L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 20
Le due facce della convergenza


Questo può sembrare un discorso generale e un po’ teorico, ma ha applicazioni pratiche nella vita di tutti noi. Si parla molto di “convergenza” delle tecnologie. Il risultato è che si propongono, e purtroppo si vendono, molte soluzioni che per la maggior parte delle persone sono inutili. E (quel che è peggio) invece di semplificarci la vita ce la complicano. L’elettronica, ormai, è dovunque. Molti degli oggetti che usiamo abitualmente sono, in tutto o in parte, computer. Una lavatrice, un’automobile, un bancomat, una carta di credito, un telefono... Libri e giornali si producono con sistemi elettronici che riducono i costi, semplificano la logistica, aumentano l’efficienza. Eccetera. Fin che le applicazioni sono collaudate, funzionali e relativamente semplici, l’elettronica migliora la qualità e ci offre servizi che siamo abituati a considerare ovvi. La cosiddetta “piattaforma digitale” offre possibilità prima inimmaginabili a tutti i sistemi di comunicazione. Fin qui... tutto bene.

Ma poi ci si mette di mezzo la “convergenza” e le cose si complicano. Per un ingegnere è molto divertente accumulare funzioni. Il risultato è che l’oggetto più banale diventa un concentrato di cose eterogenee; usarlo è sempre più difficile, le possibilità di disfunzione si moltiplicano. (Vedi Il pane spremuto e il limone tostato).

Per chi vende tecnologia o connettività può essere utile far “passare” cose diverse attraverso le stesse strutture tecniche. Ma non è vero che questo convenga a chi deve usare quei servizi o sistemi di comunicazione. Nella maggior parte dei casi, è vero il contrario.

Il cosiddetto “coltello svizzero” è un oggetto affascinante. In un piccolissimo spazio contiene lame, forbici, cacciaviti, apriscatole, cavatappi, eccetera. Perfino una lente d’ingrandimento e magari una bussola. Divertente... e talvolta utile se ci troviamo in una situazione di emergenza, cioè dobbiamo aggiustare qualcosa e non abbiamo gli attrezzi sottomano. Ma nessuno degli strumenti contenuti in quell’oggetto “multiuso” può funzionare così bene come i singoli arnesi “monouso”. Anche una “chiave inglese” è utile quando non abbiamo uno strumento più preciso; ma ogni buon meccanico ha una serie di chiavi, ognuna specificamente disegnata per una certa misura e un certo tipo di utilizzo.

Con l’elettronica, è peggio. Perché le funzioni possono moltiplicarsi all’infinito e spesso sono “nascoste”: cioè ci troviamo imprigionati in qualche automatismo di cui non comprendiamo la natura e lo scopo, che ci induce in errore o produce ogni sorta di effetti indesiderati.

La sostanza del problema è semplice. La “convergenza” ha due facce. Vista dalla parte di chi produce un oggetto o un servizio, tende a convergere “secondo tecnologia”. Vista da tutto il resto del mondo, deve convergere “secondo funzione”. Sono due prospettive profondamente diverse e spesso contrastanti.

Un martello non è un manico di legno con una testa di ferro. C’erano martelli di pietra prima che si scoprisse la tecnologia dei metalli. Oggi si sono, secondo la funzione, martelli tutti di legno, o tutti di metallo, o di plastica o di qualsiasi altro materiale. Ciò che definisce un martello è il fatto che serve per piantare chiodi, o per picchiare su qualcosa. Non il materiale di cui è fatto o la tecnologia con cui viene prodotto.

Una situazione molto più complessa, ma concettualmente chiara, è un intervento chirurgico. Dal più banale, come l’otturazione di un dente, al più complesso come il trapianto di un organo. Si sono fatti grandi progressi nella chirurgia con la “convergenza” di tante tecnologie completamente diverse. Meccaniche, termiche, chimiche, biologiche, radiologiche, elettroniche, cibernetiche... eccetera. Al centro del sistema non c’è questa o quella soluzione tecnica. C’è il paziente. Come ottenere il miglior risultato possibile con il minor danno, il minor rischio e la minore sofferenza?

Quando nel 1456 Johann Gutenberg pubblicò il primo libro stampato non aveva “inventato” una nuova tecnologia. La grande innovazione (che ha cambiato la storia della cultura e della società umana) stava nel far convergere tecnologie della più svariata provenienza. Dalla metallurgia (che aveva fatto sostanziali progressi nel Trecento) al torchio (che si usava per il vino e per l’olio) alla chimica degli inchiostri, delle cere e degli acidi... e a nuove tecniche di fabbricazione della carta. Il sistema di Gutenberg ha funzionato, con progressivi perfezionamenti, ma senza cambiamenti sostanziali, per cinquecento anni. Solo nella seconda metà del ventesimo secolo è stato (in parte) sostituito dall’elettronica.

