Il potere della stupidità
Kali
Capitolo 23


Il potere dell’oscurantismo


Negli anni trascorsi dalla prima edizione di questo libro, ho avuto varie richieste dai lettori di approfondire due forme di stupidità: l’oscurantismo e la superstizione. Possono essere considerati due aspetti dello stesso problema, ma credo che meritino un’analisi separata, in questo e nel prossimo capitolo.

Il contrasto e il conflitto fra la luce della conoscenza e l’oscurità della repressione sono un problema antico, fin dalle origini dell’umanità. Un intreccio complicato e turbolento, che esiste in tutte le fasi evolutive di tutte le culture.

Si potrebbe parlare del mito di Prometeo, del vaso di Pandora, delle fatiche di Sisifo, dei misteri della Sfinge – o degli infiniti incroci fra storia e leggenda, fra scienza e mitologia, fra ipotesi filosofica e superstizione.

Un’analisi così estesa potrebbe essere affascinante, ma richiederebbe studi approfonditi su tante culture diverse, in diversi periodi e situazioni – e sarebbe impossibile riassumerne il significato nel breve spazio di questo capitolo.

Vorrei anche evitare di approfondire, in questa sede, il tema della fede religiosa. La fede, per sua natura, si sottrae a ogni verifica – anche quando non è rigidamente definita in dogmi “infallibili” o nell’interpretazione letterale di “testi sacri”. Credo quia absurdum è un modo di dire di incerta origine, ma riassume il pensiero di molti autori sull’argomento.

Ognuno ha il diritto di seguire e praticare la fede che sceglie liberamente di preferire – anche, se così gli piace, di venerare come dio Ras Tafari.

Quella religione esiste davvero. Si tratta dei Rastafarian, o “Rasta”, in Giamaica, che hanno come “dio” Ras Tafari, cioè Hailé Selassié, il Negus, imperatore di Etiopia prima e dopo l’occupazione coloniale italiana (invece è del tutto immaginaria, e ovviamente solo ironica, la religione “Pastafarian”, che ha come “dio” uno spaghetto).
 

Il problema nasce quando una religione (o qualsiasi altro genere di fede) viene imposta – con la forza delle armi, con la persecuzione degli infedeli e degli eretici (come accade ancora oggi in molte parti del mondo) o anche, in modo meno sanguinario ma non meno repressivo, con il peso di usi, costumi, abitudini e convenzioni sociali.

Non si tratta solo di religioni o di ideologie “assolutiste” che non sopportano dissensi e perseguitano gli eretici. Non accade solo per opera di gerarchie ecclesiastiche, di sette prepotenti o di affiliazioni oppressive. C’è in tutta la storia dell’umanità, e ancora oggi diffusa anche dove è meno evidente, una presenza di “pensiero oscuro” che riduce alla cieca obbedienza, alla servitù, all’annullamento dell’identità umana e di ogni capacità critica.

Fra i tanti percorsi del contrasto fra ragione e oscurantismo, fra libertà e repressione, scegliamone uno, che è il più vicino alla nostra cultura – e che conosciamo meglio, se abbiamo dedicato un po’ di attenzione alla nostra storia. L’evoluzione in Europa dall’ultima parte del Medioevo ai nostri giorni.

È ovvio che non si può ridurre un lungo e turbolento millennio a un’omogenea successione di “secoli bui”. Ma è vero che per mille anni l’Europa è stata immersa in un abisso di povertà, violenza, ignoranza e repressione, mentre il pensiero era in gran parte sclerotizzato nella prigione formalistica dell’ipse dixit o chiuso nel segreto di confraternite esoteriche.

Ci fu un profondo cambiamento molto prima del 1492.

Secondo autorevoli storici (in particolare Armando Sapori e Carlo Cipolla) l’inizio dell’era “moderna” non comincia con il viaggio transatlantico di Cristoforo Colombo, ma con il fallimento della banca fiorentina dei Peruzzi e dei Bardi (1343) che segnò la fine dell’economia medievale. Il concetto non cambia se si scelgono altre date, anche nel secolo precedente.
 

Fra il Duecento e il Trecento con lo sviluppo della letteratura “in volgare”, la crescita delle università, una più diffusa riscoperta della cultura classica, un’affascinante rivoluzione non solo in uno straordinario sviluppo che era insieme artistico, filosofico, scientifico e tecnico, 3 ma anche nella diffusa realtà sociale delle “arti e mestieri”. Si stabilirono così le basi di una straordinaria evoluzione culturale che chiamiamo, non a caso, Rinascimento.

