la strategia


5. Il ruolo del cliente



a. Il cliente fa parte del gruppo di lavoro?

b. La responsabilità

c. Il cliente deve approvare la strategia?

d. Se il cliente ha un proprio metodo strategico

e. L’agenzia deve cercare di “imporre” le sue idee?

Sintesi





a. Il cliente fa parte del gruppo di lavoro?

Finora si è parlato del lavoro sulla strategia all’interno dell’agenzia di pubblicità (o comunque della struttura professionale che deve impostare e realizzare la campagna). A tutto questo processo è estraneo il cliente? Cioè il committente del lavoro e il responsabile delle decisioni? Ovviamente no; ma si tratta di capire come e quando dev’essere coinvolto.

Per fortuna in molte situazioni (che sono quasi sempre le più costruttive e danno quasi sempre i migliori risultati) il cliente collabora strettamente con l’agenzia e “fa parte del gruppo”. Ma finora non ne abbiamo parlato per tre precise ragioni:

  1. Per quanto stretta possa essere la collaborazione, la responsabilità dell’elaborazione strategica (e della qualità delle campagne che ne risultano) non è del cliente, ma dell’agenzia; che non può e non deve evadere il suo ruolo semplicemente dicendo “l’hanno approvato” o “hanno voluto così”.
  2. Una buona organizzazione professionale deve avere un suo metodo di elaborazione della strategia; anche se il cliente segue logiche diverse deve saper applicare i suoi principi professionali.
  3. Anche se è bene (quando possibile) che ci sia una stretta collaborazione con il cliente in ogni fase e specialmente nell’elaborazione delle strategie, esistono momenti cruciali in cui l’agenzia deve avere un colloquio con se stessa e presentarsi unitaria e concorde al cliente: la definizione della strategia è il più importante di questi momenti.

Quindi: il cliente, se è un “buon” cliente e sa collaborare con l’agenzia, fa parte del gruppo; ma queste pagine riguardano soprattutto la disciplina e il metodo che l’agenzia deve avere al suo interno.


b. La responsabilità

Nella pratica del lavoro, se la collaborazione è stretta quanto è desiderabile che sia, la responsabilità del risultato è comune, condivisa da tutta una struttura professionale che coinvolge sia il cliente, sia l’agenzia. Ma è bene ricordare che esiste una fondamentale distinzione di responsabilità.

La responsabilità fondamentale del cliente è il prodotto (o servizio) che vende, con tutte le implicazioni connesse, compresa la distribuzione.

La responsabilità fondamentale dell’agenzia è la comunicazione, dalla strategia di base fino a tutti gli aspetti dell’esecuzione.

Naturalmente ciò non significa che l’agenzia possa agire in modo autonomo; sono del cliente il prodotto (o servizio), la marca, l’identità aziendale, i soldi e la responsabilità. Per questo il cliente ha il diritto di essere ascoltato e capito in ogni fase, e ha il diritto di approvazione finale.

Ma ciò non esime l’agenzia dalle proprie responsabilità. Se una strategia è sbagliata, o se una campagna è eseguita in modo errato, l’agenzia non può giustificarsi dicendo “ma il cliente l’ha approvata”.


c. Il cliente deve approvare la strategia?

In generale è desiderabile che la strategia sia approvata dal cliente prima di realizzare la campagna (anzi, per quanto possibile, scritta con la sua collaborazione). Ma questa non è una regola fissa.

Possono esistere clienti che non comprendono il processo strategico usato dall’agenzia e non capiscono il senso di una strategia finché non la vedono eseguita. O possono esistere situazioni in cui una strategia è più efficacemente definibile, o presentabile, con l’aiuto di un esempio di esecuzione (parziale o completa).

È responsabilità del gruppo di lavoro, e in particolare di chi lo coordina, decidere quale metodo seguire secondo il cliente e secondo la situazione. Spesso è opportuno che una decisione di questo genere (specialmente se si tratta di un cliente nuovo con cui non si è ancora consolidato un metodo di lavoro) coinvolga i “vertici” professionali dell’agenzia.

Nel caso che una strategia sia stata presentata ed approvata dal cliente, non può essere cambiata in fase di esecuzione. Le soluzioni che si presenteranno in seguito devono essere perfettamente in linea con la strategia.

Se dopo che una strategia è stata approvata l’agenzia ritiene di doverla modificare, o di dovere esplorare una via diversa, ci sono solo due soluzioni:

  • Presentare la nuova strategia al cliente ed averne l’approvazione prima di presentare le proposte di campagna.

oppure

  • Presentare proposte perfettamente in linea con la strategia approvata, e in aggiunta (non in sostituzione) altre proposte accompagnate dalla nuova strategia e da una chiara spiegazione dei motivi che l’hanno fatta nascere.

 

d. Se il cliente ha un proprio metodo strategico

In generale i clienti accettano il metodo di elaborazione strategica usato dall’agenzia. Ci sono anche casi in cui un metodo come quello descritto in queste pagine è stato adottato da un cliente dopo averne visto l’applicazione da parte di un’agenzia.

