


Sintesi

  1. È utile verificare tutte le strategie che valorizzano un punto di forza significativo – ma non percorrere inutilmente vicoli ciechi.


  2. Non è bene creare troppo presto una graduatoria fra le strategie valide. Il “brutto anatroccolo” può diventare un cigno.


  3. È utile scrivere i “profili” delle alternative più promettenti per definirne le caratteristiche.


  4. Il punto centrale è sempre il cambiamento che desideriamo nella percezione del consumatore.


  5. Ognuna delle alternative deve essere univoca e semplice. Un elenco di promesse diverse non è una strategia.



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