Se oggi si invoca spesso l’ideale “leonardesco” è per la necessità sempre più sentita, ma purtroppo poco attuata, di ritrovare quell’insieme armonioso di arte e scienza, di bellezza e funzionalità, di tecnica e filosofia, che si realizzava non solo nel genio “enciclopedico” di Leonardo da Vinci, ma in tutta la cultura di quell’epoca.
 

Lo sviluppo industriale era già cominciato nel Trecento. Vennero poi le esplorazioni dei navigatori, che aprirono il percorso degli oceani. Lo sviluppo scientifico, che cominciò un suo percorso autonomo rispetto alle costrizioni dei preconcetti teoretici. E poi l’Illuminismo, che sembrava l’affermazione definitiva di un predominio della Dea Ragione, dei valori di “libertà, uguaglianza, fraternità”, di un’umanità finalmente liberata dal pregiudizio, dall’ignoranza, dall’oppressione.


*   *   *


E ora... a che punto siamo?

Dopo i conflitti sociali dell’Ottocento e le mitologie del “Ballo Excelsior”, dopo il progresso scientifico e le catastrofi politiche del Novecento, siamo arrivati finalmente al Secolo dei Lumi? Pare proprio di no.

Siamo sommersi dalle superstizioni. Credere nella cabala, o nei numeri “in ritardo”, o in altri immaginari sistemi profetici, potrebbe essere un innocuo gioco se non ci fosse gente che si rovina con il lotto o con altri giochi d’azzardo – e se criteri altrettanto assurdi non fossero applicati in ogni sorta di diverse situazioni.

Credere nell’astrologia potrebbe essere una bizzarria da salotto se non ci fosse un numero esagerato di persone disposte a prenderla sul serio – con l’incredibile sostegno di gran parte della stampa (comprese testate “autorevoli”) e di quasi tutta la televisione. Ritornerò su questo argomento nel capitolo 24 – anche a proposito dell’impressionante proliferazione di profeti, cartomanti, maghi, stregoni, indovini e turlupinatori di varia specie (compresi i criminali che promettono di guarire ogni sorta di malattie).

Vedi il capitolo 10 sulla stupidità del potere,
il capitolo 18 sul circolo vizioso della stupidità
e il capitolo 22 sul problema dell’idolatria.
 

Ma l’oscurantismo non sta solo nelle forme più palesi di superstizione. Ci sono molte altre “credenze” ingiustificate o superate, abitudini che si continuano a seguire anche quando si è dimenticato il motivo della loro origine – e a quelle della tradizione si aggiungono nuove, non meno assurde, falsità.

Ci fa paura la minaccia di persone indottrinate da ottusi misticismi, capaci di suicidarsi per farci saltare per aria. Ma non ci rendiamo conto di quante perversioni si annidano anche nella nostra cultura (che possono essere, o sembrare, meno sanguinarie, ma non per questo sono meno pericolose).

Leggiamo con sgomento le storie di assassini imbambolati da riti satanici o altri perversi cerimoniali, ma non ci accorgiamo di quanto siano diffuse credenze altrettanto distorte che possono portare a ogni sorta di persecuzioni, sofferenze, violenze e oppressioni. (Vedi La stupidità del “fondamentalismo”).

Il progresso della scienza ci lascia sgomenti. È passato meno di un secolo da quando si è capito che non solo era valida la teoria copernicana, ma le dimensioni dell’universo sono sconfinatamente più grandi di quanto avessimo mai immaginato. La nostra percezione, contro ogni evidenza, rimane tolemaica. Non solo ragioniamo come se la terra fosse al centro di tutto, ma abbiamo percezioni deformate anche di ciò che accade sul nostro pianeta. (Vedi il capitolo 21 a proposito degli errori di prospettiva).

C’è un continuo approfondimento sulla natura intrinseca di materia ed energia, sulla struttura e l’origine della vita, che porta a scoperte e ipotesi affascinanti, ma anche difficili e sconcertanti. La scienza non può e non deve offrire certezze, deve essere perennemente aperta a nuove esplorazioni che rimettono in discussione ogni teoria.

Ma questo è un problema per chi cerca il rifugio di nozioni più semplici e rassicuranti – e così cade facilmente preda di consapevoli inganni o di assurde fantasticherie.

Oggi possiamo dubitare, in parte, delle teorie di Darwin, perché le nostre conoscenze si sono evolute dai suoi tempi ai nostri giorni. Ma c’è un’ostinata diffusione di tendenze retrograde e oscurantiste che, contro ogni evidenza, negano il concetto fondamentale di evoluzione. Con conseguenze culturali, sociali e politiche molto preoccupanti.

