L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini

di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 57
Perché la rete
è adatta agli italiani


Ho incontrato parecchi dissensi, in varie situazioni, quando ho detto e scritto che gli italiani hanno qualità particolarmente adatte a muoversi bene nell’internet. Mi è stato obiettato (da nostri connazionali) che gli italiani sono culturalmente retrogradi, poco inclini alla tecnologia, mancano di cultura scientifica. Ma non è vero. Ci sono italiani che hanno avuto successo nel mondo in un’infinita varietà di cose (non solo, come si tende a pensare, nella moda, nel design e nella cucina). Ci sono imprese italiane che esportano nel mondo tecnologie avanzate e complesse. Ci sono soluzioni tecniche di ogni specie che gli italiani hanno accettato con facilità e perfino con troppo entusiasmo – come nel caso dei telefoni cellulari.

L’Italia non è al primo posto nel mondo nell’uso della telefonia mobile; ma è uno dei paesi in cui i “cellulari” si sono diffusi più velocemente (vedi l’analisi sulla diffusione delle tecnologie di comunicazione). In settori come questi siamo perfino troppo disponibili... disposti a subire prezzi molto più alti che negli altri paesi e più degli altri a inseguire “innovazioni” inutilmente complesse e costose.

Il mondo è pieno di italiani. Non solo ci sono milioni di italiani che vivono negli Stati Uniti, in Brasile, in Argentina, in Australia e in molti altri paesi. Ma viaggiamo anche molto. Nel posti più sperduti del pianeta è quasi impossibile andare un po’ in giro senza incontrare un italiano. Ci sono parole italiane che sono entrate in un’infinità di lingue. Non solo nel linguaggio della musica (tutto il mondo dice “pianoforte”, “allegro ma non troppo”, “andante con moto” eccetera) ma anche parole come “pizza”, “spaghetti” e “ciao” – e non è affatto “inglorioso” essere conosciuti per cose semplici e simpatiche come queste. Si esporta cultura anche con il risotto e con l’olio d’oliva.

È vero che una parte della cultura “umanistica” italiana è pedante, noiosa, accademica, nozionistica. Ma non tutta. E il fatto fondamentale (come non mi stancherò mai di ripetere) è che nell’internet i valori umani sono molto più importanti delle tecnologie.

È vero che sono ancora troppo pochi gli italiani che sanno bene l’inglese (vedi il capitolo 4). Ed è un grosso problema, anche indipendentemente dall’internet. Finalmente, da qualche anno, il nostro sclerotico sistema scolastico sta tentando di rimediare – ma non abbastanza. Conoscere la lingua del mondo non è un modo per essere “asserviti”. Al contrario, è lo strumento necessario per poter essere attivi e far percepire la nostra cultura (oltre che migliorarla conoscendo quelle degli altri).

È un’approssimata e superficiale conoscenza dell’inglese che ci porta ad “americanizzare” molte cose in modo stupido, pedestre e imitativo. Se capissimo meglio saremmo meno passivi, meno confusi e meno “asserviti”.

Non sono mai stato “nazionalista”. Sono per il libero scambio, per la molteplicità delle culture, per il desiderio di capire il mondo e di imparare da tutti, per il rispetto di tutte le diversità, per la mescolanza delle etnie e di tutte le varianti del genere umano. Il nostro inno nazionale è una schifezza musicale e letteraria; mi fa venire in mente una coorte di coatti in caccia di una povera ragazza da agguantare per i capelli, alla maniera dei pitecantropi. Ma quando si tratta della rete avrei voglia di poter canticchiare «Fratelli e sorelle, l’Italia s’è desta, a Tokio e a Brusselle faremo la festa». Vorrei vedere il giorno in cui da Hong Kong alle Piramidi, dal Mississippi al Reno, idee, cultura, servizi, prodotti dall’Italia saranno la nuova, festosa, coraggiosa, seducente infezione di buonumore e di qualità che contagerà il mondo – con l’internet.

Vedi Italia mia, benché il parlar sia indarno.

Credo proprio che la rete sia particolarmente adatta agli italiani. Soprattutto – che sia vero o no – credo che ci faccia bene pensarlo. Molti italiani hanno fantasia. Sanno muoversi con disinvoltura e flessibilità in terreni incerti, poco strutturati; sanno vivere e progredire nel disordine. Capiscono l’importanza delle relazioni e dei rapporti umani; conoscono il valore della fiducia; sanno padroneggiare le tecnologie e metterle al servizio delle loro idee. Sanno condividere conoscenze e risorse, costruire comunità – fin dai tempi delle “arti” medioevali, ma anche in molte realtà di oggi. Questo ci rende adatti a vivere e prosperare, meglio di altri, in un sistema informe, mutevole, indisciplinato e nascente come la rete.

Vedi Perché gli italiani hanno il DNA vincente.






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