Anche nei grandi mezzi di informazione si
parla, ogni tanto, dellidrogeno. O, più in generale,
delle possibilità concrete di sviluppare energie
rinnovabili. Ma limportanza di queste risorse è
ancora sottovalutata. Sembra, assurdamente, dominante la convinzione
che si debba continuare nellasservimento ai combustibili
fossili e in particolare al petrolio.
Non si tratta solo del fatto che i fossili non sono
inesauribili e che, presto o tardi, si dovrà
affrontare quel problema che il gruppo di Roma
aveva posto nel 1980, quando parlava di limiti dello
sviluppo. E non si tratta solo dei gravi e crescenti problemi
di inquinamento che derivano dalluso del petrolio e del carbone.
Si tratta anche delle gravi conseguenze economiche e
politiche che derivano dalla centralizzazione
delle risorse. I giacimenti fossili (carbone, petrolio, gas)
si trovano solo in alcune parti del mondo. Le conseguenze di
questi squilibri sono complesse e deformanti per tutto il
sistema geopolitico, economico e sociale. Il trasporto
è farraginoso, inquinante e vulnerabile. Le grandi
centrali sono la soluzione meno efficiente, e più
pericolosa, per la produzione di energia elettrica. E
così le grandi raffinerie e gli altri punti
nevralgici del sistema petrolifero. Più i
sistemi sono centralizzati, più sono fragili e
soggetti a danni che possono produrre conseguenze estese,
gravi, talvolta catastrofiche.
Da questo marasma è possibile uscire, con
soluzioni tecniche che non sono più teoriche, ma
hanno, ormai da molti anni, concrete applicazioni pratiche. E
che sono infinitamente scalabili, cioè
possono essere realizzate in dimensioni grandi o piccole,
decentrate in ogni parte del territorio. Cè
uninteressante somiglianza, in questo senso, fra la
struttura dellinternet e la produzione di energia con
lidrogeno (o con altre risorse rinnovabili).
Non è una coincidenza il fatto che Wired, una
rivista storica sulla rete, abbia pubblicato nel numero
di aprile 2003 un articolo di Peter Schwartz e Doug Randall
How
Hydrogen Power Can Save America che affronta energicamente il problema
(anche se con qualche miopia come osservarlo solo da un punto di vista
americano e non aver colto le analogie fra lidrogeno e la rete).
Non è una coincidenza il fatto che il primo paese
ad avviarsi con chiara determinazione verso leconomia
dellidrogeno (con eliminazione totale del petrolio) sia
lIslanda che è anche uno dei paesi con
il più alto livello di attività online
(vedi la sezione dati).
Se si può realizzare uneconomia totalmente libera
dai combustibili fossili in unisola con trecentomila
abitanti, è una conferma del fatto che lo si
può fare dovunque. In una megalopoli o in una piccola
comunità. Per servire unintera città o su
scala più piccola, per quartiere o per singolo
edificio. Con enormi vantaggi per le economie più
evolute (e più forti consumatrici di energia) e
contemporaneamente per quelle in via di sviluppo
che non hanno risorse energetiche adeguate. Non più
oleodotti, non più petroliere, non più linee
dellalta tensione, non più limiti e condizionamenti
da parte di chi ha riserve fossili (o gli strumenti per
gestirle) verso chi non ne ha. Energia infinitamente
rigenerabile e ugualmente disponibile per tutti, dai
grattacieli di New York o di Shanghai ai più remoti
villaggi dellAfrica o dellAsia.
Questa non è più unipotesi teorica, ma una
realtà verificata in pratica. Come lo è la
struttura, policentrica e infinitamente
scalabile, della rete.
