Il potere della stupidità
Kali

Le faccine cretine
e la stupidità burocratica

Giancarlo Livraghi – luglio 2009


Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)


Un piccolo supplemento a La stupidità della burocrazia
capitolo 12 di Il potere della stupidità
(e anche al capitolo 10 La stupidità del potere)



In un caldo giorno d’estate, un signore che qui chiameremo Caio Cittadino va a perdere tempo negli uffici di un Comune italiano (non importa quale) per una “pratica” sostanzialmente inutile e concettualmente semplice. All’uscita si trova davanti a un aggeggio con tre “faccine”.


faccine


Di questa “novità” avevano parlato, in tono quasi sempre ammirato e compiacente, tutti i giornali (anche se, passato un primo momento di curiosità, nessuno poi era andato a vedere se serve o se funziona).

Le faccine-semaforo si propongono come strumenti per “classificare” il “servizio erogato” – come “buono”, “sufficiente” o “insufficiente”.

(In quale barbarica lingua si dice “erogato”?
Ma il problema non si limita alla goffaggine del burocratese).

«Oh quale bella innovazione tecnologica!» gongolano i soloni della burocrazia nei loro remoti uffici – o chissà dove nelle loro lunghe vacanze estive. Come se le “faccine” (smiley) non esistessero da trent’anni (con infinite variazioni dal divertente al fastidioso). E come se una macchina così non fosse più elementare di un pupazzo meccanico del Settecento – e molto meno utile o interessante.

«Oh quale cura per il servizio ai cittadini!» plaudono i sicofanti e gli ignoranti. Come se quel goffo arnese non fosse completamente inutile.

(E’ ovvio che chiunque voglia “alzare la media” può organizzarsi per premere mille volte il verde – come chi è ostile all’amministrazione può trovare un modo per premere mille volte il rosso. E non è difficile immaginare altri sistemi per truccare i risultati).

Durante il tempo trascorso da Caio negli uffici comunali, nessuno dei presenti (all’infuori di lui) si avvicina a quella macchina (quasi nessuno la degna di uno sguardo). Perché sono distratti o perché sono scettici? Tutte le ipotesi sono possibili, ma è probabile che i cittadini siano meno stupidi di come il potere li immagina.

Ma la storia non finisce qui.

In realtà Caio avrebbe qualcosa da dire. Esplora le scelte offerte dall’aggeggio e non trova quello che cerca. È insoddisfatto del tempo di attesa? No (insolitamente... sarà l’estate?) è stato ragionevole. È insoddisfatto del comportamento degli addetti? No, sono stati cortesi ed efficienti. Eccetera.

Ha, invece, perplessità su come le “alte sfere” della burocrazia hanno impostato tutta la faccenda. Ma nessuna delle “opzioni” offerte (compresi i numeri telefonici degli uffici cui potrebbe rivolgersi) gli permette di esprimersi su quell’argomento.

Errore distratto od omissione intenzionale? Chissà. Ma è evidente che gli alti papaveri sono disposti, forse, a dare un’occhiata a qualche inutile statistica su dati privi di senso – molto meno ad ascoltare chi ha qualcosa da proporre per una vera “semplificazione” o un miglioramento strutturale dei servizi.

Ma c’è anche un “antefatto”.

Il giorno prima, Caio aveva telefonato al Comune. Con un po’ di fatica e varie attese, era riuscito a trovare qualcuno del servizio informazioni. Poiché Caio ha molti altri impegni e preferisce non fare troppe code, aveva chiesto se per quella “pratica” poteva delegare un’altra persona. Gli era stato risposto che non era possibile. Arrivato, il giorno dopo, allo sportello, scopre che non è vero – la delega è consentita.

È colpa dell’addetto al servizio informazioni? No. E’ di chi non l’ha correttamente informato e istruito – e non controlla se i cittadini ottengono risposte giuste.

