High tech, Aprile 1999 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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Ci sono momenti in cui la rete mi diventa antipatica. Non sono mai stato un tecnofobo, non ho mai creduto alle leggende sui mille presunti pericoli. Ma ci sono alcune cose che cominciano a preoccuparmi. Non sto parlando dei rischi con cui bisogna imparare a convivere. Certo, se qualcuno, hacker o no, ci provasse seriamente riuscirebbe a farmi qualche brutto scherzo; ma perché dovrebbe prendersela con me? Certo, mi è capitato di essere coinvolto in mail bombing più o meno casuali, ma al di là della noia di un download pesante il fastidio è relativo. Certo, alcuni sciagurati si sono impadroniti del mio indirizzo email e mi inondano di spamming su cose che non mi interessano, ma non è una gran fatica buttar via i loro messaggi; meno fastidioso che essere beccato al telefono da qualcuno che cerca di vendermi un condominio in Papuasia. Certo, esistono i virus; ma se si sta un po' attenti non è così facile il contagio. Certo, la mia abitudine di rispondere a chiunque mi scriva mi costringe ogni tanto a scambi un po' noiosi; ma questo è ampiamente compensato dai messaggi inaspettati che dicono qualcosa di interessante o mi portano un sorriso di umorismo e simpatia. Insomma vivere in rete, come in qualsiasi comunità umana, ha un prezzo e ne vale la pena. Sono altre, le cose che mi preoccupano: la disumanità e l'inganno. Troppe cose (non solo in rete) sono affidate a tecnologie disumane e mal funzionanti o male usate. Un esempio fra mille: persone troppo dipendenti dal telefono (specialmente dal cellulare) si rovinano la vita lasciandosi raggiungere anche quando vorrebbero stare in pace o usano difese così complicate da diventare irraggiungibili. Sistemi automatici di risposta ci fanno perdere un'infinità di tempo (e di scatti) al telefono; siti mal costruiti ci fanno perdere tempo (e soldi) in rete per non trovare ciò che cerchiamo. Eccetera, eccetera... La moda, da qualche tempo, è fabbricare "portali". Cioè punti di accesso molto imbellettati e pieni di promesse, che portano il malcapitato visitatore dentro un tubo rivestito di carta moschicida, come le trappole per gli scarafaggi; così rimane appiccicato là dove qualcuno, che ha pagato il guardiano del portale, ha deciso di trascinarlo. La moda, da molto tempo, è infarcire le tecnologie di funzioni non dichiarate, che si installano a tradimento sul nostro computer (o addirittura si annidano nel processore) e fanno cose che sfuggono a una persona inesperta e che anche per una persona esperta non sempre è facile trovare e disattivare. Più si moltiplicano queste tecniche "falsamente amichevoli", meno mi sento tranquillo. Nel 1982 John Naisbitt scrisse, nel suo bel libro Megatrends:
Sono passati diciassette anni. Le tecnologie di comunicazione hanno avuto sviluppi che nessuno poteva immaginare. Quel semplice principio è stato mille volte confermato dell'esperienza. Ma sembra che si continui a dimenticarlo. Eppure ogni volta che si sente parlare di un buon risultato in rete si scopre che c'è un "tocco umano". Se qualcuno mi chiedesse di definire un principio fondamentale per il successo in rete (commerciale o non) direi: pensare soprattutto alle persone, all'importanza del contatto umano, al calore e all'attenzione che occorrono per conquistarsi fiducia e simpatia. Le tecnologie hanno fatto progressi straordinari e faranno cose oggi imprevedibili. Ma bisogna saperle governare. Ci vuole soprattutto high touch. Nota di aggiornamento (agosto 1999) Non mi sembra casuale che John Naisbitt abbia scritto un nuovo libro, dedicato a questo argomento, che sarà pubblicato nell'ottobre 1999.Sul cattivo uso delle tecnologie vedi anche : |
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