Antefatto: Pecunia non olet
Il 12 dicembre 2001, in risposta a un messaggio che
chiedeva «possiamo davvero dire che lo spamming
non paga?» avevo scritto:
Succede, purtroppo, che cose scorrette e mal fatte
paghino anche per tempi assurdamente lunghi.
Per esempio Vanna Marchi ha imbrogliato spudoratamente per
ventanni, ha avuto protezioni politiche, è stata
glorificata come diva dalle grandi televisioni
e dai giornali (che non hanno la decenza di fare unautocritica).
Solo oggi è esposta al pubblico ludibrio e solo oggi
se ne occupa la magistratura.
Il cosiddetto e-mail marketing non è
una nuova dottrina. È una banale rifrittura di vecchie idee
del più antiquato e scadente direct marketing
(aka junk mail) e nel 99 per cento dei casi è
unetichetta di travestimento dello spamming
(mal verniciato con formule fasulle di finto consenso
o di immaginaria selettività).
E anche tante altre cose... comprese quelle che non sono
perseguibili come truffa, o non sono palesemente inaccettabili come
lo spam... ma ugualmente inquinano il mercato.
Che dire, per esempio, di banche e fondi di investimento
che (anche con il trading online e con le gestioni di
portafoglio carpite attraverso lonline banking)
hanno mandato al massacro il parco buoi dei
risparmiatori per favorire le proprie manovre e quelle di alcuni
clienti, privilegiati?
La triste realtà è che imbroglioni, pasticcioni, speculatori, inventori di formule magiche che non funzionano,
eccetera, possono fare soldi. E spesso sono applauditi e riveriti
per il fatto che ci riescono. Ma rovinano il mercato per tutti
gli altri e specialmente per chi lavora con serietà
ed è in grado di costruire più seriamente.
I crolli e i fallimenti non sono bastati e non bastano.
Perché in molte di quelle situazioni qualcuno, in un modo
o nellaltro, è scappato la cassa. Perché tanti
che meriterebbero di fallire sono ancora in ballo. E perché
alcuni, che non meritavano di chiudere, o di essere soppressi, o
di soffocare per mancanza di risorse, sono stati travolti dagli
sgonfiamenti delle bolle e dalle svariate manovre di fusione,
acquisizione e conseguenti ristrutturazioni.
Ne abbiamo viste tante... e temo che ne vedremo ancora.
Un po di buon senso e di cose ben fatte, un po per
volta, dovrà prevalere. Ma la strada è ancora lunga
e in salita.
Giancarlo Livraghi
Imbrogli e pecunia 13 marzo 2002
Mi sembra di cogliere un odorino strano nel dibattito
sulle graduatorie truccate nei motori di ricerca. Dobbiamo,
anche questa volta, turarci il naso in base al
principio che pecunia non olet?
Correggetemi se sbaglio... ma a me sembra che
motori storicamente affermati si siano suicidati
per ingordigia vendendo le graduatorie e di
conseguenza funzionando sempre peggio. Così arriva
Google, che promette di non farlo e, per quanto ne so,
mantiene la promessa. Questo è uno dei motivi per cui
Google li ha sbaragliati tutti. E, se non sbaglio, è
in buona salute anche economica.
So che letica e la correttezza non sono di moda, ma non
credo che sia sensato confondere i valori. Si può
diventare ricchi in tanti modi, ma non mi sembra un buon
motivo per confondere mercato con corruzione, marketing con
imbroglio. Né mi sembra confermato che lunico modo
per fare buon business sia trattare i clienti da cretini.
Vi risulta che Amazon per fare profitti si sia messa a
vendere le recensioni e valutazioni dei libri o a truccare il
search facendosi pagare dagli editori? A me pare
di no... ma, se così fosse, sarebbe il momento di
abbandonarla. E sarebbe unottima occasione per qualcun altro
che volesse farle seriamente concorrenza.
Ogni tanto i nodi vengono al pettine. Vedi Enron, vedi
Andersen, eccetera.
Ci sono stati, e temo che ci siano ancora, medici che
fanno le ricette non in base a ciò che serve al
paziente ma ai soldi che prendono dalle case farmaceutiche.
