Stupidità e perversità
dellinformazione
Giancarlo Livraghi giugno 2012
(con due supplementi in luglio)
anche
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(migliore come testo stampabile)
Un esempio fra mille. La Repubblica, 14 giugno 2012. Titolo intera pagina 23. A caccia di rame a 1200 km. di profondità ecco il nuovo viaggio al centro della terra. Ovviamente si tratta di 1200 metri e anche così la profondità è molto impegnativa. Non è solo un refuso: il distratto titolista sembra davvero convinto che sia possibile scavare una miniera fino al centro della terra (o, con misure meno azzardate ma altrettanto impossibili, a un quinto del raggio del pianeta e oltre mille volte la fossa più profonda delloceano).
Questo errore (come tanti simili) può sembrare innocuo. Le esplorazioni minerarie non toccano da vicino lesperienza quotidiana della maggior parte dei lettori. Ma è pericoloso abituarsi a credere limpossibile e lassurdo. E cè altrettanta sciatteria, insieme a sensazionalismo e manieristica superficialità, anche in molte (pseudo) notizie e farraginosi commenti che influiscono sulla nostra percezione della realtà in cui siamo immersi.
È sempre necessaria una premessa. Non ho alcuna ostilità generica contro i giornalisti e il giornalismo. Quando fanno bene il loro lavoro, hanno un ruolo indispensabile. Ed è comunque indiscutibile il valore della libertà di stampa e di opinione, come il diritto-dovere di cronaca.
Ma... ci sono problemi gravi. Un fenomeno che mi sembra corretto definire opinione dominante distorce profondamente, e ostinatamente, tutto il sistema. Se ne è già parlato varie volte in queste pagine (anche recentemente, in La crisi dellinformazione (ottobre 2011) e Larte perversa del piagnisteo (dicembre 2011). Non solo la sindrome sembra inguaribile, ma tende continuamente ad aggravarsi.
Ci sono, talvolta, voci critiche di dissenso o di buon senso. Ma hanno poco volume. Poco spazio, poco tempo, poca attenzione rispetto allenorme imperversante fragore delle ripetitive banalità e distorsioni.
Mi limito ad alcuni esempi, fra i più recenti e vistosi. Uno è il mostruoso assassinio, il 19 maggio 2012, di una ragazza che entrava a scuola a Brindisi (e gravi lesioni ad alcune altre). È stato accolto in tutta Italia con accorato, consapevole e dignitoso dolore. Profondo, ma non sguaiato, sgomento. Con una spregevole, disgustosa eccezione: gli avvoltoi della cronaca frettolosa.
Non è chiaro chi, come e perché abbia lasciato trapelare il nome di un indiziato (poi risultato estraneo ai fatti). La conseguenza è che si è rischiato un demenziale linciaggio. Intanto la pseudoinformazione si è sbizzarrita in una grottesca moltiplicazione di congetture, tutte risultate false.
È seguita una fase di prudente silenzio, che è servita agli investigatori per identificare un colpevole del crimine (ma non i motivi). È subito riesplosa la ridda insensata delle congetture. Poi, per fortuna, il silenzio è ritornato (lasciando trapelare solo qualche non nocivo dettaglio) e possiamo sperare che le indagini continuino senza essere disturbate dallinvadenza delle pseudonotizie, illazioni, fantasie, elucubrazioni e falsi scoop.
Il male è antico è non è solo italiano. Ma, proprio perché oggi abbiamo risorse di comunicazione sempre più diffuse e veloci, diventa ancora più importante capire che quel genere di giornalismo (o di amplificazione delle panzane nei dialoghi privati, con la cassa di risonanza dei sistemi online) non è informazione. È parossistico gonfiamento della stupidità.
Quando impareremo, tutti quanti, che avere una notizia attendibile, o unopinione fondata, qualche giorno più tardi (su alcuni temi complessi, mesi o anni) è molto meglio che essere continuamente confusi da una proliferazione di panzane o di premature, quasi sempre devianti, illazioni?
Non sono meno dannosi i preconcetti, i manierismi, i modi di dire, nati chissà come e chissà perché e ripetuti ad infinitum senza mai fermarsi per un attimo a chiedersi se abbiano un qualsiasi significato.