Ma in alcuni casi il cliente ha una sua metodologia rigida di impostazione del posizionamento e della strategia, oltre a metodi fissi e comparabili di ricerca. In questi casi, se l’agenzia ha una forte cultura professionale non è bene che abbandoni il proprio metodo per adottare passivamente quello del cliente. La soluzione migliore è lavorare in parallelo, cioè applicare il metodo del cliente e contemporaneamente quello dell’agenzia. Se i due metodi sono validi, può essere una verifica utile. Se il lavoro procede correttamente, la strategia risultante dovrebbe essere la stessa. Se invece dovessero risultare discrepanze ci troveremmo davanti a un “caso” professionale di estremo interesse, nel quale dovrebbero essere coinvolte le migliori risorse dell’agenzia (e del cliente) per capire se si è scoperto qualcosa di rilevante che può portare a interessanti innovazioni.

 

e. L’agenzia deve cercare
    di “imporre” le sue idee?

Sembrano esserci due “scuole” tradizionali fra le agenzie di pubblicità (e in generale fra le organizzazioni di consulenza e servizio) per quanto riguarda i rapporti con i loro clienti.

La prima è la scuola “obbediente”, che esegue puntualmente le direttive del cliente seguendo tutti i suoi desideri con la massima possibile professionalità – ma senza dare alcun apporto strategico. Queste agenzie sono molto gradite a un certo tipo di clienti ma a lungo andare perdono terreno rispetto ad altre che hanno maggiore iniziativa. Da parecchi anni questa tendenza sembra sempre più diffusa; i risultati non sono incoraggianti.

La seconda è la scuola “prepotente” che afferma di imporre al cliente le proprie idee. «Il Cliente ci dia un buon briefing, il resto lo decidiamo noi». Queste agenzie o sono bugiarde, o hanno clienti impreparati e masochisti.

Nessuna delle due è la strada giusta. Il rapporto più corretto è quello della collaborazione e reciproca comprensione (sempre ricordando i ruoli di base descritti nel punto b).

In caso di dissenso l’agenzia dovrà saper ascoltare e capire le ragioni del cliente (che di solito conosce i problemi aziendali meglio di chiunque altro); e convincerlo quando, a ragion veduta, ritiene giusta la propria tesi. È inutile e sciocco “dare battaglia” su elementi secondari (se al cliente piace il blu, e se il colore non è determinante, è meglio disegnare uno stupendo pacco blu invece di discutere se ci piace giallo). Se invece esiste un dissenso riguarda un punto di reale importanza strategica, il problema diventa importante e può essere necessario coinvolgere i “vertici” decisionali dai due lati (cliente e agenzia).

La realtà quotidiana è piena di conflitti dovuti al fatto che non si segue un metodo corretto nel dialogo fra l’azienda e le organizzazioni professionali che lavorano al suo servizio. Ci sono casi, non infrequenti, in cui si commettono tutti e due gli errori: si lavora in modo troppo “obbediente” e banale (anche perché il cliente non incoraggia l’iniziativa e l’indipendenza di pensiero) e poi ci si impunta inutilmente sui dettagli. L’agenzia deve saper ascoltare (è inutile insistere quando un cliente non è convinto; l’importante è approfondire e capire le sue osservazioni, trarne ispirazione e insegnamento per far meglio). Il cliente deve saper capire le ragioni dell’agenzia, non limitarsi a dire “no” ma spiegare perché, insomma stimolare un dialogo da cui possano nascere nuove e più interessanti proposte. E anche quando dice “si”, cioè approva una proposta, è meglio approfondire: perché da una parte e dall’altra si capiscano bene le basi del consenso, i motivi per cui un’idea è valida, e quindi il modo in cui dovrà essere sviluppata.

Fra tanti episodi che ricordo, eccone uno particolarmente vivace. C’era un cliente che aveva l’abitudine di esprimersi con brutale franchezza. Vide una proposta e chiese: «chi è l’imbecille che ha scritto questa merda?». Non persi tempo a spiegargli che l’imbecille ero io; né a cercare di convincerlo che era una buona idea. Ma gli chiesi di spiegarci perché non era d’accordo. Ne nacque un dialogo interessante. Un’ora dopo la “merda” fu approvata, con alcune modifiche suggerite dal cliente che la miglioravano molto. La campagna fu un successo; nacque fra me e quel signore un rapporto che fu sempre un po’ burrascoso, ma fertile – e basato sul reciproco rispetto.

 

Sintesi

  1. La responsabilità del cliente è il prodotto; la responsabilità dell’agenzia è la comunicazione. Il cliente ha il diritto di essere ascoltato e il privilegio dell’approvazione finale, ma ciò non elimina la responsabilità dell’agenzia.

  2. È desiderabile che il cliente faccia parte del gruppo di lavoro, ma l’agenzia deve trovare al proprio interno e in modo autonomo il consenso sulla strategia.

  3. Non sempre la strategia viene sottoposta al cliente prima di realizzare la campagna. Quando ciò avviene, la strategia approvata deve essere seguita rigorosamente e non può essere cambiata senza l’accordo del cliente.

  4. Se il cliente ha un proprio schema strategico, questo deve essere seguito, ma non in sostituzione di quello usato abitualmente dall’agenzia.

  5. L’agenzia deve avere opinioni professionali precise e sostenerle; ma deve saper ascoltare il cliente e comprenderne le ragioni.




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