La posta elettronica ha compiuto
trentanni. Meriterebbe
davvero una bella torta con trenta candeline. Perché fra le
infinite funzioni dellinternet è quella cui molti (me
compreso) sono più affezionati. Ma sta soffrendo di
una sindrome che potremmo chiamare troppa grazia,
SantAntonio (il riferimento alle fastidiose e
imperversanti catene non è casuale). Uno dei malanni
è linsopportabile spamming.
Che tende a peggiorare. Anche perché molti stanno
strombazzando, come se fosse chissà quale
novità, una cosa chiamata e-mail marketing
che è in realtà è spam.
Cè in giro di tutto. Dalle
truffe allamericana
travestite da cause sociali fino a unincredibile riedizione
del tristemente famoso trucco del 1994 sulle carte
verdi (cioè sul modo di ottenere la cittadinanza negli Stati Uniti).
Se questo è il più ovvio non è
lunico dei mali che affliggono la nostra cara e simpatica
posta elettronica. Cè leccessivo uso di
allegati, peggiorato da quei sistemi di posta che
li aprono automaticamente e così non solo ci
imbottiscono di montagne di roba inutile e indesiderata ma
aprono la strada a ogni sorta di virus. O come lassurda
abitudine di usare lhtml nella posta (purtroppo offerta
by default dal software più diffuso). E ci sono vari
altri malanni, come loverquoting compreso quel perverso
meccanismo per cui in ogni risposta viene automaticamente
citato il messaggio ricevuto. (Su questo e altri problemi
della posta elettronica vedi il capitolo 48
di Lumanità dellinternet).
Avevo già parlato, un
anno fa, dei problemi delle-mail nelle aziende. Un uso
eccessivo di copie per conoscenza, una moltiplicazione di testi
e documenti distribuiti per pararsi le spalle, una diffusa tendenza
a sentirsi obbligati a rispondere anche quando non ne vale la pena.
Un sovraccarico di disorganizzazione e tempo perso dovuto a un ingombro
eccessivo e inefficiente della posta elettronica aziendale.
Largomento è più che mai di
attualità. Si parla di paradosso della
produttività: cioè di come lefficienza
possa diminuire, invece di migliorare, con le tecnologie
dellinformazione e della comunicazione . Per esempio Aldi,
una grossa catena internazionale di distribuzione, ha abolito
luso delle-mail perché non favorisce la
produttività.
Uno studio di Gartner (luglio 2001) dice che un utente
business, in media, passa 49 minuti al giorno a occuparsi di
e-mail e osserva che gran parte di quella posta è
inutile e improduttiva. Unanalisi di Support (maggio 2001)
rileva che «il software per la posta elettronica causa
più problemi di qualsiasi altra applicazione».
In un articolo del 4 novembre 2001
Email:
too much of a good thing? Gerry McGovern dice:
«Sembra che milioni di persone stiano partecipando
involontariamente a un grande inganno sulla
produttività. La radice del problema sta in un modo
controproducente di pensare sui contenuti e sulla
comunicazione come se molti messaggi, e molto lunghi,
fossero meglio di pochi e brevi. Troppa comunicazione nuoce
alla produttività. Occorre trovare un limite, un modo
per non congestionare le arterie della comunicazione».
Non è solo un problema di quantità.
È ancora più importante la qualità.
Le-mail è così comoda che si tende
ad abusarne. Se tutti imparassero a scrivere solo quando serve,
e solo ciò che serve, nel modo più breve
possibile e nel modo più utile al destinatario... non
solo si ridurrebbe enormemente il volume ma soprattutto
aumenterebbe molto lutilità. Si applica troppo poco
il principio fondamentale di ogni buona comunicazione:
pensare dal punto di vista degli altri, dire e fare ciò
che interessa a loro, non ciò che sembra interessante a noi.
Cè un dettaglio che può sembrare piccolo
ma è fondamentale. Quanti di noi rileggono un
messaggio e lo correggono (se possibile lo accorciano) prima
di spedirlo? Quanti, prima di mandarlo, si chiedono se
è davvero utile, se è proprio quella la cosa
che vogliono dire e il modo migliore per dirla? Un po
più di attenzione agli altri, e alla qualità
della comunicazione, potrebbe migliorare profondamente non
solo la produttività, ma anche il benessere e il buonumore.