È accaduto, per esempio, nove mesi fa con la pseudonotizia dei neutrini più veloci della luce. Nessuno diceva che esistesse un fatto dimostrato. Occorreva verificare se ci fosse un errore di calcolo (come poi è risultato). Ma intanto i propalatori di ignoranza si erano scatenati in una sarabanda di ipotesi (compresa lidiozia della sconfitta di Einstein, che sarebbe stato felice di un esperimento in grado di modificare la teoria della relatività).
Intanto le panzane pseudoscientifiche continuano a moltiplicarsi. Per esempio: nellanticamera di un dentista ho trovato un numero di una rivista considerata (chissà perché) autorevole in gran parte dedicato a una straordinaria, quanto falsa, scoperta. Qualcuno (senza averne alcuna attendibile prova) sostiene che le piramidi di Giza (e la Sfinge) sono state costruite diecimila anni prima del regno di Cheope. Da sconosciuti architetti e ingegneri che ovviamente si immagina fossero extraterrestri o venissero dalla mitica Atlantide. Ognuno ha il diritto di fantasticare come vuole. Ma è imperdonabile che fiabe di questo genere si propongano come scientifiche.
Sono cose che riguardano solo gli scienziati? No. Perché la divulgazione (quando è ben fatta) è sempre utile. E perché gli sviluppi della scienza hanno sempre avuto e continueranno ad avere un effetto importante sulla realtà pratica.
Proprio per questo, è sempre più necessario evitare che notizie strampalate, come la prossima fine del mondo o la scoperta di un elisir di immortalità, ci confondano e ci distraggano dalla necessaria comprensione dei problemi reali e delle loro possibili soluzioni. Che ci sono, ma diventano irreperibili nella nebbia della confusione imperversante.
Gli esempi di falsità, superficialita e sciocchezze disorientanti, su ogni sorta di argomenti, potrebbero riempire centinaia di pagine. Ce nè uno, molto ingombrante, su cui è inevitabile ritornare: la cosiddetta crisi economica.
Avevo già spiegato le radici del problema in Cera una volta il mercato (agosto 2011) e Stupidocrazia (gennaio 2012). Ma lesasperante, opprimente vicenda continua e ci sono motivi rilevanti per un aggiornamento.
I grandi mezzi di informazione si crogiolano nellillusione di aver fatto (e di continuare a fare) un buon lavoro. I fatti dimostrano il contrario.
Può essere vero che le (comunque inevitabili) notizie sulla recessione abbiano indotto i cittadini a sottomettersi con più disciplina e meno proteste ai necessari sacrifici. Ma per questo sarebbe bastata una quantità enormemente più piccola dello smisurato e confuso fracasso in cui siamo sommersi, con crescente invadenza, da quattro anni. Mentre i problemi (che cerano anche prima) per troppo tempo erano stati ignorati o sottovalutati.
Una opinione pubblica smarrita e confusa è continuamente bombardata di incomprensibili tecnicherie finanziarie portatrici di oscure profezie di sventura. Senza alcuna sensata indicazione di quali possano essere i rimedi.
Il risultato è disastroso. Una diffusa e crescente paura, confusa e oscura depressione, che provoca malessere, scoraggia ogni iniziativa, aiuta ogni sorta di sfruttatori, avari, strozzini, imbroglioni e speculatori. «Eh, sai, cè la crisi» è lo squallido ritornello per negare il lavoro o pagarlo male, umiliare e sfruttare, sottrarsi alle responsabilità. Questa ossessiva insistenza non è informazione. È associazione e induzione a delinquere.
In parte le distorsioni sono intenzionali. Ma più estesamente sono soltanto stupide. Leco passiva di ripetute insulsaggini (o perfide bugie) che sono diventate abitudini.
Dopo anni di desolante e deprimente inno alla catastrofe, alcuni mesi fa (con incredibile ritardo) si è cominciato a dire che aggiustare i conti non basta, occorre rimettere in moto leconomia reale. E farlo in modo che non giovi solo a pochi ricchi, ma soprattutto alla maggioranza sempre più numerosa delle persone senza lavoro o comunque sacrificate e impoverite. Alle dichiarate buone intenzioni non sono seguiti i fatti. Fino a quando, in questi giorni, sono improvvisamente comparse notizie che sembrano incoraggianti. Compresi strani numeri decine di miliardi si rivelano, tutta un tratto, disponibili. Fino a ieri, doverano nascosti?
