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I nodi della rete
3 – settembre 2000


di Giancarlo Livraghi – gian@gandalf.it



La fabbrica delle bufale


 

Ci sono alcune liste di discussione, anche in Italia, in cui si ragiona di marketing online e, più in generale, di attività delle imprese in rete. Si parla spesso di bufale. Non si tratta di quegli utili bovini dal cui latte si fa buona mozzarella; e neppure del caso interessante di una signora nel Texas che ha importato bufale dalla Maremma e vende mozzarella online (probabilmente migliore di tante pseudo-mozzarelle italiche ricavate da semilavorati tedeschi).

Le bufale di cui si parla sono le notizie bislacche, a proposito della rete, che si continuano a pubblicare un po’ dovunque, sui giornali, in televisione... e anche in molte testate cosiddette "specializzate" (che si stanno moltiplicando molto al di là della capacità di qualcuno di scrivere cose sensate). Ma si tratta soprattutto della cattiva qualità dei servizi offerti da imprese e organizzazioni, grandi e piccole, che si affacciano all’internet. Cioè un mercato ancora nascente rischia di suicidarsi, o di crescere con storture che sarà difficile e faticoso correggere dopo.

Il fatto è che la "domanda potenziale" cresce ma l’offerta non è adeguata. Le "presenze" online si moltiplicano ma la qualità rimane scadente. Non si tratta soltanto del "nuovi arrivati". Ci sono imprese e organizzazioni che sono online da anni e continuano a commettere errori imperdonabili. Ogni tanto qualcuno annuncia una ristrutturazione dei suoi servizi online. Spesso questo provoca un periodo di grande confusione, in cui anche le cose che funzionavano vanno in crisi; alla fine il palazzo ha qualche inutile decorazione in più sulla facciata ma i sistemi interni sono peggio di prima. Non tenterò in questo articolo, di fare esempi. Sono così tanti che anche una piccola "antologia" occuperebbe un intero numero di questa rivista. E se puntassi il dito su una rischierei di commettere un errore o un’ingiustizia, perché qualunque sia il suo difetto ce ne sono infinite altre che fanno lo stesso, o peggio; così tante che un "censimento" è praticamente impossibile.

Più che badare alle singole bufale mi sembra opportuno chiederci dove sta il bufalificio. Qual è il motivo per cui errori e disservizi continuano a ripetersi e a moltiplicarsi? La lista potrebbe essere lunga. L’elenco che segue non ha la pretesa di essere completo, ma spero di riuscire a riassumere almeno alcuni dei fattori più rilevanti.

  • L’imperversare di promesse esagerate e notizie "gonfiate" (e-xaggeration, come la chiama l’Economist). Ci raccontano che qualsiasi scemo va online, fa qualsiasi scemenza e piovono miliardi. Non è vero, ma c’è chi continua a ripeterlo. O le imprese non ci credono, e girano al largo; o ci credono e rimangono deluse.

  • La doccia scozzese di esagerazioni e catastrofi. Un giorno la rete è il regno di bengodi, il giorno dopo è un inferno infestato di virus, intrusioni, furfanti, ladri di carte di credito eccetera eccetera. Si alternano continuamente le "notizie" su fortune gigantesche fatte senza lavorare e su fallimenti inaspettati.

  • Molti si dicono: «Perché pensare? Basta copiare». Non è mai la soluzione giusta.

  • Continuano a moltiplicarsi le offerte di soluzioni miracolose, prefabbricate, "buone per tutti" (e perciò adatte a nessuno).

  • Continua l’assurda convinzione che si debba "Per prima cosa mettere su un sito web" senza alcuna idea di perché lo si fa. Non funziona in alcun altro caso, ovviamente non funziona neppure in rete.

  • Si è diffusa una strana moda. Invece di un sito web, mettere su un "portale". In 99 casi su 100 chi chiede questa soluzione non sa che cosa sia un portale, né quale ne possa essere l’utilità. E comunque non si capisce perché un salumiere debba pubblicare un’enciclopedia gastronomica invece di spiegare che cos’hanno di interessante i suoi salamini.

  • «L’importante è generare traffico». Chi l’ha detto? Due persone interessate a un argomento specifico valgono più di mille passanti per caso. Una folla indistinta serve solo a confondere le idee e ingorgare il traffico.

  • Ci si perde in formule invece di badare ai fatti. Questo articolo è un A2R (autore a rivista) o un O2M (one-to-many, da uno a molti) o può essere definito con una mezza dozzina di altre sigle. A che cosa serve? A nulla, se non a confondere le idee. Ma l’uso di sigle o terminologie esoteriche è spesso usato per dare un’apparenza di serietà a cose poco o male approfondite.

  • Soprattutto... la fretta. Si pensa che la rete "vada alla velocità della luce" e perciò si debba fare tutto subito, si debbano ottenere megarisultati in pochi giorni o pochi mesi. Ma chi l’ha detto? Nella maggior parte dei casi non è vero; e stiamo sprofondando in un cimitero di gattini ciechi fatti dalle gatte frettolose.


In tutto questo, fra parentesi, non c’è una grande differenza fra la old e la new economy. Anche in molte attività "tradizionali" la fretta e la speculazione di breve periodo vanno a scapito della costruzione (o perfino della continuazione) di strategie d’impresa solide, durature, di relazioni ben coltivate. Quando qualcuno fa velocemente un sacco di soldi, non scendono dall’Olimpo. Qualcun altro, presto o tardi, ce li rimette. Se il cosiddetto "mercato" diventa una bisca, vince più facilmente chi ha le carte truccate o un croupier compiacente. E la proliferazione delle bufale è inevitabile.


 

 
 


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