L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini

di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 35
I malanni delle tecnologie


Questo libro non parla di applicazioni tecniche. Perché non è il mio mestiere – e non basterebbero 500 pagine. Per chi la vuole, c’è una vastissima letteratura sull’argomento. Ma c’è un concetto generale che mi sembra importante capire: i personal computer funzionano male – e stanno continuamente peggiorando. Da questo problema non si esce usando una macchina diversa per collegarsi alla rete; perché sono tutti, comunque, congegni elettronici – e quasi tutti gli altri arnesi funzionano ancora peggio dei computer.

Sui mali che affliggono le tecnologie elettroniche c’è una letteratura infinita. Il problema non sta nei sistemi – semplici, robusti e sostanzialmente affidabili – su cui si basa l’internet. Ma nella proliferazione di software quasi sempre troppo complessi, mal funzionanti, soggetti a continui quanto inutili “aggiornamenti“, che affliggono chiunque abbia un po’ di pratica nell’uso di un computer.

Un’analisi un po’ più estesa di questi problemi si trova nel capitolo 15 di La coltivazione dell’internet. Vedi anche il capitolo 8 di questo libro e l’articolo ’O scarrafone.

Potrei citare molti autori su questo argomento. Mi limito a uno: Umberto Eco, che su L’Espresso del 2 dicembre 1999 descriveva i misfatti del programmatore elettronico (definito, chissà perché, “il Giapponese Pazzo“).

Immagino che Umberto Eco avesse un’intenzione ironica, basata sul fatto che i giapponesi hanno un modo di pensare diverso dal nostro e spesso ci sembrano un po’ strani (e noi a loro). Le tecnologie che stiamo usando non sono giapponesi; sono prevalentemente di origine americana.

Il Giapponese Pazzo inventa un nuovo programma e, per provare di essere molto bravo, istruisce il computer a fare una quantità megagalattica di cose. È ovvio che il novanta per cento di queste cose non servono a un utente non-pazzo, il quale ne ha bisogno solo il dieci per cento. Quindi il suo compito è sconfiggere il Giapponese Pazzo, su cui prospera l’industria programmi, che cerca di venderci sempre perfezionamenti che non servono se non ai Giapponesi Pazzi i quali, tra l’altro, sarebbero capacissimi di programmarseli da soli. In questo senso Bill Gates è, dopo Hitler naturalmente, il peggior nemico dell’umanità.

Perfino Nicholas Negroponte, noto come uno dei più accaniti ed esagerati sostenitori della tecnologia a tutti i costi, ha ammesso la gravità di questo problema durante un convegno a Milano nel gennaio 2000. Con sorprendente sincerità, ha spiegato agli astanti che il software più diffuso è pessimo e continua a peggiorare. Che è inutilmente complesso e farraginoso, infarcito di false innovazioni che servono solo a peggiorarlo. Che funzionavano molto meglio i “personal computer“ di quindici anni fa. E che il costo del software, e dell’enorme hardware necessario per gestirne le inefficienze, è esageratamente alto.

Questi problemi si possono, almeno in parte, evitare – con alcuni accorgimenti che cercherò di riassumere nel capitolo 40. Ma è bene conoscerli per restarne il più possibile lontani; e correggerli, quando necessario, senza un eccessivo dispendio di tempo e di fatica. Soprattutto, non bisogna mai avere “soggezione“ del computer, dei programmi, dei software, delle varie macchinose complicazioni che molti ci propongono (e che quasi sempre convengono solo a chi le vende – o le “regala“ perché si aspetta di ricavarne qualche vantaggio). Bisogna applicare con rigorosa severità (se necessario, con accanimento) un principio semplice e chiaro: le macchine, e in particolare i computer, devono essere al servizio delle persone. Non viceversa.

Questo criterio si applica anche a tutto ciò che ci viene proposto in rete. Se non corrisponde alle nostre esigenze e ai nostri desideri, se non ci offre un percorso facile e immediatamente comprensibile, se ci crea una qualsiasi difficoltà e imbarazzo, non dobbiamo avere esitazioni. Abbandoniamo senza rimpianto quell’ambiente e andiamo a cercare qualcosa di più congeniale. Che sia utile, simpatico, facile – e adatto a noi.






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