È evidente, da sempre, che la contabilità non è una scienza esatta e i numeri sono interpretabili. Se dal preconcetto di inevitabili disastri si passa alle buone intenzioni può essere un reale progresso, anche per gli effetti che può avere sul comportamento pratico di persone, imprese, organizzazioni e istituzioni. Ma rimarrà difficile capire se non si risanerà la (cosiddetta) informazione dalle sue cattive abitudini.
Un articolo di Eugenio Scalfari (lEspresso, 21 giugno 2012) è dedicato a un solo telegiornale (la 7) e un solo giornalista (Enrico Mentana). Un successo (crescita degli ascolti) per lemittente e per il direttore-protagonista. Ma cè un problema. La dichiarata e ostinatamente perseguita concentrazione sulle cattive notizie è un veleno per la cultura e per la società civile. «Io lo adoro dice Scalfari di Mentana ma è sulla strada di diventare il pericolo pubblico di tutti i democratici di questo paese».
Possiamo sperare che Mentana ascolti i consigli e renda un po più equilibrato il suo telegiornale? Chissà, vedremo. Ma sarebbe desiderabile che Scalfari desse unocchiata anche in casa sua, perché le testate del suo gruppo non sono immuni dal catastrofismo, né dal contagio dei luoghi comuni.
Il fatto è che non si tratta di una sola emittente, o testata, o gruppo editoriale. Il male è diffuso non solo in Italia. Naturalmente sarebbe molto stupido passare dal tutto va male a un altrettanto sciocco tutto va bene. Ma sarebbe utile che alla passiva ripetizione delle banalità si sostituisse un po di autentico giornalismo dinchiesta, rinunciando alla falsa urgenza di interpretazioni frettolose per avere il tempo di guardare oltre lingannevole superficie delle apparenze e dei pettegolezzi. Cosa che, talvolta, qualcuno fa ma gli interventi sensati sono così rari che rimangono sommersi dallonda travolgente delle ripetitive sciocchezze.
Uno dei fastidiosi problemi è la sovrabbondante quantità di tempo e di spazio dedicata ai malanni, ai maneggi e agli intrighi della politica. Ovviamente è giusto e doveroso che lopinione pubblica sia informata. Ma non è affatto necessario che a ogni piccolo dettaglio siano dedicate troppe pagine o troppe ore (spesso ripetendo ad nauseam le stesse squallide notizie o congetture e gli stessi banali commenti). A scapito di carenti o assenti informazioni e analisi su fatti e situazioni molto più importanti.
Per fortuna non sono del tutto assenti le notizie su ciò che accade nel resto del mondo. Ma sono scarse, rispetto a ciò che sarebbe utile sapere e capire. I lettori o ascoltatori sono inguaribilmente provinciali? La scusa è troppo comoda per poter essere valida. Ovviamente a priori ognuno è più interessato a ciò che gli è più vicino. Ma è il mestiere di un buon giornalista fare in modo che anche chi non è abituato a pensare oltre un chilometro da casa sua possa scoprire il valore di una notizia che viene dal Chissadovistan.
Oltre a un ingombro eccessivo di noiosi dettagli sulle minuzie della politica, a scapito di ciò che è politicamente rilevante, cè anche un disordinato e irrilevante fracasso sulla cosiddetta antipolitica, che serve solo a fare confusione. Nel già citato articolo di Eugenio Scalfari cè anche un altro rimprovero a Enrico Mentana. «Che un giornalista democratico come lui stia diventando un supporter dellantipolitica questo ancora non lavevamo visto. Pienamente legittimo, ma estremamente preoccupante».
Anche in questo senso, non si tratta di un solo giornalista o di un solo telegiornale. La maniacale bizzarria è ampiamente diffusa.
In queste pagine mi sono sempre imposto una regola: non entrare in situazioni di schieramento politico. La mia intenzione (e spero di esserci sempre riuscito) è badare ai fatti, alle circostanze e alla loro interpretazione indipendentemente da come le conseguenze si possano tradurre in scelte ideologiche o in voti alle elezioni. Non sto mancando a quellimpegno nelle osservazioni che seguono, perché si tratta di cose e comportamenti che non meritano il nome di politica, neppure nei peggiori significati del termine.