È interessate notare cime le moderne tecniche di stampa derivino da quelle antiche. La cosiddetta offset è la litografia. Il rotocalco deriva dall’incisione in rame – che già in tempi antichi poteva essere manuale (“a bulino”) o chimica (“acquaforte”). La tipografia trae origini dalle incisioni in legno che esistevano molto prima di Gutenberg. La serigrafia deriva dall’antica tecnica degli schermi di seta. Eccetera...  Se osserviamo bene possiamo trovare analoghe applicazioni di concetti antichi in molte tecnologie di oggi; comprese quelle di cui si serve l’internet.

L’editoria, cioè il modo per usare le tisorse offerte dalle nuove tecnologie di stampa, fu inventata in Italia da Aldo Manuzio alla fine del quindicesimo secolo – con un’ulteriore “convergenza” di diversi metodi, soluzioni e fattori culturali. (Vedi il capitolo 27).

In tutte le cose, grandi o piccole, semplici o complesse, la “convergenza” è utile se orientata al risultato, inutile o nociva se orientata alla tecnologia. Uno dei misteri del periodo in cui viviamo è perché questo elementare principio sia così spesso dimenticato.

Anche la “convergenza” della comunicazione ha due facce. L’internet non sostituisce gli altri sistemi. Continuano a esserci libri, giornali, televisione, radio eccetera. In alcuni casi la posta elettronica è più efficiente del telefono; in altri casi è vero il contrario. La posta tradizionale, con busta e francobollo, rimane per parecchi usi lo strumento più efficace.

In rete si usa chiamarla scherzosamente snailmail, la posta-lumaca. Ma la concorrenza aguzza l’ingegno. La “posta prioritaria” arriva davvero in tutta Italia in tempi brevi; quasi sempre entro 48 ore. Se ordino un libro online in Inghilterra (o da un’altra filiale europea di Amazon) e scelgo la forma meno costosa di spedizione, cioè la posta, mi arriva abitualmente in tre giorni. Le poste di tutto il mondo, comprese quelle italiane, si stanno attrezzando per fare concorrenza ai corrieri. Eccetera...

Dicono che sia interessante usare il televisore per collegarci all’internet; oppure usare un telefono cellulare per accedere alla rete. È funzionale? Credo di no (vedi il capitolo 24). Sono strumenti che nella vita dellepersone e delle famiglie hanno ruoli diversi. Più li confondiamo, più ci complichiamo l’esistenza. Per annisi è parlato del network computer, cioè di un arnese che funziona solo se attaccato a una rete. Non ha mai avuto il successo che molti si aspettavano. Forse potrebbe avere un senso all’interno di una rete chiusa, come un sistema aziendale (ma è molto più semplice adattare a quello scopo vecchi computer che altrimenti si butterebbero via per correr dietro a qualche non necessaria innovazione). Ma, all’attuale “stato dell’arte” (e per il prevedibile futuro) lo strumento più funzionale per la rete è ancora il “tradizionale” computer. Perché ci permette di gestire la “convergenza” che più conviene a noi: conservare ciò che ci serve, usare e rielaborare ciò che ci arriva dalla rete, avere un “magazzino” cui attingere quando vogliamo dare un’informazione a qualcuno...

Ma perché le risorse del nostro computer – e dei sistemi a cui si collega – “convergano” nel modo che più ci conviene (e non secondo i desideri di chi ci vuole “somministrare” cose inutilmente complesse) dobbiamo armarci di una sana dose di diffidenza. Non inseguire le “novità”. Non lasciarci affascinare da ogni nuovo giocattolo che cerca di stupirci con i suoi “effetti speciali”. Non comprare né aggiornare mai nulla se non abbiamo la sicurezza verificata che ci sia davvero utile. Come vedremo più avanti, purtroppo è difficile evitare di trovarsi coinvolti in complicazioni indesiderate; e quindi spesso siamo costretti a disfare cose mal fatte, a intervenire sulle soluzioni che qualcuno ci ha “rifilato” senza chiederci il permesso; nel caso del computer e dell’internet, questo spesso significa “disattivare” funzioni nel software. Un’operazione noiosa, ma purtroppo necessaria. E un buon motivo per non installare inutili “aggiornamenti” che ci costringono a fare, di nuovo, pulizia.






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