Su alcuni aspetti di questa situazione
vedi L’eclissi di Darwin
e L’evoluzione dell’evoluzione
 

Abbiamo imparato, almeno in teoria, a rifiutare il razzismo. Ma continuano a proliferare, con ogni sorta di travestimenti, modi di pensare e di agire che considerano “superiori” alcune categorie di persone – e altre “inferiori”

Ci sono, ancora oggi, mostruosi e feroci atteggiamenti che si traducono in spinte al genocidio (sia che si tratti di sterminare i “diversi”, o di ridurli in schiavitù, o di lasciarli morire in condizioni disumane – o che, in situazioni meno estreme, ma non per questo accettabili, siano conservate o create infinite forme di repressione o emarginazione).

Le “cacce alle streghe” non sono finite. Anche se non vediamo roghi in piazza, e la tortura non è più legittimata (almeno in apparenza) come strumento di inquisizione o risorsa per “salvare le anime”, continuano le persecuzioni e le “demonizzazioni” di atteggiamenti e comportamenti che non piacciono a un potere consolidato, a un’oligarchia prepotente o a una fazione aggressiva che vuole imporre una sua deviante, e spesso delirante, visione del mondo.

Abbiamo una preoccupante tendenza a credere in ciò che somiglia ai nostri schemi mentali, ai nostri pregiudizi, alle più sciocche e convenzionali abitudini della cultura in cui viviamo o alle più bizzarre deformazioni e convenzionali manie del sistema informativo in cui siamo immersi.

E tendiamo anche a non percepire, o a rifiutare come falso e irrilevante, tutto ciò che ci disturba perché non corrisponde a un banale preconcetto, a un miope provincialismo culturale.

Il vero progresso – di una persona, di un’organizzazione, di una cultura, dell’intera umanità – sta nel mettersi continuamente in discussione, nell’avere una voglia inesauribile di imparare, di evolversi, di capire.

Il progresso scientifico, purtroppo, non ci aiuta abbastanza, perché è separato in tanti settori ristretti, incapace di trovare quelle sintesi complessive che potrebbero nutrire non solo una evoluzione nella capacità di conoscere e capire, ma anche un arricchimento della nostra quotidiana umanità. Ma la scienza, se è libera, ha un vantaggio: non può mai “accontentarsi”, non

può ripiegare su se stessa, deve sempre cercare nuovi orizzonti e nuove prospettive – rimettere continuamente in discussione ogni ipotesi, teoria, metodo, sistema o processo cognitivo.

C’è tuttavia un problema, complesso e difficile. Fra conoscenza e pregiudizio, luce e oscurità, non c’è una separazione netta. Ci sono oscurantismi nelle culture più libere e innovative, come possono esserci inaspettati segnali di saggezza e profondità dove crediamo di trovare solo arretratezza e superstizione. Ci sono apparati scientifici e filosofici che sembrano dedicati alla ricerca della conoscenza mentre sono arroccati nell’arrogante difesa di privilegi culturali. O sono legati a interessi di potere – economico, politico o accademico.

In realtà illuminismo e oscurantismo non sono separati da un confine netto, non sono due schieramenti contrapposti e reciprocamente impenetrabili. Si mescolano continuamente in un tortuoso, turbolento e mutevole intrico di contraddizioni e contaminazioni, in cui non è facile distinguere i percorsi della chiarezza dai labirinti della confusione.

Stiamo vivendo in un’epoca di rinnovato e aggressivo oscurantismo? Molti segnali ci dicono che è così – e ci fanno rimpiangere quei momenti nella nostra storia in cui ci sono state forti e chiare spinte di allargamento della coscienza e della conoscenza. Ma sappiamo che in tutti i tempi c’è una mescolanza di luci e ombre – e che non c’è mai stata un’epoca così luminosa come la vediamo nel ricordo (cogliendone gli aspetti più brillanti, perché è da quelli che possiamo trarre una più vivace ispirazione).

Insomma... le lezioni della storia sono sempre utili, ma non è facile capire la situazione complessa e turbolenta in cui ci troviamo. Molte cose sono cambiate – e in alcune, anche importanti, c’è un reale progresso. Ma se ci illudiamo di essere “progrediti” e consapevoli perdiamo la nozione dei nostri limiti – si spegne in noi il desiderio di imparare, scoprire, migliorare.

Se invece ci rendiamo conto di quante cose nel mondo di oggi siano oscure, e cerchiamo ogni giorno di capire un po’ meglio, non solo possiamo attenuare il potere dell’oscurantismo, ma anche arricchire la nostra umanità.

Non è facile trovare un piccolo punto di luce in una diffusa oscurità, come un faro lontano nella notte. Ma chi ha avuto quell’esperienza sa quanto sia gradevole – e confortante.




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