Talvolta, negli anni scorsi, mi sono trovato in dissenso, anche con persone che stimo, per il mio totale rifiuto di dar retta a un ex comico diventato predicatore e agitatore. Con inutile e sgradevole volgarità, ma soprattutto con una indigeribile mescolanza di cose vere quanto ovvie e di intollerabili panzane. Il tempo passa, la mia opinione non cambia, anzi trova continue conferme. Ma intanto la fama del buzzurro cresce e il danno aumenta. E spuntano altre improvvisate iniziative della stessa sgradevole specie.
Possiamo sperare che il danno sia limitato, perché i palloni gonfiati tendono a sgonfiarsi. Ma mi sembra interessante notare come anche questo grottesco pasticcio sia nutrito dalla dabbenaggine della pseudoinformazione.
Furbescamente il pupazzo dice di disprezzare i mass media in generale e in particolare la televisione. Mentre è evidente che sono proprio loro, in preda a chissà quale crisi di masochismo, a gonfiare la stupida bolla.
Il brutto gioco, certamente, finirà ma il problema è come e quando. Dobbiamo sperare che si esaurisca prima di aver fatto eccessivi danni.
Un altro fenomeno fastidioso è la quantità di scempiaggini che si dicono e si scrivono sullinternet. Un tema non nuovo in queste pagine, perché da ventanni ragiono e scrivo sulla rete. Ma è desolante constatare che potrei ripetere oggi ciò che dicevo ai tempi ormai remoti in cui si andava per bbs.
Non so in che mondo vivano tanti che dissertano sullargomento. Ma dovrà pure venire il giorno in cui capiranno che non può esistere un popolo del web né unopinione condivisa da milioni di persone diverse che ovviamente non hanno la possibilità di comunicare con tutti gli altri utilizzatori degli stessi sistemi.
Semmai si potrebbe supporre che persone con più ampie e veloci risorse di conoscenza e comunicazione oltre a più facili possibilità di verifica siano meglio informate e più consapevoli. Quindici anni fa, anchio ero caduto nellerrore di immaginare che fosse così. Ma poi ho imparato che non è vero. La curiosità, lattenzione, la voglia di capire, la coltivazione del dubbio sono doti umane. Le macchine e i sistemi di connessione sono solo strumenti.
Circola in rete la stessa miscela di cose interessanti e di stupidaggini che si trova in ogni altra forma di comunicazione. Con una differenza: più possibilità di controllare. Ma solo i più attenti e curiosi imparano come si fa.
Un altro problema, nel generale degrado della comunicazione, è la qualità dei testi (scritti o parlati). È ragionevole presumere che un buon giornalista (o presentatore o conduttore o commentatore) si sappia esprimere in chiaro, preciso, efficace italiano. Ce ne sono ed è un piacere leggerli o ascoltarli. Ma aumenta continuamente il numero dei pasticcioni. Confusi, incoerenti, prolissi, noiosi. Spesso dediti a giochetti verbali che divertono solo chi li fa, vezzi sciocchi e banali manierismi, non solo inutili, ma soprattutto fastidiosi.
La degenerazione del linguaggio, con conseguenze che non sono soltanto estetiche, meriterebbe un ragionamento a parte. Ma probabilmente non lo scriverò mai, perché gli esempi sono così tanti che citare anche solo i più vistosi sarebbe esasperatamente lungo. E anche perché scavare in quella pattumiera è noiosamente nauseabondo.
Per concludere, ritorniamo di nuovo al tema che, mostruosamente, continua a imperversare: la cosiddetta crisi. Chissà quali assurdità saliranno alle luci della ribalta nelle prossime settimane o mesi. In questi giorni si tratta della Grecia. Siamo stati inondati di stravaganti ipotesi sulluscita di vari paesi dallEuropa. O di generale fallimento dellUnione. Che sarebbe disastroso per tutti, anche fuori dai confini europei.
Nonostante la diffusa e perversa stupidità in ogni genere di potere, le peggiori previsioni finora non si sono avverate. Ma hanno provocato una totalmente ingiustificata, e ferocemente dolorosa, sofferenza umana, non solo nei paesi più duramente incriminati, ma anche in tutto il resto del mondo.