Linternet è una risorsa di sviluppo recente
(esiste da trentanni) con radici storiche che risalgono alla
metà del diciannovesimo secolo (vedi la
cronologia su questo sito). Anche
lidrogeno è una risorsa che ha raggiunto
maturità tecnica e applicativa negli ultimi
trentanni, ma non è concettualmente nuova. Nel libro
Lisola misteriosa di Jules Verne (1874) un marinaio
chiede a un tecnico che cosa si potrà bruciare, per avere
calore ed energia, quando non ci sarà più
carbone. Lacqua, risponde. E, fra lo stupore
dei presenti, spiega che separando idrogeno e ossigeno si
può produrre energia.
Ciò che Jules Verne non aveva previsto è
il ritardo di quella naturale evoluzione dovuto alla lunga,
inquinante parentesi del petrolio. Ma ora è venuto il
momento di passare concretamente a quella che era, già
130 anni fa, la soluzione più ovvia.
Nel caso della rete, il cammino è ancora lungo,
perché in una larga parte del mondo laccesso è
ancora difficile (se non proibito) e perché non
abbiamo ancora imparato a uscire dagli schemi dellera
industriale e della cultura di massa. Ma le
risorse ci sono, si tratta di usarle bene.
Nel caso dellenergia, le prime esperienze di produzione
dellidrogeno risalgono al 1920. Da allora le tecnologie si
sono molto evolute. Altre innovazioni tecniche sono possibili
e desiderabili, ma le applicazioni pratiche sono già
concrete e sperimentate. Se lo può fare lIslanda,
perché non lItalia? Uno studio del Cnr dimostra che
è possibile, usando energie rinnovabili
(idroelettriche, solari, eoliche, geotermiche, eccetera)
produrre lidrogeno occorrente per tutte le nostre esigenze
energetiche attuali e future e anche di più, per
lesportazione.
Con automobili e altri veicoli a idrogeno non
risolveremmo il problema del traffico, ma almeno avremmo
tolto di mezzo linquinamento. Gli intasamenti di traffico
potrebbero essere in parte ridotti da un uso intelligente
della rete e di altri sistemi di comunicazione, eliminando
gli spostamenti inutili (come quelli generati dagli apparati
burocratici) e gestendo più efficacemente i flussi con
informazioni efficaci e tempestive.
Se non ci siamo ancora liberati dalla schiavitù
del petrolio non è perché manchino le
applicazioni tecniche. È un problema di cultura, di
impegno, di volontà politica. Può dispiacere ai
grandi poteri che quelle soluzioni tendano a
eliminare la centralizzazione delle risorse così
come i nuovi sistemi di comunicazione (in particolare la
rete) permettono di ovviare, almeno in parte, alla
centralizzazione di sistemi informativi. Ma i vantaggi per
tutta lumanità (e per tutto lecosistema) sono
troppo grandi perché si possa continuare a sottovalutare
limportanza di quelle soluzioni che non sono né un
sogno, né unutopia, né unipotesi teorica,
ma una realtà concretamente possibile.
Post scriptum
(19 maggio 2004)
Dopo un lungo periodo in cui i mass media, in particolare in Italia,
hanno trascurato quasi completamente il tema delle energie rinnovabili,
il 19 maggio 2004 è stata data notizia di una soluzione tecnica sviluppata
dallEnea (chiamata Archimede in ricordo degli specchi
usati a Siracusa ventidue secoli fa) che permette di utilizzare energia solare
a costi più bassi, e con metodi più semplici e sicuri, dei
sistemi analoghi sperimentati fiinora.
Ovviamente impianti di questa specie possono fornitre direttamente
energia elettrica e anche produrre idrogeno.
Come le centrali a idrogeno, anche queste sono decentralizzate
e scalabili, cioè possono essere ditrubuite sul territorio e avere
dimensioni variabili per corrispondere alle esigenze di una grande città
o di centri più piccoli.
Probabilmente nessuna delle soluzioni disponibiuli o in via di sviluppo
è lunica valida o la migliore in assoluto ma ai conferma
che unefficiente combinazione di tecnologie diverse, secondo le esigenze
e le risorse in ciascuna situazione locale, può risolvere il problema.