(È ovvio che la soluzione più tranquilla per i burocrati è dire “non si può”, perché così la responsabilità di eventuali errori o differenze di interpretazione ricade sul cittadino. Ma questo è l’esatto contrario di qualsiasi cosa che si possa chiamare “servizio”).

A questo punto, finalmente conclusa la “pratica” e vista l’inutilità delle “faccine”, Caio scrive una lettera al sindaco? No. Ormai è stufo e stanco – ha cose da fare per recuperare il tempo perduto – e comunque ha molti dubbi sulla probabilità che sia letta e capita.


*   *   *


Nello stesso periodo un altro cittadino, che potremmo chiamare Tizio Tribolato, si trova a dover gestire un’altra pratica. Altrettanto inutile – ma molto più complicata.

In qualsiasi sistema sensato la procedura dovrebbe essere gratuita, ma per insondabili motivi (oltre a snervanti perditempi e complicazioni, che sono in sé un costo anche se non “monetizzati”) richiede pagamenti per 54 euro e 62 centesimi.

“Si dice” che procurandosi il favore di qualche intermediario compiacente la “pratica” si possa snellire. Ma Tizio è un cittadino “in regola” con tutto, non sopporta alcuna forma, neppure blanda, di corruzione, non vuole contrarre debiti di reciprocità. Un comportamento per cui, nel nostro sgangherato sistema, spesso si è puniti.

Vabbè, fatte code, attese e acrobazie, compilati moduli incomprensibili a qualsiasi normale mente umana, eccetera, Tizio potrà consegnare i soldi e via? No. Deve pagare prima – e in modo bizzarramente complicato.

Quei 54 euro e 62 centesimi sono suddivisi assurdamente in tre parti diverse, di cui una richiede l’acquisto di un “bollo” e le altre due l’estenuante compilazione di astrusi e farraginosi moduli di conto corrente postale. Perché? Nessuno lo sa.

I costi di gestione amministrativa delle somme tortuosamente prelevate possono essere superiori al beneficio per l’Erario. Soprattutto è enorme il costo sociale ed economico di queste balordaggini. Anche se il tempo sprecato da milioni di Tizi fosse valutato in base al compenso di un sottopagato precario, il valore sottratto ad attività utili da un’infinità di stupidaggini come questa si misurerebbe comunque in miliardi di euro.

E in più c’è la perdita di tempo e buonumore di funzionari pubblici che sarebbero meglio utilizzati se andassero a riempire una delle tante carenze di attività utili e costruttive.

La beffa finale, nella vicenda di Tizio, è che dopo aver fatto puntualmente le verifiche richieste, con esito più che soddisfacente (come era facilmente prevedibile) il funzionario responsabile (persona competente e preparata) domanda: «Scusi, ma lei qui chi ce l’ha mandata?». Tizio glielo spiega ed è evidente che tutta la procedura è stata inutile – qualcuno stava giocando allo scaricabarile. Il funzionario e i suoi collaboratori tacciono, ma l’espressione dei volti è eloquente.

I malanni e le perversità della burocrazia non sono inguaribili. Ma è enorme la resistenza delle abitudini, dei formalismi, delle assurdità procedurali. Rattoppi e cosmetici, manierismi e apparenze, superficiali patacche e goffi meccanismi non aiutano a risolvere il problema – anzi tendono ad aggravarlo.


*   *   *


Tre faccine cretine tentano goffamente di dirci “benvenuti nell’era dell’efficienza elettronica”. Mentre si stanno applicando (e complicando ancora di più) metodi e procedure che puzzavano di muffa cinquanta o cinquecento anni fa. E non diventano “moderne” mettendo qualche lucina colorata sui buchi arrugginiti di una vecchia caffettiera.


Di quanto male sia concepita e applicata l’informatica,
forse riparleremo un’altra volta, nonostante
la noia di ripetere ad nauseam le stesse cose.
Su questo tema c’è una quarantina di testi
(link in allegato al capitolo 19
La stupidità delle tecnologie).




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