Se qualcuno avesse badato alla sostanza, anziché alle chiacchiere e alle manipolazioni, sarebbe sempre stato evidente che i greci non vogliono ritornare alla dracma, né comunque uscire dalleuro (o dallEuropa) ma giustamente chiedono che la sofferenza per adeguarsi non sia esagerata. La stessa esigenza cè anche per tutti gli altri. Compresa la virtuosa e presuntuosa Germania, che non uscirebbe indenne da un crollo europeo.
Lesito delle elezioni greche, il 17 giugno, è stato definito un sospiro di sollievo rispetto alle elucubrazioni dei catastrofisti. Ma è durato poco. Si è subito ripetuto il solito, perverso errore: dare importanza al giudizio dei mercati, cioè al demente gioco dazzardo della speculazione finanziaria. Che non ha oggi, come non ha mai avuto, alcun rapporto con leconomia reale.
Perché sono ancora così timide e sommesse le constatazioni del fatto evidente che lorigine delle malversazioni finanziarie non è in Europa e le radici di quellorrido parassita devono essere estirpate su scala mondiale, a cominciare dai mercati finanziari di New York e di Londra?
È noioso, sgradevole, deprimente dovermi ripetere. Ma è inevitabile constatare che né i potenti di tutto il mondo, né il sistema scardinato della confusa informazione, riescono a liberarsi dalla perversa ossessione della finanza. Unennesima e preoccupante conferma del potere della stupidità.
Post scriptum
È raro che le coincidenze siano casuali. Comunque, ce nè una interessante. Avevo appena finito di scrivere queste osservazioni quando è stato pubblicato nella rubrica Lamaca di Michele Serra (la Repubblica, 19 giugno 2012) un testo chiaro e lucido, che qui ricopio per intero.
Si legge che il voto greco non basta ai mercati e ci si ingegna di capire che cosa basti, ai mercati: la consegna immediata di tutte le ragazze vergini? La testa del Battista su un piatto dargento? La donazione di ogni bene pubblico e privato al circolo ricreativo dei banchieri? Luso obbligatorio del papillon? Ma poi, soprattutto: chi diavolo sono, questi misteriosi mercati? Hanno fisionomia giuridica, un portavoce, un responsabile, un legale rappresentante, qualche nome o cognome al quale, alloccorrenza, presentare reclamo? Qualcuno ha mai votato per loro? Se sbagliano, si dimettono? Quando e dove è stato deciso che il loro giudizio (il famoso giudizio dei mercati) conta più del giudizio dellintera classe politica mondiale? Perfino i più esecrabili dittatori ci mettono la propria faccia, e a volte finiscono la carriera appesi a un lampione. Perché i mercati no? Se contano tanto (tanto da affamare i popoli, volendo, e tanto da salvarli, sempre volendo) perché sono lunico potere, in tutto lOccidente, che non si espone mai, non parla nei telegiornali, non viene intervistato, fotografato, incalzato? Perché siamo tutti ai piedi di unentità metafisica che per giunta non dispensa alcun genere di risarcimento spirituale, anche scadente?
Alcune osservazioni e domande.
- Finalmente: meglio tardi che mai. Ma perché così tardi?
- Quando il resto del mondo giornalistico comincerà a capire? Nello stesso giornale, stessa data, il titolo in prima pagina è non basta ai mercati. (La solita servile, ottusa acquiescenza continua anche in tutti gli altri).
- Non si tratta solo di lOccidente. È contagiata ogni parte del pianeta.
- Chi sono le entità metafisiche non è un segreto. Alcune (agenzie di rating) sono precisamente identificabili. Degli altri ladroni non conosciamo sempre nome e cognome, ma il loro ruolo è chiaro e sappiamo dove si trovano. Sono profittatori, operatori, consulenti del gioco in borsa. Gli unici a guadagnare in questo assurdo e spietato regime a scapito di tutto il resto dellumanità.
- Quousque tandem?
Supplemento
luglio 2012
Sono passati solo dieci giorni. Ma già lintero sistema della pseudoinformazione è entrato in un nuovo stato confusionale. Alcuni incontri (previsti e programmati) a livello europeo hanno tolto ogni ombra di significato al diluvio di congetture che aveva sommerso qualsiasi tentativo di buon senso. Ma la bagarre continua.
Naturalmente è ancora presto per poter valutare concretamente come si evolverà la situazione. Constatare linsensatezza dei catastrofismi non basta per ottenere un miglioramento né della situazione in Europa, né del complicato quadro mondiale. Lunica cosa chiara è che la crisi non è irrimediabile e che per uscirne occorrono soluzioni diverse da quelle su cui si è troppo farneticato.