Ma quel comportamento non si chiama medicina, si chiama
comparaggio. Ed è giustamente considerato criminale.
Insomma a me piace la chiarezza. Marketing è un
concetto (e un mestiere) sostanzialmente diverso da quello
che in gergo si chiama marchètting, con laccento sulla e.
Giancarlo Livraghi
A proposito di spam 14 marzo 2002
Un altro thread che non mi convince è quello
ricorrente (non solo in questa lista) che cerca di
giustificare lo spamming
col fatto che esistevano ed esistono altre forme di comunicazione
spazzatura, come la famigerata junk mail.
Sarebbe come dire che se il fruttivendolo mi ha venduto
frutta marcia se ne deduce che il salumiere fa
bene a rifilarmi salamini putrefatti.
(Con buona pace delle molte chiacchiere, e quasi zero
fatti, sul cosiddetto
permission
marketing).
Certo. Succedeva anche tanti anni fa che ci arrivasse
posta indesiderata; o che qualcuno ci disturbasse per
telefono per cercare di rifilarci unennesima enciclopedia,
qualche presunta opera darte o altre cose di cui non
sentiamo il bisogno. O per invitarci a un importantissimo
convegno a Roccacannucia sul sesso degli angeli o sulle
preferenze alimentari dei lombrichi.
Ma ciò non vuol dire che si debba fare ancora peggio.
Le mie ricerche storiche
non sono riuscite a stabilire quando sia nata la
netiquette (lho
chiesto a varia gente, compreso Vint Cerf, ma non se lo ricorda
neppure lui). Pare che i primi documenti organizzati
sullargomento siano del 1985 (ma dei mali dello spamming,
delle catene di santAntonio, eccetera,
si parlava anche alcuni anni prima). Occorre davvero
ritornare daccapo e rispiegarci ancora una volta perché
lo spamming è una sciagura?
Con le nuove tecnologie le possibilità di
invasività fastidiose si moltiplicano. I famigerati
premi uno premi due, i sistemi telefonici che ci
somministrano blateraggi commerciali prima di darci il
servizio che cerchiamo (dato e non concesso che
alla fine si riesca davvero ad accedere a ciò che
volevamo). I servizi online infarciti di robaccia che rendono
quasi irreperibile ciò che ci serve. Eccetera
eccetera. Con la moltiplicazione delle cose che ci irritano e
ci fanno perdere tempo, il fastidio aumenta. E naturalmente
aumentano i vantaggi competitivi per chi invece
di seguire quella strada perversa riesce a dare un servizio migliore.
Nello specifico... perché lo spamming è
ancora peggio della posta cartacea indesiderata?
Perché costa poco e quindi qualsiasi imbecille
può divertirsi a mandare milioni di messaggi.
Perché spesso quando arriva posta indesiderata
cartacea buttiamo via la busta senza neanche
aprirla (ma anche in quel caso la situazione è
peggiorata, perché ci rifilano quintali di
blaterazioni nella stessa busta di cose che non possiamo buttar via,
come un estratto conto bancario o una bolletta telefonica).
Comunque... è un po meno facile riconoscere a
prima vista un messaggio spam e quando si tratta di e-mail
è un po più faticoso sgombrare il pattume
dalla posta in arrivo. Inoltre... per ricevere posta
indesiderata non siamo costretti ad andarla a prendere
allufficio postale, mentre in rete siamo attivi,
investiamo il nostro tempo per esserci, quindi
linvasività è ancora più fastidiosa.
Insomma... non si tratta di giustificare lo
spamming con il cattivo uso della posta tradizionale, ma al
contrario di cercare di capire come si possa avere meno
spreco, meno fastidio, meno invasività in tutte le
forme di comunicazione, compresa quella cartacea
(o telefonica). Perché nellondata travolgente del
pattume rischia di andar perso anche ciò che ha reale
interesse e valore.
Naturalmente queste osservazioni non sono nuove. Ma
cè in giro molta diabolica perseveranza... e sembra
che ci sia una tendenza a dimenticare e a
ritornare continuamente daccapo... quindi repetita iuvant?
Giancarlo Livraghi