Che sia così è sempre stato ovvio, ma da cinque anni ci stiamo perdendo in una palude di diagnosi sbagliate e mancanza di impegno per uscire dal marasma.
Sembra che qualcosa, finalmente, stia cominciando a cambiare. Ma intanto i mass media (e anche molti dialoghi diffusi in rete) hanno scatenato unaltra ondata di idiozie: il confronto fra il campionato di calcio europeo e la situazione economico-politica. Finché rimane scherzo e ironia, forse può essere sopportabile. Ma la volgarità di illazioni, insulti, salamelecchi, smancerie e vanterie ha, in troppi casi, superato ogni limite di decenza. E le forzate analogie, oltre a essere insensate, servono solo a fare confusione.
Le chiacchiere sono state talmente puerili da esercitarsi sul fatto
che si chiamano Mario un calciatore, il capo del governo italiano,
il presidente della banca centrale europea e un idraulico in un videogioco.
Se questi giocatori di parole non fossero ignoranti di storia,
avrebbero potuto tirare in ballo anche Mario e Silla.
Le pagliacciate seguite alla vittoria calcistica, in semifinale, dellItalia sulla Germania si sono spente due giorni dopo, quando la finale è stata stravinta dalla Spagna. (Con qualsiasi esito, ogni elucubrazione sarebbe stata insensata, perché dal punto di vista politico la partita è da considerare amichevole visto che per ovvi motivi Italia e Spagna, nel quadro europeo, sono più alleate che in contrasto).
Poco importa che alcuni calciatori, improvvisamente elevati al ruolo di eroi nazionali, siano altrettanto precipitosamente caduti nella polvere. Lasciamo che a raccogliere i cocci siano i noiosi specialisti del pettegolezzo. Ma la domanda è: con quali altre buffonate si metteranno a distrarci dal capire qual è e come si sta evolvendo la situazione politica, economica, sociale, culturale in cui ci troviamo?
Sarebbe ora che almeno alcuni dei disinformatori e confusocommentatori, dopo questa ennesima sbornia, trovassero il filo del buon senso. E spero di non essere in preda a una crisi di ingenuità se ho limpressione che si stia facendo strada un po di consapevolezza in Europa con un ruolo non irrilevante dellItalia.
La promessa è chiara. Non più solo sacrifici, impegno per benessere e sviluppo. Mantenerla non sarà facile. Ci vorrebbe anche un risanamento dellinformazione.
E ancora...
luglio 2012
Non ho lintenzione di continuare a infarcire queste osservazioni con supplementi che potrebbero essere quotidiani. Perché, mentre la generale disinformazione continua, ci sono ogni giorno accenni (ancora e finora troppo timidi e confusi) alla possibilità di prospettive diverse.
Ma cè una notizia che merita di essere citata anche perché era stata segnalata in queste pagine un anno fa (quasi sempre trascurata dai mass media) e ora se ne conosce il primo esito.
Non è una coincidenza che alle proteste per un insensato declassamento dellItalia da parte di Moodys (in distonia con altri, non meno confusi e arbitrari, segnali delle borse e della speculazione finanziaria) si accompagni la notizia che il 13 luglio 2012 (dopo quella su Standard & Poors alcuni giorni prima) la Procura di Trani (con la collaborazione di Milano) ha concluso anche linchiesta su Moodys.
Possibile che la bella Trani sia lunico posto al mondo
in cui si indaga su questi dementi criminali?
(Vedi Cera una volta il mercato)
Cè voluto un anno per completare lindagine. Quanti ce ne vorranno per arrivare a una sentenza? Chissà. Ma intanto non cè tempo da perdere.
È necessario e sempre più urgente che tutti i governi del mondo (non solo in Europa) siano più consapevoli e meno esitanti nel dare priorità alleconomia reale e alle troppo sacrificate esigenze umane, civili e sociali.
E che tutto il sistema della cosiddetta informazione (in ogni parte del mondo, ma particolarmente in Italia) impari a dedicare più attenzione a fatti e problemi veri, riducendo lingombro delle manipolazioni finanziarie, degli intrighi politici, dei meschini maneggi e di ogni sorta di irrilevanti illazioni e pettegolezzi.